Legge regionale 21 marzo 2007, n.7
L.R. Puglia 21 marzo 2007, n. 7: “Norme per le politiche di genere e i servizi di conciliazione vita-lavoro in Puglia”
(da BUR N. 43 del 26 marzo 2007)
TITOLO I
PRINCIPI E FINALITA’
ARTICOLO 1
(Principi)
1. La Regione Puglia opera affinché le proprie politiche e i relativi interventi di attuazione siano ispirati ai seguenti principi:
a) universalità dell’esercizio dei diritti di cittadinanza di donne e uomini nel rispetto delle culture di appartenenza;
b) equità nella distribuzione delle risorse, dei poteri e delle responsabilità tra i sessi e tra le generazioni;
c) rispetto delle identità e valorizzazione delle differenze di genere, cultura e religione;
d) garanzia della partecipazione delle donne alla vita politica, economica, sociale, culturale e civile della comunità regionale e delle
comunità locali.
2. La Regione coordina sul territorio un programma di interventi volto a promuovere la condivisione e l’attuazione di tali principi presso tutte le amministrazioni locali della Puglia.
3. La presente legge interviene in attuazione:
a) della Costituzione italiana;
b) del Trattato che istituisce la Comunità europea;
c) della Convenzione di Pechino per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne;
d) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;
e) della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città);
f) dello Statuto regionale;
g) della legge regionale 10 luglio 2006, n. 19 (Disciplina del sistema integrato dei servizi sociali per la dignità e il benessere delle donne e
degli uomini di Puglia);
h) della legge regionale 9 giugno 1980, n. 70 (Istituzione della Consulta regionale femminile);
i) della legge regionale 30 aprile 1990, n. 16 (Commissione regionale per le pari opportunità fra uomo e donna in materia di lavoro).
ARTICOLO 2
(Finalità)
1. Al fine di favorire l’affermazione di una nuova cittadinanza solidale che valorizzi le differenze di genere e in attuazione dei principi enunciati nell’articolo 1, la Regione, nell’ambito delle proprie competenze e in raccordo con le istituzioni regionali di parità, persegue le seguenti finalità:
a) integrare la dimensione di genere nella programmazione, attuazione e valutazione delle strategie di sviluppo regionale;
b) favorire la qualità della vita attraverso la conciliazione dei tempi di lavoro, di relazione, di cura parentale, di formazione e del tempo per sé;
c) promuovere e sostenere iniziative di sensibilizzazione, trasferimento e scambio di buone pratiche volte a favorire il cambiamento verso una cittadinanza sessuata ovvero attenta alle differenze di genere e per la rimozione di ogni forma di violenza e abuso contro le donne;
d) promuovere il valore sociale della maternità attraverso interventi di sostegno alla maternità consapevole e alla cultura della maternità e della paternità e favorire la condivisione delle responsabilità tra i genitori nei confronti dei figli attraverso il consolidamento di alleanze tra generi e generazioni, in coerenza con quanto previsto dalla l.r. 19/2006;
e) promuovere la partecipazione delle donne nei luoghi di decisione sia in ambito pubblico che privato, nelle assemblee elettive e nei luoghi di governo, negli enti, negli organi e in tutti gli incarichi di nomina del Consiglio e della Giunta regionale;
f) promuovere l’impiego qualificato delle donne nelle pubbliche amministrazioni e nelle imprese private quale forma di attuazione di principio di responsabilità sociale, favorendone la progressione di carriera e la presenza negli organi di direzione;
g) promuovere l’imprenditorialità femminile, attività di accompagnamento allo start-up di nuove imprese e azioni di formazione per le donne imprenditrici anche in collaborazione con le associazioni datoriali;
h) promuovere lo sviluppo e la diffusione della società dell’informazione favorendo l’uso delle nuove tecnologie della comunicazione anche attraverso l’incentivazione di forme organizzative che adottino il telelavoro;
i) promuovere iniziative di sostegno per le donne migranti o appartenenti a minoranze etniche che ne favoriscano l’integrazione nella vita economica, sociale, politica, culturale e civile;
j) promuovere e sostenere iniziative volte a superare gli stereotipi di genere;
k) promuovere ricerche, studi e la raccolta sistematica di documentazione e di dati statistici disaggregati per genere sulla condizione femminile, sulle discriminazioni, con particolare riguardo ai fenomeni di discriminazione multipla, nonché sui fenomeni di violenza contro le donne, garantendone la divulgazione.
TITOLO II
COORDINAMENTO DEI TEMPI DELLE CITTÀ
ARTICOLO 3
(Ambito e obiettivi)
1. La Regione Puglia favorisce la qualificazione di programmi di azione per lo sviluppo economico, lo sviluppo urbano sostenibile e l’inclusione sociale, promuovendo il coordinamento dei tempi e degli orari nonché il monitoraggio sulla qualità progettuale e gestionale degli spazi delle città, al fine di sostenere le pari opportunità fra uomini e donne e di favorire la qualità della vita attraverso la conciliazione dei tempi di lavoro, di relazione, di cura parentale, di formazione e del tempo per sé delle persone che risiedono sul territorio regionale, anche temporaneamente, e promuove l’uso del tempo per fini di solidarietà sociale, impegno sociale e politico.
2. La presente legge interviene nel rispetto delle disposizioni di cui ai capi I e VII della L. 53/2000 e dell’articolo 50, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).
ARTICOLO 4
(Compiti della Regione)
1. Le politiche di coordinamento dei tempi e degli spazi di cui all’articolo 3 si articolano nei livelli regionale, provinciale e comunale.
2. La Regione, nel perseguire gli obiettivi di cui all’articolo 3 e nel rispetto dei criteri generali di cui all’articolo 9, integra le politiche temporali nei propri strumenti di pianificazione e programmazione generali e settoriali e promuove l’adozione da parte dei comuni dei piani territoriali degli orari, dei tempi e degli spazi.
3. La Giunta regionale stabilisce, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento, i criteri e le modalità per la predisposizione e l’attuazione dei piani territoriali degli orari e degli spazi e per la costituzione, la promozione e il sostegno delle banche dei tempi di cui all’articolo 27 della l. 53/2000, nonché per il monitoraggio e la valutazione degli interventi.
4. A tale scopo, la Giunta regionale istituisce, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un gruppo di lavoro interassessorile di coordinamento presieduto dall’Assessore alla solidarietà o suo delegato e composto dagli Assessori con delega all’urbanistica, alla sanità, ai trasporti, al lavoro e politiche formative, allo sviluppo economico, alla cultura e alla programmazione o loro delegati, e dall’Ufficio garante di genere di cui all’articolo 17 e dagli Uffici di presidenza della Commissione pari opportunità e della Consulta regionale femminile. Tale gruppo di lavoro può avvalersi dell’apporto specialistico di esperti in progettazione urbana, analisi delle organizzazioni, progettazione sociale, comunicazione sociale, politiche del lavoro e della formazione, con compiti consultivi in ordine al coordinamento degli orari della città, nonché alla valutazione dei risultati e degli impatti sulle comunità locali dei piani territoriali degli orari, dei tempi e degli spazi.
5. La Regione promuove, di concerto con la Consigliera regionale di parità, la costituzione di un tavolo permanente di partenariato sulle politiche di genere, quale luogo di confronto tra i componenti del gruppo di lavoro di cui al comma 4 e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, delle associazioni di categoria e delle associazioni datoriali, delle istituzioni regionali di parità, delle associazioni delle autonomie locali e del terzo settore, al fine di favorire un’intesa in merito all’applicazione della presente legge.
6. La Giunta regionale, sentite le organizzazioni di cui al comma 5, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge definisce la composizione, i compiti e le modalità di funzionamento del tavolo permanente di partenariato sulle politiche di genere.
7. La Regione promuove corsi di qualificazione e riqualificazione del personale impiegato nella progettazione dei piani territoriali degli orari, dei tempi e degli spazi e nei progetti di riorganizzazione dei servizi.
8. La Regione, ricevuti i piani territoriali dei tempi dai Comuni, li trasmette al Comitato interministeriale per la programmazione economica,
indicandone, ai soli fini dell’articolo 28 della l. 53/2000, l’ordine di priorità.
ARTICOLO 5
(Compiti delle province)
1. Le province, nel perseguire gli obiettivi di cui all’articolo 3 e nel rispetto dei criteri generali di cui all’articolo 9, integrano le politiche temporali nei propri strumenti di pianificazione e programmazione generali e settoriali e partecipano, attraverso i tavoli di concertazione e gli strumenti regionali di programmazione negoziata, all’attuazione e verifica dei piani territoriali degli orari, dei tempi e degli spazi.
2. Le province concorrono alla realizzazione dei corsi di qualificazione e di formazione del personale degli enti locali coinvolto nella progettazione dei piani territoriali degli orari, dei tempi e degli spazi e nella loro attuazione, nonché nella organizzazione del sistema integrato dei servizi per l’inclusione sociale, soprattutto a favore delle pari opportunità di genere, a livello territoriale.
3. Le province, mediante gli Osservatori provinciali delle politiche sociali, concorrono alle azioni di monitoraggio periodico sullo stato di attuazione delle politiche per il coordinamento e l’amministrazione dei tempi e degli orari nelle città e negli ambiti territoriali e intervengono a sostegno della diffusione delle buone pratiche in questo ambito di intervento.
4. Le Consigliere provinciali di parità e l’Ufficio di presidenza della Commissione pari opportunità partecipano, quali componenti effettive, al coordinamento interistituzionale provinciale di cui all’articolo 17 della l.r. 19/2006.
ARTICOLO 6
(Compiti dei comuni)
1. I comuni, nel perseguire gli obiettivi di cui all’articolo 3 e nel rispetto dei criteri generali di cui all’articolo 9 e degli indirizzi regionali, definiscono e approvano i piani territoriali degli orari, dei tempi e degli spazi e provvedono agli atti gestionali necessari, in modo integrato con le rispettive programmazioni delle politiche sociali, di cui ai piani sociali di zona, sentita la Commissione pari opportunità, nel pieno rispetto del principio di concertazione con le parti sociali e gli altri agenti territoriali.
2. I comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, promuovono la sperimentazione e la diffusione di iniziative per l’armonizzazione dei tempi e degli orari delle città, nonché le iniziative a sostegno del mutuo aiuto familiare e di sensibilizzazione rispetto ai temi connessi al perseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 3.
3. L’inosservanza degli adempimenti di cui al comma 1 dà luogo all’esercizio del potere sostitutivo della Regione ai sensi dell’articolo 18, lettera r), della l.r. 19/2006.
4. I comuni possono istituire gli Uffici tempi e spazi della città, quali strutture interne all’amministrazione, con funzioni di gestione, consulenza e coordinamento degli interventi e con il fine di garantire a tutti i cittadini un migliore rapporto con l’ente, i suoi servizi e, in generale, un più efficace autogoverno del tempo individuale e una più vantaggiosa fruizione degli spazi pubblici.
ARTICOLO 7
(Compiti delle altre amministrazioni)
1. Le pubbliche amministrazioni con uffici centrali o periferici sul territorio regionale si conformano agli obiettivi di cui all’articolo 3, comma 1, in attuazione dell’articolo 26, comma 1, della l. 53/2000 e dell’articolo 2, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
ARTICOLO 8
(Principi di cooperazione e di sussidiarietà)
1. L’esercizio delle funzioni in materia di coordinamento e amministrazione dei tempi e degli orari e di monitoraggio sulla qualità progettuale e gestionale degli spazi si attua nel rispetto del principio di coordinamento e leale cooperazione fra i livelli di cui all’articolo 4, comma 1, nonché del principio di sussidiarietà.
2. Gli strumenti regionali e provinciali di cui agli articoli 4 e 5 forniscono gli indirizzi che, sulla base dei principi di sussidiarietà verticale, differenziazione e adeguatezza, sono essenziali per assicurare l’esercizio unitario delle funzioni a livello regionale o provinciale.
3. Nella predisposizione dei piani territoriali degli orari e degli indirizzi di cui al comma 2, sono coinvolti i soggetti sociali e istituzionali, pubblici e privati, che abbiano un ruolo rilevante in materia, ivi compresi gli organismi che promuovono le pari opportunità tra uomini e donne nei rispettivi territori di riferimento, il cui parere deve essere acquisito preventivamente, come precisato nel comma 4 dell’articolo 10.
ARTICOLO 9
(Criteri generali di coordinamento e amministrazione dei tempi e degli orari)
1. I comuni, nel rispetto della l. 53/2000, realizzano il coordinamento e l’amministrazione degli orari dei servizi pubblici, di pubblico interesse o generale, ivi compresi gli uffici centrali e periferici delle amministrazioni pubbliche, gli esercizi commerciali e i pubblici esercizi, le attività di trasporto, socio-sanitarie, di formazione e istruzione, culturali, sportive, turistiche e di spettacolo.
2. Ai fini di cui al comma 1, i comuni redigono i piani territoriali degli orari attenendosi ai seguenti criteri generali:
a) accessibilità e fruibilità temporale dei servizi pubblici e privati, promovendo il coordinamento tra orari e localizzazione dei servizi, favorendo la pluralità di offerta, agevolando l’accesso all’informazione con particolare riguardo alle aree urbane e alle aree a rischio di spopolamento;
b) accessibilità e fruibilità degli orari dei servizi socio-educativi, assistenziali e sanitari, per durata media e per articolazione giornaliera, funzionali agli orari delle attività lavorative prevalenti sul territorio, nel rispetto di quanto previsto dal regolamento regionale 18 gennaio 2007, n. 4, attuativo della l.r. 19/2006;
c) corrispondenza degli orari e della frequenza dei trasporti pubblici con le esigenze di razionalizzazione della mobilità urbana ed extraurbana, anche attraverso l’utilizzo di forme di mobilità alternative all’uso dell’auto privata;
d) organizzazione degli orari di biblioteche, musei ed enti culturali in modo da consentirne un’ampia fruizione, mediante l’aumento della durata giornaliera di apertura, anche con estensione alle fasce serali, e della durata settimanale di tutti i mesi dell’anno;
e) riqualificazione degli spazi urbani per migliorare i circuiti di socialità e promuovere percorsi di mobilità attenti alle pratiche di vita quotidiana delle diverse fasce di età, anche attraverso l’utilizzo della progettazione partecipata quale buona prassi per il recupero di aree periferiche e/o degradate e per un nuovo organico rapporto tra cittadinanza e territorio;
f) l’uso del tempo per fini di reciproca solidarietà e interesse, favorendo e promuovendo, in particolare, la costituzione di associazioni per la gestione delle “banche del tempo”.
ARTICOLO 10
(Criteri per l’adozione dei piani territoriali degli orari)
1. Il piano territoriale degli orari è lo strumento di indirizzo strategico che, a livello di ambito territoriale, così come individuato dall’articolo 5 della l.r. 19/2006, ovvero a livello comunale, realizza il coordinamento e l’amministrazione degli orari. I comuni, nella redazione dei piani territoriali degli orari, si attengono ai criteri di cui all’articolo 9, comma 2.
2. Il piano territoriale degli orari indica le modalità di raccordo con gli strumenti generali e settoriali di programmazione e pianificazione del territorio di riferimento e si articola in politiche e progetti, anche sperimentali o graduali.
3. Il piano territoriale, per ciascuno dei progetti o degli interventi proposti, indica:
a) l’ambito territoriale di applicazione;
b) le esigenze e le criticità alle quali s’intende dare risposta;
c) le misure previste per raggiungere gli obiettivi;
d) il partenariato attivato e gli attori coinvolti;
e) i target di destinatari per le singole azioni previste;
f) gli adempimenti necessari per l’attuazione, il cronoprogramma delle attività e il piano finanziario;
g) le modalità di integrazione con gli interventi e i servizi del sistema integrato di welfare locale;
h) le modalità di gestione, controllo e monitoraggio sull’attuazione delle misure;
i) le azioni di informazione e comunicazione che verranno promosse per diffondere la conoscenza degli strumenti e dei servizi adottati.
4. Il piano è adottato di norma dal coordinamento istituzionale dell’ambito territoriale, ovvero altro organismo istituito per la gestione associata dell’ambito territoriale, così come individuati dell’articolo 5 della l.r. 19/2006 e in coerenza con la forma di gestione associata adottata dai comuni, previo parere obbligatorio dei comitati pari opportunità degli enti pubblici e privati interessati dagli interventi del piano e approvazione da parte di ciascun comune dell’ambito territoriale.
5. Le città capoluogo obbligatoriamente e tutti i comuni che vogliano accedere ai contributi di cui all’articolo 11 devono concertare la riorganizzazione territoriale degli orari a livello di ambito territoriale di cui all’articolo 5 della l.r. 19/2006 e devono assicurarne la piena integrazione con gli interventi e i servizi previsti nel piano sociale di zona nonché promuoverne l’adozione con le stesse modalità di progettazione partecipata previste per il piano di zona nel regol. reg. 4/2007.
6. I comuni inviano alla Regione e alla provincia di riferimento il piano territoriale degli orari approvato e predispongono gli atti gestionali necessari alla sua attuazione, garantendo modalità di lavoro intersettoriali tali da assicurare il coinvolgimento di tutti gli assessorati interessati dagli interventi previsti.
ARTICOLO 11
(Contributi economici per i piani territoriali degli orari)
1. La Giunta regionale, al fine di concedere contributi agli ambiti territoriali per la progettazione e l’attuazione dei piani territoriali degli orari, può individuare le risorse finanziarie a valere sui fondi nazionali e comunitari per quanto riguarda gli investimenti e le categorie di spesa ammissibili.
2. Ai fini dell’assegnazione dei contributi, sono considerati in via prioritaria i piani che contemplano le seguenti tipologie di progetti:
a) progetti che favoriscano l’accessibilità delle informazioni e dei servizi della pubblica amministrazione, anche attraverso la semplificazione delle procedure e l’introduzione di servizi informatizzati e connessi in rete;
b) progetti che coinvolgano il sistema scolastico e definiscano nuove articolazioni degli orari di apertura e chiusura e di utilizzo degli spazi, anche con il supporto delle famiglie, con l’obiettivo ulteriore di combattere la dispersione scolastica, favorire l’inclusione sociale, prevenire forme di violenza giovanile;
c) progetti finalizzati alla promozione della partecipazione al recupero di aree urbane periferiche e/o degradate da parte di bambini, anziani, nuclei familiari;
d) progetti in grado di promuovere una nuova articolazione degli orari e di utilizzo degli spazi attraverso la valorizzazione delle differenze nelle abilità e nelle culture;
e) progetti che prevedano, tra gli altri interventi, la creazione di strutture permanenti per l’informazione sulle politiche dei tempi della città/ambito territoriale e sui servizi per le politiche di pari
opportunità quali ad esempio i centri di conciliazione;
f) progetti che prevedano interventi a favore di piccoli comuni e territori a rischio di spopolamento;
g) progetti che, attraverso politiche temporali, contribuiscano alla riduzione delle emissioni di gas inquinanti nel settore dei trasporti; h) altri progetti, in ogni caso dotati dei requisiti di cui all’articolo 10, promossi dai soggetti di cui al comma 3.
3. L’analisi e la valutazione delle domande di contributo sono svolte dal gruppo di lavoro interassessorile di cui al comma 4 dell’articolo 4.
ARTICOLO 12
(Contributi regionali per la costituzione,la promozione e il sostegno delle banche dei tempi)
l. La Regione, in ottemperanza alle finalità di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), sostiene la promozione da parte dei comuni di associazioni denominate “banche dei tempi” aventi esclusivamente gli scopi indicati dall’articolo 27, comma 1, della l. 53/2000 e operanti nel territorio regionale.
2. Per le finalità di cui al comma 1, la Regione, ai sensi dell’articolo 8, può erogare annualmente contributi ai comuni che:
a) promuovano e sostengano la costituzione di banche dei tempi disponendo a loro favore locali e strumenti in comodato d’uso, ovvero servizi; b) organizzino una costante attività di promozione e informazione dell’esistenza e dell’attività svolta dalle banche dei tempi, anche mediante l’inserimento di spazi su siti on-line o su altri mezzi di comunicazione;
c) organizzino la formazione dei soggetti aderenti alle associazioni banche dei tempi.
3. La Giunta regionale, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, determina i criteri e le modalità di erogazione dei contributi di cui al comma 2.
ARTICOLO 13
(Obblighi dei beneficiari dei contributi)
1. La concessione dei contributi di cui agli articoli 4 e 11 comporta per i comuni l’obbligo di realizzare le iniziative sovvenzionate dalla Regione.
2. I Comuni sono, altresì, tenuti a presentare idoneo resoconto sull’utilizzo dei finanziamenti percepiti nell’anno precedente. 3. Il corretto rendiconto costituisce elemento determinante per la concessione dei contributi successivi.
ARTICOLO 14
(Attività di promozione, ricerca e formazione)
1. La Giunta regionale, sentita la Commissione pari opportunità, promuove e realizza, anche di concerto con le province, attività di informazione e comunicazione volte a favorire l’esercizio delle funzioni in materia di coordinamento e amministrazione dei tempi e degli orari, nonché a diffondere la conoscenza delle buone prassi adottate. 2. La Giunta regionale, sentita la Commissione pari opportunità, promuove azioni di ricerca volte a migliorare le conoscenze scientifiche e specialistiche in materia di politiche temporali, anche mediante accordi con il sistema universitario.
3. La Giunta regionale, sentita la Commissione pari opportunità, promuove e realizza, in collaborazione con le province, corsi di formazione specialistica di qualificazione e riqualificazione rivolti agli operatori e al personale impegnati nella progettazione e attuazione dei piani territoriali degli orari, avvalendosi anche dell’apporto degli organismi di pari opportunità esistenti sul territorio.
TITOLO III
INTERVENTI A SOSTEGNO DELL’EQUA DISTRIBUZIONE DEL LAVORO DI CURA TRA I SESSI E DI PROMOZIONE DEL VALORE SOCIALE DELLA MATERNITÀ E DELLA PATERNITÀ
ARTICOLO 15
Iniziative regionali per la costituzione di patti sociali territoriali di genere)
1. In coerenza con quanto previsto dagli articoli 23, 24 e 28 della l.r. 19/2006 e in attuazione dell’articolo 9 della l. 53/2000, come sostituito dal comma 1254 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la Regione promuove, nell’ambito del percorso per la stesura e approvazione del piano sociale di zona, la stipula di accordi territoriali, denominati “patti sociali di genere”, tra province, comuni, organizzazioni sindacali e imprenditoriali, sistema scolastico, aziende sanitarie locali e consultori per azioni a sostegno della maternità e della paternità e per sperimentare formule di organizzazione dell’orario di lavoro nelle pubbliche amministrazioni e nelle imprese private che favoriscano la riconciliazione tra vita professionale e vita privata e promuovano un’equa distribuzione del lavoro di cura tra i sessi.
2. I patti sociali di genere sono volti a:
a) promuovere e divulgare con azioni mirate la cultura della conciliazione e la corresponsabilizzazione dei padri nella cura e nella crescita dei figli e nei lavori di cura;
b) promuovere e diffondere l’utilizzo dei congedi di maternità e parentali in una logica territoriale di equilibrio tra la fruizione dei congedi e la disponibilità di servizi di cura;
c) incrementare la quantità e la qualità dei servizi alla persona disponibili sul territorio regionale in osservanza delle disposizioni del regol. reg. 4/2007;
d) garantire il valore sociale della maternità e della paternità e sostenere la genitorialità come scelta consapevole soprattutto presso le fasce più deboli della popolazione pugliese attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione;
e) promuovere processi di contrattazione decentrata per estendere alle avoratrici e ai lavoratori precari le tutele riconosciute ai lavoratori a tempo indeterminato;
f) promuovere corsi di aggiornamento per donne e uomini che rientrano dopo il congedo obbligatorio e facoltativo di maternità e parentale;
g) favorire l’utilizzo del part-time per motivi parentali anche attraverso l’attivazione di meccanismi di incentivazione economica;
h) favorire l’inserimento lavorativo delle donne in particolari condizioni di disagio, quali madri sole con figli minori di tre anni, donne immigrate, famiglie monoparentali con carichi di cura;
i) realizzare progetti di formazione dei lavoratori che, sulla base di accordi contrattuali, prevedano quote di riduzione dell’orario di lavoro, nonché progetti di formazione presentati direttamente dai lavoratori di cui all’articolo 6 della l. 53/2000.
ARTICOLO 16
(Strumenti per la costituzione dei patti sociali territoriali di genere)
1. Al fine di perseguire gli obiettivi di cui all’articolo 15, comma 2, la Giunta regionale può promuovere la massima integrazione tra le risorse finanziarie comunitarie per quanto riguarda gli investimenti, le risorse nazionali destinate alle politiche di conciliazione e di inclusione, altre risorse locali finalizzate al perseguimento degli stessi scopi e le risorse apportate dal sistema degli enti locali, delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali.
2. Per quanto previsto al comma 1, il gruppo di lavoro interassessorile di cui all’articolo 4, comma 4, sentito il tavolo permanente di partenariato per le politiche di genere, definisce apposite linee guida per l’accompagnamento agli ambiti territoriali alla definizione dei progetti mirati di cui alla presente legge.
3. Le linee guida di cui al comma 2 definiscono anche le modalità del concorso all’attuazione degli obiettivi di cui alla presente legge da parte delle organizzazioni del volontariato e della cooperazione sociale, degli ordini e delle associazioni professionali, delle associazioni di categoria, delle associazioni e dei movimenti femminili iscritti all’albo di cui all’articolo 22.
TITOLO IV
INTEGRAZIONE DELLE POLITICHE DI GENERE NELLA REGIONE PUGLIA
ARTICOLO 17
(Integrazione di genere in tutte le attività regionali e sistema di governo)
1. La Giunta regionale dà attuazione alla presente legge in coerenza con il principio comunitario del “doppio binario”, ovvero attraverso l’adozione di specifici provvedimenti, nonché attraverso l’integrazione trasversale dei principi di pari opportunità di genere (mainstreaming di genere) nell’adozione ed esecuzione delle disposizioni normative, nella definizione delle politiche e in tutte le attività regionali.
2. Allo scopo di cui al comma 1 istituisce l’Ufficio garante di genere, la cui responsabilità è affidata a un dirigente dell’Assessorato alla solidarietà, con la funzione di integrare la dimensione di genere e di fornire una valutazione di merito sui programmi e gli atti di indirizzo regionali, con riferimento all’applicazione dei principi di pari opportunità e della dimensione di genere in tutti i principali atti regionali. L’Ufficio garante di genere svolge, sulla base dei criteri definiti dalla Giunta regionale, attività di monitoraggio e valutazione sull’attuazione della presente legge, riconducendone i risultati all’interno del bilancio di genere.
3. Per il perseguimento degli obiettivi della presente legge è prevista l’integrazione funzionale tra il “Centro risorse regionale per l’integrazione delle donne nella vita economica e sociale”, creato attraverso il progetto WEFNET. cofinanziato dal Programma d’iniziativa comunitaria (PIC) INTERREG III B CADSES, di cui l’Assessorato al lavoro è capofila, l’Ufficio garante di genere e le istituzioni regionali di parità al fine di accrescere le conoscenze e le capacità progettuali di amministratori di enti pubblici e di operatori impegnati nella promozione delle politiche di genere. Il Centro risorse regionale per le donne, coordinato dall’Ufficio garante di genere, rappresenta il momento di raccordo delle istituzioni di parità regionali ed è composto dalla Commissione pari opportunità, dalla Consulta femminile, dalla Consigliera di parità regionale, dal Comitato pari opportunità della Regione Puglia e dal Gruppo di animazione delle pari opportunità per i fondi strutturali.
4. Il Centro risorse regionale per le donne svolge attività di informazione, animazione, raccordo con gli organismi di parità del territorio e supporto alla progettazione rivolta in particolare agli organismi di parità, ai servizi di consulenza rivolti alle donne, anche con l’obiettivo di promuovere progetti di sviluppo locale che favoriscano l’inserimento delle donne nella vita economica e sociale.
5. Il Centro risorse regionale per le donne all’atto del proprio insediamento si dota di apposito regolamento di organizzazione.
6. Il Centro risorse regionale per le donne predispone annualmente la relazione sull’attività svolta e il documento programmatico per l’anno successivo attraverso le modalità definite dall’articolo 22.
ARTICOLO 18
(Azioni positive per le pari opportunità)
1. La Regione persegue una politica di pari opportunità fra uomini e donne nell’organizzazione del personale regionale e nello sviluppo della carriera e adotta piani di azioni positive tendenti ad assicurare la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne e una concreta partecipazione delle donne a occasioni di avanzamento professionale per favorire il riequilibrio della presenza femminile nelle attività e nelle posizioni gerarchiche ove sussiste un divario fra generi non inferiore a due terzi.
2. I piani di azioni positive sono redatti dal Comitato pari opportunità della Regione Puglia, hanno durata triennale e sono diretti specificamente a:
a) promuovere l’inserimento delle donne nelle attività, nei settori professionali e nei livelli nei quali sono insufficientemente rappresentate e favoriscono il riequilibrio della presenza femminile in particolare nelle attività e nei livelli di più elevata responsabilità;
b) valorizzare, nell’ambito dell’organizzazione del lavoro, l’utilizzo degli istituti del rapporto di lavoro finalizzati alla conciliazione dei tempi lavorativi con i tempi di cura e di assistenza;
c) offrire alle donne occasioni di formazione e aggiornamento professionale valutabili ai fini dello sviluppo della carriera;
d) facilitare il reinserimento delle lavoratrici madri a seguito del godimento dei congedi per maternità;
e) promuovere agevolazioni per familiari dei portatori di disabilità.
3. La Regione favorisce la diffusione del piano di azioni positive tra gli enti locali pugliesi attraverso il Centro risorse regionale per le donne di cui all’articolo 17 e le Consigliere di parità regionali e provinciali. A tale scopo, riconosce tra gli indicatori per la concessione di incentivi per la gestione associata, di cui all’articolo 7 della l.r.19/2006, il principio delle pari opportunità di genere.
ARTICOLO 19
(Bilancio di genere)
1. La Regione nella relazione di accompagnamento al bilancio di previsione e al rendiconto finanziario inserisce il bilancio di genere come strumento di monitoraggio e di valutazione dell’impatto delle politiche regionali su uomini e donne.
2. Allo scopo di cui al comma 1, la Giunta regionale affida all’Ufficio garante di genere, che può essere affiancato da esperti in materia, la valutazione di genere sui documenti di bilancio.
locali pugliesi attraverso l’attività di animazione, sensibilizzazione e informazione del Centro risorse regionale per le donne. A tale scopo riconosce tra gli indicatori per la concessione di incentivi per la gestione associata, di cui all’articolo 7 della l.r. 19/2006, il principio delle pari opportunità di genere.
ARTICOLO 20
(Statistiche di genere)
1. Tutte le statistiche prodotte dagli uffici regionali o realizzate nell’ambito di attività finanziate dalla Regione devono adeguare la rilevazione, l’elaborazione e la diffusione dei dati statistici in termini di genere.
ARTICOLO 21
Rapporto annuale sulla condizione femminile)
1. La Giunta regionale predispone annualmente, attraverso il Centro risorse regionale per le donne e con il supporto dell’Istituto pugliese di ricerche economiche e sociali (IPRES), a titolo gratuito, un rapporto annuale sulla condizione delle donne in Puglia che non solo documenti la condizione economica e lavorativa delle donne, ma rilevi i fenomeni di violenza e abuso contro le donne, i fenomeni di discriminazione multipla e analizzi la condizione delle donne immigrate. Il rapporto è trasmesso al Consiglio regionale e inviato agli enti locali e alle organizzazioni economiche e sociali.
ARTICOLO 22
(Albo delle associazioni e dei movimenti femminili)
1. E’ istituito presso il Settore sistema integrato dei servizi sociali dell’Assessorato alla solidarietà, l’albo regionale delle associazioni e dei movimenti femminili e delle cooperative non profit di genere.
2. Possono iscriversi all’albo di cui al comma 1 le associazioni, i movimenti, le organizzazioni femminili e le cooperative non profit di genere che abbiano sede operativa nel territorio pugliese e il cui statuto o atto costitutivo preveda attività finalizzate a contribuire all’effettiva attuazione del principio di parità e di pari opportunità tra uomo e donna, diffondendone i principi, promuovendo e valorizzando la condizione femminile.
3. L’iscrizione, che avviene annualmente previa pubblicazione di un bando regionale, è condizione necessaria per:
a) ottenere contributi e/o finanziamenti regionali, in caso di associazioni regolarmente costituite;
b) usufruire di iniziative e progetti d’informazione, di formazione e di ricerca.
4. La Giunta regionale, con propria delibera di indirizzo al Settore sistema integrato dei servizi sociali, definisce:
a) i criteri per la formazione dell’albo;
b) i soggetti che possono presentare domanda di iscrizione e i requisiti che devono possedere;
c) le modalità per l’iscrizione;
d) le modalità di cancellazione dall’albo.
5. Il Centro risorse regionale per le donne convoca, con cadenza almeno annuale, l’assemblea regionale delle associazioni e dei movimenti femminili iscritti all’albo regionale ai fini della predisposizione e discussione della relazione annuale dell’attività svolta e del documento programmatico per l’anno successivo di cui all’articolo 17.
ARTICOLO 23
(Comunicazione istituzionale)
1. La Regione, nelle proprie attività di comunicazione istituzionale, opera per:
a) introdurre la prospettiva di genere favorendo l’attenzione sui temi della parità tra donne e uomini;
b) valorizzare il ruolo della donna in ambito sociale, professionale e politico e promuoverne un’immagine positiva;
c) promuovere una rappresentazione maschile e femminile coerente con l’evoluzione dei rispettivi ruoli nel mercato del lavoro, nelle istituzioni e nella società, contrastando in modo attivo gli stereotipi di genere.
2. I criteri previsti al comma 1 devono essere integrati in tutte le attività di comunicazione finanziate dalla Regione come condizione vincolante alla finanziabilità delle stesse attività..
ARTICOLO 24
(Funzione del Comitato regionale per le comunicazioni)
1. Al fine di garantire che ogni forma di comunicazione pubblica tenga conto degli obiettivi previsti dalla presente legge, il Comitato regionale per le comunicazioni (CORECOM), nell’ambito dell’attività di consulenza, di gestione e di controllo della Regione in materia di comunicazione, esercita attività di monitoraggio sull’informazione locale e sui contenuti della programmazione televisiva e radiofonica con il compito di evidenziare eventuali caratteri discriminatori e segnalarli al Consiglio regionale.
TITOLO V
RAPPRESENTANZA E PARTECIPAZIONE DELLE DONNE
ARTICOLO 25
(Rappresentanza delle donne nella vita politica e sociale)
1. La Regione, al fine di sostenere attivamente il principio della partecipazione democratica tra i sessi nella vita politica e sociale, sia nelle competizioni elettorali che nell’assegnazione degli incarichi di propria competenza, promuove:
a) l’adozione, da parte dei partiti politici, di piani di azione che includano le misure e le azioni che devono essere adottate per garantire il rispetto della previsione del comma 3 dell’articolo 3 della legge regionale 28 gennaio 2005, n. 2 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale). A tale scopo, la Giunta regionale con atto di indirizzo, disciplina l’utilizzo delle risorse versate dai partiti e dai movimenti politici in ragione del mancato rispetto della previsione di cui all’articolo 3, comma 3, della l.r. 2/2005;
b) l’istituzione da parte delle pubbliche amministrazioni delle commissioni permanenti per le pari opportunità in seno agli organi legislativi di ciascun ente, composti dai consiglieri di maggioranza e minoranza e in cui siano rappresentati entrambi i generi affinché svolgano funzioni di studio e di ricerca, istruttorie, consultive e di proposta sugli atti fondamentali di competenza degli organi cui è demandata la funzione legislativa;
c) l’istituzione della Rete regionale delle elette quale organismo di promozione e valorizzazione della presenza delle donne nelle istituzioni elettive e nella vita politica;
d) la costituzione di una banca dati di curricula delle donne, presso l’Ufficio garante di genere, per facilitare l’individuazione delle professionalità più idonee a ricoprire gli incarichi di direzione di competenza della Giunta regionale.
2. L’Ufficio garante di genere verifica, in occasione delle nomine di diretta competenza della Giunta regionale, che sia rispettato il principio della rappresentanza democratica dei due sessi, mettendo a disposizione, qualora necessario, i curricula raccolti all’interno della banca dati.
3. La Regione, in presenza di una persistente condizione di sottorappresentanza del genere femminile e nel rispetto di criteri obiettivi di comparazione, può assicurare alle donne una quota non superiore al 50 per cento nelle nomine di propria competenza e dei propri enti strumentali, nonché nell’affidamento degli incarichi.
ARTICOLO 26
(Qualità della presenza delle donne nel mondo del lavoro e nella vita economica)
1. La Regione promuove presso il sistema imprenditoriale pugliese l’adozione di piani per l’uguaglianza di genere nelle imprese, in grado di declinare il principio di responsabilità sociale secondo principi di pari opportunità, producendo elementi di innovazione del modello imprenditoriale. Tali piani sono elaborati con il concorso delle associazioni sindacali e datoriali e da queste monitorati.
2. La Giunta regionale promuove politiche premiali per le imprese che adottino tali piani attribuendo il “marchio di genere” secondo modalità definite dalla Giunta regionale.
3. La Regione promuove, altresì, l’iniziativa economica delle donne, con particolare riguardo alle donne immigrate, attraverso appositi sistemi di incentivazione, quali ad esempio l’istituzione di un fondo di garanzia per l’imprenditoria femminile, il microcredito e l’adozione di iniziative volte a migliorarne il rapporto con il sistema creditizio.
4. La Regione si impegna a promuovere l’integrazione e le pari opportunità per le donne immigrate mediante la creazione di centri interculturali che ne contrastino l’isolamento sociale e culturale e stabilisce politiche premiali per iniziative private che ne promuovano l’occupazione.
TITOLO VI
DISPOSIZIONI FINALI
ARTICOLO 27
(Clausola valutativa)
1. La Giunta regionale, per il tramite dell’Ufficio garante di genere, relaziona annualmente al Consiglio regionale, in occasione della presentazione del rapporto annuale sulla condizione femminile in Puglia, con un’informativa alla Commissione competente.
2. La relazione di cui al comma 1 riferisce in particolare circa:
a) l’attività posta in essere e le iniziative attivate in attuazione della presente legge;
b) i risultati ottenuti dalla Giunta regionale, in termini quantitativi e qualitativi, per la promozione delle politiche di genere;
c) le attività di promozione e informazione promosse e adottate al fine di divulgare la conoscenza degli incentivi e delle iniziative a favore delle politiche di genere;
d) le criticità emerse nella realizzazione degli interventi e gli eventuali correttivi apportati, con specifico riferimento alle modalità di allocazione delle risorse stanziate.
3. La relazione prevista al comma 2 e gli eventuali documenti consiliari che ne concludono l’esame sono resi pubblici, con le modalità stabilite dal Presidente del Consiglio regionale d’intesa con il Presidente della Commissione consiliare competente.
ARTICOLO 28
(Norma finanziaria)
(omissis)
Autore:
Regione Puglia
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Identità culturale, Divieto di discriminazione, Pari opportunità, Lavoro, Appartenenza confessionale, Società multiculturale, Sistema integrato di serivzi sociali
Natura:
Legge regionale