Decisione 15 gennaio 1995
Unione delle Comunità ebraiche italiane – Collegio dei Probiviri: Decisione 15 gennaio 1995.
Pres. Voghera – Ric. Istituto Pitigliani.
(omissis)
1) Svolgimento del procedimento
Con ricorso in data 7 luglio 1994, depositato nella segreteria dell’UCEI, il Presidente dell’Istituto Pitigliani adiva il Collegio dei Probiviri chiedendo che si pronunciasse in merito alla identificazione dell’Ente legittimato ad esercitare la vigilanza su detto Istituto, ai sensi delle vigenti norme dello Statuto dell’Ebraismo Italiano.
Il Presidente del Collegio ne dava comunicazione alle parti invitandole a presentare memorie e documenti ed eventualmente a comparire di presenza o a mezzo loro rappresentante per la riunione del 30 ottobre 1994.
2) Nel merito
A) La questione sottoposta al Collegio, quale formulata nella memoria del Pitigliani, ed illustrata nelle memorie della Comunità e dell’UCEI, può essere così riassunta: premesso che con la legge n. 101/89 di attuazione dello Statuto dell’Ebraismo Italiano l’Istituto Pitigliani è stato incluso tra gli “enti ebraici civilmente riconosciuti”; che le Intese stipulate tra lo Stato Italiano e l’UCEI in attuazione di quanto disposto dall’art. 8 della Costituzione in merito alla autonomia delle confessioni religiose hanno abrogato (art. 34 Intese) il R.D. 30 ottobre 1930 n. 1731 e il R.D. 19.11.1931 n. 1561, salvo per quanto concerne la formulazione dei bilanci deliberati nell’anno 1989 e la riscossione dei contributi; nonché l’acquisto di immobili, eredità, donazioni e legati; che ogni controllo sulla gestione ordinaria e sugli atti di straordinaria amministrazione di tutti gli enti ebraici è deferito agli “organi competenti, a norma dello Statuto, senza ingerenza da parte dello Stato, delle Regioni e degli altri Enti territoriali” (art. 25 n. 2, legge 101); che diverse norme dello Statuto (artt. 1 lettera h – 24 lettera g – 47 lettere c e d) prevedono una “vigilanza” sugli enti ebraici attribuita rispettivamente alla Comunità o all’Unione a seconda che si tratti di un ente “a carattere locale” o “con finalità generali”, da esercitarsi secondo gli statuti dell’ente vigilando; che infine lo stesso statuto del Pitigliani nella sua recente formulazione fa riferimento all’art. 13 al “controllo” e alla “vigilanza” da esercitarsi a norma dell’art. 25 – 2º comma – della legge 101/89 e dello Statuto dell’Ebraismo Italiano, senza peraltro specificare l’Ente legittimato ad esercitare tale “controllo” o “vigilanza”; tutto ciò premesso il Collegio è chiamato a individuare e dichiarare quale sia ai sensi delle norme sopra citate l’Ente legittimato ad esercitare il controllo e/o la vigilanza sull’Istituto Pitigliani.
B) Passando all’esame delle tesi espresse dalla Comunità e dall’UCEI a sostegno della asserita rispettiva legittimazione, il Collegio rileva quanto segue.
a) La Comunità, che con delibera di Giunta in data 21 marzo 1991, aveva già affermato la propria legittimazione quale Ente di vigilanza, ha ribadito nelle sue memorie del 30 ottobre 1994 e 13 gennaio 1995 la propria tesi asserendo: che già la diversa definizione formulata agli artt. 18-19 della Intesa sulla natura e sulle funzioni delle Comunità e dell’Unione porta ad escludere la legittimazione dell’Unione, le cui funzioni sarebbero limitate alla “rappresentanza della confessione ebraica nei rapporti con lo Stato e per le materie di interesse generale dell’Ebraismo”.
Il Pitigliani, quale ente che svolge un’attività puramente locale, strettamente connessa e integrata con la Comunità sia sotto l’aspetto delle funzioni e delle finalità, che sono l’aspetto economico, deve essere considerato ente locale. Ne conseguirebbe la legittimazione della Comunità, ai sensi degli art. 1/b e 24/g dello Statuto dell’Ebraismo Italiano. In particolare nella sua seconda memoria la Comunità riafferma l’estraneità dell’Unione nei confronti del Pitigliani, e stigmatizza la sua scesa in campo quale pretendente alla vigilanza, abbandonando una precedente posizione di imparzialità, volta unicamente a far luce “pro-veritate” sulla annosa questione. Tale comportamento potrebbe privare la Comunità delle sue “prerogative” verso il Pitigliani che sia pure nella propria autonomia gestionale costituirebbe ente locale interno della Comunità alla quale è storicamente e funzionalmente legato. Vengono poi confutati come ininfluenti gli argomenti espressi dall’Unione su una presunta ma insussistente o trascurabile estensione a livello nazionale della attività del Pitigliani, di natura tale da consentire di classificare detto ente quale nazionale.
b) Il Pitigliani ha esposto nella sua memoria argomenti opposti, enfatizzando la natura “nazionale” e “generale” dell’Ente, ed esprimendo il proprio convincimento sulla legittimazione dell’Unione. Ha soprattutto sottolineato l’urgenza di una decisione chiarificatrice, perché il nuovo statuto formulato dall’assemblea dei soci è tuttora presso il Ministero in attesa di ratifica, mancando l’indicazione dell’ente di vigilanza.
c) L’Unione, nella sua memoria del 30.12.94 ha sostenuto la propria legittimazione, mettendo in risalto sia le definizioni dell’Istituto quali evidenziate nell’atto costitutivo, nei documenti storici e negli statuti, che giustificherebbero il carattere nazionale e generale del Pitigliani sotto il profilo istituzionale; sia diverse circostanze attinenti alla attività svolta in concreto dall’ente, che proverebbero la sua natura non locale sotto l’aspetto funzionale e operativo. Vengono poi esaminati e criticati i diversi argomenti addotti dalla Comunità per asserire il carattere esclusivamente locale dell’Istituto, la sua stretta connessione funzionale-operativa con la comunità, la sua sostanziale appartenenza ad essa, quale suo, sia pure autonomo, centro di cultura e in genere centro comunitario per attività diverse. L’Unione afferma peraltro che una corretta interpretazione dei concetti di controllo e di vigilanza espressi dalle norme statutarie consente di ridurre la questione al mero esercizio di una “vigilanza” volta ad “evitare che eventuali irregolarità si sottraggano all’accertamento ed alle conseguenti sanzioni”. Mansioni che sarebbero più riduttive rispetto a quelle di controllo, comportante “una attività di riesame… con lo scopo di accertare che gli atti posti in essere dal controllato siano conformi alle norme ed ai principi che ne disciplinano l’attività”. In sostanza il controllo avrebbe un carattere piú analitico e impegnativo di verifica sulla gestione e sugli atti compiuti dall’Ente controllando, con esiti anche sanzionatori; la vigilanza si esaurirebbe in un impegno di prevenzione e di verifica di legittimità.
Motivi della decisione
3) – a) Il Collegio rileva in via preliminare che l’intervento del Pitigliani può avere rilevanza piú che altro come legittima richiesta di decisione su una lacuna (identificazione dell’Ente di Vigilanza) che paralizza l’iter amministrativo per l’entrata in vigore del nuovo statuto. La documentazione prodotta e la memoria non possono avere altro significato che offrire al Collegio riscontri documentali pro-veritate ai fini della decisione. Ma certamente non può essere attribuita alcuna rilevanza alla indicazione dell’UCEI quale Ente di vigilanza, non essendo ipotizzabile che il vigilando possa scegliere o anche esprimere preferenza in merito all’Ente da cui deve essere vigilato.
b) Va inoltre esaminata sempre in via preliminare la questione sollevata dalla difesa dell’UCEI sui concetti di controllo e di vigilanza e su quale debba essere (indipendentemente dall’Ente individuato) il contenuto delle mansioni. In effetti le norme in esame usano di volta in volta l’espressione “controllo” e “vigilanza” senza che ne emerga con chiarezza un riferimento differenziato. Lo stesso statuto del Pitigliani, all’art. 13, sotto la voce “Controlli” riprende il testo dell’art. 25 – 2º comma – della legge 101/1989, che parla di controllo sulla gestione e sugli atti di straordinaria amministrazione; ma poi nell’elencarne i contenuti afferma: “Nell’espletamento della vigilanza l’Ente di Controllo dovrà ecc. ecc.”, enunciando interventi di sostanza e anche sanzionatori. Per contro, l’art. 24 lettera g nel precisare le mansioni della Giunta della Comunità parla di “vigilanza sulle istituzioni di cui all’art. 1 lettera h” ovvero sugli enti ebraici a carattere locale, così come l’art. 47 nel definire i compiti della Giunta dell’Unione parla di “vigilare” sulle Comunità e alla lettera c) di “esercitare nei riguardi delle istituzioni ebraiche con finalità generali le attribuzioni che spettano alle Comunità, nei riguardi delle istituzioni a carattere locale” – ovvero quella vigilanza di cui all’art. 1/h che le Comunità devono esercitare sugli enti a carattere locale. In sostanza contraddicendo tutti i riferimenti che attribuiscono a Comunità e Unione poteri di semplice “vigilanza” l’art. 25 della legge 101, richiamato dall’art. 13 del nuovo statuto del Pitigliani, nonché l’art. 24 dell’Intesa attribuiscono alle Comunità e all’Unione un vero potere-dovere di controllo, che si estende anche alla gestione ordinaria e straordinaria. Con la sola deroga stabilita dall’art. 24 dell’Intesa, per quanto concerne acquisto di immobili, donazioni, eredità e legati, per i quali permane la normativa delle leggi civili, relative alle persone giuridiche. E poiché non è ipotizzabile un diverso e generico potere di vigilanza limitato a materie e comportamenti non specificati, e comunque rientranti nel piú vasto concetto di gestione ordinaria e straordinaria, si deve ritenere che in realtà le norme in esame, malgrado l’uso alternativo ed equivoco dei termini di controllo e vigilanza, abbiano trasferito alle Comunità e all’Unione un vero potere-dovere di controllo sugli enti locali o con finalità generali di loro rispettiva pertinenza.
Sotto questo aspetto, quanto illustrato dalla difesa dell’Unione anche per giustificare la sua legittimazione all’esercizio della vigilanza, sembra al Collegio irrilevante ai fini della decisione.
c) Affrontando ora il tema specifico di quale sia l’ente legittimato, il Collegio rileva che (come è pacifico) esso va risolto individuando la natura dell’Istituto Pitigliani, ovvero se esso debba essere considerato ente locale o ente con finalità generali dell’Ebraismo italiano. L’indagine va rivolta alle definizioni statutarie antiche e recenti, ai documenti storici, alla volontà dei fondatori e alla attività svolta in concreto. La copiosa documentazione d’archivio, offerta dallo stesso Pitigliani, sembra indicare con sufficiente chiarezza che si è voluto creare un Istituto destinato a soddisfare esigenze culturali e assistenziali per tutti gli ebrei d’Italia. Tale concetto viene messo in particolare risalto non solo sui testi statutari ma anche nei verbali di assemblea che si sono succeduti nel tempo e che rispecchiando in concreto l’attività svolta dal Pitigliani e le sue finalità non lasciano dubbi sulla estensione nazionale dei suoi compiti e sulla sua apertura verso persone provenienti da ogni comunità anche estera, ad esempio in momenti di crisi e di flussi migratori dall’Europa e dai paesi islamici. Né si possono ignorare l’accessibilità quali soci di tutti gli ebrei, e le campagne svolte in tutta Italia per ottenere contributi, anche mettendo in risalto da parte dei diversi consigli dell’ente proprio il carattere nazionale e generale dell’Istituto. La Comunità ha insistito, a sostegno della propria tesi, sulla ubicazione territoriale dell’ente e sui suoi rapporti privilegiati e funzionalmente più significativi, anche dal punto di vista economico, con la comunità. Il Collegio se ne rende conto, ma ritiene che l’ovvia maggiore intensità di rapporti con la Comunità nel cui circondario l’Istituto ha la sua sede non possa modificare le sue finalità statutarie e le sue caratteristiche storiche, istituzionali e operative come ente generale dell’Ebraismo Italiano.
Vanno esaminate ancora due circostanze indicate come significative per l’accoglimento della tesi della Comunità: a) che l’art. 29 dello statuto del Pitigliani del 1917 indicava la Comunità come legittimata a nominare il Consiglio dell’Istituto, in caso di riduzione del numero dei soci a meno del doppio dei componenti del consiglio; b) il fatto che, in caso di scioglimento dell’Ente, il patrimonio viene devoluto – ai sensi dell’art. 14 del nuovo statuto – alla Comunità”, “il cui statuto contempla finalità assistenziali analoghe” … “o a giudizio del Consiglio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, su proposta dell’assemblea straordinaria che decreta lo scioglimento, in tutto o in parte ad altre istituzioni ebraiche, aventi finalità analoghe all’Ente soppresso”.
Sul primo punto il Collegio osserva che la circostanza è ininfluente, dal momento che nel 1917 non esisteva l’UCEI e neppure tutta la normativa che abbiamo esaminato più sopra. Sul secondo punto se appare logico che, nel caso specifico dello scioglimento dell’Ente, il patrimonio venga devoluto alla Comunità, nel cui territorio l’Ente soppresso aveva sede, sia pure con una previsione alternativa a favore di altri enti con analoghe finalità, ciò non può determinare una diversa valutazione rispetto alle finalità generali dell’Ente, fintanto che esiste ed opera. E ciò anche prescindendo da un possibile coinvolgimento di interessi tra la Comunità, quale ente di vigilanza, ed eventuale beneficiario della devoluzione dei beni.
Infine per quanto concerne l’affermazione della Comunità che l’Unione non potrebbe essere legittimata ad esercitare il controllo sul Pitigliani, avendo funzioni limitate alla “rappresentanza della confessione ebraica nei rapporti con lo Stato e per le materie di interesse generale dell’Ebraismo” ci sembra che tale tesi sia contraddetta dalle norme piú volte richiamate che assegnano all’Unione compiti specifici di vigilanza o controllo sugli Enti con finalità generali e sulle stesse Comunità.
Tutto ciò premesso il Collegio dei Probiviri nella sua riunione del 15 gennaio 1995 formula a maggioranza la seguente
Decisione
dichiara che l’Ente legittimato ad esercitare il controllo sull’Istituto “casa famiglia e centro ebraico italiano – Giuseppe e Violante Pitigliani”, ai sensi dell’art. 25 della legge 101/89 e degli artt. 1/h – 24/g e 47 c-d dello Statuto dell’Ebraismo Italiano, in relazione all’art. 24 dell’Intesa è l’Unione delle comunità ebraiche italiane.
Autore:
Unione delle Comunità ebraiche italiane
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Enti, Patrimonio, Controllo, Vigilanza, Contenuto, Individuazione, Sussistenza
Natura:
Decisione