Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 29 Settembre 2009

Circolare 26 febbraio 1986

Ministero di Grazia e Giustizia, Direzione generale degli Affari civili e delle libere professioni, Ufficio I, prot. 1/54/FG/l (86) 256, Circolare 26 febbraio 1986 : “Istruzioni agli ufficiali dello stato civile per l’applicazione, allo stato, dell’ art. 8, n. 1, dell’Accordo fra la Repubblica italiana e la Santa Sede, ratificato con legge 25 marzo 1985, n. 121”.

Ai Sigg. Procuratori Generali della Repubblica presso le Corti di Appello – loro sedi

I – Come è noto, il 3 giugno scorso, a seguito dello scambio degli strumenti di ratifica, è entrato in vigore l’Accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, fra la Repubblica italiana e la Santa Sede.
Riguardo alla materia matrimoniale, regolata dall’art. 8 dell’Accordo e dal paragrafo 4 del protocollo, una Commissione di studio istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri sta esaminando le numerose questioni che si pongono in ordine alla elaborazione delle necessarie norme di attuazione.
I tempi non brevi che ragionevolmente si prevedono per la emanazione della nuova legge ed i numerosi quesiti sui modi di applicazione, allo stato, del citato art. 8 dell’Accordo, posti da varie parti, consigliano questo Ministero di diramare, per l’intanto, agli ufficiali dello stato civile, per quanto di loro competenza, alcune generali istruzioni, fermo restando il disposto dell’art. 13, secondo comma, del R.D. 9 luglio 1939, n. 1238, per quanto concerne la risoluzione di questioni di natura particolare.

II – Risulta dal testo del preambolo e dall’art. 13 dell’Accordo che questo ha inteso soltanto modificare il Concordato del 1929; deve, dunque, ritenersi tuttora vigente la legge 27 maggio 1929, n. 847, che contiene norme di attuazione del Concordato per la materia matrimoniale, in tutte quelle disposizioni che non siano incompatibili con le modifiche portate dall’Accordo e che pertanto possano, in via d’interpretazione, coordinarsi ed integrarsi con quelle dell’art. 8 del nuovo testo.
Di questo, solo la prima parte può interessare le funzioni dell’ufficiale dello stato civile, insieme con la lettera «a» del quarto paragrafo del protocollo addizionale. In relazione a questi testi, saranno prese in esame nella presente circolare le questioni che più generalmente sono state poste o possono porsi circa l’attuale applicabilità della legge n. 847 e circa gli ulteriori adempimenti o preclusioni in quei testi stabiliti.

III – E rimasto integro il principio del conferimento degli effetti civili al matrimonio celebrato secondo il rito canonico, quando sia trascritto, per volontà degli sposi, nei registri dello stato civile. La trascrizione non può aver luogo quando sussista uno degli impedimenti ritenuti non derogabili dall’ordinamento italiano: al fine di accertare se sussista uno di tali impedimenti, è previsto un sistema di pubblicazioni, da eseguirsi secondo la rigorosa procedura stabilita dagli artt. 93 segg. del codice civile e 95 segg. e 112 segg. del R.D. 9 luglio 1939, n. 1238.
Si ritiene che vada tuttora osservato il disposto dell’art. 6, secondo comma, della legge n. 847, per il quale la richiesta della pubblicazione all’ufficiale dello stato civile «deve essere fatta anche dal parroco, davanti al quale il matrimonio sarà celebrato», attesa la manifesta compatibilità della norma con il testo dell’Accordo e l’opportunità che per tale via si stabilisca un diretto rapporto di cooperazione fra l’autorità ecclesiastica e quella civile, al fine di escludere il venire in essere di vizi di forma e di procedura.

IV – Qualora il matrimonio sia stato celebrato senza la effettuazione della pubblicazione civile, o senza che ne sia stata autorizzata la omissione, e venga chiesta la trascrizione entro cinque giorni dalla celebrazione o tardivamente, l’ufficiale dello stato civile dovrà procedere all’accertamento della insussistenza di impedimenti non derogabili, non più, ormai, per il mezzo della pubblicazione in senso proprio, ma, invece, per la via degli adempimenti prescritti dall’art. 13 della legge n. 847, potendosi questa norma ritenere tuttora vigente.
Gli adempimenti prescritti dall’art. 13 bene si giustificano con il presupposto che vi sia un matrimonio già celebrato. Si richiede, pertanto, che la pubblicità sia effettuata presso la casa comunale nei cui registri la trascrizione dovrebbe essere eseguita e presso quella del luogo di residenza degli sposi, se diverso; che la pubblicità contenga tutte le indicazioni relative alla individuazione del tempo e del luogo della celebrazione e delle persone che vi hanno partecipato; che l’affissione dell’avviso duri per i prescritti dieci giorni; che la trascrizione sia eseguita alla scadenza del terzo giorno dal decorso di detto termine.

V – Qualora, a seguito della pubblicazione e degli adempimenti di cui all’art. 97 cod. civ., l’ufficiale dello stato civile venga a conoscenza di impedimenti non derogabili per i quali non possa essere rilasciato il certificato previsto dall’art. 7, primo comma, della legge n. 847, è opportuno che ne dia comunicazione al parroco, come nella ipotesi (espressamente considerata nel secondo comma della norma) che gli sia stata notificata opposizione al matrimonio. Tale comunicazione vale a porre formalmente il parroco a conoscenza del fatto che il matrimonio, se celebrato, non potrà avere effetti civili, e delle ragioni di ciò.

VI – Non pare che l’art. 8 dell’Accordo abbia modificato alcunché, rispetto al regime previgente, nella materia della trascrivibilità dell’atto di matrimonio anche in presenza di impedimenti derogabili, quando non sia intervenuta autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria. Trattasi dei casi previsti dagli artt. 87, nn. 3 e 5; 89, secondo comma; 111, secondo comma, del codice civile. In proposito fu già affermato da questo Ministero, con circolare n. 891 del 30 luglio 1930: «non è dubbio che il matrimonio canonico, secondo il Concordato, rimane regolato dal diritto canonico e gli impedimenti canonici, corrispondano o non corrispondano ad essi impedimenti preveduti dal diritto civile, devono essere dispensati dalle autorità ecclesiastiche», ed è stato ritenuto che l’ordinamento italiano considera, anche nei suoi riguardi, perfetto il vincolo matrimoniale quando esso è perfetto secondo il diritto canonico. Solo nel caso in cui sussistano impedimenti non derogabili, e perciò la trascrizione del matrimonio canonico urterebbe contro principi di ordine pubblico nell’ordinamento dello Stato, essa deve essere rifiutata dall’ufficiale dello stato civile (art. 15 della legge n. 847).
Va subito precisato che non sono da comprendere fra i provvedimenti autorizzativi di cui si è detto, nell’assenza dei quali la trascrizione possa ugualmente essere effettuata: a) quello previsto dal secondo comma dell’art. 84 cod. civ., per l’ammissione al matrimonio di chi abbia compiuto i sedici anni, ma non ancora i diciotto; b) quello previsto dal quarto comma dell’art. 87 per il caso in cui il matrimonio dal quale derivava il vincolo dell’affinità in linea retta sia stato dichiarato nullo. Tali provvedimenti appaiono invece indispensabili perché venga meno l’assolutezza degli impedimenti in esame, stabilita, con riferimento alla disciplina del codice civile, dall’art. 8 dell’Accordo e, per quello dell’affinità, dal n. 4 del protocollo addizionale.

VII – La generica dizione del primo comma dell’art. 7 della legge n. 847 («… e nulla gli consti ostare al matrimonio») potrebbe indurre a ritenere che l’ufficiale dello stato civile debba svolgere particolari indagini, quando non siano proposte opposizioni al matrimonio, per accertare la eventuale sussistenza di impedimenti non derogabili alla trascrizione. E’ da escludere, invece, che il suo compito travalichi i limiti degli adempimenti prescritti dagli artt. 97 cod. civ. e 96 segg. del R.D. 9 luglio 1939, n. 1238, come, per altro verso, è da escludere che egli possa discriminare fra i motivi posti a fondamento delle opposizioni che gli fossero notificate e sospendere il rilascio del certificato solo quando tali motivi consistano in impedimenti non derogabili: spetta, infatti, soltanto all’autorità giudiziaria di valutare la natura di quei motivi e conseguentemente decidere sulla opposizione (terzo comma dell’art. 7).

VIII – Nonostante le perplessità che nascono dalla formulazione così recisa e determinata dall’inizio del secondo comma del n. 1 dell’art. 8 dell’Accordo («La Santa Sede prende atto che la trascrizione non potrà avere luogo. …») e dell’inciso «ove sussistano le condizioni per la trascrizione», contenuto nel quarto comma della stessa disposizione, si deve riconoscere che la lettera della norma non consente, allo stato, di ritenere con certezza che si sia inteso dalle Parti pervenire alla abrogazione implicita dell’art. 11 della legge n. 847. Pertanto, sino a che la nuova legge di attuazione non avrà risolto i dubbi sorti in proposito, si deve considerare tuttora in vigore il citato art. 11, con la conseguenza che l’ufficiale dello stato civile, quando abbia rilasciato il certificato che nulla osta alla celebrazione del matrimonio (art. 7 della legge), deve procedere alla trascrizione anche se venga a conoscenza, dopo il detto rilascio, della sussistenza di un impedimento non derogabile (fatto salvo l’obbligo di informare di ciò il procuratore della Repubblica perché, ove occorra, promuova l’azione di annullamento prevista dall’art. 16 della legge). Il certificato di cui all’art. 7, così, costituisce ancora titolo per la trascrizione, in modo che le parti possano procedere alla celebrazione del matrimonio religioso, con la certezza che, trasmesso regolarmente l’atto all’ufficiale dello stato civile, costui ne eseguirà senz’altro la trascrizione.

IX – Quali siano gli impedimenti assoluti alla trascrizione è detto nell’art. 8 dell’Accordo (che ha tenuto conto della sentenza n. 16 del 1982 della Corte costituzionale) e nella elencazione del quarto paragrafo del protocollo addizionale, che tuttavia si ritiene debba essere completata con quanto disposto al riguardo dal Codice civile.
Per il diritto italiano non possono, pertanto, in via assoluta, contrarre matrimonio e, conseguentemente, ottenere la trascrizione del matrimonio canonico, ove celebrato: a) colui che sia minore di sedici anni; b) colui che abbia compiuto i sedici anni ma non ancora i diciotto se non sia intervenuta l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria prevista dall’art. 84, secondo comma, cod. civ.; c) colui che sia interdetto per infermità di mente (art. 85 cod. civ.); d) colui che sia vincolato da un matrimonio precedente, valido agli effetti civili, in qualunque forma celebrato, con una terza persona o con l’altro sposo (art. 86 cod. civ.); e) colui che sia legato all’altro sposo da uno dei rapporti considerati nei numeri 1, 2, 6, 7, 8 e 9 dell’art. 87 cod. civ.; f) colui che sia legato all’altro sposo da un rapporto di affinità in linea retta (n. 4 dell’art. 87 cod. civ.) se non sia intervenuta l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria nella ipotesi prevista dall’art. 87, quarto comma; g) colui che sia stato condannato per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altro sposo (art. 88 cod. civ.).

X – Non pare che le formalità descritte negli artt. 8, 9, 10 della legge n. 847 contrastino comunque con le prescrizioni dei commi primo e quarto del n. 1 dell’art. 8 dell’Accordo, con le quali, anzi, si coordinano in modo esatto e puntuale. L’Accordo rispetto alla disciplina previgente, esige in più che il parroco del luogo dove il matrimonio è stato celebrato, nel trasmettere all’ufficiale
dello stato civile uno dei due originali dell’atto di matrimonio, richieda per iscritto, entro cinque giorni dalla celebrazione, la trascrizione di esso. Tale adempimento è da considerare di stretto rigore.
Appare necessario che la richiesta sia formalmente collegata all’atto trasmesso, e ne richiami: i nomi degli sposi, il luogo e la data del matrimonio celebrato, la menzione delle eventuali dichiarazioni in esso contenute. È pure da ritenere, avuto riguardo alla ratio della norma, che ove l’atto di matrimonio sia trasmesso non accompagnato dalla richiesta scritta di trascrizione, l’ufficiale dello stato civile debba sospendere la trascrizione medesima, allo stesso modo che negli altri casi previsti dall’art. 10, primo comma, della legge n. 847, e richiedere dal parroco l’adempimento prescritto dalla norma in esame.

XI – L’art. 8 dell’Accordo, superando in senso positivo alcune questioni sorte durante il regime previgente, ammette esplicitamente che nell’atto di matrimonio, formato dal celebrante, possano essere inserite «le dichiarazioni dei coniugi consentite secondo la legge civile»; trattasi delle stesse dichiarazioni che potrebbero essere rese dai coniugi all’ufficiale dello stato civile all’atto di contrarre matrimonio dinanzi a lui: quelle, cioè, previste dagli artt. 162, secondo comma, e 283 cod. civ. A proposito di queste dichiarazioni, e della relativa casistica, si devono fare alcune considerazioni.
Il regime della separazione dei beni per essere valido deve essere convenuto da entrambi i coniugi (art. 215); la loro scelta può essere dichiarata nell’atto stesso di celebrazione del matrimonio (art. 162, secondo comma); quando la dichiarazione sia stata resa nell’atto di celebrazione del matrimonio canonico, l’ufficiale dello stato civile la trascriverà, assieme all’atto medesimo, nei propri registri, e l’annoterà, ai fini previsti dall’ultimo comma dell’art. 162, a margine dell’atto trascritto. Ove ricorra l’ipotesi considerata dall’art. 165, la dichiarazione dinanzi al celebrante dovrà essere stata assistita nei modi prescritti dalla norma, perché essa possa avere valore agli effetti civili; nel caso in cui l’assistenza sia mancata, dovrà essere trascritto soltanto l’atto di matrimonio e non anche la dichiarazione di scelta del regime della separazione, che dovrà essere ripetuta in modo valido nella forma prevista dall’art. 162, primo comma.
Nei casi in cui l’ufficiale dello stato civile ritenga di non poter trascrivere le dichiarazioni inserite nell’atto di matrimonio, dovrà darne pronta comunicazione per iscritto ai coniugi ed al parroco.
Ove l’atto di matrimonio non possa avere effetti civili e la trascrizione debba essere rifiutata, neppure le dichiarazioni rese dai coniugi nella materia patrimoniale potranno avere effetto nell’ordinamento, né, quindi, essere trascritte separatamente,

XII – Per quanto concerne il riconoscimento di figli naturali manifestato ai fini della legittimazione dinanzi al sacerdote che ha celebrato il matrimonio canonico, va subito osservato che a questi non può essere demandato alcun accertamento circa l’ammissibilità del riconoscimento; applicandosi analogicamente l’art. 85, sesto comma, del R.D. 9 luglio 1939, n. 1238, l’ufficiale dello stato civile dovrà rifiutare la trascrizione della dichiarazione di riconoscimento quando gli risulti che questo è vietato dalla legge e che, quindi, la dichiarazione resa contrasta con i principi dell’ordinamento in una materia non disponi bile dalle parti.
In tal caso, potrà essere eseguita soltanto la trascrizione dell’ atto di matrimonio escludendosi la dichiarazione di riconoscimento, ma l’ufficiale dovrà ri lasciare un certificato dal quale risultino i motivi dell’esclusione.
Per la ragione che nell’atto di matrimonio celebrato secondo il diritto canonico possono essere raccolte soltanto le dichiarazioni dei coniugi (art. 8 dell’Accordo), l’assenso al riconoscimento del figlio che abbia compiuto i sedici anni (art. 250, secondo comma) potrà essere espresso fuori di tale sede, dinanzi all’ufficiale dello stato civile competente a trascrivere l’atto di matrimonio, utilizzandosi all’uopo lo spazio bianco in calce al modulo (parte II, serie A).
Il consenso al riconoscimento, da parte del genitore-coniuge che abbia già riconosciuto il figlio (art. 250, terzo comma) potrà ovviamente essere manifestato nell’atto di matrimonio. Dell’eventuale, per quanto improbabile, rifiuto si farà menzione nell’atto medesimo da parte del sacerdote e l’ufficiale dello stato civile sospenderà la trascrizione della dichiarazione di riconoscimento sino a che sulla opposizione, ove proposta, non si sia pronunciata l’autorità giudiziaria (art. 250, quarto comma).

XIII – Nonostante alcuni dubbi e perplessità, le cui complesse motivazioni non è qui il caso di riproporre, sino a che sul punto non vi sia stato un chiarimento definitivo in sede legislativa o giurisprudenziale si ritiene che la trascrizione dell’atto possa essere chiesta, da entrambi i coniugi o da uno solo di essi ma con la conoscenza e senza la opposizione dell’altro, anche se il matrimonio sia stato celebrato secondo il rito canonico (e non concordatario) e in assenza di una originaria volontà delle parti che esso conseguisse effetti civili nell’ordinamento (art. 8, n. 1, ultimo comma, dell’Accordo).
In questa ipotesi, analogamente a quanto ritenuto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione riguardo ai matrimoni concordatari celebrati da cittadini all’estero, la trascrizione, in mancanza del secondo originale dell’atto di matrimonio, potrà essere eseguita su presentazione di un semplice certificato, ove sia accertata la corrispondenza della certificazione alla effettiva celebrazione del rito nuziale (Cass. 25 gennaio 1979, n. 557). Similmente, anche quando non sia stata data lettura dal celebrante degli artt. 143, 144, 147 cod. civ., adempimento ritenuto non essenziale per la validità della trascrizione dell’atto di matrimonio (Cass. 27 luglio 1962, n. 2168). L’ufficiale dello stato civile, che riceva da chi ne è legittimato la richiesta di trascrizione di un atto di matrimonio celebrato senza le formalità del rito concordatario, dovrà tuttavia lui stesso provvedere, ove possibile, prima della trascrizione, a spiegare agli sposi gli effetti civili del matrimonio, dando loro lettura degli articoli sopra menzionati del codice civile. L’ufficiale dovrà comunque provvedere, prima della trascrizione, ad accertare rigorosamente la insussistenza di impedimenti non derogabili, per il mezzo delle forme di pubblicità prescritte dallo art. 13 della legge n.847; dovrà acquisire piena sicurezza sulla chiara ed esplicita volontà di entrambi i coniugi di conferire effetti civili al loro matrimonio, ricevendo lui stesso le loro istanze, orali o scritte, accertando di queste la provenienza e l’effettivo contenuto e redigendo al riguardo apposito processo verbale; rifuggirà in ogni caso dall’indursi a interpretare in un senso o nell’altro il comportamento dei coniugi, o espressioni, orali o scritte, sia pure da loro provenienti, dubbie ed equivoche. Ove la richiesta sia stata fatta da uno solo dei coniugi, l’ufficiale dello stato civile, prima di eseguire la trascrizione, dovrà acquisire l’assoluta certezza che essa sia stata portata a conoscenza dell’altro coniuge.
Stante la particolarità della ipotesi qui considerata, ritiene questo Ministero che il processo verbale delle attività svolte dall’ufficiale dello stato civile, o dinanzi a lui, e la trascrizione dell’atto di matrimonio vadano redatti nella parte II, serie C, del relativo registro. Ove la richiesta di trascrizione sia fatta personalmente dai coniugi, o da uno di essi, appare necessaria l’assistenza di testimoni, a norma dell’art. 41 R.D. 9 luglio 1939, n. 1238.
Qualora il matrimonio sia stato invece celebrato secondo il rito concordatario, presupponendosi così la originaria volontà degli sposi di conferirgli effetti civili, ma, per una qualsiasi ragione si sia omesso di chiedere tempestivamente la trascrizione del relativo atto (entro cinque giorni dalla celebrazione), la richiesta tardiva, secondo la norma in esame, deve essere espressa pure nei modi indicati, perché vi sia certezza che quella volontà è divenuta, ove non lo fosse già, attuale, omettendosi la pubblicità prevista dall’art. 13 della legge n. 847 solo nella ipotesi in cui la celebrazione sia stata preceduta dalla pubblicazione nella casa comunale e la richiesta di trascrizione sia manifestata non oltre centottanta giorni dal suo compimento (art. 99, secondo comma, cod. civ.).
Dovrà in ogni caso essere accertato che fra il tempo della celebrazione e quello della trascrizione gli sposi, o uno di essi, non abbiano contratto altro matrimonio valido agli effetti civili.
Trattandosi, in questa ipotesi, di matrimonio celebrato secondo il rito concordatario, l’atto dovrà essere trascritto nella parte II serie A del registro, redigendosi processo verbale nello spazio bianco in calce al modulo delle attività svolte dall’ufficiale dello stato civile o dinanzi a lui. Ove la richiesta di trascrizione sia fatta personalmente dai coniugi, o da uno di essi, appare necessaria l’assistenza di testimoni, a norma dell’art. 41 R.D. 9 luglio 1939, n. 1238.

XIV – A proposito del problema della trascrizione post mortem di entrambi o di uno dei coniugi, si ritiene che essa sia possibile, ove sia stata da entrambi richiesta prima del decesso; la sola mancata opposizione del coniuge defunto non è sufficiente, non potendosi conoscere se egli si sarebbe opposto alla trascrizione e l’opposizione sia stata resa impossibile dal sopravvenuto decesso.

XV – Riguardo ai matrimoni canonici celebrati all’estero da cittadini, dei quali si chieda la trascrizione, sino a che non intervenga un chiarimento in sede legislativa sembra che sia da seguire l’indirizzo sin qui adottato dalla Corte di cassazione (cfr. da ultimo Cass. 25 gennaio 1979, n. 557), secondo il quale va ammessa la trascrizione in Italia del matrimonio canonico, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 847, quando nel Paese straniero esso non abbia effetti civili, mentre il matrimonio va riconosciuto in Italia ai sensi dell’art. 115 cod. civ. quando tali effetti si siano già prodotti nell’ordinamento straniero in conseguenza della sua legislazione.
Le SS.LL. sono pregate di curare che quanto sopra esposto sia portato, per il tramite dei competenti Procuratori della Repubblica, a conoscenza degli ufficiali dello stato civile dei rispettivi distretti.
Sarà gradito un cenno di assicurazione.

IL DIRETTORE GENERALE
f.to VITALE