Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 30 Marzo 2005

Delibera 18 aprile 1985, n.32

Conferenza Episcopale Italiana, Delibera n. 32 del 18 aprile 1985: “Formazione spirituale e ministeriale dei diaconi permanenti” (1).

(da “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana” n. 3/1985)

Ferme restando le norme del can. 236 del Codice di Diritto Canonico, in Italia si seguano la normativa e gli orientamenti pastorali del documento: «La restaurazione del Diaconato permanente in Italia» (C.E.I., 8 dicembre 1971), provvedendo che i candidati abbiano prima ricevuto ed esercitato i ministeri stabili di lettore e di accolito, a norma del M. P. «Ad pascendum» del 15 agosto 1972, II.

(1)L’allegato alla delibera n. 32: “La restaurazione del Diaconato permanente in Italia” pubblicato in NCEI 1985, 3/52-60 è stato sostituito dal nuovo documento: “I diaconi permanenti nella Chiesa in Italia”, 1 giugno 1993, pubblicato in NCEI 1993, 6/151-176, del quale si riporta di seguito solo la parte normativa:

Capitolo II Il discernimento vocazionale
12. Gli aspiranti siano ordinariamente presentati dal proprio parroco, il quale si farà premura di usufruire delle opportune consultazioni, sentendo, quando occorra, anche i responsabili delle realtà ecclesiali alle quali gli aspiranti appartengono e nelle quali operano.
L’ammissione tra gli aspiranti al Diaconato spetta al Vescovo, responsabile ultimo del discernimento e della formazione. Egli esercita ordinariamente questa premura tramite un suo delegato; tuttavia non tralascerà di conoscere personalmente quanti si preparano al Diaconato.
13. Negli aspiranti si devono riscontrare la ricchezza delle virtù teologali, lo spirito di preghiera, l’amore alla Chiesa e alla sua missione, il possesso delle virtù umane, quali l’equilibrio, la prudenza, il senso di responsabilità e la capacità al dialogo, come pure la salute fisica e la disponibilità di tempo adeguati all’esercizio del ministero (cfr. can. 1029).
In particolare, essi devono dimostrare di desiderare il Diaconato non per interessi puramente personali o per progetti di singoli gruppi e neppure primariamente per la propria realizzazione, ma per il servizio della Chiesa, secondo il piano pastorale della Diocesi.
14. Per l’inserimento nel cammino di preparazione al Diaconato si deve poter contare non soltanto su una sincera docilità e disponibilità alla collaborazione apostolica e quindi ad un servizio organico inserito in una pastorale d’insieme, ma anche sull’esercizio previo di una concreta responsabilità pastorale: in tale esercizio l’aspirante, dando buona prova delle proprie capacità e della propria dedizione, potrà misurare realisticamente la sua intenzione.
15. L’aspirante al Diaconato deve essere sollecitato ad un discernimento libero e consapevole della propria vocazione, in riferimento sia a ciò che il ministero diaconale è in se stesso, sia al significato che esso viene ad avere nella Chiesa particolare e nella situazione storica della Chiesa oggi.
Al momento del rito liturgico di ammissione tra i candidati, ciascuno dovrà esprimere chiaramente e per iscritto l’intenzione di impegnarsi per il servizio della Chiesa particolare, significando in tal modo l’adesione ad un ministero ecclesiale e la piena disponibilità al Vescovo (cfr. can. 1034, §1).
16. Il celibato sia una scelta positiva per il Regno, assunta con chiarezza di motivazioni e collocata in una personalità matura e armoniosa.
Chi è già sposato ed aspira al Diaconato deve coinvolgere la famiglia nelle proprie intenzioni e decisioni. Sono perciò richiesti il consenso della sposa (cfr. can. 1031, § 2) e una esperienza della vita matrimoniale che dimostri e assicuri la stabilità della vita familiare. La famiglia stessa si impegni a collaborare con una generosa testimonianza di vita, anzitutto attraverso la fede della sposa e l’educazione cristiana dei figli.
I vedovi aspiranti al Diaconato siano prima informati che, in conformità alla disciplina tradizionale della Chiesa, non potranno contrarre nuove nozze. Essi perciò diano prova di solidità umana e spirituale nella loro condizione di vita e sappiano provvedere, o abbiano già provveduto, in modo adeguato alla cura umana e cristiana dei figli, così che non sorgano situazioni conflittuali tra il dovere di padre e gli impegni del futuro ministero. In caso contrario la domanda di ammissione non potrà essere accolta.
17. L’età minima per l’accettazione tra gli aspiranti al Diaconato è, per i celibi, di anni ventuno; per i coniugati, di anni trentuno. Si valuti però per questi ultimi l’opportunità, in taluni casi, di un tempo più prolungato di formazione. Nelle singole Diocesi si stabilisca un’età massima di ammissione, che normalmente non deve essere oltre i sessant’anni.
Resta fermo però che l’ordinazione potrà avvenire solo dopo il compimento del venticinquesimo anno per i celibi e del trentacinquesimo anno per i coniugati (cfr. can. 1031, § 2).

19. È necessario verificare che gli aspiranti siano liberi da irregolarità e da impedimenti (cfr. cann. 1040-1042).
20. L’itinerario per l’ammissione, della durata di almeno un anno, culmina nel rito liturgico di ammissione tra i candidati all’ordine del Diaconato. Per il suo carattere pubblico e solenne e per l’impegno che lega reciprocamente il Vescovo, la Chiesa e il candidato, il rito sia adeguatamente valorizzato. Anche se il tempo della formazione più specifica continua ad essere periodo di verifica vocazionale, si assumano tra i candidati solo quei soggetti per i quali il discernimento sia già stato compiuto con esito positivo, e la scelta per l’ordinazione sia ritenuta definitiva.

Capitolo III La formazione
23. Il Vescovo, di norma, nomina un suo delegato per il Diaconato. In questa scelta metterà massima cura, perché da essa dipende in notevole misura la riuscita del ministero diaconale nella Diocesi.
Il delegato vescovile sia dotato di profondo senso ecclesiale, sperimentata esperienza pastorale e buona competenza pedagogica. E’ bene che sia affiancato da una Commissione nominata dal Vescovo.
E’ compito del delegato vescovile curare l’animazione, il discernimento vocazionale e la formazione degli aspiranti e dei candidati, mantenere i contatti con i responsabili delle comunità ecclesiali e con le famiglie dei candidati coniugati, promuovere la formazione permanente dei diaconi.
24. La durata dell’itinerario formativo sia per i candidati giovani, sia per gli uomini di età più matura sia di almeno tre anni oltre al periodo propedeutico.
I candidati giovani espletino l’intero itinerario formativo o almeno parte di esso in una esperienza di vita comunitaria, in una sede idonea e conveniente, secondo le modalità determinate dal Vescovo diocesano (cfr. can. 236 § 1).
Si favoriscano iniziative in comune tra Diocesi vicine, o promosse dalla Conferenza Episcopale regionale.

“La formazione teologica”
29. La formazione teologica è finalizzata ad acquisire una conoscenza globale e approfondita della dottrina cattolica. Tale conoscenza, radicata nella familiarità con la Parola di Dio, permette al diacono di alimentare con essa la propria vita spirituale, di annunciare fedelmente il Vangelo in piena docilità al Magistero della Chiesa e di misurare l’esercizio del Diaconato su criteri maturi di fede.
“Si deve assolutamente escludere una preparazione affrettata o superficiale, perché i compiti dei diaconi ( … ) sono di tale importanza da esigere una formazione solida e efficiente una formazione dottrinale, che è al di sopra di quella di un semplice catechista e, in qualche modo, analoga a quella dei sacerdoti”.
30. I candidati devono essere in possesso, ordinariamente, di un diploma di scuola secondaria, che abiliti agli studi universitari.
31. Sulla base di un’adeguata preparazione culturale di scienze umane e filosofiche, la formazione teologica comprenda le scienze umane, teologiche e pastorali e preveda dei corsi complementari, in ordine a particolari aspetti e settori del ministero diaconale. E’ in ogni caso necessario l’insegnamento della Sacra Scrittura, della teologia fondamentale, dogmatica e morale, della storia della Chiesa, del diritto canonico, della liturgia, della teologia spirituale e pastorale e della dottrina sociale della Chiesa.
32. Il piano degli studi si avvalga, sin dove è possibile, degli Istituti di Scienze Religiose, anche per abilitare i diaconi all’eventuale insegnamento della Religione Cattolica nelle scuole dello Stato. Le scuole apposite per i candidati al Diaconato, dove si possono istituire, si orientino verso un numero di ore analogo a quello degli Istituti di Scienze Religiose, servendosi anche di forme di lezione non cattedratiche (incontri seminariali, ecc.).
Dove realmente le circostanze lo richiedono e sotto la responsabilità dei Vescovi, siano previsti corsi personalizzati di studi, compatibili con gli impegni professionali e familiari dei candidati, tenendo conto anche della cultura già da essi precedentemente acquisita, assicurando però sempre un itinerario globale e organico di studio. Ciò comporterà prevedibilmente tempi più lunghi `.
Almeno i corsi delle discipline teologiche e pastorali si concludano con un esame.
“La formazione pastorale”
33. Sia la formazione spirituale che quella più propriamente pastorale siano secondo le tappe dei ministeri istituiti (cfr. can. 1035). In tal modo l’ascolto e l’approfondimento della Parola segneranno la preparazione al ministero del Lettorato; la riscoperta della centralità dell’Eucaristia sarà assicurata in vista dell’Accolitato; la dimensione della carità permetterà di sintetizzare l’intero cammino formativo in vista dell’ordinazione diaconale.

Capitolo IV Il Ministero
47. Secondo la disciplina della Chiesa, i diaconi possono assumere ed esercitare una professione con o senza esercizio di potere civile; possono liberamente assumere l’amministrazione di beni temporali ed esercitare uffici secolari. Abbiano sempre cura di valutare ogni cosa con prudenza e, se necessario, chiedano consiglio al Vescovo o al suo delegato (cfr. can. 288).
Nell’esercizio delle attività commerciali e degli affari si distinguano nel dare buona testimonianza di onestà e di correttezza deontologica; osservino anzitutto gli obblighi della giustizia e le leggi civili.
Solo con il consenso del Vescovo, i diaconi possono svolgere attività sindacale, anche rivestendo funzioni direttive, sempre ispirandosi alla dottrina sociale della Chiesa e favorendo la pace e la concordia, fondate sulla verità e sulla giustizia.
Non possono impegnarsi, invece, nella militanza attiva nei partiti politici e non assumano ruoli di rappresentanza democratica (consiglieri comunali e regionali, parlamentari nazionali) e di governo locale, regionale e nazionale.