Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 14 Luglio 2004

Interrogazione 01 marzo 2004, n.E-0779

Parlamento europeo. Interrogazione scritta E-0779 di Maurizio Turco alla Commissione: “Violazione della libertà di religione in Polonia”, 1 marzo 2004.

Visti
– l’articolo 6 del trattato dell’UE;
– gli articoli 10 e 22 relativi alla diversità culturale e religiosa della carta di diritti fondamentali dell’UE;
– la Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950 (in particolare l’articolo 9);
– il rapporto internazionale del 2003 sulla libertà di religione formulato dal Dipartimento di Stato statunitense ;
– la decisione della Commissione del 19 febbraio 2003, relativa alle domande di adesione all’UE presentate da Repubblica ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia e Slovacchia;
– la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio “Programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2004” del 29 ottobre 2003 (COM (2003) 645 def);
– i criteri politici di Copenaghen nei quali si fa riferimento al diritto alla libertà di religione;
considerato
– che in Polonia, religiosi ortodossi hanno denunciato azioni discriminatorie nei confronti della loro comunità;
– che vi sono relazioni di riguardo a una ripartizione di fondi non paritaria per gli eventi culturali associati alla chiesa ortodossa;
– che si sono registrati episodi dove in caso di licenziamento gli ortodossi erano i primi a subirlo, ed altri dove la stampa locale riteneva il cattolicesimo un requisito necessario per essere considerati veri cittadini;
visto che la Polonia è uno dei paesi che il 1 maggio 2004 entrerà a far parte dell’UE:
– la Commissione è a conoscenza della totalità dei fatti sopra descritti? In caso affermativo, quale è la sua opinione al riguardo?
– Poiché la libertà di religione e di associazione figura fra gli argomenti prioritari dell’Unione, e facendo riferimento alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio “Programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2004” del 29 ottobre 2003, dove si specifica che gli obblighi giuridici dell’UE e dei nuovi Stati membri nei confronti dell’acquis comunitario si compiono dal primo giorno dell’adesione, la Commissione può indicare se intende verificare presso le autorità di questo paese le sue intenzioni in merito? Vale a dire: in che modo la Commissione intende far rispettare a questi paesi l’acquis fin dal primo giorno di appartenenza all’UE se si verifica al contempo una violazione degli stessi diritti il cui rispetto è condizione indispensabile per l’adesione stessa all’UE?
– Considerando che i criteri politici definiti nel parere della Commissione del 19 febbraio 2003 implicano che i paesi candidati assicurino la stabilità delle istituzioni che garantiscono la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani e il rispetto della tutela delle minoranze, la Commissione non ritiene che tali fatti rappresentino un ostacolo all’adesione di questo paese all’UE e siano contrari, pertanto, all’acquis comunitario e che il paese in cui si sono verificati violi totalmente tali criteri?
– La Commissione intende utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per porre fine a questa violazione del diritto alla libertà di religione e di culto?

Risposta dell’On.le Verheugen in nome della Commissione, 30 aprile 2004.

La Commissione annette notevole importanza alle questioni sollevate dall’onorevole parlamentare nelle quattro interrogazioni riguardanti la violazione della libertà religiosa nei nuovi Stati membri.
Il rispetto della libertà religiosa è contemplato dai criteri politici per l’adesione all’Unione europea, come ha stabilito il Consiglio europeo di Copenaghen nel 1993. Dopo i pareri del 1997 sulle domande di adesione, la Commissione ha verificato e valutato ogni anno nelle relazioni periodiche i progressi ottenuti dai paesi in via di adesione in materia di rispetto dei criteri di Copenaghen, fra cui la libertà religiosa. Tali relazioni hanno confermato che i paesi continuavano a rispettare i criteri politici di Copenaghen sebbene fossero ancora necessari ulteriori sforzi in alcuni settori.
Vista la situazione, i negoziati di adesione con 10 paesi candidati si sono conclusi nel dicembre 2002. In seguito all’approvazione del Parlamento, nell’aprile 2003 è stato firmato il trattato di adesione, poi ratificato da tutti i paesi.
Va rilevato in particolare che, ai sensi del trattato di adesione, tutti i paesi in via di adesione devono attuare entro il 1° maggio 2004 la direttiva 2000/78/CE, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro(1). Essa vieta le discriminazioni in materia di occupazione e formazione per motivi, fra l’altro, di religione o credenza.
La Commissione desidera rammentare all’onorevole parlamentare che non esistono né una competenza comunitaria né requisiti specifici del diritto comunitario sul trattamento delle comunità religiose, conformemente alla dichiarazione n. 11 del trattato di Amsterdam. Pertanto, i governi dell’Ue mantengono il potere discrezionale su questioni come il riconoscimento, i requisiti di registrazione o il finanziamento pubblico delle comunità religiose, purché siano rispettati i diritti fondamentali e i principi generali del diritto comunitario (articolo 6, paragrafo 2 del TUE) che si applicano a qualsiasi iniziativa di una Stato membro nell’ambito del diritto comunitario. La Commissione controlla il rispetto di questi principi e, in caso di violazione sospetta, userà tutti i mezzi a sua disposizione per porre fine alle violazioni.
Per quanto concerne i punti sollevati dall’onorevole parlamentare riguardo a determinati nuovi Stati membri, la Commissione osserva quanto segue:
Per quanto riguarda la Polonia, la Commissione prende nota delle osservazioni relative al trattamento della Chiesa ortodossa polacca. Eventuali casi di discriminazione individuale o collettiva possono essere presentati alla Commissione dopo l’adesione e saranno esaminati nel contesto delle norme e dei principi giuridici summenzionati.
Per quanto riguarda la Lituania, la Commissione è consapevole dell’accordo tra la Lituania e la Santa Sede sulla cooperazione in materia di istruzione e cultura, firmato il 5 maggio 2000, che costituisce un accordo internazionale giuridicamente vincolante.
In base all’accordo, gli studenti che hanno scelto un corso di religione cattolica hanno professori di tale religione. La qualifica di insegnante di religione cattolica è concessa secondo la procedura stabilita dagli atti giuridici della Repubblica di Lituania nel debito rispetto delle norme stabilite dalla Conferenza dei vescovi lituani. Gli insegnanti di religione cattolica devono avere un certificato di qualifica (missio canonica) per insegnare la materia, rilasciato dal vescovo locale. Questo requisito si applica soltanto agli insegnanti di religione cattolica e pertanto non riguarda l’insegnamento della religione in generale a studenti di altre confessioni.
Alla luce di questi elementi, la Commissione ritiene che la libertà di religione e di culto sia pienamente rispettata in Lituania e non intende prendere misure in materia.
Per quanto riguarda l’Ungheria, la Costituzione stabilisce la neutralità in materia di religione dello Stato; la Chiesa e lo Stato sono separati. I cittadini ungheresi hanno il diritto di praticare liberamente la loro fede. Qualsiasi Chiesa può essere registrata ufficialmente se raccoglie le firme di almeno 100 credenti. Non vi sono requisiti né controlli sulla sostanza da parte dell’Ufficio di registrazione dopo la dichiarazione della Chiesa che i suoi scopi non contraddicono la Costituzione ungherese.
Lo Stato ungherese concede benefici finanziari alle chiese in base alle loro dimensioni e alla fornitura di servizi pubblici. Nel 2001 le quattro chiese maggiori erano le chiese cattolica, luterana e calvinista e la comunità ebrea. La legislazione che definisce “chiese storiche” queste quattro chiese è contenuta nel decreto governativo sul servizio dei cappellani militari del 1994 (61/1994), il quale garantisce il diritto di tutti i soldati a ricevere il servizio religioso di loro scelta da parte di qualsiasi Chiesa registrata. La Corte costituzionale ha stabilito che il decreto non viola la libertà religiosa (decisione 970/B/1994).
Ai sensi della legge sulla pubblica istruzione (79/1993), tutte le chiese ungheresi registrate hanno il diritto di aprire scuole. Le autorità ungheresi non hanno il diritto di negare il permesso, a condizione che la scuola rispetti tutti i criteri generali definiti dalla legge (istruzione, sanità, sicurezza, ecc.).
Per quanto riguarda Cipro, la Commissione non è consapevole del fatto che i membri dei testimoni di Geova abbiano difficoltà nell’essere riconosciuti come obiettori di coscienza. In materia non è pervenuta alla Commissione alcuna denuncia.
Relativamente alla situazione nella parte settentrionale dell’isola e ai posti di frontiera, va rilevato che il governo della Repubblica di Cipro non esercita un controllo effettivo in tali zone. A norma dell’articolo 1, paragrafo 1 del protocollo n. 10 dell’atto di adesione 2003, l’acquis sarà sospeso in tali zone in attesa di una soluzione. La Commissione non può confermare che la Costituzione del 1960 contenga un riferimento che consente disposizioni speciali per l’Evkaf. Per quanto riguarda la lentezza delle procedure ai punti di controllo, va rilevato che vi sono soltanto quattro punti di controllo alla frontiera. Pertanto, si sono registrati alcuni ritardi nei tempi di attesa per l’attraversamento quando si sono assembrate grandi folle subito dopo l’apertura della linea di demarcazione all’attraversamento dei privati, in particolare nei giorni di festa e nei fine settimana. La Commissione non vede alcun collegamento con la libertà religiosa o con la cattiva volontà delle rispettive autorità. Nel frattempo non vi sono quasi più forti ritardi nell’attraversamento.