Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 25 Luglio 2007

Documento 09 dicembre 1992

Documento: “I beni culturali della Chiesa in Italia. Orientamenti”,
pubblicato con Decreto del Presidente della CEI in Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana, 9 dicembre 1992, pp. 309-336

Introduzione

1. Il patrimonio dei beni culturali di pertinenza della Chiesa in Italia, come è noto, presenta caratteristiche del tutto peculiari per quantità, qualità, estensione tipologica e stratificazione, in conseguenza delle profonde e feconde relazioni intercorse per secoli tra Chiesa, società e cultura.
Nei riguardi di tale patrimonio, appartenente alle diocesi, alle parrocchie e ad altri enti ecclesiastici, la Chiesa che è in Italia sente la propria responsabilità di fronte a tutta la Chiesa, alla nazione e al mondo intero.
La Conferenza episcopale italiana intende perciò ribadire, aggiornare e completare gli orientamenti e i criteri in ordine alla tutela, alla conservazione, alla valorizzazione e al godimento dei beni culturali ecclesiastici.
Il presente documento integra le Norme per la tutela e la conservazione del patrimonio storico-artistico della Chiesa in Italia, approvate dalla X assemblea generale dei vescovi italiani e pubblicate il 14 giungo 1974, in prospettiva della definizione di disposizioni normative che le sostituiscano.
Si ritiene infatti che tali «Norme» siano da rivedere in conseguenza delle numerose innovazioni di natura istituzionale e normativa intervenute negli anni settanta e ottanta. In particolare, in ambito ecclesiale sono da segnalare l’entrata in vigore del nuovo Codice di diritto canonico e l’assunzione di responsabilità in materia di beni culturali ecclesiastici da parte della stessa Conferenza episcopale italiana; in ambito civile, di grande rilievo sono state l’attuazione dell’ordinamento regionale e l’istituzione del Ministero per i beni culturali e ambientali, nonché, per quanto riguarda i rapporti con lo Stato, la firma dell’Accordo 18 febbraio 1984 che, con l’art. 12, inserisce i beni culturali tra le materie per le quali sono previste ulteriori intese e opportune disposizioni.1
Rispetto alle «Norme» del 1974, il presente documento, che ha assunto le istanze dei vescovi presentate in forma scritta o esposte durante la XXXVI assemblea generale, si propone di estendere organicamente l’attenzione a tutti i settori dei beni culturali, compresi gli archivi, le biblioteche e i musei, dando inoltre particolare rilievo a quei
problemi che negli ultimi anni sono venuti acquistando notevole importanza.
Oltre a confermare e precisare l’impegno della Chiesa italiana per i beni culturali, in attesa delle intese e delle disposizioni previste dall’art. 12 dell’Accordo 18 febbraio 1984, le direttive che seguono si collocano nella prospettiva della collaborazione con le istituzioni civili e con le molteplici realtà associative, gli enti e i privati che operano nella società italiana.

I. BENI CULTURALI ECCLESIASTICI, SEGNO E STRUMENTO DI VITA ECCLESIALE

Chiesa e beni culturali

2. L’attività umana nel mondo, continuando il compito ricevuto da Dio «di perfezionare la creazione» (Gaudium et spes, 57), si esplica in molteplici culture, nelle quali il genio umano produce diversi beni propri e caratteristici delle stesse, ma che sono anche patrimonio universale dell’umanità. Tra questi beni culturali occupano un posto particolare i prodotti attinenti alla sfera religiosa: essi sono beni di valore specifico, in quanto rappresentano ed esprimono, mediante l’opera dell’ingegno umano, il legame stesso che unisce a Dio creatore gli uomini continuatori della sua opera nel mondo.
Tra questi beni culturali religiosi, a giusto titolo la Chiesa, vivente in seno a culture diverse nei tempi e nei luoghi della sua storia, annovara come propri quelli che, per vari aspetti, sono ispirati al messaggio della salvezza portato in questo mondo dal Verbo fatto uomo, all’opera con il Padre sin dall’inizio, e alla perfezione cui conduce lo spirito di Dio, artefice d’ogni bellezza.
La Chiesa, per la celebrazione della liturgia e per l’esercizio della sua missione, ha sempre favorito la creazione di beni culturali, che stimolano una più diretta comunicazione tra i fedeli nella Chiesa e tra la Chiesa e il mondo circostante, promuovendo un arricchimento sia della stessa Chiesa sia delle varie culture.
All’ingente quantità di tali beni culturali di cui l’Italia è ricchissima, alla loro qualità, è da aggiungere l’evoluzione della concezione di patrimonio storico-artistico: è andata emergendo una precisa riflessione teologica sui beni culturali; si è sviluppato il senso della loro funzione, sia per la migliore fruizione in generale sia per la fruizione precipua secondo la natura dei prodotti d’arte e cultura; si è affermata la percezione dell’efficacia di cui i beni culturali sono pregnanti e per il culto e per 1’evangelizzazione.

II. SOGGETTI ISTITUZIONALI

Santa Sede

3. Con la recente riforma della Curia romana, presso la Congregazione per il clero è stata istituita la «Pontificia commissione per la conservazione del patrimonio artistico e storico della Chiesa», la cui competenza è universale. Si avvale delle sue direttive la Conferenza episcopale italiana con la consulenza della Consulta nazionale per i beni culturali ecclesiastici.2

Diocesi

4. Nella diocesi il compito di coordinare, disciplinare e promuovere quanto attiene ai beni culturali ecclesiastici spetta al vescovo che, a tale scopo, si avvale della collaborazione della Commissione diocesana per l’arte sacra e i beni culturali e di un apposito ufficio presso la curia diocesana.
All’ufficio diocesano è demandato il compito di verificare le richieste (di autorizzazione, di contributo, ecc.) dei singoli enti ecclesiastici, di trasmetterle agli enti pubblici e di seguirle in tali sedi; esso, inoltre, mantiene costanti rapporti e collabora con gli enti pubblici e privati, con altri enti e associazioni, con gli artisti e i cultori dei beni culturali ecclesiastici in vista della tutela, della valorizzazione e della fruizione dei medesimi. Nell’ambito dell’ente diocesi operano diversi altri enti ecclesiastici soggetti all’autorità del vescovo. L’immediato responsabile dei beni culturali di tali enti è il rappresentante legale degli stessi. A lui compete la cura e la valorizzazione del patrimonio nel quadro dell’attività ordinaria della comunità alla quale egli è preposto. A ciò egli si dedicherà avvalendosi del consiglio e della collaborazione degli organismi dell’ente previsti dal diritto, di volontari preparati e di persone particolarmente competenti, mantenendosi in stretta relazione con gli organismi diocesani e rispettando le norme canoniche e civili.3

Conferenze episcopali regionali

5. La Conferenza episcopale regionale si avvale della consulenza della Consulta regionale per i beni culturali ecclesiastici al fine di coordinare l’attività in tale materia a livello di regione e di mantenere rapporti con l’Amministrazione regionale.
In sede di Consulta regionale per i beni culturali ecclesiastici si affrontano le questioni di carattere generale e in particolare tutto quanto riguarda i rapporti tra la diocesi e le amministrazioni locali (regioni, province, comuni) e gli organi periferici del Ministero per i beni culturali e ambientali.
La consulta si mantiene in costante rapporto con le diocesi della regione, con le altre consulte regionali e con la Consulta nazionale.
Il riferimento alla consulta regionale garantisce l’omogeneità e la convergenza degli orientamenti riguardanti i beni culturali emanati dai vescovi della regione ecclesiastica.

Conferenza episcopale italiana

6. La Conferenza episcopale italiana ha istituito la Consulta nazionale per i beni culturali ecclesiasitici come organo interno di consulenza e con il compito di tenere contatti con le consulta regionali, con il Ministero per i beni culturali e ambientali e con gli altri ministeri competenti.
Della consulta nazionale fanno parte oltre ai delegati regionali nominati dalle rispettive conferenze episcopali regionali, i rappresentanti delle associazioni di settore (ABBI, AAE…), gli esperti in beni culturali ecclesiastici presenti negli organismi consultivi statali e altri membri nominati dalla Conferenza episcopale italiana.4

Istituti di vita consacrata e società di vita apostolica

7.1 superiori degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica sono i responsabili diretti dei beni culturali ecclesiastici di pertinenza della rispettiva comunità: essi, con l’aiuto e il consiglio di persone competenti, ne curano la tutela e la valorizzazione, si avvalgono dei servizi che le diocesi predispongono in materia e collaborano con esse per.la cura del patrimonio culturale religioso nella sua globalità.5

Associazioni

8. Un ruolo significativo nei confronti dei beni culturali ecclesiastici è stato ed è tuttora svolto da soggetti ecclesiali ben radicati nella Chiesa italiana, come le confraternite, le pie fondazioni, le varie associazioni. Atali soggetti compete ancora un vasto compito sia di tutela e di valorizzazione dei beni stessi, sia di animazione delle comunità cristiane e della società civile.

III. RAPPORTI CHIESA, STATO, ASSOCIAZIONI, PRIVATI

Orientamenti generali

9. I problemi connessi alla tutela e valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici nel nostro Paese sono di tale entità e complessità da richiedere, da parte degli enti responsabili, non solo spirito di inziativa, ma anche uno spiccato senso di collaborazione e programmazione.
È importante, innanzitutto, che le comunità cristiane – parrocchie, diocesi, altri enti – sappiano prendere sempre più l’iniziativa per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio di cui sono titolari e responsabili, con coraggio e larghezza di vedute, superando atteggiamenti di passività e di scoraggiamento. A tale scopo è necessario che la cura per tale patrimonio sia costantemente motivata e trovi il posto che le compete nella vita ordinaria delle comunità, nelle sue espressioni liturgiche, nell’evangelizzazione, nella catechesi, nelle iniziative culturali e di accoglienza.
L’attenzione delle comunità cristiane deve estendersi a tutta la gamma di beni culturali ecclesiastici, dai beni architettonici a quelli artistici, archeologici, demo-antropologici, archivistici, bibliografici, musicali, senza sottovalutare anche il ricco e vario patrimonio attinente alla religiosità popolare.
Le comunità cristiane, come è proprio delle tradizioni secolari della Chiesa, svolgono un servizio di inestimabile valore, oltreché alla Chiesa, al nostro Paese e alla comunità internazionale, in un momento di profonda trasformazione socio-culturale: mentre si aprono sempre più i confini tra i paesi d’Europa e del mondo, tanto più si avverte il bisogno di mantenere vivo il legame con la tradizione.
Certo i responsabili dei beni delle comunità cristiane, nel promuovere iniziative che valorizzano il loro patrimonio di beni culturali, non possono fare a meno della collaborazione di enti pubblici e privati; d’altra parte esse, per quanto possibile, offrono la loro cordiale collaborazione a ogni iniziativa promossa da enti pubblici, da privati, da associazioni e da movimenti.

Chiesa-Stato

10. In materia di beni culturali lo Stato, le regioni e le province autonome con competenza primaria in materia, potendo disporre di una vasta e articolata normativa, di competenza tecnico-scientifica, di adeguati organi istituzionali, sono da tempo, di fatto, i principali interlocutori della Chiesa nel compito delicato della tutela e valorizzazione dei beni culturali ecclasiastici.
I recenti Accordi concordatari precisano che i rapporti tra Chiesa e Stato sono ispirati al principio della collaborazione e che, in attuazione di tale principio, Chiesa e Stato «concorderanno opportune disposizioni»… «al fine di armonizzare l’applicazione della legge italiana con le esigenze di carattere religioso… per la salvaguardia, la valorizzazione e il godimento dei beni culturali d’interesse religioso appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche» e «intese» per «la conservazione e la consultazione degli archivi d’interesse storico e delle biblioteche» appartenenti ai medesimi enti e istituzioni.
Le comunità cristiane in genere e, in particolare, gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, considerati dallo Stato persone giuridiche con caratteristiche proprie, mantengono nei riguardi delle istituzioni (Ministero per i beni culturali e ambientali, altri ministeri, regioni, province, comuni) un atteggiamento di fattiva collaborazione, in osservanza della legislazione civile e a garanzia della peculiarità dei propri beni culturali.
Gli organi pubblici civili, quando intervengono sui beni culturali degli enti ecclesiastici per restauri e per altre iniziative, sono tenuti a comunicare e illustrare ai responsabili e alle rispettive comunità i loro interventi, nonché a rispettare le particolari finalità di detti beni, in conformità ai controlli canonici disposti in materia; un ampio scambio di informazioni tra i responsabili degli stessi enti e gli organi civili nel corso dei lavori consentirà una collaborazione più corretta ed efficace. In concreto ciò presuppone una sempre migliore qualificazione del personale, la conoscenza e il rispetto delle competenze, il coordinamento e la valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici, l’identificazione di procedure che facilitino l’ordinato svolgimento dei rispettivi compiti e l’applicazione ai beni culturali ecclesiastici delle leggi statali.

Chiesa-scuola

11. Per la conoscenza e la valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici è di primaria importanza la collaborazione tra Chiesa e scuola, in modo da favorire un proficuo scambio tra attività pastorale, insegnamento e ricerca. A questo scopo è importante che i sacerdoti e le comunità cristiane collaborino a iniziative di conoscenza diretta, di studio e di ricerca riguardanti i beni culturali ecclesiastici promosse dalle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private. In particolare, siano avviati rapporti di collaborazione tra i responsabili dei beni culturali ecclesiastici, a livello diocesano, regionale e nazionale e le istituzioni formative ecclesiastiche, le scuole cattoliche, gli Istituti di scienze religiose, l’Università cattolica
del sacro Cuore di Milano e le facoltà teologiche. Particolare attenzione sia rivolta ai docenti di storia dell’arte e ai docenti di religione, dal momento che la storia dell’arte italiana è in larga misura storia dell’arte religiosa e sacra e
che la cultura religiosa nel nostro Paese è in gran parte espressa nelle opere d’arte.

Chiesa-associazioni-privati

12. L’interesse per i beni culturali nel nostro Paese, negli ultimi anni, si è accresciuto ed esteso. Oltre ad associazioni nazionali assai note, operano numerosi sodalizi locali che promuovono l’attenzione verso i beni culturali. Sono numerose anche le persone che singolarmente si occupano degli stessi beni per ragioni professionali o per altre ragioni (artisti e artigiani, insegnanti, studiosi, appassionati).
Le comunità cristiane sono caldamente invitate a collaborare attivamente, sia con le associazioni, sia con i singoli; essi sono da considerare come preziosi alleati con i quali condividere una responsabilità gravosa ma appassionante e altamente formativa.

IV. PROBLEMI GENERALI

Personale

13. Uno dei più gravi problemi che si pongono per la salvaguardia dei beni culturali ecclesiastici è quello di avere una sufficiente dotazione di personale a tutti i livelli, da quello direttivo a quello scientifico, a quello addetto alla custodia, alla tutela e alla manutenzione. È noto, infatti, che la figura del sacrestano, essenziale per la custodia dei beni culturali
presenti nelle chiese, è ormai quasi del tutto scomparsa. Anche le tradizionali figure artigianali alle quali era affidata la manutenzione ordinaria dei beni culturali ecclesiastici sono in via di sparizione. Non è facile, peraltro, ai sacerdoti – sui quali incombe la responsabilità della tutela di tali beni anche di fronte all’autorità civile e che, di fatto, sono generosamente impegnati nella gestione dei beni culturali ecclesiastici nonostante l’accresciuto carico della loro
attività pastorale – rispondere alle richieste sempre più numerose che provengono da turisti, scuole, studenti e studiosi. In particolare, data anche la limitata disponibilità di mezzi, risulta spesso difficile dotare del necessario personale direttivo e scientifico gli archivi, le biblioteche e i musei di pertinenza ecclesiastica.
Per fare fronte ad alcune tra le necessità appena ricordate sembra possibile e opportuno ricorrere all’intervento del volontariato. Il volontariato potrebbe svolgere servizi come la custodia dei monumenti, l’animazione didattica, il lavoro di inventariazione. Al volontariato dovranno essere assicurati una sufficiente formazione, la consulenza di esperti professionalmente qualificati, la possibilità di operare sulla base di una precisa normativa e il sostegno di un’adeguata copertura assicurativa.6
Il ricorso a persone e a istituzioni di provata competenza, oltre che come supporto al volontariato, costituisce una necessità imprescindibile per ogni iniziativa che superi il livello dell’attività ordinaria e come supporto scientifico permanente.

Formazione

14. La gestione dei beni culturali e di quelli religiosi in particolare richiede sempre maggiore competenza. È indispensabile perciò provvedere alla formazione di base e permanente dei responsabili delle comunità (sacerdoti, candidati agli ordini sacri, religiosi, religiose), degli operatori pastorali e degli addetti. Alle diocesi spetta il compito di avviare adeguate iniziative per la formazione dei sacerdoti e degli operatori pastorali. È opportuno che tali iniziative, come quelle per la formazione degli addetti, degli artisti e dei tecnici siano realizzate con la collaborazione di enti pubblici e privati. Conviene, inoltre, che esperti nel campo dei beni culturali ecclesiastici partecipino alle iniziative promosse da enti pubblici e da privati per la formazione degli esperti nel settore dei beni culturali. È essenziale che la formazione degli operatori dei beni culturali ecclesiastici comprenda sufficienti nozioni di cultura biblica, teologica, liturgica, iconografica e abiliti all’animazione pastorale e culturale, oltre a fornire gli opportuni supporti conoscitivi di carattere giuridico e storico-artistico. Per la preparazione del personale responsabile delle istituzioni culturali ecclesiali al
riguardo ci si avvalga delle scuole per la formazione e promozione culturale recentemente istituite e si promuovano opportune iniziative formative ai vari livelli.7

Finanziamenti e agevolazioni

15. Accanto al problema del personale, l’aspetto più grave di cui soffrono i beni culturali nel nostro Paese e i beni culturali ecclesiastici in particolare è quello economico.
Aquesto riguardo è necessario ricordare che la ricerca di fondi per interventi di restauro e per altre iniziative non può essere ridotta a mera operazione finanziaria, ma va considerata come un’occasione opportuna per la formazione sia della comunità cristiana sia della comunità civile. La ricerca di fondi, infatti, consente alla comunità di riscoprire il valore del suo patrimonio culturale. Si rinsalda così concretamente il senso di appartenenza e si evita nel contempo il rischio della mentalità di tipo assistenziale che scarica sugli enti pubblici ogni responsabilità. Perciò, in tale prospettiva, i contributi sono da chiedere innanzitutto alla comunità cristiana locale, dal momento che i beni culturali ecclesiastici sono in primo luogo espressione di valori specifici della comunità cristiana stessa, sono costati sacrifici ai suoi membri, sono di sua proprietà e sono posti al suo servizio.
In caso di necessità si faccia ricorso alla solidarietà di altre comunità cristiane. Poiché la tutela del patrimonio culturale è tra i compiti principali della Repubblica, richiamato dall’articolo 9 della Carta costituzionale, in attuazione di un servizio al bene comune, le richieste di contributo siano rivolte anche ai comuni, alle regioni, al Ministero per i beni culturali e ambientali, al Ministero per i lavori pubblici, agli altri organismi (CEE, UNESCO…), sempre nel rispetto delle procedure previste dalle norme canoniche e civili. È utile non dimenticare che esistono agevolazioni di vario tipo – fiscale, assicurativo, ecc. – delle quali anche gli enti ecclesiastici possono valersi.8

Informazione e documentazione

16. Anche in materia di beni culturali ecclesiastici l’informazione e la documentazione sono strumenti fondamentali di promozione.
Vi è innanzitutto da informare la comunità cristiana sulle problematiche che riguardano i beni culturali in generale e quelli ecclesiali in particolare. Analogo impegno sia rivolto alla pubblica opinione tramite i mezzi di comunicazione sociale in modo da rendere noto a tutti l’impegno della Chiesa e della società per i beni culturali.
È urgente inoltre avviare scambi di informazione permanenti tra i responsabili degli enti ecclesiastici a livello regionale e nazionale.
Compete in particolare agli organismi diocesani e a quelli nazionali dotarsi di quei mezzi – pubblicazioni, strumenti di lavoro, biblioteca specializzata, centro di documentazione – che consentano la necessaria informazione dei responsabili delle comunità locali e dei loro collaboratori. Ogni diocesi, inoltre, costituisca e conservi un archivio ordinato e consultabile dei progetti e delle schede di catalogo; ciò consentirà di conoscere, valutare e affrontare globalmente i principali problemi che riguardano i beni culturali ecclesiastici esistenti sul territorio della diocesi.

V. BENI E SERVIZI CULTURALI

Servizio ecclesiale

17. Notevole sostegno e impulso alle iniziative culturali delle comunità cristiane e della comunità civile, della scuola, della ricerca può venire dagli archivi, biblioteche, musei e raccolte ecclesiastiche. Tali istituzioni svolgono un servizio ecclesiale primario per la promozione della cultura sul territorio, sia nelle diocesi, che nelle parrocchie, nelle comunità religiose, nelle confraternite e nelle associazioni.
Anche in riferimento a questi servizi si aprono ampie possibilità di collaborazione con le grandi istituzioni culturali cui la Chiesa italiana da vita, come l’Università cattolica del sacro Cuore, le facoltà teologiche, gli istituti di scienze religiose, e con le istituzioni culturali pubbliche e private.9
Le biblioteche, gli archivi e i musei ecclesiastici costituiscono sistemi a base diocesana, coordinati al livello regionale e nazionale, che collaborano con il sistema nazionale delle biblioteche, archivi e musei.

Archivi

18. Gli enti ecclesiastici hanno il dovere di tenere e custodire regolarmente il proprio archivio corrente e storico, favorirne la consultazione, curarne l’incremento mediante opportune acquisizioni nel rispetto della normativa canonica e civile vigente. Nell’ambito di ogni diocesi gli archivi parrocchiali fanno riferimento all’archivio diocesano, al quale sono riservati compiti di coordinamento e di consulenza tecnica e scientifica. Si favorisca inoltre il collegamento tra archivi e archivisti ecclesiastici, valorizzando le associazioni esistenti (AAE).
Ogni intervento, per quanto riguarda l’ordinamento, il restauro dei documenti ed eventuali iniziative di valorizzazione degli archivi parrocchiali e di altri enti ecclesiastici, dovrà essere studiato dalla direzione dell’archivio diocesano e autorizzato dall’ordinario e, per quanto di competenza, dalla soprintendenza archivistica.
Si provveda in sede diocesana alla conservazione degli archivi delle parrocchie e delle diocesi soppresse, sulla base di orientamenti e procedure definiti a livello nazionale, d’intesa con i competenti organi dello Stato.
In ogni diocesi un esperto in materia di archivi farà parte dell’organo preposto alla cura dei beni culturali ecclesiastici.
Orientamenti e procedure relativi alla conservazione degli archivi delle parrocchie che non si dimostrassero in grado di provvedervi direttamente, saranno anch’essi definiti a livello nazionale, d’intesa con i competenti organi dello Stato. «La conservazione e la consultazione degli archivi d’interesse storico» appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche
«saranno favorite e agevolate sulla base» delle intese previste dall’alt. 12, n. 1, comma 3 dell’Accordo 18 febbraio 1984.10

Biblioteche

19. Le biblioteche e i fondi librari ecclesiastici costituiscono una parte assai importante del patrimonio dei beni culturali ecclesiastici in Italia. Esse, inoltre, hanno un eccezionale valore nell’evangelizzazione, nella catechesi, nella promozione della «cultura della solidarietà» e del dialogo con il mondo contemporaneo. Un’attenta cura deve essere rivolta alla conservazione e all’incremento del patrimonio delle biblioteche, nonché alla qualificazione del servizio che esse possono rendere; si conservino con particolare diligenza i fondi antichi e i libri liturgici non più in uso. Nell’ambito di ogni diocesi le biblioteche ecclesiastiche facciano riferimento alla Biblioteca diocesana o a una istituzione simile. Si favorisca, inoltre, il collegamento tra biblioteche e bibliotecari ecclesiastici valorizzando le forme associative esistenti (ABEI). In ogni diocesi un esperto particolarmente competente in materia faccia parte di norma dell’organo preposto alla cura dei beni culturali ecclesiastici.
Anche la conservazione e la consultazione delle biblioteche appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche «saranno favorite e agevolate sulla base di intese» con lo Stato.11

Musei

20. «Le opere d’arte devono restare, possibilmente, nei luoghi di culto per conservare alle chiese, agli oratori, ai monasteri e conventi l’aspetto della fisionomia originaria di luoghi destinati agli esercizi di pietà.
Se la conservazione nei luoghi originari non sia possibile, perché le opere e la suppellettile non hanno più funzione di culto, o sia gravemente rischiosa, si istituiscano musei diocesani o interdiocesani» o almeno raccolte ordinate e sale di esposizione.12
L’incremento e la costituzione di musei diocesani contribuiscono notevolmente a far conoscere il patrimonio artistico diocesano, a stimolare e sostenere l’impegno degli enti ecclesiastici in ordine alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale di loro pertinenza.
Nell’ambito di ogni diocesi, il museo diocesano costituisce il naturale punto di riferimento per le analoghe istituzioni ecclesiastiche sotto il profilo organizzativo, tecnicoscientifico e per le iniziative culturali e pastorali.
Le raccolte di beni culturali ecclesiastici e i musei ecclesiastici esistenti siano conservati e valorizzati con la necessaria cura, in stretto collegamento con l’organo diocesano competente in materia di beni culturali ecclesiastici e con il museo diocesano. Si raccomanda la reciproca collaborazione dei musei ecclesiastici nell’ambito di una stessa regione.13

Complessi integrati archivio-biblioteca-museo

21. Nelle diocesi, nelle quali non sia possibile istituire in sedi distinte l’archivio, la biblioteca e il museo diocesano, si istituisca in un’unica sede un complesso integrato comprendente archivio, biblioteca e museo distinti e funzionalmente collaboranti.

VI. TUTELA

Inventario e catalogo

22. Gli enti ecclesiastici, in particolare le parrocchie e le case religiose, sono tenute dalle norme canoniche e da quelle civili a dotarsi di un inventario completo, che dovrà sempre essere anche fotografico, dei beni culturali ecclesiastici di loro pertinenza.
L’inventario è uno strumento fondamentale per la conoscenza del patrimonio culturale, per la sua tutela e valorizzazione.
L’organo diocesano competente provveda a far curare la redazione degli inventali parrocchiali, adottando i criteri del catalogo statale (fatte salve le estensioni ritenute opportune), avvalendosi di personale selezionato e appositamente preparato.
Una copia delle schede d’inventario sia depositata presso l’organo diocesano competente, una copia sia conservata presso l’archivio dell’ente ecclesiastico di pertinenza.
L’inventario deve essere aggiornato in caso di accessioni, di spostamento degli oggetti e di furti e deve essere verificato in occasione della visita pastorale, del trasferimento del responsabile e dell’immissione del successore.
L’inventario diocesano sia messo a disposizione delle soprintendenze per la compilazione dell’inventario e del catalogo statale. Le diocesi collaborano con le soprintendenze all’elaborazione del catalogo dei beni culturali sulla base di orientamenti definiti a livello nazionale d’intesa con lo Stato.
Una copia delle schede di catalogo elaborate dalla soprintendenza o da altri enti pubblici (regione, provincia, comune) sia depositata presso l’archivio dell’ente ecclesiastico di pertinenza; un’altra copia sia consegnata all’organo diocesano competente.14

Custodia e sicurezza

23. Allo scopo di garantire ai beni culturali ecclesiastici condizioni di sicurezza e per prevenire i furti è indispensabile che le chiese siano adeguatamente custodite. Le chiese incustodite siano aperte al pubblico solo in presenza di condizioni locali che lo permettano.
Al medesimo scopo è necessario che le chiese siano dotate per quanto possibile di efficienti dispositivi di sicurezza (serrature robuste e funzionanti, portoni, sbarre alle finestre) e, per quanto possibile, di adeguati impianti antifurto.
Gli oggetti preziosi e di piccole o medie dimensioni non siano lasciati incustoditi ed esposti al pubblico, ma vengano esibiti solo con la massima prudenza e in presenza di realistiche condizioni di sicurezza.
Nel caso in cui, con il consenso dell’autorità competente, gli oggetti siano stati trasferiti nelle case canoniche, gli ambienti siano anche climaticamente ideonei, dotati di efficienti dispositivi di sicurezza e di impianto antifurto.
La visita alle sacrestie e ai depositi sia consentita solo a persone di sicuro affidamento.
In caso di furto si dia immediata comunicazione scritta ai carabinieri, al competente organo di curia e alla competente soprintendenza, allegando alla denuncia copia della scheda di inventario o di catalogo con relativa fotografia in modo da facilitare la ricerca, il riconoscimento e il recupero.15

Strumenti urbanistici

24. Il destino dei singoli edifici, dei centri storici e dell’ambiente naturale dipende da quelle scelte politiche che si esprimono negli strumenti urbanistici come i piani regolatori, di comprensorio, di regione.
Le comunità cristiane e gli organismi canonici operanti ai diversi livelli territoriali si impegnino a esigere che questi strumenti eprimano scelte tali da tutelare il patrimonio monumentale sacro nel suo complesso e che le scelte operate siano messe coerentemente in atto.
Pertanto siano valorizzate le competenze di laici professionalmente qualificati e si collabori attivamente con gli organi pubblici preposti alla tutela dei beni culturali e ambientali oltre che con associazioni e gruppi di volontariato.
Particolare attenzione sia riservata alla tutela non solo degli edifici di culto ma anche delle opere che esprimono la religiosità popolare, dei capitelli e tabernacoli, delle edicole, dei dipinti murali, cosi come dei luoghi adiacenti ai monumenti, quali i sagrati, le strade, le aree a verde.

I beni culturali ecclesiastici appartenenti a diocesi e a parrocchie soppresse

25. I beni culturali ecclesiastici, compresi gli archivi, le biblioteche, i musei e le raccolte appartenenti a diocesi e a parrocchie soppresse si trovano in evidenti condizioni di rischio. È dunque compito degli enti subentranti prendersene cura con particolare sollecitudine, conciliando l’esigenza del rispetto del legame con il territorio con quella
della sicurezza.
Ogni iniziativa al riguardo dovrà essere valutata dai responsabili delle comunità locali con i responsabili diocesani e con i competenti organi della pubblica amministrazione, per quanto di loro competenza.16

I beni culturali ecclesiastici appartenenti a parrocchie in condizioni di cura pastorale precaria

26. Esistono altre situazioni in cui i beni culturali ecclesiastici si trovano in condizioni di grave rischio: ci riferiamo alle chiese site in alcuni centri storici, a quelle di località soggette a spopolamento, a quelle site in zone in cui vi è un’acuta scarsità di clero o che comunque mancano della cura di un sacerdote residente, alle chiese prossime ai confini nazionali, alle cappelle o chiese succursali in aperta campagna. A tali situazioni andranno rivolte con assoluta priorità le attenzioni da parte degli enti ecclesiastici sia in vista della catalogazione del patrimonio, sia in vista di una più accurata dotazione di strumenti e di impianti di sicurezza e in collaborazione con gli enti pubblici e con i privati.

I beni culturali ecclesiastici di pertinenza non ecclesiastica

27. Nel nostro Paese esistono numerosi edifici sacri che non sono di pertinenza ecclesiastica ma appartengono a enti pubblici o privati. Nel caso che tali edifici fossero tuttora destinati al culto, ma anche in caso diverso, le comunità cristiane cerchino di sollecitare i proprietari perché se ne prendano cura adottando i provvedimenti necessari alla loro conservazione.

Il mercato antiquario

28. È noto a tutti che sul mercato antiquario, in continua espansione, vengono messi in circolazione molti oggetti religiosi provenienti dalle chiese, sia in seguito a furti sia in seguito a vendite abusive. A parte il danno prodotto al patrimonio nazionale, non può sfuggire quanto il fatto rechi offesa ai sentimenti e ai valori religiosi. Per questa ragione i responsabili degli enti ecclesiastici, dal momento che ogni forma di commercio di tali beni costituisce una grave forma di dissacrazione, rispettino rigorosamente le norme sull’alienazione, tutelino adeguatamente i beni loro affidati e facciano rispettare, per quanto di loro competenza, la legislazione civile riguardante il commercio antiquario.17

Alienazione

29. Occorre ricordare che la vigente normativa canonica e civile contiene norme rigorose riguardanti l’alienazione dei beni culturali ecclesiastici sia mobili che immobili. In particolare essa prevede che ogni atto di alienazione deve essere formalmente autorizzato dalle competenti autorità della Chiesa e dello Stato. Gli atti abusivi di alienazione sono nulli e passibili di sanzioni canoniche e civili. 18
I responsabili degli enti ecclesiastici sono tenuti alla «conservazione» dei beni culturali di rispettiva pertinenza; essi, perciò, devono evitare che tali beni vengano danneggiati o vadano dispersi, anche per via di alienazione. L’alienazione dei beni culturali ecclesiastici, infatti, costituisce non solo un oggettivo depauperamento del patrimonio,
ma anche un evento che incide in modo gravemente negativo (e irreversibile) su di essi: distaccati dal contesto fisico e funzionale di origine, tali beni perdono gran parte del loro specifico significato, vengono esposti a usi incongrui e talora del tutto dissacranti, con grande scandalo dei fedeli. Per queste ragioni, dunque, l’alienazione dei beni culturali ecclesiastici è da evitare; può, semmai, essere consentito, con il benestare dell’autorità religiosa e civile competente, il passaggio di un bene, a titolo di deposito o anche per alienazione, da una chiesa a un’altra chiesa.

Rimozione e spostamento

30. Ogni rimozione di opere d’arte dalla loro sede originaria, per una collocazionein altra sede (ad esempio in altra chiesa, in casa parrocchiale, nel museo diocesano, nel palazzo vescovile) per motivi di sicurezza, deve essere autorizzata dai competenti organi canonici e civili. La nuova collocazione, una volta autorizzata, sarà segnalata sulla rispettiva scheda di catalogo.

Manutenzione

31. Per conservare gli edifici e gli oggetti in buone condizioni e per evitare interventi di restauro, talora assai dispendiosi, si provveda alla regolare manutenzione e all’uso permanente degli arredi e degli edifici sacri. A tale scopo si ricorra a personale, anche volontario, purché debitamente preparato.
Nel caso in cui si renda indilazionabile un intervento di manutenzione straordinaria è necessario rivolgersi al competente organo canonico per concordare le iniziative opportune. 19

Restauro

32. I progetti per il restauro dei beni culturali ecclesiastici, compresi gli organi,siano concordati preventivamente con l’ufficio diocesano competente e siano redatti da professionisti particolarmente preparati, nel rispetto della normativa civile e delle esigenze pastorali e di culto.
Le richieste di autorizzazione siano presentate al competente organo diocesano che, dopo avere ottenuto la regolare autorizzazione dell’Ordinario, le presenterà alla soprintendenza interessata. Le autorizzazioni statali saranno trasmesse ai richiedenti tramite l’organo di Curia. Analoga procedura sarà seguita per la richiesta di contributi a enti
pubblici.

VII. VALORIZZAZIONE

Liturgia, catechesi, attività formative

33. La maggior parte dei beni culturali ecclesiastici è stata creata e continua a farriferimento alla liturgia che ne costituisce la ragion d’essere, la destinazione naturale, quello che si può chiamare il «contesto funzionale». Entro tale contesto i beni culturali ecclesiastici hanno modo di comunicare il loro messaggio e di essere letti nel modo più
idoneo. La loro piena valorizzazione, perciò, è costituita dall’uso che se ne fa, perquanto possibile continuo, per il culto. Le altre forme di valorizzazione, per quanto valide e utili, sono secondarie e derivate. Sottratti al loro contesto funzionale originario e collocati al di fuori del loro specifico contesto fisico, i beni culturali ecclesiastici, come i
beni culturali in genere, perdono gran parte del loro stesso congenito significato. I beni culturali ecclesiastici, oltre che per la liturgia e per il culto, sono nati spesso come strumenti di catechesi all’Interno della Chiesa e hanno svolto e continuano a svolgere una funzione di testimonianza della fede cattolica nell’ambito della tradizione. Perciò, oltreché per la loro prioritaria destinazione al culto, è assai opportuno che i beni culturali ecclesiastici siano utilizzati per iniziative di tipo formativo e che il messaggio di fede di cui sono portatori non sia sottaciuto ma espresso con sobrietà e proprietà teologica. Nel caso in cui non possano più essere impiegati secondo la loro nativa destinazione, i beni culturali ecclesiastici siano conservati con grande cura, anche per l’elevata funzione alla quale hanno servito. La loro stessa collocazione in collezioni e in musei dovrebbe mettere in risalto la primitiva destinazione, non solo mediante didascalie, ma anche mediante opportune soluzioni museografiche. Con le dovute cautele, poi, almeno
in determinate occasioni, dovrebbe esserne consentito l’uso originario.

Concerti e mostre nelle chiese

34. Le chiese sono essenzialmente destinate all’esercizio e alla promozione delculto, della pietà, della religione. Altri usi, in genere, non ne garantiscono adeguatamente il dovuto rispetto, la buona conservazione e il pubblico godimento.
Per quanto riguarda i concerti nelle chiese ci si attenga alle disposizioni vigenti; in ogni caso, prima, durante e dopo la manifestazione, sia garantito un sufficiente controllo del luogo sacro e del suo arredo.
Le mostre di «arte sacra» e le mostre in genere, di norma, non siano realizzate in chiese aperte al culto, ma in altri ambienti o in chiese non più adibite al culto, perché tali iniziative non appaiano in contrasto con il carattere del luogo. Nelle chiese non parrocchiali aperte al culto possono essere opsitate mostre di «arte sacra» o dì altra natura,
purché siano di effettiva utilità pastorale per un’educazione umana in senso cristiano e in una prospettiva culturale-spirituale propedeutica alla fede, previa l’autorizzazione dell’Ordinario del luogo e l’osservanza delle norme civili.
L’allestimento e la visita a tali mostre non dovrà disturbare lo svolgimento di eventuali celebrazioni liturgiche.20

Mutamento di destinazione

35. L’uso continuato dei beni culturali ecclesiastici in conformità con la destinazione originaria e la loro permanenza nell’ambito della proprietà ecclesiastica costituiscono condizioni favorevoli per la loro tutela e la loro conservazione. Perciò le chiese non più destinate al servizio liturgico parrocchiale siano di preferenza adibite a funzioni di culto di tipo sussidiario o di comunità particolari. Altri usi compatibili sono quelli di tipo culturale, come sedi per attività artistiche,
biblioteche, archivi e musei.
Il mutamento temporaneo di destinazione è sempre comunque preferibile all’alienazione dell’edificio; qualora questa fosse inevitabile, si dia la preferenza a nuovi proprietari, che ne garantiscano non solo l’integrale conservazione, ma anche l’uso pubblico, almeno temporaneo. In caso di destinazione diversa da quella originaria, nel rispetto delle norme civili, la suppellettile sia trasferita e conservata, per quanto possibile, a uso di culto.21

Ricerca scientifica, rapporti con l’università e la scuola

36. Sta crescendo l’interesse degli studiosi, dei ricercatori e della scuola in genere per il patrimonio culturale in generale e per i beni culturali ecclesiastici in particolare. Si aprono in questo modo nuove possibilità di dialogo tra la Chiesa e il mondo della cultura, mentre si offrono nuove opportunità per una più articolata proposta culturale all’interno della stessa comunità cristiana. Le comunità cristiane sono invitate ad aprirsi con fiducia al crescente interesse per i beni culturali ecclesiastici, favorendo in tutti i modi e con grande disponibilità gli studiosi e i ricercatori in spirito di amicizia e di collaborazione.

Iniziative didattiche e divulgative

37. La valorizzazione del patrimonio dei beni culturali ecclesiastici è oggi facilitata anche dalla diffusione di nuovi strumenti e iniziative di tipo didattico e divulgativo, come visite guidate, sussidi stampati, audiovisivi e informatici, imprese editoriali. Le comunità cristiane si dotino, per quanto possibile, di quei sussidi che consentono un più allargato, agevole e approfondito contatto con i beni culturali ecclesiastici e accolgano con favore le iniziative divulgative, nel rispetto delle esigenze prioritarie della liturgia e della fisionomia specifica dei beni culturali ecclesiastici.

Mostre

38. Anche le mostre costituiscono occasioni e strumenti efficaci di valorizzazione del patrimonio culturale. Le comunità cristiane le promuovano con la consulenzadell’ufficio diocesano e nel rispetto delle norme canoniche e civili.
In linea generale, fatto salvo quanto indicato al punto 33, gli enti ecclesiastici possono collaborare anche alla realizzazione di mostre organizzate da enti pubblici e da privati con il prestito di opere di loro proprietà, a condizione che le esigenze pastorali non ne risultino compromesse, che si tratti di manifestazioni veramente significative e programmate nel pieno rispetto della normativa canonica e civile,22 che la salvaguardia delle opere sia garantita anche da provvedimenti assicurativi «da chiodo a chiodo».

Turismo

39. Il fenomeno del turismo di massa, espressione della civiltà del tempo libero, è sovente caratterizzato dalla ricerca di nuove conoscenze e dal desiderio dell’accrescimento culturale che si manifesta, in particolare, nella riscoperta del patrimonio storico-artistico. Questo ambito del fenomeno riguarda direttamente anche le nostre chiese, i monasteri
e i beni culturali ecclesiastici in genere; richiede pertanto un’accoglienza generosa e intelligente, l’attenzione a tutelare e conservare i beni culturali a edificazione della comunità cristiana cui appartengono e la preoccupazione di non alterare la loro finalità riducendoli a semplici beni di consumo turistico.
Perciò si predispongono iniziative atte a soddisfare le leggitime esigenze dei visitatori, redigendo e attuando itinerari iconologici in grado di aiutare una lettura e una fruizione che siano rispettose della specificità dei beni culturali ecclesiastici. Al riguardo si possono disporre sussidi plurilingue, di facile comprensione e didatticamente piacevoli, corredati da notizie e messaggi mirati, e nel contempo preparare, con regolare patentino di qualifica, guide volontarie che fungano da informatori, da accompagnatori e da testimoni. Per evitare eccessivi affollamenti di visitatori o interferenze di disturbo durante le celebrazioni liturgihe si prevedano adeguate limitazioni, coerenti con le finalità primarie del luogo sacro; siano sospese le visite durante le celebrazioni liturgiche e sia lasciato sempre uno spazio di rispetto attorno alla cappella del santissimo sacramento e ad altri luoghi destinati alla preghiera personale.
È necessario che queste attenzioni e proposte siano valutate e concordate attraverso intese con i competenti organismi delle istituzioni civili, non trascurando soggetti e categorie imprenditoriali responsabilmente coinvolti nel fenomeno del turismo.23

VII. ADATTAMENTO E CREAZIONE

Adattamento liturgico

40.1 beni culturali ecclesiastici non si possono considerare solo come un patrimonio culturale intangibile da conservare con criteri museali. A loro modo essi sono realtà vive, in continuo cambiamento secondo le esigenze della liturgia della Chiesa, la quale, volendo mantenersi in dialogo con la società, è in stato di adattamento permanente. Il concilio ecumenico Vaticano II ha avviato una profonda riforma liturgica e pastorale con notevoli riflessi nel campo dei beni culturali ecclesiastici. L’adeguamento liturgico delle chiese è una precisa richiesta conciliare che deve essere attuata con la necessaria prudenza, nel rispetto delle indicazioni del concilio e delle norme postconciliari e nel quadro della disciplina canonica. Ogni progetto che prevede la modifica delle chiese in conformità alla riforma lirtugica riguardante il presbiterio, il battistero, i confessionali, le immagini e l’apparato decorativo, sia accuratamente e pazientemente studiato dai singoli enti, d’intesa con i competenti organismi diocesani, e sia avviato a realizzazione solo dopo che si siano ottenute le debite autorizzazioni canoniche e civili.
Gli architetti, gli artisti e gli artigiani incaricati di progettare e attuare gli adattamenti delle chiese siano scelti tenendo conto delle loro provate ed elevate capacità artistiche e professionali e siano sostenuti dal consiglio di validi liturgisti e teologi. I progetti di adattamento liturgico che necessitano di autorizzazione da parte della soprintendenza sono presentati ai competenti uffici statali dall’organo diocesano che li ha previamente approvati.
Nell’esaminare tali progetti le soprintendenze operano secondo il disposto di legge oltre che nello spirito dell’art. 12 degli Accordi concordatali del 18 febbraio 1984.24

Nuove opere

41. La Chiesa si sente impegnata non solo a conservare, ma anche ad accrescere il proprio patrimonio di arte sacra. Sia in occasione degli adattamenti liturgici sia in altre occasioni, le comunità cristiane potranno dunque inserire nelle chiese, comprese quelle soggette a tutela statale, nuove opere d’arte, purché queste siano di adeguato livello artistico
e l’iniziativa sia autorizzata dalle competenti autorità.
La procedura da seguire e i criteri generali ai quali ispirarsi sono gli stessi che sono stati previsti al numero precedente.25
Anche l’edificazione di nuovi complessi parrocchiali deve ispirarsi a criteri di bellezza e di funzionalità, in stretta osservanza delle indicazioni in materia date dalla conferenza episcopale.

IX. CONCLUSIONE

42. Questi orientamenti, approvati dalla XXXVI assemblea generale dei vescovi italiani, sono aperti in tre distinte direzioni: nei riguardi dell’Accordo di revisione concordataria e delle intese attuative dell’art. 12 che sono destinate a completarlo: nei riguardi degli adattamenti che le conferenze episcopali regionali, con la consulenza delle consulte
regionali per i beni culturali, decideranno di introdurre in relazione alle specifiche necessità locali; nei riguardi, infine, della legislazione sinodale delle diocesi italiane che è chiamata a precisare ulteriormente la responsabilità delle chiese in ordine ai beni culturali ecclesiastici.
Nutriamo la speranza che queste indicazioni siano prese in considerazione anche dagli enti pubblici, dalle associazioni e dai privati cittadini e possano così costituire un valido contributo alla concreta presa di coscienza del grande ruolo che i beni culturali ecclesiastici e i beni culturali in genere svolgono per la costruzione nel nostro Paese di una società solidale e aperta alla dimensione dell’Europa e del mondo.

Roma, 9 dicembre 1992

Note
1 Cf. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA E PONTIFICIA COMMISSIONE CENTRALE PER L’ARTE SACRA IN ITALIA, Convegno nazionale La chiesa per i beni culturali. Tutela e valorizzazione dei beni culturali religiosi, Milano 4-7 maggio 1987, Conclusioni, 1.c).
2 GIOVANNI PAOLo II, Costituzione apostolica Pastor bonus, 28 giugno 1988, nn. 99-104, in particolare art. 99 e art. 102: EV 11/931-936. PONTIFICIA CONCESSIONE PER LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO ARTISTICO E STORICO DELLA CHIESA. Lettera ai vescovi italiani, 13 giugno 1990, n. 98/90/3. La commissione ha inviato per data 15 ottobre 1992 una lettera a tutti i vescovi sul problema dei beni culturali con particolare riferimento alla formazione del clero (EV 13/2069ss).
3 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum concilium, nn. 45-46: EV 1/79-82.
4 Cf. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. Lettera ai vescovi italiani, 6 marzo 1990, n. 172/90.
5 Cf. SACRA CONGREGAZIONE DEI RELIGIOSI E DEGLI ISTITUTI SECOLARI – SACRA CONGREGAZIONE DEI VESCOVI, Mutuae relationes, 14 maggio 1978: EV 6/58ss CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Norme per la tutela e la conservazione del patrimonio storico e artistico della Chiesa in Italia, 14 giugno 1974, n. 6: ECEI 2 1326s.
6 Cf. Legge quadro sul Volontariato, 11 agosto 1991, n. 266.
7 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II. Costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum concilium, n. 127 e n. 129: EV 1/234-236.239; CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA (UFFICIO LITURGICO NAZIONALE). Il Convegno nazionale degli incaricati diocesani di arte per la liturgia, Formare all’arte liturgica, Salerno, 5-8 novembre 1990. Per interessamento della Pontificia Commissione per la conservazione del patrimonio storico e artistico è sorta un’apposita scuola presso la Pontificia università gregoriana.
8 Cf. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Sovvenire alle necessità della chiesa, 14 novembre 1988, in particolare il n. 18: ECEI 4/1274.
Finanziamenti statali:
Legge 1 giugno 1939, n. 1089, Tutela delle cose d’interesse artistico e storico: Legge 21 dicembre 1961, n. 1552. Cf. Circolare del Ministero per i beni culturali e ambientali n. 116 del 7 agosto 1992; Legge 5 giugno 1986, n. 253. Norme per la concessione di contributi finanziari a carico dello Stato per gli archivi privati di notevole interesse storico, nonché degli archivi appartenenti ad enti ecclesiastici e ad istituti od associazioni di culto.
Agevolazioni:
Legge 2 agosto 1982, n. 512, Regime fiscale dei beni culturali di rilevante interesse culturale. Il Consiglio di Stato, con parere del 31 gennaio 1989, n. 66/89 ha chiarito che anche le parrocchie e gli enti ecclesiastici in genere, pur non essendo espressamente citati, rientrano a pieno titolo tra i soggetti destinatari delle erogazioni liberali come previsto dall’art. 3; DPR 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte dirette), art. 10 comma 1, lettera «o»: sono deducibili le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate ai sensi della legge 1 giugno 1939, n. 1089 e del DPR 30 settembre 1963, n. 1409, nella misura effettivamente
rimasta a carico; DPR 22 dicembre 1986, n. 917 cit. art. 10, comma 1, lettera «p» che ha recepito l’art. 3 della legge 2 agosto 1982, n. 512: DPR 22 dicembre 1986, n. 917 cit. art. 63, comma 2: i titolari di reddito d’impresa, persone fisiche o persone giuridiche, possono portare in deduzione le somme devolute a favore di enti che perseguono esclusivamente finalità di culto, educazione, istruzione, assistenza sociale e sanitaria nella misura massima del 2% del reddito dichiarato: Legge 5 agosto 1978, n. 457, richiamata anche dalla successiva legge tributaria 891/80: i restauri dei beni architettonici beneficiano dell’aliquota IVA agevolata del 4%; D.L. 30 dicembre 1982, n. 953, convertito con modificazioni
in Legge 28 febbraio 1983, n. 53, art. 5 lettera «c»: sono esenti dall’imposta statale – pari al 21% – le
assicurazioni di beni soggetti alla disciplina della legge 1 giugno 1939, n. 1089.
9 Cf. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. Lettera del Consiglio episcopale permanente su alcuni problemi dell’ Università e della cultura in Italia, 15 aprile 1990: ECEI 4/2303ss.
10 Cf. CIC carni. 486-491, 535 § 4; Costituzione apostolica Pastor bonus, art. 101 e 102: EV 1l/933s; PONTIFICIA COMMISSIONE PER LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO ARTISTICO E STORICO DELLA CHIESA, Lettera ai vescovi d’Italia, 13 giugno 1990, n. 98/90/3. DPR 30 settembre 1963, n. 1409, Norme relative ali’ ordinamento e al personale degli archivi di Stato. Accordi concordatari 18 febbraio 1984, art. 12, n. 1, comma 3. V. MONACHINO, E. BOAGA, L. OSBAT, S. PALESE (a cura di), Guida degli Archivi diocesani d’Italia I, volume di «Archivia Ecclesiae», anni 32-33, 1989-1990.
11 Cf. CIC can. 535, 5; Costituzione apostolica Pastor bonus, art. 101 e 102; EV 1l/933s; CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Norme per la tutela e la conservazione del patrimonio storico e artistico della Chiesa in Italia, n. 9: ECEI 4/1332; A. ORNELLA, S. BIGATTON, P. FIGINI (a cura di), Annuario delle Biblioteche ecclesiastiche italiane 1990, Editrice Bibliografica, Milano 1990. DPR 5 settembre 1967, n. 1501, Regolamento organico delle biblioteche pubbliche statali; DPR 14 gennaio 1972, n. 3, Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali
in materia di assistenza scolastica e di musei e biblioteche di enti locali e dei relativi personali e uffici.
Accordo di revisione concordataria, 18 febbraio 1984, art. 12, n. 1, comma 3.
12 Cf. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Norme per la tutela e la conservazione del patrimonio storico e artistico della Chiesa in Italia, n. 10: ECEI 4/1333.
13 Cf. SACRA CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Lett. cira Opera artis su «La cura del patrimonio storico- artistico della Chiesa», ai presidenti delle conferenze episcopali, 11 aprile 1971, n. 6: EV 4/663; Costituzione apostolica Pastor bonus, art. 100 e 102: EV 11/932.934. G. FALLANI (a cura di), Immagine del museo diocesano, Atti del convegno, Roma, 27-29 aprile 1981, Molfetta, Messina, 1982; PONTIFICIA COMMISSIONE CENTRALE PER L’ARTE SACRA IN ITALIA. Lettera
ai vescovi d’Italia, 20 novembre 1989, n. 118/87/42, 3. Legge 22 settembre 1960, n. 1080. Norme concernenti i musei non statali: DM 15 settembre 1965, Sulla classificazione dei musei non statali; DPR 14 gennaio 1972, n. 3, Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative in materia di assistenza scolastica e di musei
e biblioteche di enti locali e dei relativi personali e uffici.
14 Cf. CIC can. 1283 § 2 e 1283 § 3; Opera artis, n. 3: EV 4/660; PONTIFICIA COMMISSIONE CENTRALE PER L’ARTE SACRA IN ITALIA, Lettera ai vescovi d’Italia, 20 novembre 1989, n. 118/87/42, 3; CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Lettera ai presidenti delle conferenze episcopali regionali, 6 marzo 1990, n. 172/90. Legge 20 giugno 1909, n. 364, art. 3; RD 30 gennaio 1913, n. 363, art. 27; RD 14 giugno 1923, n. 1899, art. 1; Legge 1 giugno 1939, n. 1089, art. 4 e art. 58; DPR 3 dicembre 1975, n. 805, art. 1.
15 Cf. CIC can. 555 § 3 e can. 1220 § 2; can. 1234 (ex voto); Opera artis. n. 3: EV 4/660; PONTIFICIA COMMISSIONE PER LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO ARTISTICO E STORICO DELLA CHIESA, Lettera ai presidenti delle Conferenze episcopali europee, 5 giugno 1991, n. 103/91/1: EV 13/412ss. Legge 27 maggio 1975, n. 176. Prevenzione antifurto e antincendio delle opere d’arte.
16 PONTIFICIA COMMISSIONE PER LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO ARTISTICO E STORICO DELLA CHIESA, Lettera ai vescovi d’Italia, 13 giugno 1990, n. 98/90/3.
17 PONTIFICIA COMMISSIONE CENTRALE PER L’ARTE SACRA IN ITALIA, Lettera ai vescovi d’Italia, 20 novembre 1989, n. 118/87/42. Legge 1 marzo 1975, n. 44, art. 10.
18 Cf. CIC can. 1292 § 2 e can. 1377; Opera artis. n. 7: EV 4/664; CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Norme per la tutela e la conservazione del patrimonio storico e artistico della Chiesa in Italia, n. 10 e n. 13; ECEI 2/1333s.l338s. Legge 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 26, 28, 31, 32, 61-62; Legge 20 maggio 1985, n. 222. Disposizioni sugli enti e beni ecclesiatici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi, artt. 18, 36, 37.
19 Cf. CIC can. 1220 § 1.
20 Cf. CIC carni. 1210 e 1222.
21 Cf. CIC can. 1222; Opera artis. n. 6; EV 4/663; PONTIFICIA COMMISSIONE CENTRALE PER L’ARTE SACRA IN ITALIA, Carta sulla destinazione d’uso degli antichi edifici ecclesiastici, 26 ottobre 1987; CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA. Norme per la tutela e la conservazione del patrimonio storico e artistico della Chiesa in Italia, n. 11 e n. 16; ECEI 2/1335s. 1338s.
22 Cf. PONTIFICIA COMMISSIONE CENTRALE PER L’ARTE SACRA IN ITALIA. Norme relative al prestito di opere d’arte di proprietà di enti ecclesiastici. Legge 1 giugno 1939, n. 1089; Legge 2 aprile 1950, n. 328, Modificazioni all’attuale disciplina delle mostre d’arte; Ministero per i beni culturali e ambientali, Circolare dell’Ufficio Centrale per i beni ambientali, architettonici, archeologici, artistici e storici Istruzioni sulla procedura da seguire in caso di richiesta di prestito di opere d’arte destinate ad esposizioni, 3 aprile 1989.
23 Cf. Opera artis, n. 5: EV 4/662; CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA(Commissione episcopale per le migrazioni e il turismo). Pastorale del tempo libero e del turismo in Italia, 2 febbraio 1980, n. 22: ECEI 3/53.
24 Cf. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum concilum, cap. VII: EV l/223ss: SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, istruzione Inter oecumenìci, 26 settembre 1964, cap. V: EV 2/300ss: istruzione Eucharisticum mysterium, 25 maggio 1967, n. 24: EV 2/1324; SACRA CONGREGAZIONE DEL CULTO DIVINO, Principi e norme per l’uso del messale romano, 1 dicembre 1974, cap. V: EV 4/2317ss; SACRA CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Opera artis, a. 4 e n. 6; EV 4/661.663. Legge 1 giugno 1939, n. 1089, art. 8: Accordo di Revisione Concordataria, 18 febbraio 1984, art. 12.
25 Opera artis, n. 1: EV 4/658; SACRA CONGREGAZIONE DEL CULTO DIVINO, Principi e norme per l’uso del messale romano, cap. V, EV 4/2318.