Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 7 Giugno 2008

Istruzione 17 maggio 2007

CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI. SANCTORUM MATER – Istruzione per lo svolgimento delle Inchieste diocesane o eparchiali nelle Cause dei Santi, 17 maggio 2007

INTRODUZIONE

Madre dei Santi, la Chiesa ha sempre custodito la loro memoria, proponendo ai fedeli esempi di santità nella sequela Christi.[1] Lungo i secoli i Romani Pontefici si sono preoccupati di emanare adeguate norme per facilitare il raggiungimento della verità in una materia così importante per la Chiesa. Nei nostri tempi, il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ha promulgato, il 25 gennaio 1983, la Costituzione Apostolica Divinus perfectionis Magister in cui ha stabilito tra l’altro la procedura per le Inchieste diocesane o eparchiali svolte dai Vescovi in vista della beatificazione e della canonizzazione dei Servi di Dio.[2]

Nella medesima Costituzione Apostolica, il Sommo Pontefice ha concesso alla Congregazione delle Cause dei Santi la facoltà di emanare delle norme peculiari per lo svolgimento di tali Inchieste[3] che riguardano la vita, le virtù, e la fama di santità e di segni, oppure la vita, il martirio, e la fama di martirio e di segni dei Servi di Dio, ed i presunti miracoli attribuiti all’intercessione dei Beati e dei Servi di Dio, ed eventualmente, il culto antico di un Servo di Dio.[4]

Egli ha anche abrogato le disposizioni promulgate dai suoi Predecessori e le norme stabilite dai canoni del Codice di Diritto Canonico del 1917 nelle cause di beatificazione e canonizzazione.[5]

In data 7 febbraio 1983 lo stesso Sommo Pontefice ha approvato le Normae servandae in inquisitionibus ab Episcopis faciendis in Causis Sanctorum,che stabiliscono le norme peculiari da osservarsi nelle Inchieste diocesane o eparchiali delle cause di beatificazione e canonizzazione.[6] Dopo la promulgazione della Costituzione Apostolica e delle Normae servandae, la Congregazione, alla luce dell’esperienza, emana la presente Istruzione[7] per favorire una collaborazione più stretta ed efficace tra la Santa Sede e i Vescovi nelle cause dei Santi.

La presente Istruzione intende chiarire le disposizioni delle leggi vigenti nelle cause dei Santi, facilitare la loro applicazione e indicare i modi della loro esecuzione sia nelle cause recenti che in quelle antiche. Si rivolge, pertanto, ai Vescovi diocesani, agli Eparchi, a quanti sono ad essi equiparati dal diritto e a quanti partecipano alla fase istruttoria delle Inchieste. L’Istruzione tratta, in maniera cronologica, dell’iter procedurale delle Inchieste diocesane o eparchiali, stabilito dalle Normae servandae, evidenziando, in modo pratico e cronologico, la loro applicazione e salvaguardando la serietà delle Inchieste.

In primo luogo, essa tratta dell’istruzione delle Inchieste diocesane o eparchiali che riguardono le virtù eroiche e il martirio dei Servi di Dio. Prima di decidere di iniziare la causa, il Vescovo dovrà compiere alcuni accertamenti determinanti per la sua decisione. Dopo aver deciso di iniziare la causa, darà l’avvio all’Inchiesta vera e propria, ordinando la raccolta delle prove documentarie della causa. Se non vengono rilevate delle difficoltà insormontabili, si procederà all’escussione dei testi e, infine, alla chiusura dell’Inchiesta e all’invio degli atti alla Congregazione, dove inizierà la fase romana della causa, ossia nella fase dello studio e del giudizio definitivo della stessa causa.

Per quanto riguarda le Inchieste sui presunti miracoli, l’Istruzione mette in evidenza alcuni elementi della procedura che, in questi ultimi vent’anni, si sono rilevati problematici nell’applicazione delle norme riguardanti le medesime Inchieste sui miracoli.

Questa Congregazione auspica che l’Istruzione sia di valido aiuto ai Vescovi affinché il popolo cristiano, seguendo più da vicino l’esempio di Cristo, il «Divinus perfectionis Magister», dia al mondo testimonianza del Regno dei cieli. La Costituzione Dogmatica del Concilio Ecumenico Vaticano II, Lumen Gentium, insegna: «Considerando la vita di coloro che hanno seguito fedelmente Cristo, abbiamo un motivo in più di sentirci spronati a cercare la città futura, e insieme impariamo una via sicurissima, seguendo la quale, attraverso le mutevoli realtà del mondo, potremo arrivare alla perfetta unione con Cristo, cioè alla santità, secondo lo stato e la condizione propria di ognuno ».[8]

[1] Cfr Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, Costituzione dogmatica, Lumen Gentium, nn. 50-51.
[2] Cfr Acta Apostolicae Sedis 75 (1983), 349-355. Nella presente Istruzione la Costituzione Apostolica Divinus perfectionis Magister sarà citata con la sigla DPM.
[3] Cfr DPM I, 2.
[4] Ibid., 1, 1
[5] Nella presente Istruzione, il Codice di Diritto Canonico del 1917 e quello del 1983 saranno citati con la sigla CIC con il rispettivo anno di promulgazione. Il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali del 1990 sarà citato con la sigla CCEO.
[6] Cfr Acta Apostolicae Sedis 75 (1983), 396-403. Nella presente Istruzione le Normae servandae in inquisitionibus ab Episcopis faciendis in Causis Sanctorum saranno citate con la sigla NS e il rispettivo numero delle Normae.
[7] Cfr can. 34 CIC 1983.
[8] Lumen Gentium, n. 50; DPM, Introduzione.

PARTE I

CAUSE DI BEATIFICAZIONE E CANONIZZAZIONE

Titolo I

Elementi preliminari

Art. 1. – § 1. La presente Istruzione riguarda le cause di beatificazione e canonizzazione regolate da legge pontificia particolare.[1]

§ 2. Dette cause sono finalizzate alla raccolta delle prove per raggiungere la certezza morale sulle virtù eroiche o sul martirio del Servo di Dio di cui si chiede la beatificazione e la canonizzazione

§ 3. Fatte salve le prescrizioni particolari, nelle suddette cause si devono osservare anche le norme sui processi del Codice di Diritto Canonico e del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, che riguardano la procedura per la raccolta delle prove documentali e, in particolare, quelle per l’escussione dei testi.[2]

Art. 2. – Nella presente Istruzione l’Inchiesta equivale al processo che, nel diritto canonico precedente, veniva istruito nelle cause di beatificazione e canonizzazione.[3]

Art. 3. – Nella presente Istruzione la normativa vale per i Vescovi diocesani e eparchiali ed anche per quelli che sono equiparati ad essi dal diritto a norma del can. 381 § 2 CIC.

Titolo II

Fama di santità o di martirio e fama di segni

Art. 4. – § 1. La causa di beatificazione e canonizzazione riguarda un fedele cattolico che in vita, in morte e dopo morte ha goduto fama di santità, vivendo in maniera eroica tutte le virtù cristiane; o gode di fama di martirio perché, avendo seguito più da vicino il Signore Gesù Cristo, ha sacrificato la vita nell’atto del martirio.

§ 2. È chiamato Servo di Dio il fedele cattolico di cui è stata iniziata la causa di beatificazione e canonizzazione.

Art. 5. – § 1. La fama di santità è l’opinione diffusa tra i fedeli circa la purità e l’integrità di vita del Servo di Dio e circa le virtù da lui praticate in grado eroico.[4]

§ 2. La fama di martirio è l’opinione diffusa tra i fedeli circa la morte subita dal Servo di Dio per la fede o per una virtù connessa alla fede.[5]

Art. 6. – La fama di segni è l’opinione diffusa tra i fedeli circa le grazie ed i favori ricevuti da Dio attraverso l’intercessione del Servo di Dio.[6]

Art. 7. – § 1. Prima di decidere l’inizio della causa, il Vescovo diocesano o eparchiale dovrà verificare se, presso una parte significativa del popolo di Dio, il Servo di Dio goda di un’autentica e diffusa fama di santità oppure di martirio, unitamente ad una autentica e diffusa fama di segni.[7]

§ 2. La fama deve essere spontanea e non artificiosamente procurata. Deve essere stabile, continua, diffusa tra persone degne di fede, vigente in una parte significativa del popolo di Dio.[8]

Art. 8. – § 1. Anzitutto il postulatore dovrà raccogliere la documentazione sulla fama di santità o di martirio e sulla fama di segni e presentarla, a nome dell’attore, al Vescovo competente.[9]

§ 2. Il Vescovo dovrà valutare la documentazione per accertarsi dell’esistenza della fama di santità o di martirio e della fama di segni e dell’importanza ecclesiale della causa.[10]

§ 3. La documentazione va unita agli atti dell’Inchiesta.[11]

Titolo III

Attore della causa

Art. 9. – L’attore promuove la causa che viene istruita sulle virtù eroiche o sul martirio del Servo di Dio e se ne assume le responsabilità morali ed economiche.[12]

Art. 10. – § 1. Possono costituirsi attore della causa il Vescovo diocesano o eparchiale ex officio, le persone giuridiche, quali diocesi o eparchie, strutture giurisdizionali ad esse equiparate, parrocchie, Istituti di Vita Consacrata o Società di Vita Apostolica, o Associazioni di fedeli clericali e/o laicali ammese dall’autorità ecclesiastica.

§ 2. Può costituirsi attore della causa anche una persona fisica, ossia chiunque faccia parte del popolo di Dio, purché in grado di garantire la promozione della causa nella sua fase diocesana o eparchiale e in quella romana.[13]

Art. 11. – § 1. La persona giuridica o fisica si costituisce attore della causa con un atto notarile.

§ 2. Il Vescovo accetta tale atto dopo aver verificato la capacità della persona giuridica o fisica di assumere gli impegni inerenti al ruolo di attore.

Titolo IV

Postulatore della causa

Art. 12. – § 1. L’attore, con un mandato redatto a norma del diritto, nomina un procuratore, ossia il postulatore per la fase diocesana o eparchiale della causa.[14]

§ 2. Il postulatore segue lo svolgimento dell’Inchiesta a nome dello stesso attore presso le autorità diocesane o eparchiali.

§ 3. L’ufficio di postulatore può essere svolto da un sacerdote, da un membro di un Istituto di Vita Consacrata, di una Società di Vita Apostolica, o di un’Associazione clericale e/o laicale, da un laico e da una laica.

§ 4. Il postulatore deve essere esperto in teologia, diritto canonico e storia, come pure nella prassi della Congregazione delle Cause dei Santi.[15]

Art. 13. – § 1. Il postulatore diocesano o eparchiale, debitamente nominato dall’attore, deve essere approvato dal Vescovo competente.[16]

§ 2. Il mandato di nomina del postulatore e/o vice-postulatore sarà unita agli atti dell’Inchiesta.[17]

Art. 14. – § 1. Il postulatore diocesano o eparchiale può farsi sostituire da altri chiamati vice-postulatori.

§ 2. Il vice-postulatore è nominato dal medesimo postulatore con un mandato redatto a norma del diritto, previo il consenso dell’attore.[18]

Art. 15. – § 1. Il postulatore o vice-postulatore diocesano o eparchiale, durante lo svolgimento dell’Inchiesta, ha la sua residenza nella diocesi o eparchia nella quale viene istruita l’Inchiesta.

§ 2. Il postulatore nella fase romana della causa, debitamente nominato dall’attore con un nuovo mandato redatto a norma del diritto, necessita dell’approvazione della Congregazione e dovrà avere stabile dimora a Roma.[19]

§ 3. Qualora il postulatore nella fase diocesana o eparchiale della causa sia un postulatore generale di un Istituto di Vita Consacrata, di Società di Vita Apostolica o di un’Associazione clericale e/o laicale, a cui apparteneva il Servo di Dio, questi conserva il suo ufficio anche nella fase romana senza un nuovo mandato.

Art. 16. – Il postulatore della fase romana della causa non può farsi sostituire da un vice-postulatore nel trattare con la Congregazione.

Art. 17. – § 1. Il postulatore svolge anzitutto le ricerche sulla vita del Servo di Dio, utili per la conoscenza della fama di santità o di martirio, della fama di segni e dell’importanza ecclesiale della causa.

§ 2. Il postulatore riferisce al Vescovo competente il risultato delle ricerche, avendo cura di non occultare eventuali ritrovamenti contrari alla fama di santità o di martirio e alla fama di segni goduta dal Servo di Dio.[20]

§ 3. Il postulatore è tenuto ad agire nell’interesse superiore della Chiesa e, pertanto, a ricercare la verità con coscienza e onestà, evidenziando le eventuali difficoltà, onde evitare anche la necessità di successive ricerche ché ritardano il prosieguo della causa.[21]

Art. 18. – Il postulatore amministra, secondo le norme date dalla Congregazione. i beni offerti per la causa.[22]

Art. 19. – § 1. Il postulatore deve consegnare ai periti in materia storica ed archivistica tutti i documenti della causa che siano in suo possesso.

§ 2. Il postulatore non può raccogliere giuridicamente né le prove documentali né le eventuali deposizioni orali di testi nella causa.[23]

§ 3. Il compito di raccogliere, a norma di legge, le prove nella causa spetta unicamente al Vescovo diocesano o eparchiale ed a coloro che verranno debitamente nominati per questo incarico, secondo quanto stabilito dalle Normae servandae.

Titolo V

Vescovo competente

Art. 20. – Ai Vescovi diocesani, agli Eparchi e a quanti ad essi sono equiparati dal diritto compete di investigare, nell’ambito della propria giurisdizione, su la vita, le virtù o il martirio e sulla fama di santità o di martirio, sui presunti miracoli, ed eventualmente sul culto antico di un Servo di Dio, di cui si chiede la beatificazione e la canonizzazione.[24]

Art. 21. – § 1. Il Vescovo competente ad istruire l’Inchiesta diocesana o eparchiale sulle virtù eroiche o sul martirio è quello nel cui territorio il Servo di Dio è morto.[25]

§ 2. – Il Vescovo competente ad istruire l’Inchiesta diocesana o eparchiale su un presunto miracolo è quello nel cui territorio è avvenuto il presunto miracolo.[26]

Art. 22. – § 1. La Congregazione, su richiesta del Vescovo che intende iniziare la causa, può trasferire la competenza ad un altro foro ecclesiastico, cioè ad un’altra diocesi o eparchia, per motivazioni particolari (ad es., alla diocesi o eparchia dove si trovano le prove più importanti, o dove il Servo di Dio ha vissuto la maggior parte della sua vita).

§ 2. Il Vescovo richiedente deve ottenere il consenso scritto del Vescovo competente.

§ 3. Nella causa di un gruppo di martiri, sarà necessario chiedere il consenso scritto di tutti i Vescovi delle diocesi o eparchie dove sono morti i Servi di Dio.

Art. 23. – § 1. Dopo aver ricevuto il consenso, il Vescovo, di cui all’Art. 22 § 1 della presente Istruzione, dovrà inviare la sua richiesta scritta alla Congregazione, alla quale spetta il riconoscimento delle circostanze particolari del caso.[27]

§ 2. Nella richiesta egli espone le motivazioni per il trasferimento della competenza e allega allo stesso tempo una fotocopia del consenso scritto del Vescovo competente.

Art. 24. – § 1. Accertate le particolari circostanze del caso, la Congregazione concede il trasferimento della competenza del foro con rescritto, da unirsi agli atti della Prima Sessione dell’Inchiesta.[28]

§ 2. Il Vescovo richiedente inizia l’Inchiesta diocesana o eparchiale solo dopo aver ricevuto il rescritto della Congregazione.

[1] Cfr can. 1403 CIC 1983; can. 1057 CCEO.
[2] Cfr infra Artt. 29 § 2 e 30 § 2; can. 1403 § 2, CIC 1983; can. 1400 CIC 1983; can. 1055 CCEO
[3] Cfr cann. 1999 – 2141 in Libro IV – De processibus. Pars Secunda: De Causis Beatificationis Servorum Dei et Canonizationis Beatorum, CIC 1917.
[4] « Fama autem sanctitatis in genere nihil aliud est, quam existimatio seu communis opinio de peritate et integritate vitae, et de virtutibus …, necnon de miraculis eorum intercessione a Deo patratis; ita ut, concepta in uno vel pluribus locis erga eos (Servos Dei) devotione, a plerisque in suis necessitatibus invocentur». (Benedetto XIV, De Servorum Dei beatificatione et canonizatione Beatorum, L. II, cap. 39, n. 7).
[5] « Pariter fama Martyrii in genere nihil aliud est, quam existimatio et communis opinio, quod aliquis vel aliqua pro fide Christi, vel pro virtute, quae ad fidem Christi deducatur, illatam sibi mortem patienter tulerint, et quod signa seu miracula eorum intercessione … secuta sint; ita ut, apud plerosque concepta devotione, in suis necessitatibus invocentur», ibid.
[6] « Ita ut. concepta in uno vel pluribus lotis erga eos (Servos Dei) devotione, a plerisque in suis necessitatibus invocentur … ita ut. apud plerosque concepta devotione. in suis necessitatibus invocentur», ibid.
[7] Cfr infra Art. 40 § 1
[8] «… ut probetur fama in genere, spontanea, non arte aut diligentia humana procurata, orta ab honestibus et gravibus personis, continua, in dies aucta et vigens in praesenti apud maiorem partem populi»: cfr can. 2050 § 2 CIC 1917
[9] DPM I, 2. 1°; NS n. 3, b; cfr infra Art. 1.
[10] Cfr infra Art. 40
[11] Cfr infra Art. 89, n. 2
[12] DPM I, 1; NS n. 1, a
[13] NS n. 1, a.
[14] NS n. 2, a.
[15] NS n. 3, a
[16] NS n. 2, a
[17] Cfr infra Art. 89, n. 3
[18] NS n. 4.
[19] NS n. 2, b.
[20] Cfr supra Art. 8.
[21] NS n. 3, b; cfr supra Art. 8.
[22] NS n. 3, c.
[23] Cfr infra Art. 68 § 3.
[24] DPM I, 1.
[25] NS n. 5, a.
[26] NS n. 5, b.
[27] NS n. 5, a.
[28] Cfr infra Art. 89, n. 1

PARTE II

FASE PRELIMINARE DELLA CAUSA

Titolo I

Presentazione del libello

Art. 25. – § 1. Nelle cause recenti il postulatore presenta al Vescovo diocesano o eparchiale il libello di domanda (supplex libellus), ossia la richiesta scritta, con la quale chiede l’inizio della causa.[1]

§ 2. Il libello potrà essere presentato al Vescovo non prima di cinque anni dalla morte del Servo di Dio.[2]

§ 3. Prima di accogliere il libello, il Vescovo dovrà verificare se, tra il popolo di Dio, si sia sviluppata in questo periodo un’autentica fama di santità o di martirio e di segni.

Art. 26. – § 1. Qualora si presenti il libello di domanda dopo che sono trascorsi più di trent’anni dalla morte del Servo di Dio, il postulatore dovrà precisare le motivazioni che hanno causato tale ritardo.

§ 2. Il Vescovo accerterà e valuterà se non ci sia stata da parte dell’ attore alcuna frode o inganno nel procrastinare la presentazione del libello.[3]

Art. 27. – § 1. Il Vescovo attesterà l’assenza di frode o dolo con una dichiarazione scritta nella quale chiarisca le particolari ragioni del ritardo.

§ 2. La dichiarazione dovrà essere inserita tra gli atti dell’Inchiesta.[4]

Titolo II

Cause recenti e Cause antiche

Art. 28. – § 1. La procedura da seguire nello svolgimento dell’Inchiesta diocesana o eparchiale è determinata dal genere delle prove.

§ 2. Una causa può essere recente o antica.

Art. 29. – § 1. Una causa è recente quando le virtù o il martirio del Servo di Dio possono essere provati mediante le deposizioni orali di testi oculari.[5]

§ 2. In una causa recente, l’Inchiesta verterà anzitutto sull’escussione dei testi, tenendo sempre presente la necessità di ricercare e raccogliere tutte le prove documentali della causa.[6]

Art. 30. – § 1. Una causa è antica quando le prove relative alle virtù in specie o al martirio del Servo di Dio si desumono solo da fonti scritte, in quanto mancano i testi oculari sull’eroicità delle virtù o sul martirio del Servo di Dio.[7]

§ 2. In una causa antica, l’Inchiesta riguarderà prevalentemente le ricerche dei periti in materia storica ed archivistica, tenendo presente la necessità di interrogare alcuni testimoni circa la vigente fama di santità o di martirio e di segni e, se è il caso, circa il culto reso al Servo di Dio in tempi più recenti.[8]

Titolo III

Causa sulle virtù eroiche oppure sul martirio

Art. 31. – § 1. Se si intenda provare l’eroicità delle virtù di un Servo di Dio, l’Inchiesta dovrà essere istruita sulla vita, sulle virtù eroiche e sulla fama di santità e di segni.

§ 2. Se si intenda provare il martirio di un Servo di Dio, l’Inchiesta dovrà essere istruita sulla vita, sul martirio e sulla fama di martirio e di segni.[9]

Art. 32. – § 1. Solo nel caso del presunto martirio di Servi di Dio che sono stati uccisi durante la stessa persecuzione e nello stesso luogo, si potrà istruire un’Inchiesta su più Servi di Dio.[10]

§ 2. Nelle suddette cause, un Servo di Dio dovrà essere scelto come capo­gruppo e gli altri individuati ed elencati come compagni, presunti martiri.

§ 3. Il Vescovo includa, se possibile, nell’unico gruppo Servi e Serve di Dio che rappresentino i diversi stati di vita nella Chiesa.

Art. 33. – § 1. Nel caso di un cosiddetto antico Beato, cioè di un Servo di Dio che è oggetto di culto da tempo immemorabile secondo i Decreti di Urbano VIII, ai fini della conferma di culto il Vescovo procede secondo le Normae servandae stabilite per le cause antiche.[11]

§ 2. Il postulatore presenta al Vescovo il libello di domanda unitamente alla documentazione come richiesta per le cause antiche.[12]

Art. 34. – Qualora sia stato pubblicato il decreto di conferma di culto dell’antico Beato, come è accaduto nel passato, senza la previa dimostrazione delle virtù eroiche o del martiro, in vista della canonizzazione il Vecovo procede all’istruzione dell’Inchiesta sulla vita e sulle virtù eroiche o sul martirio, seguendo la procedura stabilita dalle Normae servandae per le cause antiche.

Art. 35. – Promulgato il decreto sulla conferma di culto e sulle virtù eroiche o sul martirio del Beato, si procede alla canonizzazione con l’approvazione di un miracolo avvenuto dopo la conferma di culto.

Titolo IV

Libello di domanda

Art. 36. – § 1. Il libello di domanda è l’istanza scritta con cui il postulatore, a nome dell’attore della causa, chiede ufficialmente al Vescovo competente di iniziare la causa sulle virtù o sul martirio del Servo di Dio.[13]

§ 2. Poiché l’Inchiesta sui presunti miracoli viene istruita separatamente da quella sulle virtù o sul martirio del Servo di Dio, il libello di domanda che chiede l’inizio dell’Inchiesta dovrà essere presentato separatamente da quello per le virtù del Servo di Dio.[14]

§ 3. Tale istanza deve indicare, almeno in modo sommario, su quali fatti e prove l’attore si basa per dimostrare ciò che afferma; essere firmata dall’attore e dal postulatore, con l’aggiunta della data e del luogo dove l’attore e il postulatore risiedono.[15]

Art. 37. – Allegati al libello di domanda sulle virtù o sul martirio, il postulatore presenterà al Vescovo diocesano o eparchiale:

1. nelle cause sia recenti che antiche, una biografia di un certo valore storico sul Servo di Dio, se esiste, o, in mancanza di questa, un’accurata relazione cronologica sulla vita e sulle attività del Servo di Dio, sulle sue virtù o sul suo martirio, sulla fama di santità o di martirio e sulla fama di segni, senza omettere ciò che pare contrario o meno favorevole alla causa stessa;[16]

2. tutti gli scritti editi o pubblicati del Servo di Dio in copia autentica; [17]

3. infine, un elenco di eventuali testimoni, ossia:

a) nelle cause recenti: un elenco delle persone che possono contribuire ad accertare la verità sulle virtù o sul martirio del Servo di Dio, come pure sulla fama di santità o di martirio e sulla fama di segni, non trascurando coloro che potrebbero impugnare tale fama;[18]

b) nelle cause antiche: un elenco di alcuni testi in grado di deporre sulla fama di santità o di martirio e di segni ancora presente tra una porzione significativa del popolo di Dio.[19]

Art. 38. – § 1. Allegati al libello di domanda per l’istruzione dell’Inchiesta su un presunto miracolo, il postulatore presenterà al Vescovo diocesano o eparchiale:

1. una breve e accurata relazione sulle circostanze particolari che hanno caratterizzato il caso;

2. un elenco di testi;

3. tutti i documenti relativi al caso.[20]

§ 2. Sulle asserite guarigioni miracolose sono necessari i documenti medi­ci, clinici e strumentali (ad es., cartelle cliniche, referti medici, esami di laboratorio e indagini strumentali).

Art. 39. – Il libello di domanda del postulatore e gli allegati, di cui all’art. 37 e all’art. 38 della presente Istruzione, vanno uniti agli atti della Prima Sessione o Sessione di Apertura dell’Inchiesta.[21]

Titolo V

Accettazione del libello

Art. 40. – § 1. Fermo restando l’art. 45 § 1 della presente Istruzione, il Vescovo diocesano o eparchiale potrà accettare il libello di domanda per l’avvio della causa dopo aver valutato l’esistenza di un’autentica e diffusa fama di santità o di martirio e di segni.[22]

§ 2. Qualora il Vescovo ritenga, per giusti motivi, di non accogliere il libello di domanda, dovrà comunicare con decreto la sua decisione al postulatore, esponendone le ragioni.

Titolo VI

Consultazione con altri Vescovi

Art. 41. – § 1. Accettato il libello di domanda, il Vescovo dovrà chiedere alla Conferenza episcopale, almeno regionale, il parere sull’opportunità di iniziare la causa.[23]

§ 2. Qualora si tratti di Chiese Orientali, il Vescovo dovrà chiedere il parere circa l’opportunità di iniziare la causa al Sinodo dei Vescovi delle Chiese Patriarchiali o Arcivescovili Maggiori oppure al Consiglio dei Gerarchi delle Chiese Metropolitane sui iuris.

Art. 42. – § 1. Tale parere venga chiesto durante una sessione dei medesimi Vescovi per meglio evidenziare la collegialità.

§ 2. Il risultato della sessione va comunicato, per iscritto, al Vescovo che ne ha richiesto il parere, preferibilmente dal Presidente della Conferenza dei Vescovi, dal Patriarca, dall’arcivescovo Maggiore o dal Gerarca Capo del Consiglio dei Gerarchi delle Chiese Metropolitane sui iuris, e sottoscritto anche dal Segretario della medesima.

§ 3. L’apposito documento va unito agli atti dell’Inchiesta.[24]

Titolo VII

Pubblicazione del libello

Art. 43. – § 1. Il Vescovo deve rendere nota la petizione del postulatore di iniziare la causa nella propria diocesi o eparchia con un editto, affisso in cattedrale o pubblicato sul giornale (bollettino) diocesano.

§ 2. Se lo ritiene opportuno, lo renderà noto anche in altre diocesi o eparchie, con il consenso dei rispettivi Vescovi.

§ 3. Nell’editto, dovrà invitare tutti i fedeli a fornirgli notizie utili riguardanti la causa.[25]

§ 4. L’editto va unito agli atti dell’Inchiesta.[26]

Art. 44. – § 1. Se dalle informazioni ricevute dovesse emergere qualche ostacolo di una certa rilevanza contro la causa, il Vescovo deve informare il postulatore affinché lo possa eventualmente rimuovere.[27]

§ 2. Nel caso in cui l’ostacolo non sia stato rimosso e il Vescovo ritiene che la causa non possa procedere, egli lo deve comunicare con decreto al postulatore, esponendo i motivi della decisione.[28]

Titolo VIII

« Nulla Osta » della Santa Sede

Art. 45. – § 1. Fermo restando l’art. 40 § 1 della presente Istruzione, si consiglia al Vescovo diocesano o eparchiale, prima di accettare il libello di domanda del postulatore di avviare la causa, di chiedere alla Congregazione delle Cause dei Santi se, da parte della Santa Sede, nulla osti alla causa.[29]

§ 2. Il Vescovo inoltra alla Congregazione la richiesta del “nulla osta” con allegata una breve relazione, nella quale espone i dati biografici del Servo di Dio (data, luogo e diocesi di nascita e di morte, attività svolta nella Chiesa, ecc.) e l’importanza ecclesiale della causa.

Art. 46. – La Congregazione risponde al Vescovo con una lettera da unirsi agli atti della causa.[30]

[1] Cfr infra Art. 36 § 1; can. 1501 CIC 1983; can. 1104 § 2 CCEO.
[2] NS n. 9, a
[3] NS n. 9, b.
[4] Cfr infra Art. 89, n. 5.
[5] NS n. 7.
[6] Cfr infra Art. 37, n. 3; Art. 2 § 3.
[7] NS n. 7.
[8] Cfr infra Art. 37, n. 3, b; Art. 2 § 3.
[9] DPM I, 1.
[10] Cfr can. 2001 § 1 GIG 1917
[11] Cfr supra Art. 30. Può essere considerato un antico Beato il Servo di Dio che è oggetto di culto ex tolerantia dopo il pontificato di Papa Alessandro III (1159-1181) e prima del tempo stabilito dalla costituzione di Papa Urbano VIII (1623-1644): Cfr can. 2125 § 1 CIC 1917.
[12] Cfr infra Art. 37.
[13] Cfr supra Art. 25 § 1.
[14] DPM 1, 2. 5°; NS n. 32.
[15] Cfr can. 1504 CIC 1983; can. 1187 CCEO.
[16] NS n. 10, 1 °.
[17] NS n. 10, 2 °.
[18] NS n. 10, 3 °.
[19] NS n. 15, b.
[20] NS n. 33, a.
[21] Cfr infra Art. 89, n. 4.
[22] NS n. 3, b; cfr supra Art. 7 § 1 e Art. 8 § 2.
[23] NS n. 11, a.
[24] Cfr infra Art. 89, n. 6.
[25] NS n. 11, b.
[26] Cfr infra Art. 89, n. 7.
[27] NS n. 12, a.
[28] NS n. 12, b.
[29] NS n. 15, c.
[30] Cfr infra Art. 89, n. 8.

PARTE III

ISTRUZIONE DELLA CAUSA

Titolo I

Officiali dell’Inchiesta in generale

Art. 47. – § 1. Il Vescovo e tutti coloro che prendono parte all’Inchiesta devono curare con somma diligenza ed impegno che, nella raccolta di tutte le prove, nulla venga omessa di quanto in qualunque modo riguardi la causa. Il buon esito della causa, infatti, dipende in gran parte dalla sua buona istruzione.[1]

§ 2. Gli Officiali dell’Inchiesta sono: il Delegato Episcopale, il Promotore di Giustizia, il Notaio e, eventualmente nell’Inchiesta su una guarigione ritenuta miracolosa, il Perito medico, o il Perito tecnico nell’ Inchiesta su un presunto miracolo di altra natura.

Art. 48. – § 1. Il Vescovo deve nominare con decreto tutti gli Officiali, per ogni singola Inchiesta.

§ 2. I decreti di nomina sono controfirmati dal Cancelliere della diocesi o dell’eparchia, in modo da sancirne la validità giuridica[2]

§ 3. I decreti devono, poi, essere uniti agli atti della Prima Sessione o Sessione di Apertura dell’Inchiesta.[3]

Art. 49. – Non è consentito ad un Officiale ricoprire più incarichi nell’ambito della medesima Inchiesta.

Art. 50. – § 1. Quando l’Inchiesta riguarda un Servo di Dio appartenente ad un Istituto di Vita Consacrata, ad una Società di Vita Apostolica o ad un’Associazione di fedeli clericale e/o laicale, il Vescovo non deve affidare incarichi agli appartenenti del medesimo Istituto, Società o Associazione.

§ 2. Se necessario, il Vescovo può nominare come perito in materia storica ed archivistica un appartenente al medesimo Istituto, Società o Assocazione del Servo di Dio.[4]

Art. 51. – § 1. Il Vescovo diocesano o eparchiale, tutti coloro che sono stati nominati per un incarico, e il postulatore o, nel caso, il vice postulatore, devono prestare il giuramento di adempiere fedelmente il proprio incarico e di mantenere il segreto d’ufficio.[5]

§ 2. Il giuramento è prestato durante la Prima Sessione o Sessione di Apertura dell’Inchiesta.

§ 3. Tutti appongono la firma in calce alla relativa formula di giuramento, che sarà unita agli atti della stessa Prima Sessione.

Art. 52. – Conclusa l’Inchiesta con l’Ultima Sessione o Sessione di Chiusura, tutti coloro che hanno preso parte all’Inchiesta decadono dal loro incarico, inclusi il postulatore diocesano o eparchiale ed il vice-postulatore diocesano o eparchiale.

Titolo II

Officiali dell’Inchiesta in particolare

Capitolo I

Delegato Episcopale

Art. 53. – Il Vescovo può istruire direttamente o mediante un suo Delegato la causa di beatificazione e canonizzazione.[6]

Art. 54. – Il Delegato Episcopale deve essere un sacerdote competente in materia teologica, canonica e anche storica, se si tratta di cause antiche.[7]

Art. 55. – Per ciascuna causa è nominato un solo Delegato Episcopale.

Capitolo II

Promotore di Giustizia

Art. 56. – § 1. Il Promotore di Giustizia deve vigilare che si osservi fedelmente quanto prescritto dalla legge nell’istruire la causa.

§ 2. Egli, inoltre, dovrà esaminare se siano stati raccolti in maniera esauriente tutti gli atti e documenti relativi all’oggetto dell’Inchiesta.

§ 3. Il Promotore di Giustizia, pertanto, deve collaborare con il Delegato Episcopale in maniera attiva e metodica.[8]

Art. 57. – Il Promotore di Giustizia deve essere un sacerdote competente in materia teologica, canonica e anche storica, se si tratta di cause antiche.[9]

Art. 58. – Per ciascuna causa è nominato un solo Promotore di Giustizia.

Capitolo III

Notaio

Art. 59. – § 1. Il Notaio trascrive le dichiarazioni dei testi e redige gli atti dell’inchiesta secondo le indicazioni del Delegato Episcopale.[10]

§ 2. Se necessario, il Vescovo nomina dei Notai Aggiunti.

§ 3. Qualsiasi fedele cattolico può ricoprire questo incarico.

Capitolo IV

Perito medico

Art. 60. – § 1. Nell’Inchiesta su una guarigione ritenuta miracolosa, il Vescovo deve nominare un Perito medico.

§ 2. Nell’Inchiesta su un presunto fatto miracoloso di altra natura, il Vescovo deve nominare un Perito tecnico.

§ 3. Il Perito, dopo aver giurato di adempiere fedelmente il proprio incarico e di mantenere il segreto d’ufficio, aiuta il Promotore di Giustizia a preparare gli Interrogatori per l’escussione dei testi.[11]

§ 4. II Perito deve partecipare alle Sessioni per l’escussione dei testi al fine di proporre, tramite il Delegato Episcopale, domande chiarificatrici nell’ambito di sua competenza, secondo la necessità e le circostanze.[12]

Titolo III

Sede delle sessioni

Art. 61. – § 1. Le Sessioni si svolgono nella sede stabile del tribunale diocesano o eparchiale, o in altro luogo idoneo.[13]

§ 2. Le Sessioni non devono essere celebrate nella sede dell’Istituto di vita consacrata, della Società di vita apostolica o dell’Associazione a cui apparteneva il Servo di Dio.

[1] NS n. 27, a.
[2] Cfr can. 470 CIC 1983; can. 252 CCEO.
[3] Cfr infra Art. 89, n. 9.
[4] Cfr infra Art. 69 § 1.
[5] NS n. 6, c.
[6] DPM I, 1; NS n. 6, a.
[7] NS n. 6, a.
[8] Cfr infra Art. 91.
[9] NS n. 6, b.
[10] NS n. 16, a; cfr can. 484, n. 2 CIC 1983; can. 254, n. 2 CCEO.
[11] NS n. 15, a; cfr infra Art. 81.
[12] NS n. 34, a; cfr infra Art. 92 § 2.
[13] Cfr can. 1468; can. 1558 § 1 CIC 1983; can. 1127; can. 1239 § 1 CCEO.

PARTE IV

RACCOLTA DELLE PROVE DOCUMENTALI

Titolo I

Censori teologi

Art. 62. – § 1. Il Vescovo deve nominare, con decreti distinti, almeno due Censori teologi per l’esame degli scritti editi del Servo di Dio, consegnatigli dal postulatore della causa.[1]

§ 2. Per scritti editi del Servo di Dio si intende qualsiasi opera pubblicata o dal Servo di Dio stesso o da altri.[2]

§ 3. Se la quantità degli scritti editi lo richiede, essi possono essere suddi­visi fra diversi Censori purché ogni scritto sia esaminato da almeno due Censori.

Art. 63. – § 1. I nominativi dei Censori teologi devono rimanere segreti.

§ 2. I Censori teologi, separatamente, davanti al Vescovo ed in presenza del Cancelliere, dovranno prestare il giuramento di adempiere fedelmente il loro incarico e di mantenere il segreto d’ufficio.[3]

§ 3. Il giuramento viene verbalizzato e, insieme ai decreti di nomina, è unito agli atti dell’Inchiesta.

Art. 64. – § 1. I Censori teologi devono esaminare gli scritti editi del Servo di Dio e verificare che non vi sia qualcosa di contrario alla fede e ai buoni costumi.[4]

§ 2. Si consiglia che i Censori teologi esaminino anche gli scritti inediti del Servo di Dio ed esprimano un loro voto circa l’assenza di elementi contro la fede e i buoni costumi.[5]

§ 3. I Censori teologi delineano nel loro voto anche la personalità e la spiritualità del Servo di Dio.

Art. 65. – § 1. Ciascun Censore teologo deve esprimere separatamente il proprio parere per iscritto.

§ 2. Al momento della consegna del proprio voto al Vescovo, ciascun Censore dovrà prestare il giuramento di aver adempiuto fedelmente il proprio incarico.

§ 3. Il giuramento viene verbalizzato e unito agli atti dell’Inchiesta.

Art. 66. – Secondo la prassi nelle cause dei Santi, i Censori teologi non sono chiamati a deporre in merito ai loro voti.

Art. 67. – Il Vescovo unisce agli atti della Prima Sessione dell’Inchiesta i pareri scritti dei Censori teologi oppure una dichiarazione circa l’eventuale assenza degli scritti editi del Servo di Dio.[6]

Titolo II

Periti in materia storica ed archivistica
(« Commissione storica »)

Capitolo I

Periti

Art. 68. – § 1. In tutte le cause, sia recenti che antiche, il Vescovo deve nominare, con decreto, almeno tre periti in materia storica ed archivistica, che formano la cosiddetta Commissione storica.[7]

§ 2. Il compito dei periti è ricercare e raccogliere tutti gli scritti dei Servo di Dio non ancora editi, come pure tutti e singoli i documenti storici sia manoscritti sia stampati, riguardanti in qualunque modo la causa.[8]

§ 3. L’incarico di perito non può essere conferito né al postulatore né al vice-postulatore né ai loro collaboratori, poiché le prove vanno raccolte formalmente con un processo canonico.[9]

Art. 69. – § 1. Il Vescovo può nominare come perito in materia storica ed archivistica un appartenente all’Istituto di Vita Consacrata, alla Società di Vita Apostolica o all’Associazione clericale e/o laicale, a cui apparteneva il Servo di Dio.[10]

§ 2. Tale nomina può essere utile per la consultazione degli archivi dell’I­stituto, della Società o dell’Associazione di appartenenza del Servo di Dio.

Art. 70. – § 1. I periti giurano di adempiere fedelmente il loro incarico e di mantenere il segreto d’ufficio in presenza del Vescovo e del Cancelliere della diocesi o dell’eparchia.[11]

§ 2. II giuramento viene verbalizzato e unito agli atti dell’Inchiesta.

§ 3. I periti appongono le proprie firme in calce alla rispettiva formula di giuramento.

Capitolo II

Ricerche e raccolta delle prove documentali

Art. 71. – Le ricerche dei documenti vanno svolte negli archivi di tutti i luoghi dove il Servo di Dio ha vissuto e operato.[12]

Art. 72. – § 1. Fotocopia autenticata di tutti gli scritti inediti e di tutti i documenti raccolti dai periti viene unita agli atti dell’Inchiesta.[13]

§ 2. Non è sufficiente un semplice elenco degli scritti e dei documenti reperiti durante le ricerche.

Capitolo III

Relazione dei periti

Art. 73. – § 1. Concluse le ricerche e la raccolta degli scritti inediti e dei documenti, i periti devono redigere un’unica diligente e dettagliata Relazione che, unitamente alla documentazione raccolta, consegnano al Vescovo o al suo Delegato.

§ 2. Nella Relazione, i periti devono:

1. riferire e garantire di aver adempiuto fedelmente il loro compito;

2. presentare una lista degli archivi consultati;

3. unire un elenco degli scritti e dei documenti reperiti;

4. esprimere un giudizio circa l’autenticità e il valore degli stessi scritti e dei documenti;

5. esprimere un giudizio circa la personalità e la spiritualità del Servo di Dio, quali si desumono dagli stessi scritti e documenti, non omettendo di evidenziare eventuali aspetti negativi.[14]

§ 3. I periti devono riferire sugli eventuali ostacoli alla causa al Vescovo o al suo Delegato, il quale ne informa il postulatore affinché possa rimuoverli.[15]

§ 4. La Relazione sarà unita agli atti dell’Inchiesta.[16]

Art. 74. – Se negli scritti inediti del Servo di Dio emergano difficoltà di natura teologica o morale, i periti ne dovranno informare il Vescovo o il suo Delegato, perché chieda un parere ai Censori teologi.[17]

Art. 75. – § 1. La Relazione deve essere firmata in solidum, ossia da tutti i periti della Commissione storica.

§ 2. Ciò non toglie che nella medesima Relazione vengano evidenziati gli eventuali pareri differenti dei singoli periti.

Capitolo IV

Testimonianza dei periti

Art. 76. – § 1. I periti devono essere chiamati a deporre separatamente come testi d’ufficio.[18]

§ 2. Essi dichiarano con giuramento:

1. di aver svolto tutte le indagini;

2. di aver raccolto tutto quanto riguarda la causa;

3. di non aver alterato o mutilato alcun documento o testo.[19]

§ 3. Possono essere rivolte ai periti altre domande d’ufficio che riguardino la personalità e l’operato del Servo di Dio, miranti a chiarire anche gli elementi negativi di una certa rilevanza nella causa.[20]

[1] DPM I, 2. 2°; NS n. 13; cfr supra Art. 37, n. 2.
[2] «Nomine scriptorum veniunt non modo opera inedita Servi Dei, sed etiam quae iam typis fuerint impressa; item conciones, epistolae, diaria, autobiographiae, quid quid denique vel ipse per se, vel aliena manu exaraverit»: cfr can. 2042 CIC 1917.
[3] NS n. 6, c.
[4] NS n. 13.
[5] Cfr infra Art. 74.
[6] Cfr infra Art. 89, n. 10.
[7] NS n. 14, b.
[8] NS n. 14, a.
[9] Cfr supra Art. 19 § 2.
[10] Cfr supra Art. 50 § 2.
[11] NS n. 6, c.
[12] NS n. 26.
[13] Cfr infra Art. 89, n. 11.
[14] NS n. 14, c.
[15] NS n. 12.
[16] Cfr infra Art. 89, n. 11.
[17] Cfr supra Art. 64 § 2.
[18] NS n. 21, b; cfr infra Art. 96, n. 4
[19] NS n. 21, b.
[20] NS n. 16, c.

PARTE V

RACCOLTA DELLE PROVE TESTIFICALI

Titolo I

Interrogatori

Art. 77. – § 1. Le cause recenti e le antiche seguono la stessa procedura.

§ 2. I testi, pertanto, sono escussi soltanto dopo la raccolta delle prove documentali prevista dalla Parte IV: Raccolta delle prove documentali della presente Istruzione, salvo che non si verifichi la possibilità della perdita di deposizioni orali di testimoni oculari, nel cui caso si potrà invocare «ne pereant probationes », di cui agli Artt. 82-84 della presente Istruzione.

Art. 78. – § 1. Tutto il materiale finora raccolto, cioè quello allegato al libello di domanda del postulatore, i pareri dei Censori teologi e il materiale raccolto dai periti in materia storica ed archivistica, insieme alla loro Relazione, è consegnato dal Vescovo al Promotore di Giustizia.[1]

§ 2. Il Promotore di Giustizia redige gli Interrogatori per l’escussione dei testi, se necessario con l’eventuale collaborazione di qualche esperto.[2]

§ 3. Il Promotore di Giustizia firma gli Interrogatori, apponendovi in calce il luogo e la data.

Art. 79. – § 1. Gli Interrogatori vengono preparati in modo da sollecitare risposte che evidenzino la conoscenza di fatti concreti e le fonti della sua conoscenza.

§ 2. Gli Interrogatori iniziano con le domande circa l’identità del teste e il suo rapporto con il Servo di Dio.[3]

§ 3. Le domande siano brevi, non capziose, non subdole, non suggerenti le risposte, adattate alla comprensione del teste e non riguardino simultaneamente più questioni.[4]

§ 4. Nel caso dell’Inchiesta sulle virtù, gli Interrogatori devono contenere domande che richiedono, da parte del teste, esempi precisi e specifici dell’esercizio delle singole virtù.

Art. 80. – § 1. Gli Interrogatori non devono essere portati a conoscenza dei testi prima delle loro deposizioni.[5]

§ 2. È consentito al postulatore o al vice-postulatore di mettere a disposizione dei testimoni dati biografici del Servo di Dio.

Art. 81. – Se l’Inchiesta riguardi un presunto miracolo, il materiale raccolto dal postulatore deve essere consegnato dal Vescovo competente ad un esperto in materia, il quale formulerà domande specifiche, che saranno, poi, inserite negli Interrogatori preparati dal Promotore di Giustizia.[6]

Titolo II

« Perché non si perdano le prove »
(« Ne pereant probationes »)

Art. 82. – § 1. Il Vescovo o il suo Delegato può applicare il principio «ne pereant probationes» nel caso in cui alcune prove testimoniali di una certa rilevanza rischiano di perdersi (ad esempio, l’urgenza di ascoltare alcuni testi anziani o ammalati).[7]

§ 2. In base al menzionato principio, questi testi possono essere interrogati anche prima che venga completata la raccolta delle prove documentali.

§ 3. Per l’escussione di tali testi il Vescovo dovrà procedere secondo quan­to contenuto negli Artt. 47-61 e Artt. 86-115 della presente Istruzione.

Art. 83. – § 1. Nel caso in cui una persona voglia rilasciare delle testimonianze sulla vita o sulla morte di qualcuno, la cui causa non è in corso, può consegnare al Vescovo una dichiarazione scritta «ad rei perpetuam memoriam».

§ 2. Tale dichiarazione deve essere firmata dallo scrivente e controfirmata da un notaio ecclesiastico o civile per essere accolta come prova in un’eventuale causa.

§ 3. Il Vescovo conserva la dichiarazione in un luogo sicuro della curia diocesana o eparchiale.

Art. 84. – L’autore della dichiarazione «ad rei perpetuam memoriam» deve essere chiamato a testimoniare nell’eventuale Inchiesta diocesana o eparchiale.

Titolo III

Citazioni per le sessioni

Art. 85. – § 1. Il luogo e l’ora delle Sessioni saranno comunicati in tempo utile al Promotore di Giustizia, al Notaio o al Notaio Aggiunto e ai testi chiamati a deporre.

§ 2. La convocazione, firmata dal Vescovo o dal suo Delegato, e debitamente verbalizzata negli atti processuali, si effettua o mediante citazione o in altro modo del tutto sicuro.[8]

§ 3. I convocati sono tenuti a presentarsi e, se impossibilitati, devono rendere noto al Vescovo o al suo Delegato il motivo dell’assenza.[9]

Titolo IV

Prima Sessione o Sessione di Apertura dell’Inchiesta

Capitolo I

Partecipanti

Art. 86. – § 1. La Prima Sessione dell’Inchiesta, celebrata per i giuramenti di tutti gli Officiali dell’Inchiesta, è presieduta dal Vescovo diocesano o eparchiale.

§ 2. Per giusti motivi, egli può nominare con decreto un sacerdote che lo sostituisca.

§ 3. La Prima Sessione può essere celebrata con la partecipazione dei fedeli.[10]

Art. 87. – § 1. Tutti gli Officiali, cioè il Delegato Episcopale, il Promotore di Giustizia, il Notaio ed i Notai Aggiunti e, nel caso di un’Inchiesta su un presunto fatto miracoloso, il Perito, debitamente nominati dal Vescovo, devono partecipare alla Prima Sessione.[11]

§ 2. Durante la Prima Sessione costoro, insieme al Vescovo e al postulatore e/o vice-postulatore diocesano o eparchiale della causa, devono giurare di adempiere fedelmente il loro incarico e di mantenere il segreto d’ufficio.[12]

Art. 88. – Nelle chiese, e fuori di esse, è di massima importanza astenersi sempre da ogni atto che possa indurre i fedeli a ritenere a torto che l’inizio dell’Inchiesta comporti necessariamente la beatificazione e la canonizzazione del Servo di Dio (ad es., celebrazioni liturgiche e panegirici in onore dei Servi di Dio, ecc.).[13]

Capitolo II

Atti della Prima Sessione

Art. 89. – Agli atti della Prima Sessione si devono unire gli atti della causa già compiuti e tutto il materiale già raccolto:

1. l’eventuale rescritto di trasferimento di competenza;[14]

2. tutta la documentazione presentata al Vescovo per dimostrare la fama di santità o di martirio e di segni goduta dal Servo di Dio;[15]

3. il mandato di nomina del postulatore e/o del vice-postulatore;[16]

4. il libello di domanda del postulatore, insieme al materiale prescritto dal n. 10 delle «Normae servandae »;[17]

5. l’eventuale dichiarazione circa le particolari ragioni per il ritardo dell’inizio della causa;[18]

6. il parere degli altri Vescovi sull’opportunità della causa;[19]

7. l’editto del Vescovo;[20]

8. la lettera del Nulla Osta della Santa Sede;[21]

9. i decreti di nomina degli Officiali dell’Inchiesta;[22]

10. i pareri scritti dei Censori teologi oppure la dichiarazione sull’assenza di scritti editi;[23]

11. il materiale raccolto dai periti in materia storica ed archivistica con la loro Relazione.[24]

Capitolo III

Notaio della Prima Sessione

Art. 90. – § 1. L’incarico di Notaio della Prima Sessione deve essere distinto da quello del Notaio e del Notaio Aggiunto dell’Inchiesta.

§ 2. Poiché nessuno può convalidare un proprio atto giuridico, l’incarico di Notaio della Prima Sessione viene svolto generalmente dal cancelliere della diocesi o dell’eparchia in cui si svolge la medesima Inchiesta.[25]

Titolo V

Partecipazione del Promotore di Giustizia

Art. 91. – § 1. Attesa la sua specifica funzione di tutore del bene pubblico in cause di grande rilevanza, il Promotore di Giustizia deve partecipare, in maniera attiva e metodica, con presenza fisica e continua, a tutte le singole Sessioni dell’Inchiesta, e in collaborazione diretta con il Delegato Episcopale.

§ 2. Il Promotore di Giustizia potrà suggerire al Delegato Episcopale domande specifiche da rivolgere ai testi necessarie ed utili ad approfondire il caso.[26]

§ 3. L’eventuale assenza del Promotore di Giustizia, che può essere causata soltanto da gravi motivi, deve risultare agli atti della relativa Sessione dell’Inchiesta.

§ 4. Il Promotore di Giustizia deve leggere gli atti delle Sessioni in cui è stato assente. segnalando al Vescovo o al suo Delegato eventuali difficoltà da chiarire nel prosieguo dell’Inchiesta.[27]

Titolo VI

Partecipazione del Perito Medico

Art. 92. – § 1. Per l’istruzione dell’Inchiesta su una presunta guarigione miracolosa, il Perito Medico deve prestare giuramento, durante la Prima Sessione dell’Inchiesta, di adempiere fedelmente il suo incarico e di mantenere il segreto d’ufficio.[28]

§ 2. Inoltre, egli deve partecipare a tutte le singole Sessioni in collaborazione diretta con il Delegato Episcopale, suggerendo al medesimo Delegato, se necessario, domande specifiche da rivolgere ai testi ed utili ad approfondire il caso.[29]

§ 3. Qualora il Perito ritenga opportuno rivolgere specifiche domande ad un teste già esaminato, si raccomanda di chiamare a deporre nuovamente il teste.

§ 4. L’eventuale assenza ciel Perito alle Sessioni è motivata soltanto da ragioni gravi, che saranno verbalizzate e unite agli atti della relativa sessione dell’ Inchiesta.

Art. 93. – § 1. Si suggerisce che il Perito Medico prepari una relazione in vista dell’esame del presunto miracolo presso la Congregazione delle Cause dei Santi.

§ 2. Nella relazione esprima un giudizio circa la qualità dei testi medici e tecnici.

§ 3. La relazione va allegata alla lettera che il Vescovo o il suo Delegato invierà al Prefetto della Congregazione.[30]

Titolo VII

Partecipazione del postulatore e/o vice-postulatore

Art. 94. – Tenendo conto della giurisprudenza consolidata della Congregazione, il postulatore e/o il vice-postulatore non devono partecipare alle Sessioni tenute per l’escussione dei testi.[31]

Art. 95. – § 1. Dopo la pubblicazione degli atti dell’Inchiesta, al postulatore dovrà essere data la facoltà di prendere visione delle deposizioni dei testi e dei documenti.

§ 2. Il postulatore può chiedere al Vescovo o al suo Delegato di completare, se è il caso, le prove con nuovi testi e/o documenti.[32]

Titolo VIII

Testi e loro deposizioni

Capitolo I

Chi può essere teste

Art. 96. – I testi che devono essere chiamati a deporre nell’Inchiesta sono:

1. i testi indotti, cioè quelli indicati dal postulatore nel libello di domanda;[33]

2. i testi ex officio, specialmente se contrari alla causa;[34]

3. i contesti, cioè quelli indicati dai testi durante le loro deposizioni;

4. i periti in materia storica ed archivistica come testi ex officio;[35]

5. nell’Inchiesta su una presunta guarigione miracolosa, anche i medici che hanno curato il sanato ed i periti medici ab inspectione.[36]

Art. 97. – Il Vescovo o il suo Delegato può limitare un’eccessivo numero di testi.[37]

Art. 98. – § 1. Per provare le virtù eroiche o il martirio del Servo di Dio nelle cause recenti, i testimoni devono essere oculari (de visu), ossia devono aver avuto conoscenza diretta ed immediata del Servo di Dio, chiamando a testimoniare sopratutto i consanguinei e parenti.[38]

§ 2. Se occorre, ai testi oculari possono aggiungersene altri che hanno ricevuto informazioni sul Servo di Dio da coloro che hanno avuto con lui conoscenza diretta ed immediata (de auditu a videntibus).[39]

§ 3. Non è prevista l’escussione di testi che hanno ricevuto informazioni sul Servo di Dio da persone che, a loro volta, ne hanno soltanto sentito parlare (de auditu ab audientibus).

Art. 99. – § 1. Tutti i testi devono essere degni di fede.[40]

§ 2. I testi sono vincolati dal giuramento a dire la verità e a mantenere il segreto d’ufficio, da prestare prima della loro deposizione.[41]

Art. 100. – Per provare le virtù eroiche o il martirio e la fama di santità e di segni di un Servo di Dio che sia appartenuto a qualche Istituto di vita consacrata o Società di vita apostolica o ad un’Associazione clericale e/o laicale, i testi indotti devono essere, in parte notevole, estranei, a meno che ciò sia impossible a motivo della particolare vita del Servo di Dio (ad es., vita eremitica o di clausura).[42]

Capitolo II

Chi non può essere teste

Art. 101. – § 1. Non deve essere ammesso a testimoniare il sacerdote per quanto riguarda tutto ciò di cui è venuto a conoscenza attraverso la confessione sacramentale.[43]

§ 2. Non devono essere ammessi i confessori abituali o i direttori spirituali del Servo di Dio per quanto riguarda anche tutto ciò che dal Servo di Dio hanno appreso nel foro di coscienza, fuori della confessione sacramentale.[44]

Art. 102 – Non deve essere chiamato a deporre il postulatore o il vice­postulatore della causa nel periodo in cui svolge tale incarico.[45]

Capitolo III

Testimonianze orali

Art. 103. – § 1. Il teste deve riferire fatti concreti e, nel caso dell’Inchiesta sulle virtù, esempi precisi del loro esercizio eroico.

§ 2. Il teste deve dichiarare la fonte della sua conoscenza dei fatti che sono oggetto della sua testimonianza; diversamente, la sua testimonianza è da ritenersi nulla.[46]

§ 3. Al termine dell’interrogatorio, ciascun teste deve confermare la propria testimonianza con giuramento e, insieme al Vescovo o al suo Delegato, al Promotore di Giustizia ed al Notaio, apporre la propria firma in calce agli atti della testimonianza.[47]

Art. 104. – § 1. Se necessario o opportuno, altri testi possono essere chiamati a deporre in qualsiasi momento dell’Inchiesta.

§ 2. Se un teste indotto o ex officio non è stato ascoltato, le ragioni devono essere verbalizzate in un documento da unire agli atti della relativa Sessione dell’Inchiesta.

Capitolo IV

Dichiarazioni scritte dei testi

Art. 105. – § 1. Se il teste intenda consegnare una dichiarazione scritta sia contestualmente alla sua testimonianza orale sia al di fuori di essa, il Vescovo o il suo Delegato può accettarla.

§ 2. Il medesimo teste deve sottoscriverla e dichiarare con giuramento di esserne l’autore e di aver riferito il vero.[48]

§ 3. La dichiarazione scritta dovrà essere unita agli atti dell’Inchiesta.

Art. 106. – La dichiarazione scritta non sostituisce la testimonianza orale dell’autore della stessa dichiarazione.

Capitolo V

Testimonianze dei medici curanti

Art. 107. – § 1. Se nell’Inchiesta su una presunta guarigione miracolosa i medici, che hanno curato il sanato, rifiutassero di essere interrogati, essi possono preparare sotto giuramento, se possibile, una relazione scritta sulla malattia e sul suo decorso.[49]

§ 2. Detta relazione sarà unita agli atti dell’Inchiesta.

Art. 108. – § 1. Se nell’Inchiesta su una presunta guarigione miracolosa i medici che hanno curato il sanato rifiutassero di preparare una relazione scritta sulla malattia e sul suo decorso, il Vescovo o il suo Delegato potrà nominare, con decreto, una persona, preferibilmente esperta in materia medica, affinché possa raccogliere le testimonianze di detti medici.

§ 2. La persona interposta deve prestare giuramento di adempiere fedelmente il suo incarico e di mantenere il segreto d’ufficio.

§ 3. Il giuramento deve essere verbalizzato ed inserito tra gli atti dell’Inchiesta.

§ 4. Ottenute le testimonianze dei suddetti medici curanti, la persona interposta viene interrogatata dal Vescovo o dal suo Delegato, assistito dal Promotore di Giustizia, dal Notaio e dal Perito Medico.[50]

Capitolo VI

Periti medici « ab inspectione »

Art. 109. – § 1. Se il sanato è ancora in vita, deve essere visitato separatamente da due periti medici, chiamati periti ab inspectione.[51]

§ 2. Questi devono essere debitamente nominati con decreto del Vescovo o del suo Delegato.

§ 3. Devono prestare giuramento di adempiere fedelmente il loro incarico e di mantenere il segreto d’ufficio.[52]

§ 4. I decreti di nomina ed il loro giuramento verbalizzato devono essere uniti agli atti dell’Inchiesta.

Art. 110. – § 1. I due periti ab inspectione devono verificare soltanto, con tutti i mezzi clinici e tecnici, lo stato attuale di salute del sanato, con particolare riferimento alla patologia da cui è stato guarito, per costatare l’attuale stato di salute del guarito e la durata della guarigione.[53]

§ 2. I loro pareri scritti, redatti separatamente, vanno consegnati al Vescovo o al suo Delegato e uniti agli atti dell’Inchiesta.

§ 3. Gli stessi periti devono essere chiamati a deporre come testi d’ufficio.[54]

Titolo IX

Utilizzo del registratore e del computer

Art. 111. – § 1. Nel caso in cui si intenda utilizzare il registratore per raccogliere le deposizioni dei testi durante le Sessioni dell’Inchiesta, tutte le risposte dei testi devono essere trascritte e, se possibile, firmate dai medesimi testi.[55]

§ 2. Alla fine dell’esame, il teste deve ascoltare la sua deposizione incisa dal registratore in modo da esercitare la facoltà di aggiungere, sopprimere, correggere e/o modificare la propria testimonianza.[56]

§ 3. Il teste deve dichiarare di aver esercitato il diritto di modificare la sua testimonianza, apponendo la propria firma.[57]

Art. 112. – Per la raccolta delle deposizioni dei testi durante le Sessioni dell’Inchiesta, si può utilizzare anche il computer.

Art. 113. – Il computer può essere utilizzato anche per la preparazione degli atti originali dell’Inchiesta, chiamati l’Archetipo.[58]

Titolo X

Procedura dell’Inchiesta Rogatoriale

Capitolo I

Escussione di testi

Art. 114. – § 1. Nel caso in cui si richieda l’escussione di testi residenti in altra diocesi o eparchia, ed essi non possono trasferirsi nella diocesi o eparchia nella quale si istruisce l’Inchiesta, il Vescovo a quo invia al Vescovo ad quem una lettera, comunicando i nomi e i recapiti dei testi e allegando una copia degli Interrogatori preparati dal Promotore di Giustizia, per chiedere l’istruzione di un’Inchiesta Rogatoriale.

§ 2. Il Vescovo ad quem deve procedere secondo le Normae servandae e la presente Istruzione.[59]

§ 3. I testi devono essere escussi dal Vescovo o da un suo Delegato, dal Promotore di Giustizia e dal Notaio, secondo la normativa propria delle cause dei Santi.

Art. 115. – § 1. Se opportuno, il Vescovo o il suo Delegato, il Promotore di Giustizia e il Notaio della causa, possono trasferirsi nella diocesi o eparchia ad quem per ascoltare i testi ivi residenti, previa l’autorizzazione scritta del Vescovo ad quem nella cui diocesi o eparchia risiedono i testi.

§ 2. La lettera di autorizzazione deve essere unita agli atti dell’Inchiesta.

Capitolo II

Conservazione e invio degli atti

Art. 116. – § 1. Gli atti originali (Archetipo) dell’Inchiesta Rogatoriale, chiusi e muniti di sigilli del Vescovo o del suo Delegato, vanno conservati nell’archivio della diocesi o eparchia dove la medesima Inchiesta Rogatoriale è stata istruita.

§ 2. Una copia degli stessi atti, redatta a norma dei nn. 29-30 delle Normae servandae, va inviata al Vescovo a quo, in busta chiusa e sigillata.[60]

[1] NS n. 15, a; cfr supra Art. 37, Art. 64 § 1 e Artt. 68-75.
[2] NS n. 15, a; cfr supra Art. 60 § 3.
[3] Cfr can. 1563 CIC 1983; can. 1244 CCEO.
[4] Cfr can. 1564 CIC 1983; can. 1245 CCEO.
[5] Cfr Conoscenza degli Interrogatori prima dell’Inchiesta, la decisione della Congregazione del 12 novembre 1999, Prot. N. VAR. 4959/99; cfr anche can. 1565 § 1 CIC 1983; can. 1246 § 1 CCEO.
[6] NS n. 33, a; cfr supra Art. 60 § 3.
[7] DPM I, 2. 4°; NS n. 16, a; cfr supra Art. 77 § 2; can. 2087 § 3 CIC 1917.
[8] Cfr can. 1556 CIC 1983; can. 1237 CCEO.
[9] Cfr can. 1557 CIC 1983; can. 1238 CCEO.
[10] Cfr infra Art. 143 § 3.
[11] Cfr supra Artt. 47 § 2 e 48.
[12] NS n. 6. c.: cfr supra Art. 51 § 2.
[13] NS n. 36: cfr infra Art. 143 § 4.
[14] Cfr supra Art. 24 § 1.
[15] Cfr supra Art. 8 § 3.
[16] Cfr supra Art. 13 § 2.
[17] Cfr supra Art. 39.
[18] Cfr supra Art. 27 § 2.
[19] Cfr supra Art. 42 § 3.
[20] Cfr supra Art. 43 § 4.
[21] Cfr supra Art. 46.
[22] Cfr supra Art. 48 § 3.
[23] Cfr supra Art. 67.
[24] Cfr supra Artt. 72 § 1 e 73 § 4.
[25] Cfr can. 474 CIC 1983.
[26] Cfr supra Art. 56 § 3.
[27] NS n. 16, b.
[28] NS n. 6, c.
[29] Cfr supra Art. 60 § 4.
[30] Cfr infra Artt. 149-150.
[31] Cfr can. 1559 CIC, 1983; can. 1240 CCEO.
[32] NS n. 27, c; cfr infra Art. 122.
[33] NS n. 10, 3°; NS n. 15, b; cfr supra Art. 37, n. 3.
[34] NS n. 21, a.
[35] NS n. 21, b1 cfr supra Art. 76.
[36] NS n. 22, a; NS n. 34; cfr infra Art. 110 § 3.
[37] Cfr can. 1553 CIC 1983; can. 1234 CCEO.
[38] NS nn. 17-18.
[39] NS n. 17.
[40] Ibid.; cfr can. 1572 CIC 1983; can. 1253 CCEO.
[41] Cfr can. 1548 § 1 CIC 1983; can. 1229 § 1 CCEO.
[42] NS n. 19.
[43] NS n. 20, n. 1; cfr can. 1550 § 2, n. 2° CIC 1983; can. 1231 § 2, n. 2° CCEO.
[44] NS n. 20, n. 2.
[45] NS n. 20, n. 3; cfr can. 1550 § 2, n. 1° CIC 1983; can. 1231 § 2, n. 1 ° CCEO.
[46] NS n. 23; cfr can. 1563 CIC 1983; can. 1244 CCEO.
[47] NS n. 16, a; cfr can. 1569 § 2 CIC 1983; can. 1250 § 2 CCEO.
[48] NS n. 24.
[49] NS n. 22, b.
[50] Ibid.
[51] NS n. 34, b.
[52] NS n. 6, c.
[53] NS n. 34, b.
[54] Ibid.; cfr supra Art. 96, n. 5.
[55] Cfr can. 1567 § 2 CIC 1983; can. 1248 § 2 CCEO.
[56] Cfr can. 1569 § 1 CIC; can. 1250 § 1 CCEO.
[57] NS n. 16, a; can. 1569 § 2 CIC 1983; can. 1250 § 2 CCEO.
[58] Cfr infra Artt. 128 e 131 § 2.
[59] NS n. 26. a.
[60] NS n. 26, b.

PARTE VI

CHIUSURA DELL’INCHIESTA

Titolo I
«Dichiarazione sul non culto »

Art. 117. – § 1. Secondo le disposizioni del Papa Urbano VIII, è proibito che un Servo di Dio sia oggetto di culto pubblico ecclesiastico senza la previa autorizzazione della Santa Sede.[1]

§ 2. Tali disposizioni non impediscono in alcun modo la devozione privata verso il Servo di Dio e la spontanea diffusione della sua fama di santità o di martirio e di segni.

Art. 118. – § 1. Prima della chiusura dell’Inchiesta, in ottemperanza delle suddette disposizioni, il Vescovo o il suo Delegato deve assicurarsi che il Servo di Dio non sia già oggetto di culto indebito.

§ 2. A tal fine, il Vescovo o il suo Delegato, il Promotore di Giustizia e il Notaio della causa, devono ispezionare la tomba del Servo di Dio, la camera nella quale abitò e/o morì e altri eventuali luoghi in cui si possano trovare segni di culto indebito.[2]

§ 3. Sull’esito della ispezione, il Notaio redige una relazione, che sarà unita agli atti dell’Inchiesta.[3]

Art. 119. – § 1. Se non si rilevano abusi di culto, il Vescovo o il suo Delegato procede alla stesura della «Dichiarazione sul non culto », ossia la dichiarazione in cui si attesta che i Decreti di Urbano VIII sono stati osservati.[4]

§ 2. La dichiarazione viene unita agli atti dell’Inchiesta.

Titolo II

Pubblicazione degli atti

Art. 120. – § 1. Raccolte tutte le prove documentali e testimoniali, il Vescovo o il suo Delegato deve procedere, con decreto, alla pubblicazione degli atti dell’Inchiesta.[5]

§ 2. Nel decreto di pubblicazione, verbalizzato e unito agli atti, il Vescovo o il suo Delegato dichiara la sua decisione di procedere alla chiusura definitiva dell’Inchiesta.

Art. 121. – § 1. Nelle cause dei Santi, la pubblicazione degli atti originali dell’Inchiesta (Archetipo) consiste nel renderli disponibili al Promotore di Giustizia, il quale ha il diritto ed il dovere ex officio di esaminarli.

§ 2. Se ritenuto necessario ed opportuno, il Promotore di Giustizia richiede ulteriori investigazioni.[6]

Art. 122. – § 1. Nel decreto di pubblicazione, si concede anche la facoltà di esaminare gli atti processuali al solo postulatore e/o al vice-postulatore della causa, i quali devono mantenere assoluto riserbo sul contenuto degli atti, che sono coperti dal segreto istruttorio.[7]

§ 2. Il postulatore e/o il vice-postulatore possono suggerire al Vescovo o al suo Delegato l’eventuale integrazione delle prove con l’escussione di nuovi testimoni e/o la raccolta di altri documenti.[8]

Art. 123. – L’esame degli atti, effettuato dal Promotore di Giustizia e dal postulatore e/o dal vice-postulatore, deve essere verbalizzato e il relativo documento va unito agli atti dell’Inchiesta.

Titolo III

Traduzione degli atti

Art. 124. – § 1. Qualora sia necessaria la traduzione degli atti originali dell’Inchiesta, e cioè delle testimonianze dei testi e dei documenti, in una lingua ammessa presso la Congregazione, il Vescovo o il suo Delegato nomina, con decreto, un traduttore per tale incarico.[9]

§ 2. Il traduttore giura di adempiere fedelmente il suo incarico e di mantenere il segreto d’ufficio.

§ 3. Il giuramento va verbalizzato e il relativo documento va unito agli atti dell’ Inchiesta.

Art. 125. – § 1. Se opportuno, il Vescovo o il suo Delegato può permettere la traduzione durante la fase istruttoria della causa.

§ 2. La traduzione degli atti originali viene dichiarata autentica dal Vescovo o dal suo Delegato e dal Promotore di Giustizia.[10]

§ 3. Si producano due copie della traduzione degli atti.

§ 4. Le due copie saranno sottoposte alla collazione ed al confronto tra loro.[11]

Art. 126. – § 1. Una copia della traduzione degli atti dell’Inchiesta viene conservata, unitamente agli atti in lingua originale (Archetipo), nella curia diocesana o eparchiale.

§ 2. Le due copie della traduzione degli atti dell’Inchiesta vanno inviate alla Congregazione.[12]

Art. 127. – Le lingue ammesse presso la Congregazione per lo studio delle cause sono: latino, francese, inglese, italiano, portoghese e spagnolo.

Titolo IV

Copia conforme agli Atti originali

Art. 128. – Tutti gli atti originali dell’Inchiesta diocesana o eparchiale costituiscono l’Archetipo.

Art. 129. – § 1. Completati gli atti istruttori dell’Inchiesta, il Vescovo o il suo Delegato disponga di fare una copia conforme agli atti originali, a meno che, per provati motivi, abbia permesso di prepararla durante la fase istrut­toria della causa.[13]

§ 2. La copia conforme agli atti originali viene chiamata il Transunto.

Art. 130. – § 1. Per la preparazione del Transunto il Vescovo o il suo Delegato nomina il Copista.

§ 2. Il Copista deve giurare di adempiere fedelmente il proprio incarico e di mantenere il segreto d’ufficio.[14]

§ 3. Il giuramento va verbalizzato e il relativo documento va unito agli atti dell’Inchiesta.

Art. 131. – § 1. Se gli atti originali dell’Inchiesta (Archetipo) sono stati trascritti a mano o a macchina dal Notaio, il Copista può farne una fotocopia (Transunto).

§ 2. Se durante l’Inchiesta è stato utilizzato il computer, deve essere stampata una sola copia (Archetipo) della quale il Copista potrà farne una fotocopia (Transunto).[15]

Art. 132. – § 1. Preparato il Transunto in forma definitiva, il Copista lo presenta al Vescovo o al suo Delegato.

§ 2. Il Copista giura di aver adempiuto fedelmente il proprio incarico.

§ 3. Il giuramento deve essere verbalizzato e il relativo documento unito agli atti della Sessione appositamente tenuta per la consegna dello stesso Transunto.

Art. 133. – Non sono sufficienti affermazioni generiche attestanti la diligenza prestata dal Copista nello svolgimento del suo incarico.

Titolo V

Collazione e confronto degli atti
(« Collatio et Auscultatio » )

Art. 134. – § 1. Consegnato il Transunto al Vescovo o al suo Delegato, si verifica se tutte le pagine dell’Archetipo e del Transunto siano in uguale ordine numerico (Collatio).

§ 2. Allo stesso tempo, si confronta il Transunto con l’Archetipo per verificare se il contenuto del Transunto sia assolutamente fedele a quello dell’Archetipo (Auscultatio).

§ 3. Alla presenza del Vescovo o del suo Delegato, del Promotore di Giustizia e del Notaio, la collazione ed il confronto del Transunto con l’Archetipo possono essere effettuati tramite un accurato controllo del Transunto da parte ciel Copista.

Art. 135. – § 1. Il Notaio autentica la corrispondenza del Transunto con l’Archetipo.[16]

§ 2. Sarà necessario apporre in calce a ciascuna pagina, sia dell’Archetipo sia del Transunto, il timbro e le sigle del Notaio o di un Notaio Aggiunto, quale garanzia del regolare andamento di tali operazioni.[17]

§ 3. Si verbalizzino le singole Sessioni appositamente tenute per la collazione ed il confronto.

Art. 136. – Non sono sufficienti affermazioni generiche da parte del Vescovo o del suo Delegato attestanti lo svolgimento della collazione e del confronto degli atti dell’ Inchiesta.

Art. 137. – § 1. Dopo la collazione ed il confronto del Transunto con l’Archetipo, il Copista dovrà preparare una seconda copia conforme all’originale, chiamata Copia Pubblica.[18]

§ 2. Per la confezione della Copia Pubblica è sufficiente fotocopiare il Transunto, con il timbro e le sigle del Notaio già apposti su ciascuna pagina.[19]

Titolo VI

Portitore

Art. 138. – § 1. Il Vescovo o il suo Delegato deve nominare, con decreto, il portitore, cioè l’Officiale incaricato di consegnare alla Congregazione delle Cause dei Santi gli atti dell’Inchiesta diocesana o eparchiale.

§ 2. Gli atti dell’Inchiesta che vengono inviati alla Congregazione sono: il Transunto, la Copia Pubblica, una copia degli scritti editi del Servo di Dio già esaminati dai Censori teologi e i loro voti scritti.[20]

§ 3. Se è stata effettuata la traduzione degli atti dell’Inchiesta, si inviano alla Congregazione anche due copie degli atti tradotti.[21]

§ 4. Gli scritti del Servo di Dio e i documenti raccolti dai periti in materia storica ed archivistica possono essere trasmessi alla Congregazione in lingua originale.[22]

§ 5. I voti dei Censori teologi devono essere tradotti in una lingua ammessa presso la Congregazione.[23]

Art. 139. – Il portitore può essere anche il postulatore o il vice-postulatore purché debitamente nominato per tale incarico.

Art. 140. – Gli atti dell’Inchiesta vanno inviati alla Congregazione per via sicura (ad es., portati a mano, spediti tramite il plico diplomatico della Santa Sede, ecc.).[24]

Titolo VII

Ultima Sessione o Sessione di Chiusura dell’Inchiesta

Capitolo I

Ultima Sessione in generale

Art. 141. – Prima di procedere alla chiusura defintiva dell’Inchiesta, il Vescovo diocesano o eparchiale può provvedere alla ricognizione canonica delle spoglie mortali del Servo di Dio, di cui Artt. 1-5 dell’Appendice della presente Istruzione.

Art. 142. – Completati gli atti istruttori dell’Inchiesta, trascritti i suoi atti originali (Archetipo) e preparate le due copie dell’Archetipo (Transunto e Copia Pubblica), si procede alla chiusura definitiva dell’Inchiesta con la celebrazione dell’Ultima Sessione.

Art. 143. – § 1. Il Vescovo diocesano o eparchiale presiede l’Ultima Sessione.

§ 2. Per giusti motivi, egli può nominare con decreto un sacerdote che lo sostituisca.[25]

§ 3. L’Ultima Sessione può essere celebrata con la partecipazione dei fedeli.[26]

§ 4. È di massima importanza astenersi da qualsiasi atto che possa indurre i fedeli a ritenere a torto che la chiusura dell’Inchiesta comporti necessariamente la beatificazione e la canonizzazione del Servo di Dio.[27]

Capitolo II

Atti dell’Ultima Sessione

Art. 144. – § 1. Nell’Ultima Sessione o Sessione di Chiusura dell’Inchiesta:

1. Il Vescovo dichiara, con decreto da allegare agli stessi atti, l’Inchiesta definitivamente conclusa;

2. Il portitore giura di adempiere fedelmente il proprio incarico;[28]

3. Il Vescovo, il Delegato Episcopale, il Promotore di Giustizia, il Notaio ed il postulatore e/o vice-postulatore della causa, giurano separatamente di aver adempiuto fedelmente il proprio incarico e di mantenere il segreto d’ufficio.

§ 2. I giuramenti saranno verbalizzati e i relativi documenti uniti agli atti.

Art. 145. – § 1. Prima di chiudere i plichi dell’Archetipo, del Transunto e della Copia Pubblica, il Vescovo ordina che venga unito ad essi il verbale dell’Ultima Sessione.

§ 2. Il Vescovo ordina che il plico dell’Archetipo sia chiuso, sigillato e custodito presso un luogo sicuro dell’archivio della diocesi o dell’eparchia.

§ 3. Si riservi possibilmente un settore dell’archivio diocesano o eparchiale agli atti originali di tutte le eventuali Inchieste sulle cause dei Santi.

§ 4. Infine, ordina che i plichi del Transunto e della Copia Pubblica vengano chiusi, sigillati ed inviati alla Congregazione delle Cause dei Santi.[29]

Titolo VIII

Atti conclusivi

Capitolo I

Iscrizione esterna

Art. 146. – § 1. I plichi contenenti il Transunto e la Copia Pubblica saranno chiusi e muniti del sigillo del Vescovo della diocesi o dell’eparchia, in modo da garantirne l’effettiva chiusura e assicurare che gli atti non siano stati manomessi.

§ 2. Su ciascun plico il Vescovo o il suo Delegato appone l’iscrizione esterna, ossia il foglio con la dichiarazione in cui si descrive il contenuto del plico e se ne attesta la chiusura sicura e definitiva.

§ 3. La dichiarazione deve essere firmata dal Vescovo o dal suo Delegato e dal Notaio dell’Inchiesta e vi si deve apporre il timbro del Notaio.

Capitolo II

Lettere degli Officiali dell’Inchiesta

Art. 147. – § 1. Chi ha presieduto l’Inchiesta (il Vescovo o il suo Delegato) consegna al portitore, insieme ai plichi, una busta chiusa e sigillata, contenente la lettera indirizzata al Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.

§ 2. Nella lettera egli deve pronunziarsi sulla credibilità dei testi e sulla legittimità degli atti dell’ Inchiesta.[30]

§ 3. Egli deve formulare le osservazioni ed i rilievi che riterrà utili per lo studio della causa nella fase romana.

Art. 148. – Sarebbe utile, per lo studio della causa nella fase romana, che anche il Promotore di Giustizia invii al Prefetto una lettera nella quale formula i propri rilievi, da allegare a quella del Vescovo o del suo Delegato.[31]

Art. 149. – Nel caso di un’Inchiesta su una presunta guarigione miraco­losa, si suggerisce che il Perito medico prepari una sua relazione sullo svolgimento degli interrogatori dei testi medici dell’Inchiesta, da allegare alle altre lettere.[32]

Capitolo III

Strumento di Chiusura

Art. 150. – Il plico delle lettere conterrà anche lo Strumento di Chiusura, ossia una dichiarazione su carta intestata, in cui il Vescovo certifica il contenuto dei plichi e ne dichiara l’avvenuta chiusura.

[1] Il titolo completo della raccolta dei decreti di Papa Urbano VIII (1623-1644) è: Urbani VIII Pontificis Optimi Maximi Decreta servanda in Canonizatione et Beatificatione Sanctorum. Accedunt Instructiones, et Declarationes quas Em.mi et Rev.mi S.R.E. Cardinales Praesulesque Romanae Curiae ad id muneris congregati ex eiusdem Summi Pontificis mandato condiderunt. (Romae: Ex Typographia Rev. Cam. Apostolicae, mdcxlii).
[2] NS n. 28, a.
[3] NS n. 28, b.
[4] NS n. 28, a.
[5] NS n. 27, b.
[6] Ibid.
[7] NS n. 27, c; cfr supra Art. 95.
[8] Ibid.
[9] NS n. 31, b.
[10] Ibid.
[11] Cfr infra Artt. 134-137.
[12] NS n. 31, b.
[13] NS n. 29, a.
[14] NS n. 6, c.
[15] Cfr supra Art. 113.
[16] NS n. 30, a.
[17] Ibid.
[18] NS n. 29, b.
[19] Cfr supra Art. 135 § 1.
[20] NS n. 31, a; cfr infra Art. 145 § 4.
[21] NS n. 31, b.
[22] Cfr supra Artt. 62 e 68.
[23] Cfr supra Art. 127.
[24] NS n. 31, a.
[25] Cfr supra Art. 86 § 2.
[26] Cfr supra Art. 86 § 3.
[27] NS n. 36; cfr supra Art. 88.
[28] NS n. 6, c
[29] NS n. 31, a; cfr supra Art. 138 § 2.
[30] NS n. 31, e.
[31] Cfr supra Artt. 56 e 91.
[32] Cfr supra Art. 93.

APPENDICE

RICOGNIZIONE CANONICA DELLE SPOGLIE MORTALI DI UN SERVO DI DIO

Titolo I
Autenticità

Art. 1. – § 1. Secondo antica tradizione della Chiesa, le reliquie dei Santi e dei Beati sono oggetto di venerazione e le loro tombe sono meta di pellegrinaggio.

§ 2. Spetta alla Congregazione delle Cause dei Santi decidere su tutto quello che si riferisce all’autenticità e alla conservazione delle reliquie.[1]

§ 3. Alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti spetta regolare il culto delle sacre reliquie.[2]

Art. 2. – § 1. È necessario accertare che le spoglie mortali di un Servo di Dio, di cui la causa è in corso, siano autentiche.

§ 2. È competente ad effettuare la ricognizione canonica delle spoglie mortali del Servo di Dio, ossia il riconoscimento della loro autenticità, il Vescovo della diocesi o eparchia dove sono custodite le stesse spoglie.

Art. 3. – Attesa la consolidata prassi, spetta al Vescovo competente di compiere la ricognizione canonica delle spoglie mortali del Servo di Dio, prima che si chiuda l’Inchiesta.[3]

Art. 4. – § 1. Per procedere alla ricognizione canonica, il Vescovo compe­tente può chiedere delle istruzioni della Congregazione delle Cause dei Santi.

§ 2. Nella lettera, egli specifica il luogo esatto dove sono custodite le spoglie mortali del Servo di Dio (città, nome della chiesa, cappella. cimitero pubblico o privato, ecc.).

§ 3. Se si deve effettuare un trasferimento, si accluda anche il progetto del nuovo luogo di inumazione del Servo di Dio.

Art. 5. – Prima di effettuare qualsiasi operazione sulle spoglie mortali di un Servo di Dio, le autorità diocesane o eparchiali devono ottenere le autorizzazioni richieste dal diritto civile del luogo.

Titolo II
Conservazione

Art. 6. – § 1. Per garantire la migliore conservazione delle reliquie di un Santo o Beato, può verificarsi la necessità di particolari trattamenti delle medesime.

§ 2. Il Vescovo competente chiede il permesso della Congregazione per effettuare il trattamento.

§ 3. Nella lettera, egli specifica il luogo esatto in cui le reliquie o le spoglie mortali sono custodite, i motivi per tale trattamento e la natura delle operazioni che si intendono effettuare.

Titolo III
Preparazione di reliquie

Art. 7. – § 1. In vista della beatificazione o della canonizzazione, il Vescovo che intenda preparare delle reliquie dalle spoglie mortali del Venerabile o del Beato, deve ottenere il permesso della Congregazione.

§ 2. Poiché il conferimento pontificio del titolo Venerabile non comporta alcuna concessione di culto, il Vescovo dovrà curare che, prima della beatificazione, ogni segno di culto pubblico ecclesiastico sia scruposolamente evitato.

Art. 8. – Spetta al postulatore della causa il compito di preparare tali reliquie e di redigerne i certificati di autenticità.

Titolo IV
Trasferimento

Art. 9. – § 1. Per rendere le reliquie di un Beato o le spoglie mortali di un Servo di Dio più accessibili alla devozione del popolo di Dio, può verificarsi l’opportunità di trasferirle in maniera definitiva da un luogo ad un altro (ad es. da un cimitero ad una chiesa o cappella).

§ 2. Il Vescovo diocesano o eparchiale, competente per il trasferimento delle reliquie, deve chiedere il permesso della Congregazione per poter procedere.

Art. 10. – § 1. Nella lettera indirizzata al Prefetto della Congregazione, egli deve specificare l’esatto luogo in cui attualmente si trovano e quello previsto per la reposizione definitiva.

§ 2. Nella stessa lettera si acclude anche il progetto del nuovo luogo di inumazione del Beato e del Servo di Dio.

Art. 11. – Prima di chiedere il permesso della Congregazione, le autorità diocesane o eparchiali devono ottenere le autorizzazioni richieste dal diritto civile del luogo.

Art. 12. – § 1. Se il trasferimento viene effettuato da una diocesi o epar­chia ad un’altra, il Vescovo che intende accogliere le reliquie del Beato o le spoglie mortali del Servo di Dio (il Vescovo «ad quem») deve chiedere il consenso del Vescovo della diocesi o eparchia nella quale si trovano i resti del Beato o del Servo di Dio (il Vescovo «a quo»).

§ 2. Alla sua lettera indirizzata alla Congregazione, il Vescovo «ad quem» allega copia della lettera del consenso del Vescovo «a quo».

Art. 13. – Nell’effettuare il trasferimento sarà premura del Vescovo assicurare che ogni segno di culto indebito ad un Servo di Dio non ancora beatificato venga scrupolosamente evitato.

Art. 14. – Per quanto riguarda l’alienazione e il trasferimento in perpetuo delle reliquie insigni dei Santi si osservino le prescrizioni del diritto canonico.[4]

Art. 15. – In tutti i casi summenzionati, la Congregazione invia ai Vescovi interessati il rescritto con il quale verrà concesso il permesso e un’allegata Instructio specifica, nella quale sarà indicata la procedura da seguire.

La presente Istruzione è stata sottoposta all’esame dei Cardinali e Vescovi Membri di questa Congregazione, riuniti in Sessione Plenaria dal 24 al 26 aprile 2006. In data 22 febbraio 2007, Festa della Cattedra di San Pietro, il Sommo Pontefice Benedetto XVI l’ha approvata e ne ha ordinato la pubblicazione.

Roma, dalla Congregazione delle Cause dei Santi, nella Festività dell’Ascensione del Signore, 17 maggio 2007.

José card. Saraiva Martins
Prefetto

+ Michele Di Ruberto

arciv. tit. eletto di Biccari,
Segretario

[1] DPM II, 3; cfr Cost. Apost., Pastor Bonus, Art. 74
[2] Cfr Cost. Apost., Pastor Bonus, Art. 69.
[3] Cfr supra Art. 141; can. 2096 CIC 1917
[4] Cfr can. 1190 § 1 CIC 1983; can. 888 § 2 CCEO.