Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 2 Dicembre 2021

Consiglio di Stato, sez. I, parere del 29 ottobre 2021, n. 1685

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 20 ottobre 2021

 

NUMERO AFFARE 00456/2019

OGGETTO:

Ministero dell’interno, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione.

Riconoscimento della personalità giuridica dell’associazione denominata “Sikh Gurdwara Parbandhak Committee Italy” (Sikh Gurdwara Parbandhak Comitato Italia);

 

LA SEZIONE

Vista la relazione prot. n. 653 del 20/3/2019, con la quale il Ministero dell’interno – Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;

Visto il proprio parere interlocutorio n. 1574/2019, reso nell’adunanza del 15 maggio 2019;

Vista la relazione integrativa del Ministero dell’interno del 20 luglio 2021, prot. n. 1193;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Claudio Tucciarelli;

Premesso:

1. Il Ministero dell’interno ha chiesto, con la relazione in epigrafe del 2019, il parere della Sezione in merito al riconoscimento della personalità giuridica dell’associazione denominata “Sikh Gurdwara Parbandhak Committee Italy”.

Riferisce al riguardo che il legale rappresentante dell’associazione ha chiesto, con istanza del 25 febbraio 2016, il riconoscimento della personalità giuridica quale ente di culto diverso dal cattolico, ai sensi degli artt. 2 della legge n. 1159/1929 e 10 del r.d. n. 289/1930.

L’associazione, costituitasi con atto pubblico del 25 giugno 2015, nel corso dell’iter relativo alla suddetta istanza si è dotata di un nuovo statuto, allegato ad atto pubblico del 27 giugno 2017. Ad avviso del Ministero tale statuto reca, a norma di legge, puntuali e complete indicazioni in ordine alla denominazione, alla sede, agli scopi, alla composizione degli organi e al loro funzionamento.

Si evince dallo statuto nonché dalla relazione sui principi religiosi, prosegue il Ministero richiedente, che l’ente ha natura religiosa e persegue come scopo principale la pratica e la diffusione del Sikhismo.

L’articolo 7 dello statuto definisce i simboli religiosi che caratterizzano il popolo Khalsa (Sikh iniziati) e, fra questi, annovera il Kirpan, pugnale rituale da portare sempre con sé, ma che, come la norma statutaria precisa, per poter essere indossato senza rappresentare un’arma da offesa dovrà avere caratteristiche conformi al prototipo presentato al Banco Nazionale di Prova e da questo approvato con atto prot. n. 525 del 16 dicembre 2016.

La relazione si sofferma poi sulla figura dell’attuale rappresentante legale e degli altri componenti del consiglio direttivo e rappresenta poi che la relazione sui principi religiosi comprende anche l’elenco delle comunità locali aderenti alle quali, come è stato accertato dalle nove Prefetture coinvolte nell’istruttoria, aderiscono oltre 12.000 fedeli.

La Prefettura di Latina aveva in un primo tempo espresso parere negativo al riconoscimento, fondato sulle vicende giudiziarie del responsabile della locale comunità di fedeli, parere che può tuttavia considerarsi superato alla luce del fatto che il suddetto non esercita più alcuna funzione nel governo centrale dell’ente e tutti i componenti del consiglio direttivo risultano esenti da qualsiasi pregiudizio.

Il patrimonio dell’associazione – prosegue la relazione – è costituito dalla somma di circa 17.000 euro (2017) e l’associazione ha (o meglio, come si dirà, aveva) a sua disposizione un immobile in Roma, come si evince dal contratto di comodato d’uso gratuito, nel quale ha stabilito la propria sede.

I rendiconti economici relativi al triennio 2015 – 2017 – rileva conclusivamente la relazione ministeriale – evidenziano la disponibilità di mezzi economico- finanziari adeguati al raggiungimento dei propri fini.

Alla relazione sono allegati: istanza di riconoscimento; atto costitutivo; nuovo statuto; relazione sui principi religiosi; verbale dell’assemblea del 26 dicembre 2018, recante le elezioni del consiglio direttivo, comprendente l’elenco delle comunità locali aderenti; i pareri delle Prefetture interpellate.

Agli atti si rinviene anche estratto conto bancario di un conto corrente intestato all’associazione, relativo al periodo fra il 30 settembre 2016 e il 31 gennaio 2017.

2. Con il parere interlocutorio n. 1574/2019, reso nell’adunanza del 15 maggio 2019, la Sezione ha richiamato i consolidati principi, affermati da questo Consiglio di Stato, in ordine ai requisiti necessari ai fini del riconoscimento della personalità giuridica delle associazioni di culto diverso dal cattolico, da ultimo esaustivamente esposti nel parere di questa Sezione n. 2771 del 26/11/2018:

“- è pienamente vigente nell’ordinamento la disciplina relativa ai c.d. “culti ammessi” contenuta nella legge n. 1159/1929 e nel R.D. n. 289/1930, ai fini dell’acquisizione dello status di ente ecclesiastico;

il provvedimento di attribuzione della personalità giuridica a un ente di culto diverso da quello cattolico ha natura concessoria ed è caratterizzato da discrezionalità amministrativa e tecnica;

si applica la normativa di cui alla legge n. 1159/1929 – e non quella di cui al D.P.R. n. 361/2000 concernente il regolamento per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private – allorché si riscontri la presenza di un fine di culto nell’organizzazione dell’associazione considerata, qualunque importanza possa questo assumere nella sua esistenza giuridica;

la natura di un ente di culto deve essere desunta dallo statuto adottato e dalle attività effettivamente svolte;

occorre lo scopo finalistico di carattere prevalentemente religioso dell’associazione, il consistente numero di fedeli, la disponibilità dell’immobile in cui l’associazione ha la sua sede, l’individuazione nominativa del suo effettivo rappresentante, la consistenza del patrimonio mobiliare e l’espressa previsione statutaria di devoluzione dell’intero patrimonio in caso di estinzione;

occorre un’attività di culto nell’ambito di una particolare fede religiosa;

lo statuto deve prevedere una disposizione circa i ministri di culto, la cui presenza è essenziale per la valutazione del carattere cultuale di un organismo;

occorre la congruità del patrimonio rispetto al raggiungimento degli scopi statutari in quanto una delle conseguenze più rilevanti dell’erezione in ente con personalità giuridica è quella della limitazione della responsabilità dell’ente medesimo al proprio patrimonio, con conseguente necessità di tutelare adeguatamente i terzi intreccianti rapporti giuridici col nuovo soggetto di diritti. Tale esigenza rende perfettamente compatibile coll’ordinamento costituzionale l’art. 10, secondo comma, del R.D. 28 febbraio 1930 n. 289, che impone all’istante l’onere di indicare, nella domanda di riconoscimento della personalità giuridica ad istituti delle confessioni cattoliche, i «mezzi finanziari… per il raggiungimento dei propri fini»;

ulteriore elemento di valutazione è costituito dalla consistenza numerica dei fedeli e dall’ambito territoriale nel quale sono distribuiti”.

La Sezione ha inoltre rilevato che la relazione ministeriale aveva omesso di considerare che questa Sezione è già stata chiamata ad esprimersi in ordine al riconoscimento di un’associazione rappresentativa del Sikhismo.

Nel parere interlocutorio la Sezione ha quindi richiamato espressamente:

– il parere n. 4768/2010, reso nell’adunanza del 23 giugno 2010, con cui la Sezione si era espressa negativamente sulla istanza di riconoscimento di personalità giuridica presentata dalla “Associazione Sikhismo Regione Italia” con sede in Castelgomberto (Vicenza); con il parere, la Sezione aveva condiviso le perplessità dell’amministrazione che, in aggiunta alla esiguità dei mezzi economici e finanziari e all’ambiguità relativa alla sede dell’ente, si appuntavano su alcuni aspetti propri della religione Sikh che confliggono in maniera evidente con principi fondamentali del nostro ordinamento pubblico interno, quali l’uso (rectius il ‘porto’) del kirpan (pugnale rituale ricurvo) e il divieto di divorzio per le sole donne;

– il parere n. 2224/2013 reso in esito all’adunanza del 10 aprile 2013, con cui la Sezione aveva respinto il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal legale rappresentante della medesima associazione, per l’annullamento del provvedimento 25 maggio 2012 del Direttore centrale degli affari dei culti del Ministero dell’interno, che aveva respinto l’istanza di riconoscimento della personalità giuridica di ente di culto: nel parere si richiamava l’attenzione, in particolare, sui contenuti del provvedimento amministrativo di rigetto della istanza del ricorrente, in adesione al parere del 2010 della Sezione in argomento e nel presupposto che fosse irrilevante la finalità del porto – anche in pubblico – del kirpan, poiché l’ordinamento giuridico considera la destinazione oggettiva dello strumento, rinveniente dalle sue caratteristiche fisiche, non il soggettivo significato che il titolare vi riconosce, trattandosi a tutti gli effetti di un’arma bianca, pericolosa per la sicurezza pubblica, che costituisce motivo sufficiente per lo Stato di non riconoscere l’associazione ricorrente.

La Sezione, con il parere interlocutorio n. 1574/2019 riferito all’affare odierno, ha ritenuto necessario che il Ministero, con relazione integrativa, esprimesse in termini maggiormente approfonditi la propria responsabile valutazione in ordine ai profili sopra indicati, tanto di carattere generale quanto di carattere particolare, e nello specifico si esprimesse, anche alla luce della certificazione rilasciata dal Banco Nazionale di Prova – che peraltro non figurava agli atti – circa il superamento delle obiezioni a suo tempo formulate circa il porto del kirpan.

3. Il Ministero dell’interno, con la relazione integrativa del 20 luglio 2021, si sofferma in particolare su due temi: il porto del kirpan e il divieto di divorzio per le sole donne.

Il Ministero fa preliminarmente presente che l’ente richiedente, a seguito di un percorso di confronto e di dialogo con il Ministero stesso, recependo le diverse indicazioni ivi emerse, ha novellato lo statuto con atto pubblico in data 15 maggio 2020, rep. n 23052. L’ulteriore nuovo statuto è stato trasmesso alla Sezione in allegato alla relazione integrativa.

Per quanto concerne le osservazioni sul kirpan, esse – sottolinea il Ministero – erano state espresse in relazione a una diversa situazione giuridica, concernente altra associazione, segnata da profonde differenze rispetto alla istante associazione “Sikh Gurdwara Parbandhak Committee Italy”, i cui principi dottrinali e la cui pratica religiosa non presentano le difficoltà di armonizzazione con i principi dell’ordinamento giuridico italiano riscontrate nell’altro caso, così come testimoniato dall’art. 6B dello statuto.

Il Ministero evidenzia infatti che l’ente istante, espressione di una diversa componente del Sikhismo presente in Italia, ha opportunamente preso in considerazione quei rilievi e, a seguito di ripetute interlocuzioni con l’Amministrazione e grazie al coinvolgimento del Banco Nazionale di Prova, quale autorità tecnica nazionale competente in materia di armi, ha predisposto un prototipo di pugnale rituale kirpan che ha sottoposto alle valutazioni della anzidetta autorità. Il Banco Nazionale di Prova per le armi da fuoco portatili e per le munizioni commerciali, con propria nota n. 525 del 16 dicembre 2016 – ora allegata dal Ministero – ha infine attestato che il prototipo, in ragione delle sue caratteristiche tecniche e delle sue dimensioni, “non è idoneo a recare offesa alla persona” e, pertanto, non è da considerarsi tra le armi proprie di cui è vietato il porto, rappresentando nello specifico un mero simulacro. La certificazione del Banco Nazionale di prova è espressamente citata dall’art. 7, lettera A, numero 4), dello statuto. Ad avviso del Ministero, tutti i precedenti rilievi mossi in ordine all’offensività del pugnale rituale ricurvo denominato kirpan e al divieto del suo porto sarebbero stati definitivamente superati con l’accettazione da parte dell’attuale richiedente del citato prototipo, assolutamente inoffensivo.

Per quanto concerne il divieto di divorzio per le sole donne, il Ministero conferma che non solo l’ultimo statuto ma anche il precedente del 27 giugno 2017 esplicitano il principio di uguaglianza; similmente, la relazione sui principi religiosi prodotta dall’ente si diffonde sulle pari opportunità per le donne. I principi religiosi sopra enunciati sono ribaditi con maggiore evidenza dall’ente richiedente che, a seguito di un percorso di confronto e di dialogo con il Ministero dell’interno, ha novellato, come ricordato, lo statuto con atto pubblico in data 15 maggio 2020. L’associazione ha assunto la seguente denominazione: “Sikh Gurdwara Parbandhak Committee Italy (Sikh Gurdwara Parbandhak Comitato Italia)”.

Segnala il Ministero che, nel nuovo statuto, la sede legale dell’ente è traferita da Roma a Flero (Brescia), in un immobile utilizzato a titolo di comodato d’uso gratuito. La Prefettura di Brescia non ha rilevato specifiche controindicazioni al richiesto riconoscimento giuridico e ha formulato il proprio parere favorevole. Similmente, le altre Prefetture nel cui territorio sono presenti comunità organizzate di fedeli aderenti all’associazione hanno integrato le relative istruttorie anche alla luce dei rilievi mossi dal Consiglio di Stato. In particolare, hanno fornito ulteriori elementi le Prefetture di Roma, Latina, Cremona, Cuneo, Alessandria, Modena, Bologna e il Commissario del Governo per la provincia di Bolzano.

Osserva il Ministero che, dalle relazioni delle Prefetture emergono, talvolta, problemi in ordine ad alcuni appartenenti alla confessione religiosa del Sikhismo, in particolare per quanto riguarda episodi di rissa e di violazione di norme in cui sarebbero coinvolti, così come rilevato dalle forze dell’ordine. Tuttavia, i soggetti segnalati non risultano aderenti all’associazione istante ovvero sono semplici componenti di comunità locali della medesima, senza ruolo specifico nell’attuale organo di governo centrale, vale a dire il Consiglio direttivo, i cui membri, eletti nell’Assemblea del 26 dicembre 2018, sono privi di qualsivoglia pregiudizio.

Riguardo all’attuale statuto il Ministero non ha rilievi da formulare.

La relazione ministeriale integrativa dà atto all’ente di avere compiuto un apprezzabile sforzo nell’intento di contemperare i postulati del proprio credo religioso con i principi generali del nostro ordinamento giuridico e ritiene che gli approfondimenti richiesti dalla Sezione possano essere oggetto di favorevole giudizio e consentire il superamento delle obiezioni formulate dal parere interlocutorio.

Considerato:

4. Oggetto dell’odierno parere è la richiesta di riconoscimento della personalità giuridica quale ente di culto dell’associazione ora denominata “Sikh Gurdwara Parbandhak Committee Italy (Sikh Gurdwara Parbandhak Comitato Italia)”, con riferimento allo statuto del 2020, da ultimo trasmesso dal Ministero.

5. La base normativa di riferimento ai fini dell’espressione del parere è costituita dall’art. 2 della legge n. 1159/1929 e dagli artt. 10 ss. del R.D. n. 289/1930. Si tratta di disposizioni vigenti che, tuttavia, risalgono a un tempo in cui l’ordinamento non guardava con particolare favore agli enti di culto diversi da quelli di religione cattolica. Non è casuale il riferimento, risalente all’epoca, ai culti “ammessi”, che trovava corrispondenza nell’art. 1 dello Statuto Albertino che a sua volta considerava i culti diversi dalla religione cattolica “tollerati conformemente alle leggi”.

Peraltro, la Costituzione repubblicana ha poi introdotto un insieme di garanzie significative a tutela della libertà di culto e delle formazioni nelle quali è professata la fede religiosa. In particolare, con riguardo alle garanzie per le confessioni religiose diverse dalla cattolica, l’art. 8 Cost. ha sancito l’uguaglianza di tutte le confessioni davanti alla legge (primo comma) e il diritto per le confessioni diverse dalla cattolica di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano (secondo comma), oltre a stabilire che i loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese (terzo comma). Ulteriori garanzie sono poste dall’art. 19 Cost., a presidio della libertà di culto, in qualsiasi forma, individuale o associata, con il solo limite del buon costume, e dall’art. 20 Cost., in base a cui il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di una associazione o istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività. Senza contare il contenuto dell’art. 17 Cost. relativo al diritto di riunione, che esenta dall’obbligo di preavviso le riunioni, comprese quelle aperte al pubblico, mentre limita le ipotesi di divieto di riunioni in luogo pubblico alla presenza di comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica.

Se ne ricava che anche l’interprete è chiamato a considerare alla luce dei sopravvenuti principi costituzionali le disposizioni previgenti, relative alle confessioni religiose diverse dalla cattolica e, per quanto rileva in questa sede, le disposizioni sul riconoscimento della personalità giuridica delle associazioni facenti capo a tali confessioni, ove i loro rapporti con lo Stato italiano non siano regolati da intese a termini dell’art. 8, terzo comma, Cost. Pertanto, anche il principio costituzionale dell’autonomia statutaria delle confessioni religiose diverse dalla cattolica (art. 8, secondo comma, Cost.) implica l’abbandono da parte dello Stato di quel potere di ingerenza che la Corte costituzionale ha ritenuto in contrasto con i parametri costituzionali (v. Corte cost., sent. n. 259/1990). Si tratta di una lettura costituzionalmente orientata che il Consiglio di Stato ha da tempo fatto propria (v. Cons. St., Sez. I, n. 1390/1986, n. 2158/1989 e, da ultimo Sez. I, n. 1875/2020).

E, del resto, già da tempo la stessa Corte costituzionale (v. sent. n. 59/1958) ha sottolineato che occorre stabilire con chiarezza la distinzione fra la libertà di esercizio dei culti acattolici come pura manifestazione di fede religiosa e l’organizzazione delle varie confessioni nei loro rapporti con lo Stato. “Questa distinzione, mentre risulta evidente dal punto di vista logico, trova nettamente fissato il suo positivo fondamento giuridico negli artt. 8 e 19 della Costituzione. La diversità di contenuto e significato di tali norme, corrispondente alla predetta distinzione, riceve la sua conferma, oltre tutto, anche dalla diversa collocazione di esse: una inserita nei “Principi fondamentali”, l’altra nel titolo dei rapporti civili e, più specificamente, nella parte relativa ai diritti di libertà. Con l’art. 19 il legislatore costituente riconosce a tutti il diritto di professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in privato o in pubblico il culto, col solo e ben comprensibile, limite che il culto non si estrinsechi in riti contrari al buon costume. La formula di tale articolo non potrebbe, in tutti i suoi termini, essere più ampia, nel senso di comprendere tutte le manifestazioni del culto, ivi indubbiamente incluse, in quanto forma e condizione essenziale del suo pubblico esercizio, l’apertura di templi ed oratori e la nomina dei relativi ministri”.

Dal che si ricava che il riconoscimento di un ente di culto non può in alcun modo riverberarsi in forme e modi atti a limitare la libertà di culto in tutte le sue forme o a svolgere, anche solo in forma mediata, un riscontro sui contenuti di un determinato credo religioso.

Il parere della Sezione non può, pertanto, che prendere in considerazione – come già in precedenti pareri (cfr. ex multis da ultimo, Sez. I, n. 1277/2021) – gli aspetti rilevanti per l’ordinamento giuridico interno mentre rimangono impregiudicate tutte le questioni e gli eventuali contenziosi che ne dovessero scaturire sul piano ecclesiologico o attinenti ai profili organizzativi della confessione religiosa, in merito ai quali non si ha titolo per intervenire. Tanto meno può entrare in discussione la libertà di culto nelle sue varie forme e aggregazioni.

In mancanza di un sistema di ricognizione delle confessioni organizzate statutariamente ex art. 8, secondo comma, Cost. occorre comunque declinare i contenuti della risalente normativa del 1929 e del 1930 alla luce dei successivi principi costituzionali, con riferimento al riconoscimento degli enti di culto facenti capo a confessioni religiose per le quali non è intervenuta intesa.

6. Questa Sezione, con il parere n. 1574/2019, ha nuovamente riassunto i consolidati principi e parametri che, affermati dal Consiglio di Stato, anche ora vanno confermati, in ordine ai requisiti necessari ai fini del riconoscimento della personalità giuridica delle associazioni di culto diverso dal cattolico (già esposti nel parere di questa Sezione n. 2771 del 26 novembre 2018).

Con il parere n. 1574/2019, la Sezione ha ribadito, nella vigenza della legge n. 1159/1929 e del R.D. n.289/1930, che lo status di ente ecclesiastico è acquisito all’esito del procedimento previsto dalla normativa riguardante gli enti di culto diversi da quello cattolico (v. Cons. St., Sez. VI, n. 2331/2009); ha inoltre confermato la natura del provvedimento di attribuzione della personalità giuridica a un ente di culto diverso da quello cattolico (Cons. St., Sez. I, n. 2635/2016) e ha sottolineato che si applica la normativa di cui alla legge n. 1159/1929 – e non quella di cui al D.P.R. n. 361/2000 concernente il regolamento per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private – allorché si riscontri la presenza di un fine di culto nell’organizzazione dell’associazione considerata, qualunque importanza possa questo assumere nella sua esistenza giuridica (Cons. St., Sez. I, n. 2331/2009).

I canoni di riferimento sono stati così sintetizzati dalla Sezione:

– la natura di un ente di culto deve essere desunta dallo statuto adottato e dalle attività effettivamente svolte (Cons. St., Sez. I, n. 2635-2016);

– occorre lo scopo finalistico di carattere prevalentemente religioso dell’associazione, il consistente numero di fedeli, la disponibilità dell’immobile in cui l’associazione ha la sua sede, l’individuazione nominativa del suo effettivo rappresentante, la consistenza del patrimonio mobiliare e l’espressa previsione statutaria di devoluzione dell’intero patrimonio in caso di estinzione (Cons. St., Sez. I, 30 luglio 1986, n. 1390; Sez. I, n. 2236/2015; Sez. I, n. 413/2016); –

occorre un’attività di culto nell’ambito di una particolare fede religiosa (Cons. St. Sez. I, n. 1534/2014; Sez. I, n. 2635/2016; Sez. I, n. 3417/2015; Sez. I, n. 764-2018);

– lo statuto deve prevedere una disposizione circa i ministri di culto, la cui presenza è essenziale per la valutazione del carattere cultuale di un organismo (Cons. St., Sez. I, RG n. 1659/2008);

– occorre la congruità del patrimonio rispetto al raggiungimento degli scopi statutari in quanto una delle conseguenze più rilevanti dell’erezione in ente con personalità giuridica è quella della limitazione della responsabilità dell’ente medesimo al proprio patrimonio, con conseguente necessità di tutelare adeguatamente i terzi intreccianti rapporti giuridici col nuovo soggetto di diritti. Tale esigenza rende perfettamente compatibile coll’ordinamento costituzionale l’art. 10, secondo comma, del R.D. 28 febbraio 1930 n. 289, che impone all’istante l’onere di indicare, nella domanda di riconoscimento della personalità giuridica ad istituti delle confessioni cattoliche, i «mezzi finanziari… per il raggiungimento dei propri fini» (Cons. St., Sez. I, RG n. 1390/1986; Sez. I, n. 2635/2016);

– ulteriore elemento di valutazione è costituito dalla consistenza numerica dei fedeli e dall’ambito territoriale nel quale sono distribuiti (Cons. st., Sez. I, RG n. 1659/2008; Sez. I, n. 2635/2016; Sez. I, n. 1875/2020).

Tali canoni non possono che essere confermati in questa sede, con l’avvertenza che anche il parametro della consistenza numerica va considerato con esclusivo riferimento al riconoscimento della personalità giuridica e non può investire in alcun modo la dimensionale confessionale (cfr. da ultimo Sez. I, n. 1875/2020).

7. Ebbene, venendo alla richiesta da ultimo sottoposta al parere della Sezione, occorre premettere che i predetti requisiti risultano nel complesso soddisfatti, fatte salve le seguenti precisazioni.

7.1. Quanto alla consistenza del patrimonio mobiliare, nel 2017 era stata allegata all’atto pubblico notarile del 27 giugno 2017 certificazione bancaria che attestava la presenza sul conto corrente dell’associazione di oltre 17.000 euro. Sono stati poi allegati gli estratti dal bilancio 2018 (totale a pareggio di quasi 18.000 euro), dal bilancio 2019 (totale a pareggio di oltre 31.000 euro), dal bilancio 2020 (totale a pareggio di oltre 61.000 euro).

Si tratta di un profilo non secondario a tutela dei terzi che intrattengano rapporti patrimoniali con l’ente di nuova costituzione. Nel complesso, sulla base dei dati a disposizione, si palesa una certa stabilità in crescita del patrimonio mobiliare nel corso del tempo, alimentato prevalentemente dai contributi degli associati.

7.2. Quanto alla previsione statutaria di devoluzione dell’intero patrimonio in caso di estinzione (art. 31 dello statuto, relativo all’estinzione dell’ente) si rammenta che l’art. 11 del r.d. n. 289/1930 prevede che: ove lo statuto non vi provveda, si deve nel decreto di erezione dell’istituto stesso in ente morale disporre circa le finalità alle quali saranno devoluti i beni dell’ente, in caso di estinzione del medesimo per qualsiasi causa; di regola devono essere preferite le finalità di istruzione, di educazione o di beneficenza a favore dei naturali del luogo in cui l’ente svolge la propria azione. L’art. 31 dello statuto rimette alla decisione dell’assemblea sullo scioglimento le decisioni sulle devoluzioni del patrimonio residuo per uno o più scopi previsti dallo statuto stesso e/o ad altra associazione con finalità analoghe. Si ritiene che la formulazione, pur rimettendo all’assemblea l’individuazione in concreto del tipo di devoluzione, delinei una soluzione procedurale idonea a soddisfare i requisiti di cui al citato art. 11.

8. Venendo ora all’oggetto proprio della relazione integrativa ministeriale, la Sezione rileva che un tema (la parità di genere) era stato toccato dal parere interlocutorio solamente per rinvio a un precedente parere relativo ad altra associazione Sikh. Le precisazioni della relazione ministeriale integrativa non fanno altro che confermare quanto è già desumibile dalla documentazione in atti circa l’affermazione della parità di genere; né risulta sussistere alcuna previsione statutaria dell’associazione odierna istante, che limiti la possibilità di divorzio per le donne.

Quanto alla comunicazione ministeriale relativa al kirpan, l’amministrazione ha trasmesso la dichiarazione del Banco nazionale di prova per le armi da fuoco portatili e le munizioni commerciali del 16 dicembre 2016, con cui viene attestato che il simulacro religioso riportato nel disegno ivi indicato non è idoneo ad arrecare offesa alla persona e pertanto tale ente non lo considera arma propria. Il disegno, pure trasmesso dal Ministero, riproduce un coltello della lunghezza complessiva di 10,5 cm., di cui oltre un terzo occupata dal manico e con l’indicazione “non affilare il profilo”. La dichiarazione del Banco Nazionale di prova trae evidentemente spunto dall’art. 30 TULPS in base a cui, agli effetti di tale testo unico, per armi si intendono le armi proprie, cioè quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona.

L’art. 45 del R.D. n. 635/1940, concernente regolamento per l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, stabilisce poi che, per gli effetti dell’art. 30 del TULPS: sono considerati armi gli strumenti da punta e taglio, la cui destinazione naturale e l’offesa alla persona, come pugnali, stiletti e simili; non sono considerati armi, per gli effetti dello stesso articolo, gli strumenti da punta e da taglio, che, pur potendo occasionalmente servire all’offesa, hanno una specifica e diversa destinazione, come gli strumenti da lavoro, e quelli destinati ad uso domestico, agricolo, scientifico, sportivo, industriale e simili.

Merita ricordare – come ha fatto lo stesso Banco Nazionale di prova nell’ambito del procedimento in questione che ha portato alla dichiarazione relativa al prototipo di kirpan – che l’art. 4 della legge n. 110/1975 (Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi) pone il divieto di portare, senza giustificato motivo, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona.

La Sezione ritiene tuttavia necessario precisare che il Banco Nazionale di prova per le armi da fuoco portatili e per le munizioni commerciali non risulta svolgere funzioni legali di attestazione della capacità offensiva delle armi da punta o da taglio.

Tale assunto è confermato – oltre che dalla denominazione stessa (Banco Nazionale di prova per le armi da fuoco e le munizioni commerciali) – dalle disposizioni vigenti (cfr. in particolare: legge n. 186/1960; d.P.R. n. 1612/1964; legge n. 993/1973; legge n. 110/1975; legge n. 85/1986; legge n. 509/1993; art. 11 della legge n. 526/1999; d.m. interno n. 362/2001; art. 23, comma sexiesdecies, del decreto-legge n. 95/2012; d.lgs. n. 121/2013; d.m. interno 8 aprile 2016), in base a cui il Banco svolge una serie di funzioni di controllo e classificazione espressamente riferite alle armi da fuoco. Anche l’art. 2, comma 3, della legge n. 110/1975, laddove fa riferimento espresso alla valutazione del Banco Nazionale di prova volta a escludere, in relazione alle rispettive caratteristiche, l’attitudine di un’arma a recare offesa alla persona, è chiaramente riferito alle sole armi e munizioni comuni da sparo, come precisato inequivocabilmente dalla sua rubrica. Ciò non toglie che, proprio per le specifiche dotazioni tecniche ed esperienza del Banco Nazionale di prova (ad es. per le prove balistiche), le verifiche da esso svolte in ordine alla capacità offensiva di armi bianche possano presentare una particolare qualificazione.

Alla luce delle disposizioni richiamate (e delle ulteriori disposizioni di rango primario vigenti relative alle funzioni del Banco Nazionale di prova), la dichiarazione di quest’ultimo (che, lo si ripete, si occupa in base alla normativa vigente di armi da fuoco) pare irrituale.

Tuttavia, essa è considerata idonea dal Ministero per ritenere che il kirpan così realizzato in conformità al modello, non presenti caratteristiche offensive tali da considerarlo arma. Né, ictu oculi, sussistono elementi per discostarsi da tale conclusione. La dichiarazione è stata rilasciata a seguito di una duplice prova balistica. Con la prima prova era stato verificato che la capacità offensiva del kirpan è equivalente a quella di un normale coltello da tavola “Clorin”. Il Banco Nazionale di prova era quindi giunto in un primo momento alla conclusione che non si potesse escludere una residua attitudine del kirpan a recare offesa alla persona in caso di uso improprio, alla stessa stregua di un coltello da tavola.

Su richiesta ulteriore del Ministero circa la qualificazione giuridica del prototipo, il Banco Nazionale di prova ha elaborato un nuovo e ancor più corto prototipo di kirpan, per giungere alla conclusione che quest’ultimo presenti una diversa e più ridotta capacità di perforazione rispetto allo stesso coltello da cucina.

La Sezione deve quindi prendere atto delle conclusioni ministeriali, da cui ritiene di non discostarsi, considerate le competenze e responsabilità proprie del medesimo Ministero con riguardo anche alla sicurezza pubblica.

La valutazione del Banco Nazionale di prova può essere idonea ai fini dell’odierno parere ma è da ritenere che non metta del tutto al riparo gli stessi interessati da diverse valutazioni, caso per caso in base alle circostanze, da parte degli organi di polizia preposti alla sicurezza pubblica. Non è presente in atti l’eventuale parere in argomento del Dipartimento della pubblica sicurezza.

Spetterà inoltre al medesimo Ministero verificare che nella prassi applicativa non trovino spazio fenomeni elusivi o emulativi, tali da mettere a repentaglio la sicurezza pubblica.

È bene ricordare che, secondo quanto rappresentato dalla documentazione in atti (v. ad esempio la comunicazione della Prefettura di Cremona del 4 settembre 2019) nella comunità Sikh sarebbero presenti contrapposizioni fra il fronte più radicale (cui non parrebbe aderire l’odierna associazione richiedente), che considera un diritto poter circolare liberamente con il “pugnale sacro”, seguendo i dogmi della propria religione, e quello più moderato che non avrebbe escluso di valutare l’opportunità di adeguarsi alle normative degli Stati ospitanti, anche al fine di poter fare rivalutare l’immagine dei Sikh all’estero. La nota della Prefettura di Cremona sottolinea inoltre che “è stato riferito che, durante gli incontri tenutisi nel recente passato, alcuni rappresentanti delle comunità Sikh si sarebbero espressi sull’opportunità di prestare solo formalmente il consenso ad adeguarsi alla legge italiana, così da poter usufruire dei vantaggi economici derivanti dal riconoscimento della personalità giuridica”.

Rimane un punto fermo, ad avviso della Sezione, quanto annotato dalla Corte di Cassazione (Sez. I pen., n. 24084 del 15 maggio 2017), sulla materia delle c.d. “scriminanti culturali”, che ha precisato che “nessun credo religioso può legittimare il porto in luogo pubblico di armi o di oggetti atti ad offendere” (in termini analoghi, anche se non riferite al porto d’armi, cfr. anche Corte di Cassazione, Sez. I pen., sent. 13 aprile 2015, n. 14960; Cass. Pen., Sez. III, 5 marzo 2020, n. 8986).

9. Fatte queste precisazioni di carattere generale, la Sezione svolge le seguenti osservazioni con riguardo a singoli profili dello Statuto da ultimo trasmesso dal Ministero.

Lo Statuto è ora composto da 33 articoli concernenti: denominazione, sede, durata (art. 1); -principi religiosi (art. 2); finalità dell’associazione (art. 3); fedeli della religione sikh (art. 4); il libro sacro dei sikh (Guru Granth) (art. 5); ministro di culto (il Granthi) (art. 6A); luogo di culto Sikh (il Gurdwara) (art. 6B); simboli religiosi (art. 7); riti e convezioni (art. 8); obblighi religiosi (art. 9); l’autorità religiosa (art. 10); soci (art. 11); obblighi dei soci (art. 12); diritti dei soci (art. 13); perdita qualifica di socio (art. 14); i mezzi finanziari (art. 15); bilancio (art. 16); organi dell’SGPCI (art. 17); assemblea dei soci (art. 18); assemblea in forma ordinaria (art. 19); assemblea in forma straordinaria (art. 20); consiglio direttivo (art. 21); adunanze del consiglio direttivo (art. 22); compiti del consiglio direttivo (art. 23); commissioni di lavoro ed esterni (art. 24); elezione dei membri del consiglio direttivo (art. 25); presidente del consiglio direttivo (art. 26); le altre cariche del consiglio direttivo (art. 27); il collegio dei revisori (art. 28); gratuità delle cariche (art. 29); modifiche statutarie (art. 30); scioglimento dell’associazione (art. 31); regolamento (art. 32); rinvio (art. 33).

9.1. E’ da rilevare che l’articolo 7, dedicato ai simboli religiosi, corrisponde all’art. 6 dello statuto del 2017. Tra i simboli religiosi (“le cinque k”) è compreso il kirpan, di cui si è dato conto in precedenza. Sono stati ora inseriti i riferimenti espressi alla dichiarazione del Banco Nazionale di prova quale condizione da soddisfare affinché esso non costituisca arma di offesa. E’ da segnalare tuttavia che la modifica si limita a rinviare al prototipo considerato dal Banco Nazionale di prova, senza indicare in alcun modo i caratteri essenziali di tale prototipo. Diversamente, lo statuto del 2017, oltre a richiamare il prototipo di kirpan all’epoca approvato dai rappresentanti Sikh e dal Ministero dell’Interno – Dipartimento libertà civili e immigrazione, esplicitava anche le misure da rispettare e la forma della lama (non affilata). Esigenze di ulteriore sicurezza, in uno con l’esigenza di favorire la migliore conoscibilità e ottemperanza da parte degli stessi interessati, suggeriscono invero di inserire nel testo dello statuto del 2020 entrambi i requisiti: quello formale (il rinvio al prototipo di cui alla dichiarazione del Banco Nazionale di prova) e quello sostanziale (l’indicazione delle dimensioni e della forma richieste).

9.2. All’art. 19, al terzo comma, è presente una disposizione che costituisce duplicato di analoga disposizione contenuta al secondo comma, concernente le delibere dell’assemblea in forma ordinaria, che debbono essere prese a maggioranza dei soci fondatori e ordinari presenti (contando i soci e non i loro rappresentanti). La disposizione, sul punto, del secondo comma andrebbe quindi soppressa, con la conseguenza che il terzo comma, relativo ai quorum e alle modalità di voto, risulterebbe riferito all’assemblea tanto in prima quanto in seconda convocazione.

Si osserva inoltre che, sebbene costituisca autonoma scelta dell’associazione, l’art. 19, commi quinto e sesto, produce un effetto non in linea con il noto brocardo delegatus non potest delegare. I commi richiamati, infatti, consentono al socio rappresentante di un ente di delegare altro socio per farsi rappresentare a sua volta in assemblea.

9.3. L’art. 20 contiene, ai commi secondo e quarto, due volte la stessa disposizione sui quorum, similmente a quanto già visto con riguardo all’art. 19. Si ribadiscono le medesime osservazioni ivi svolte, anche con riguardo all’art. 20.

9.4. L’art. 33 rinvia, per quanto non previsto dallo Statuto, alle disposizioni normative in materia.

Sul punto, la Sezione sottolinea che si deve intendere che si tratta di rinvio formale (non recettizio) e, soprattutto, che non possono essere interessate dal rinvio le disposizioni di natura inderogabile, la cui efficacia non può certo dipendere dal carattere residuale loro attribuito dallo statuto.

10. In conclusione, nei termini di cui in motivazione è il parere favorevole della Sezione.

 

P.Q.M.

Esprime parere favorevole nei termini di cui in motivazione.

 

L’ESTENSORE

Claudio Tucciarelli

IL PRESIDENTE

Mario Luigi Torsello

IL SEGRETARIO

Maria Grazia Salamone