Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 18 Marzo 2012

Decreto 21 febbraio 2011

Corte d'Appello di Milano. Decreto 21 febbraio 2011: "Affidamento condiviso: partecipazione del minore ad un percorso di catechesi finalizzato al battesimo per scelta di uno solo dei genitori".

CORTE D'APPELLO DI MILANO

Sezione delle Persone, dei Minori, della Famiglia

La Corte riunita in camera di Consiglio nelle persone dei magistrati

Dott.ssa Bianca La Monica – Presidente relatrice.

Dott. Ssa Patrizia Lo Cascio – Consigliere

Dott.ssa Laura Laera – Consigliere

decidendo sul reclamo proposto da

v.v.

avverso il decreto 7/7-23/7/2010 del Tribunale di Milano
Svolgimento del processo e motivi della decisione

premesso che

– il V. si era rivolto al Tribunale, con ricorso ex artt. 709 ter/710 c.p.c., esponendo

– di aver contratto nel 2000 matrimonio civile con E.P. e che dall'unione era nato il … 2001 il figlio J.

– che il Tribunale di Varese, a conclusione del procedimento di separazione giudiziale, aveva disposto, tra l'altro, con sentenza del 19 marzo 2007, l'affido congiunto di J. con collocamento presso la madre

– che J. non aveva ricevuto un'educazione religiosa, né cattolica né di altra confessione, e nemmeno era stato battezzato per scelta condivisa dei genitori

– che nel febbraio 2010 il figlio, mostrandogli un crocifisso in legno, gli aveva spiegato che valeva come promessa di battesimo

– che la P. aveva quindi deciso in modo unilaterale di far frequentare a J. un percorso battesimale, così violando l'accordo dei genitori in relazione all'educazione non religiosa da dare al figlio

– il V. aveva chiesto pertanto al Tribunale di ordinare la sospensione/ interruzione immediata del percorso di catechesi finalizzato al battesimo; di assumere, anche a modifica delle condizioni di affidamento stabilite, ogni decisione utile e opportuna nell'interesse del minore; di condannare la P. alla sanzione ritenuta di giustizia da valutarsi in via equitativa tra quelle previste dall'articolo 709 ter c.p.c.

– si era costituita la P., assumendo di aver informato il V. del desiderio di J. di frequentare il catechismo e che il padre aveva annuito dicendo ok

– il Tribunale valutava favorevolmente e approvava la scelta formativa e culturale compiuta dalla madre, rilevando, in particolare, come ne venisse "..valorizzato l'inserimento.." del bambino con i coetanei del gruppo dell'oratorio con i quali J. era "..abituato a giocare a calcio, a partecipare a gite estive, a recarsi in piscina.."; che l'insegnamento della dottrina cattolica, così come l'insegnamento di ogni altra disciplina e materia di valenza culturale, costituisce "..la corretta spiegazione di eventi e concetti religiosi, di principi teologici, che arricchisce il bagaglio culturale e umano di ogni individuo..": Sicché, rigettava il ricorso, ritenendo il percorso di catechesi "..cosa buona e utile al minore..".

– il V. reclamava avverso tale provvedimento, sottolineando come il Tribunale avesse frainteso la domanda del ricorrente che riguardava la frequentazione del catechismo finalizzato al Battesimo e non la frequentazione dell'oratorio, e insistendo, tra l'altro, nella richiesta di ordinare anche in via di urgenza la sospensione/interruzione del percorso di catechesi finalizzata al Battesimo

osserva

E' opportuno al fine della ricostruzione della vicenda, richiamare alcuni ineludibili dati di fatto.

Innanzitutto, che per scelta culturale dei genitori J. non aveva ricevuto un'educazione religiosa. Per quanto la P., all'udienza del 26 gennaio abbia in qualche modo teso a sminuire il significato di questo progetto genitoriale, resta il fatto che J. non era stato battezzato per comune decisione di due genitori che, sposati col solo rito civile, avevano deciso di riservare alla autodeterminazione del figlio, allorché fosse cresciuto, ogni scelta in materia religiosa. E non occorre certo soffermarsi sul significato univoco che assume il non-battesimo di un bambino in un paese in cui la grande maggioranza della popolazione è battezzata.

Altro dato di fatto è che J. sia stato iscritto alla catechesi dalla sola P., non senza qualche leggerezza da parte dell'istituzione ecclesiastica perché, trovandosi di fronte ad un bambino di otto anni non battezzato -fatto che esprime una decisione in linea di principio riferibile ad un accordo dei genitori- sarebbe stato doveroso, anche nell'interesse del bambino, che l'ente preposto verificasse (ad esempio richiedendo la doppia sottoscrizione..) se la scelta della catechesi fosse frutto di un'intesa di entrambi i genitori.

Né, ad avviso della Corte, la unilateralità della scelta della P. resterebbe esclusa in forza di una sorta di assenso dato dal V. nel corso di un dialogo certamente di poche parole. La stessa P. nella comparsa di costituzione depositata nel giudizio dinanzi al Tribunale ha riferito che, nel settembre 2009, nei pressi della scuola elementare frequentata da J., "..l'esponente informava suo marito V. V. che il loro figlio J. aveva espresso il desiderio di frequentare il catechismo e che di conseguenza pensava di iscriverlo..". Ha aggiunto che, nell'occasione, il V. annuiva dicendo ok e J. confermava il suo desiderio. Nel corso dell'udienza dinanzi alla Corte la P. ha confermato il racconto, aggiungendo che a quel breve colloquio col marito era presente un testimone portato da lei medesima.

Quand'anche vi sia stato tale dialogo, non può non rilevarsi come la modalità comunicativa adottata dalla P. riguardo all'argomento catechesi/battesimo sia stata inadeguata -per tempi, luogo e contesto- all'obbligo conseguente all'affidamento congiunto di condividere con l'altro genitore le decisioni di maggior importanza, tra le quali certamente rientrano la scelta della religione, la partecipazione alla catechesi e la somministrazione di sacramenti.

Secondo il suo stesso racconto, la P. fece riferimento al corso di catechesi e non al battesimo, ritendolo evidentemente "..una diretta conseguenza del percorso.." (cfr raccomandata 13/4/2010 diretta al V.) che non era necessario comunicare. E comunque quanto riferito non richiama la consapevolezza dell'importanza della decisione, che avrebbe richiesto ben altro approfondimento e che invece risulta affidata a una sorta di comunicazione di servizio, con sbrigative modalità, quasi predisposte al fine di ottenere un qualsiasi, anche non meditato, tacito consenso. Solo così trova spiegazione la, riferita, preordinata presenza di un testimone (peraltro non nuova nella dinamica conflittuale della coppia, come risulta dalla sentenza di separazione) ed, essenzialmente, la presenza dello stesso J., laddove sarebbe stato quanto mai opportuno che un tema così delicato fosse trattato, in prima istanza, in sua assenza, anche per riferire al padre le richieste espresse dal bambino, e per valutare -naturalmente nei limiti segnati dall'età di J.- se esprimessero un apprezzabile autentico interesse o fossero espressione del desiderio di conformarsi a quanto facevano i suoi coetanei.

Si consideri che J. era prevalentemente collocato presso la madre e che questa era il genitore che con il figlio trascorreva più tempo e che aveva raccolto, a suo dire, il desiderio di J., sicché solo lei poteva riferire al padre quando e con quali modalità il bambino aveva manifestato interesse verso la catechesi. E deve anche riflettersi sul fatto che se J. avesse da tempo manifestato alla madre quel desiderio, appare certamente tardiva la sua comunicazione al padre a pochi giorni dalla poi effettuata iscrizione, e che se, invece, J. lo avesse manifestato poco prima della comunicazione, l'iscrizione è stata certamente poco ponderata.

Quanto alle note difficoltà di dialogo tra i coniugi (si richiama ancora la sentenza di separazione), addotte dalla P. a spiegazione del suo comportamento, è agevole poi osservare che la rilevanza della questione avrebbe reso utile anche una più articolata comunicazione scritta.

In definitiva, la comunicazione della P. è stata tardiva e incompleta e ciò assume rilevanza ad altri fini della normativa invocata dal reclamante.

Andando a valutare i motivi di reclamo del V., effettivamente nel provvedimento impugnato si constata una non condivisibile assimilazione tra la catechesi e altre attività che con la catechesi hanno in comune l'ambiente amicale dell'oratorio, cui partecipano ragazzini con i quali J. gioca a calcio, fa gite e va in piscina, ma che con ogni evidenza si differenziano per la diversa rilevanza che assume la catechesi, non riducibile a mera attività educativa e ricreativa. E nemmeno si condivide il giudizio morale espresso dal giudice di prime cure che ha approvato la scelta formativa e culturale praticata dalla P. iscrivendo il figlio alla catechesi -"..che è cosa buona e utile al minore..", riflettendo tale valutazione un'adesione da parte dello stesso organo giudicante ad una scelta confessionale, così privilegiata rispetto ad una scelta – altrettanto legittima secondo il principio di laicità, che è principio supremo dell'ordinamento – di educazione non confessionale.

Ciò premesso, considera la Corte che la richiesta sospensione/interruzione della catechesi finalizzata al battesimo non possa rappresentare, come sembra proporre il reclamante, una automatica conseguenza del fatto che vi è sul punto contrasto tra i genitori, e che invece la decisione deve essere adottata tenendo conto, in questa fase, unicamente del preminente interesse del minore, interesse che si misura anche con la rilevanza che nella vita del bambino potrebbe assumere una interruzione del percorso iniziato.

J., che è un bambino di nove anni, ha portato avanti il percorso di catechesi iniziato nell'ottobre 2009, a quanto pare volentieri, e, molto probabilmente, manifestando il desiderio di praticarlo, insieme ai coetanei con i quali aveva in comune la frequentazione a scuola dell'ora di religione.

In una sorta di continuum, dovuto al fatto noto che non sempre l'ora di religione è strutturata nelle scuole come insegnamento delle religioni.

Quand'anche si volessero pesare le parole della madre -che ha dichiarato alla Corte che J. è contento di andare al catechismo e che "..si aspetta di essere battezzato.."- certo è che nemmeno il V. ha allegato -né in primo grado, né in questa sede impugnatoria- che J. rifiuti il percorso di catechesi o che lo frequenti con fastidio e disinteresse. Anzi, nello stesso ricorso il V. racconta di J. che nel febbraio 2010 porta al collo il suo crocifisso di legno e ne spiega il significato, comportamento poco compatibile con un distacco del bambino rispetto all'esperienza iniziata.

Ulteriori informazioni sull'approccio di J. alla catechesi, la Corte non ritiene di potere acquisire attraverso l'ascolto del minore, richiesto dalla P. e cui si è opposto il V., secondo il quale è opportuno che J. resti fuori dalla disputa.

Questa Corte, pur consapevole della crescente rilevanza attribuita all'ascolto del minore sia dalla normativa internazionale -dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, ratificata con L. n. 176 del 1991, direttamente applicabile nel nostro ordinamento (Corte Costituzionale 1/2002) alla Carta di Nizza del 2000, alla Convenzione Europea sull'esercizio dei dirtti dei minori, ratificata con L. n. 77 del 2003- che dalla normativa nazionale -dalla L. n. 149 del 2001 alla L. n. 54 del 2006- ritiene inopportuno e non utile, nella specifica vicenda sottoposta a valutazione, l'ascolto di J., anche se la questione lo riguarda personalmente.

Occorre, innanzitutto, al fine della valutazione della capacità di discernimento del minore, tener conto dell'età del bambino, unitamente alla natura degli elementi che la Corte, mediante l'ascolto, dovrebbe nel caso concreto acquisire Si consideri che J. si trova in una fascia di età al confine, per così dire, tra il mondo dell'infanzia -quello nel quale l'educazione religiosa del minore altro non è che il riflesso del diritto di libertà religiosa dei genitori- e quello che conduce verso l'adolescenza, quando il minore acquista gradatamente una propria maturità di scelta in campo religioso, riconosciuta dall'ordinamento con la L. n. 281 del 1986 che attribuisce agli studenti della scuola superiore il diritto di autodeterminarsi autonomamente, scegliendo se avvalersi o meno dell'insegnamento della religione.

In questa fascia di età intermedia, J. ha però manifestato, di fronte al percepito conflitto tra i genitori, il desiderio di tenersi fuori. Dalle dichiarazioni del padre all'udienza del 26 gennaio -particolarmente attendibili perché rese prima ancora che la P. chiedesse alla Corte di procedere all'ascolto del minore- emerge come J. non intenda essere coivolto in modo diretto nella vicenda, verbalizzando il proprio desiderio di non coinvolgimento con la frase "..queste cose ve le dovete vedere voi grandi, io sono ancora un bambino…".

Questa comunicazione può rappresentare solo una modalità difensiva, finalizzata quasi a presentarsi al papà -del quale evidentemente J. conosce la posizione- come distaccato rispetto all'esperienza della catechesi e del battesimo; oppure può rappresentare l'effettiva posizione del bambino-J., che non si riconosce ancora come portatore di un proprio diritto alla scelta in materia religiosa. In ogni caso, esprime l'intezione di J. di delegare al mondo degli adulti la decisione che lo riguarda. E ciò, valutato alla luce dell'età di J., unitamente alla delicatezza della materia, non delinea la utile praticabilità dell'ascolto.

La decisione della Corte deve quindi tener conto di quanto in atti e, opportunamente, anche della situazione di fatto nel tempo delineatasi. Il percorso di catechesi è iniziato nell'ottobre 2009 ed è ormai proseguito nelle tappe che hanno visto J. frequentare il corso per un periodo di oltre un anno, con incontri settimanali, divenuti occasione di stabili relazioni con altri coetanei ai quali si ritrova in questo momento unito da un progetto, dal quale, in forza del provvedimento richiesto dal padre, si troverebbe improvvisamente escluso. Considerato che il percorso di catechesi non si profila lesivo di un diritto proprio del minore alla sua libertà religiosa che non ha ancora avuto modo di manifestarsi in senso contrastante, ritiene la Corte che la sua interruzione sarebbe una decisione sproporzionatamente invasiva e che rappresenterebbe nella vita del piccolo J. un'ingerenza pesante, non spiegabile per il bambino, se non con la sottolineatura del conflitto genitoriale che, comunque, già ampiamente lo coinvolge.

Ritiene quindi la Corte che, allo stato, si profili come maggiomente lesiva dell'interesse del minore -anche sotto il profilo della sua serenità e stabilità e dell'equilibrio delle relazioni- l'interruzione del percorso iniziato, di quanto possa esserlo il suo compimento, per quanto esso sia contrastante col progetto, inizialmente da entrambi i genitori condiviso e oggi solo dal padre perseguito, di riservare a J., una volta raggiunta la maturità necessaria, ogni scelta religiosa. Anche perché, per quanto emerso all'udienza della Corte, il V. ha affiancato al ricorso all'autorità giudiziaria, comunque, una capacità di dialogo col figlio sull'argomento, sicché non mancherà a J., terminato il percorso formale di catechesi, la possibilità di elaborare, in sostanziale libertà e in un largo e approfondito confronto, la legittimità di ogni diversa posizione in materia.

Va quindi respinta la richiesta di riformare il provvedimento impugnato nel senso di ordinare la sospensione/interruzione immediata del percorso di catechesi finalizzata all'amministrazione del Battesimo in capo al minore J. V.. E va pure respinta la richiesta, peraltro non particolarmente argomentata, concernente la "..eventuale modifica delle condizioni di affidamento..", della quale non sussistono i presupposti.

Va invece accolta la richiesta di sanzione a carico della resistente, ritenendo la Corte, per i rilievi più sopra svolti, che la P. abbia di fatto assunto unilateralmente la decisione inerente alla catechesi del bambino, così non rispettando l'obbligo di condividere con l'altro genitore le decisioni sulle scelte religiose. Tenuto conto dello svolgimento della vicenda, che si inserisce in un quadro di particolarmente aspra conflittualità coniugale, sanzione adeguata pare quella dell'ammonimento.

Considerato il rilievo assunto nel reclamo dalla richiesta non accolta del V., le spese di lite vengono opportunamente compensate.
P.Q.M.

in parziale accoglimento del reclamo proposto da V.V. avverso il provvedimento emesso dal tribunale di Milano in data 7-7 / 23-7-2010

ammonisce

E.P. a non assumere unilateralmente decisioni concernenti scelte educative di particolare importanza nella vita di J.

conferma

nel resto il decreto impugnato

Spese compensate.