Interrogazione 16 febbraio 2004, n.E-0549
Parlamento europeo. Interrogazione scritta E-0549 di Baroness Sarah Ludford alla Commssione: “Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”, 16 febbraio 2004.
Gli Stati membri o i prestatori di servizi dell’UE violano le disposizioni giuridiche comunitarie a sostegno della libertà individuale, della parità di trattamento a prescindere dalla razza e dalla religione o della libertà di espressione religiosa sancite
– dal trattato sull’Unione europea/trattato che istituisce la Comunità europea, segnatamente l’articolo 6 del TUE e l’articolo 13 del TCE;
– dalla direttiva 2000/78/CE sulla parità di trattamento;
– dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, segnatamente dagli articoli 9 e 10;
– dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, segnatamente dagli articoli 10 e 11 nei seguenti casi:
se i governi impongono a studenti o impiegati il divieto di indossare simboli religiosi, quali lo hijab musulmano (fazzoletto), il kippa ebraico (zuccotto), il turbante Sikh o la croce cristiana o se il personale dei prestatori di servizi opera discriminazioni contro coloro che li indossano?
In caso di risposta affermativa a una qualunque delle suddette domande, quali azioni intende intraprendere la Commissione al fine di vegliare sul rispetto del diritto comunitario?
Risposta dell’On.le Dimas a nome della Commissione, 6 aprile 2004.
La Commissione sta osservando la situazione e ha chiesto agli Stati membri di informarla degli sviluppi specifici in materia.
La direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, stabilisce un quadro per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e proibisce la discriminazione basata su età, disabilità, religione o convinzioni personali e orientamento sessuale. La direttiva riguarda l’accesso all’occupazione e alla formazione professionale, ma non copre l’istruzione primaria o secondaria, né la fornitura di beni e servizi. Gli Stati membri dovevano recepire la direttiva entro il 2 dicembre 2003.
Se le misure che vietano d’indossare simboli religiosi sono ritenute o meno discriminazioni illegittime ai sensi della direttiva 2000/78/CE dipende dai termini effettivi della legislazione e dalle motivazioni addotte dagli Stati membri interessati a norma della direttiva.
Tuttavia, l’articolo 4 della direttiva 2000/78/CE stabilisce che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata a uno qualunque dei motivi elencati non costituisce discriminazione laddove, “per la natura di un’attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, purché la finalità sia legittima e il requisito proporzionato”. Analogamente, l’articolo 2, lettera b), punto (i) stabilisce che alcune situazioni di discriminazione indiretta possano essere giustificate laddove “tale criterio o tale prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari”.
La direttiva 2000/78/CE specifica di lasciare “impregiudicate le misure previste dalla legislazione nazionale che, in una società democratica, sono necessarie […] alla tutela dei diritti e delle libertà altrui” (articolo 2, paragrafo 5). Uno Stato membro può addurre queste motivazioni solo se le sue restrizioni sono stabilite dalla legislazione nazionale.
Autore:
Parlamento europeo
Dossier:
_Simboli religiosi_
Parole chiave:
Discriminazione, Religione, Istruzione, Libertà di culto, Lavoro, Intolleranza, Parità di trattamento, Simboli religiosi, Razza, Fede religiosa, Divieti
Natura:
Interrogazione