Decreto Presidente Repubblica 13 maggio 2005
D.R.R. 13 maggio 2005: "Approvazione del documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato per il triennio 2004-2006".
(da "Gazzetta Ufficiale della Repubblica Itliana" n. 169 del 22 luglio 2005, in Supplemento Ordinario n. 128)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l'art. 87 della Costituzione;
Visto il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, ed in particolare l'art. 3;
Sentito il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro;
Sentita la Conferenza unificata Stato-regioni-citta' e autonomie locali;
Sentiti gli enti e le associazioni nazionali maggiormente attivi nell'assistenza e nell'integrazione degli immigrati, nonche' le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 14 gennaio 2005;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;
Sentiti i Ministri interessati;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 6 maggio 2005;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Decreta:
Art. 1.
È approvato l'allegato documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato per il triennio 2004-2006.
Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Allegato
"Documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato per il 2004-2006. Introduzione e sintesi delle principali azioni programmatiche".
(omissis)
2.18) Gli stranieri, la giustizia ed il sistema penitenziario
(omissis)
Aspetti del trattamento dei detenuti stranieri.
L’evoluzione della composizione della popolazione detenuta (sia in termini quantitativi, che in relazione alla provenienza geografica), ha comportato da parte dell’Amministrazione Penitenziaria, un rilevante sforzo di aggiornamento degli strumenti adeguati per far fronte alle svariate esigenze di tali detenuti (si pensi alla necessità di convenzionare degli interpreti).
Gli extracomunitari, infatti, spesso ignorano la lingua italiana, sono soggetti che in genere mantengono abitudini, usi, religione e regole etniche diverse dagli italiani, costituiscono, infine, una categoria di detenuti che manca di riferimenti lavorativi o parentali esterni al carcere e che quindi difficilmente riesce ad usufruire dei benefici offerti dall’ordinamento penitenziario (affidamento in prova al servizio sociale, semilibertà ecc.). Tanto premesso, la parte del documento che segue intende offrire una panoramica dei percorsi operativi avviati dalla Amministrazione Penitenziaria negli ultimi anni, che hanno avuto come destinatari i detenuti stranieri.
(omissis)
Gli elementi del trattamento.
Il trattamento rieducativo del condannato finalizzato al reinserimento sociale presuppone: un periodo di osservazione della personalità del soggetto, la partecipazione alle attività proposte dall’amministrazione e la regolare condotta.
Gli elementi del trattamento possono essere interni o esterni al carcere, interni sono principalmente: l’istruzione, il lavoro e la religione; esterni sono le misure premiali e le misure alternative.
L’istruzione
Particolare cura è data dall’Amministrazione Penitenziaria alla istruzione. Per tutti i detenuti italiani e stranieri nella maggior parte degli Istituti sono organizzati corsi di scuola dell’obbligo e di addestramento professionale. In molti Istituti vi sono scuole di secondo grado ed è favorito il compimento degli studi universitari.
Per i detenuti stranieri, inoltre, in molti Istituti Penitenziari sono organizzati dei corsi di lingua italiana e dei corsi di alfabetizzazione.
Il diritto di professare la propria religione.
L’ordinamento Penitenziario consente a tutti i detenuti la libertà di professare, di praticare e di istruirsi nella propria fede religiosa. Alle libertà sopra individuate e ai correlativi diritti dei detenuti, si rapporta un dovere dell’Amministrazione di predisporre gli strumenti per renderne operativo l’esercizio.
In ogni Istituto è presente un cappellano ed è ammesso, su richiesta dei detenuti, l’ingresso di Ministri di culto diverso da quello cattolico, inclusi in un elenco formato sulla base di intese tra il Ministro dell’interno e le rappresentanze delle varie religioni.
Per le religioni per le quali lo Stato Italiano non ha stipulato apposite convenzioni, come nel caso della religione islamica, sono infine riconosciuti ai detenuti il diritto alla pratica e professione della propria fede religiosa (in particolare, ai musulmani è garantito il diritto al vitto e il diritto di consumare i pasti dopo il tramonto nel periodo del Ramadan) e sono allestite ove possibile apposite sale per la preghiera islamica.
(omissis)
2.19) Problematiche della giustizia minorile riguardo agli stranieri
(omissis)
Riconoscimento diritti fondamentali
In merito al diritto a manifestare la libertà religiosa, così come sancito dall'art. 19 della Costituzione ed in applicazione di quanto previsto dall'art. 58 del D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 (in particolare commi 5 e 6), all'interno degli Istituti Penali per Minorenni, è assicurata l'assistenza religiosa anche per i minorenni di religione non cristiano-cattolica.
Per quanto riguarda i precetti legati all'alimentazione, nelle tabelle vittuarie da adottare negli Istituti Penali per Minorenni, elaborate dall'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, sono previste delle specifiche variazioni di menù, per rispondere alle prescrizione alimentari legate all'appartenenza religiosa dell'utenza detenuta.
(omissis)
4.9 Iniziative per migliorare la comprensione con le diverse fedi religiose.
Secondo i principi di laicità dello Stato, questo si pone in una posizione di non ingerenza di fronte alle confessioni religiose, quanto a partecipazione ed organizzazione delle stesse, senza essere estraneo ed indifferente, tuttavia, alle garanzie dei diritti inviolabili dell’essere umano, che debbono spettare agli aderenti a tutte le confessioni.
Vanno osservati, al riguardo, i principi contenuti negli articoli 3, 8 e 19 della Costituzione che concernono: l’uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di religione; la pari libertà delle confessioni religiose che hanno diritto di organizzarsi secondo propri statuti e i cui rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di ‘intese’; il diritto di tutti – quindi non solo dei cittadini, ma anche degli stranieri – di professare la propria fede, farne propaganda ed esercitare il relativo culto, a condizione, tuttavia, che si tratti di riti non contrari al buon costume.
Grazie al ruolo che la Chiesa cattolica ha sempre rivestito e riveste nella cultura storicoreligiosa del nostro Paese, alla stessa – come noto – è conferito un particolare riconoscimento costituzionale: l’art. 7 della Costituzione prevede, infatti, che ‘Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani’ ed i relativi rapporti sono regolati con speciali norme di natura pattizia( il Trattato e il Concordato).
Per quanto riguarda le altre confessioni, lo Stato ha, finora, stipulato le ‘intese’ di cui al citato art. 8 della Costituzione con: la Tavola Valdese, l’Unione delle Chiese Cristiane Avventiste del 7° Giorno, le Assemblee di Dio in Italia, l’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia, la Chiesa Evangelica Luterana in Italia e l’Unione delle Comunità Ebraiche italiane.
E’ auspicabile l’estensione di tali intese anche ad altre religioni, che operano di fatto sul nostro territorio, alle quali si applica tuttora la vecchia normativa (1929 – 1930) sui ‘culti ammessi’.
Occorre aggiungere che un disegno di legge, in corso di esame (A.C. 2531), si propone di realizzare la compiuta attuazione delle garanzie costituzionali riguardanti i diritti individuali e collettivi in materia di libertà religiosa, raccordandole anche con le normative internazionali in materia.
Resta basilare, in ogni caso, il citato principio costituzionale che prevede il diritto di tutti – e quindi anche degli stranieri presenti nel nostro Paese – di professare la propria fede, farne propaganda ed esercitare il relativo culto, con l’unica condizione che non si tratti di riti contrari al buon costume.
A tale condizione, dunque, tutte le confessioni religiose dagli stranieri possono essere professate liberamente. Il loro concreto impatto sul nostro territorio, tuttavia, non si presenta sempre semplice, specie per quei culti che si accompagnano ad usi e tradizioni molto diversi e distanti dai nostri e che spesso suscitano forti diffidenze nelle popolazioni locali.
Un’adeguata informazione e conoscenza dei culti che si sono diffusi con le recenti immigrazioni appare, perciò essenziale per migliorare la comprensione delle diverse fedi religiose presenti nel nostro Paese.
Tali confessioni possono avere voce anche attraverso la partecipazione dei vari organismi e associazioni che rappresentano i cittadini extracomunitari nei Consigli territoriali per l’immigrazione, allo scopo di agevolare l’integrazione degli stranieri regolari nel nostro Paese.
I Consigli territoriali per l’immigrazione – previsti dall’art. 3 del T.U. – rappresentano, infatti, le sedi locali di analisi e confronto delle problematiche degli immigrati e di riferimento per tutti i soggetti che agiscono ai fini dell’integrazione degli stranieri sul nostro territorio. Anche le problematiche che riguardano gli aspetti religiosi della vita degli stranieri possono, quindi, esservi discusse e approfondite, allo scopo di agevolare la conoscenza e la comprensione delle diverse fedi religiose, che debbono essere, in ogni caso, praticate nel rispetto delle leggi del nostro Paese.
Si ritiene, pertanto, che vada conferito sempre maggiore impulso, attraverso detti Consigli – ed in ogni altra sede opportuna – alle iniziative di informazione e sensibilizzazione su tale delicato tema, che rappresenta sicuramente uno degli aspetti di maggior rilievo ed importanza riguardanti la convivenza e l’integrazione degli stranieri in Italia.
Il Ministero dell'interno ha proposto il tema del dialogo inter-religioso anche in sede comunitaria, realizzando durante il semestre di Presidenza un'importante Conferenza dei Ministri dell'interno dell'Unione allargata ai nuovi Stati membri e ai Paesi candidati. Da questa iniziativa è scaturito l'impegno dell'Unione, contenuto in un'apposita Dichiarazione adottata dai Ministri dell'interno e sancita dai Capi di Stato e di Governo, ad assumere ogni possibile iniziativa per favorire il dialogo tra le diverse fedi religiose, con particolare riguardo alle tre grandi fedi monoteistiche.
(omissis)
Autore:
Presidente della Repubblica
Dossier:
Libertà religiosa, Italia, Immigrazione
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Immigrazione, Detenuti, Società multietnica, Dialogo interconfessionale, Istituti penitenziari, Razza, Tradizioni religiose, Appartenenza confessionale, Etnie, Stranieri, Preghiera, Integrazione, Libertà religiosa, Assistenza spirituale, Divieto di discriminazione, Riti religiosi, Uguaglianza, Religione
Natura:
Decreto Presidente Repubblica
File PDF:
3503-decreto-presidente-repubblica-13-maggio-2005.pdf