Circolare 23 dicembre 1997, n.326/ E
Ministero delle Finanze. Dipartimento entrate – Direzione centrale affari giuridici e contenzioso tributario, Div.V-C.M. 23 dicembre 1997, n. 326/E
(Da Supplemento ordinario n. 256 alla “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 302 del 30 dicembre 1997)
(omissis)
5. REDDITI ASSIMILATI A QUELLI DI LAVORO DIPENDENTE.
QUALIFICAZIONE
5.1 GENERALITÀ’
L’art. 2 del decreto legislativo in commento, modifica l’art. 47 del TUIR, che individua una serie di redditi che vengono assimilati ai redditi di lavoro dipendente. In particolare, l’art. 2, comma 1, lettera a), modifica le lettere e), f), g) ed l) del comma I dell’articolo 47 del TUIR, mentre l’art. 2, comma 1, lettera b), modifica il comma 3 dello stesso articolo 47, concernente l’indicazione delle tipologie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente che possono fruire delle detrazioni per lavoro dipendente di cui all’articolo 13 del TUIR, al fine di coordinarlo con gli interventi operati nel corpo dell’articolo 47 stesso.
L’intervento del legislatore delegato in questo caso è stato finalizzato soprattutto ad un riordino delle fattispecie, in modo da raccogliere nel corpo dell’art. 47 alcune ipotesi per le quali altre disposizioni avevano fissato il principio dell’assimilazione ai redditi di lavoro dipendente o di eliminare talune previsioni. Sono state soppresse, infatti, le previsioni relative:
a) all’indennità di disoccupazione di cui alla legge n. 1115 del 1968, in quanto superflua, atteso che detta indennità, essendo sostitutiva di reddito, se percepita in sostituzione del reddito di lavoro dipendente è già compresa
nell’art. 46 in forza di quanto disposto dall’ art. 6, comma 2, del TUIR (cfr. paragrafo 1.5 della presente circolare);
b) alle mance percepite dai croupiers. La relazione illustrativa del provvedimento giustifica la soppressione di questa disposizione dal corpo dell’articolo 47 e il contestuale inserimento di una identica previsione nel corpo dell’articolo 48, concernente la determinazione dei redditi di lavoro dipendente, con una incoerenza della vigente disciplina che prevedeva al tempo stesso l’assimilazione al reddito di lavoro dipendente e la riduzione dell’imponibile, nonché, trattandosi, in effetti, di redditi di lavoro dipendente il conguaglio con i redditi di lavoro dipendente corrisposti ai medesimi soggetti.
Prima di entrare nel dettaglio delle singole ipotesi, è opportuno ricordare che il legislatore ha raccolto nel corpo dell’articolo 47, con una elencazione che ha carattere assolutamente tassativo e che, quindi, non ammette interpretazioni estensive o analogiche, una serie di fattispecie i cui redditi, in assenza di una specifica previsione di legge, sarebbero stati di incerta qualificazione, in quanto non facilmente inquadrabili né tra i redditi di lavoro dipendente né tra quelli di lavoro autonomo. Ciascuno di essi, infatti, è privo di almeno uno degli elementi che caratterizzano le due categorie di reddito. Tradizionalmente i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente possono essere ricondotti a tre distinti gruppi:
—nel primo gruppo si possono ricomprendere le ipotesi in cui manca in radice un collegamento con una prestazione lavorativa (si tratta, come vedremo, delle rendite vitalizie e di quelle a tempo determinato costituite a titolo oneroso, nonché degli assegni periodici alla cui formazione non concorrono né capitale né lavoro, quali gli assegni conseguenti a separazione o scioglimento del matrimonio, etc., rispettivamente lettere h) ed i) dell’articolo 47);
—nel secondo gruppo si possono inquadrare i casi in cui, pur sussistendo un nesso relazionale con una prestazione lavorativa, manca un rapporto di servizio che possa configurare un vero e proprio rapporto di lavoro dipendente (si tratta delle indennità, gettoni di presenza ed altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni per l’esercizio di pubbliche funzioni, nonché delle indennità percepite dai membri del Parlamento nazionale e dal Parlamento europeo e le indennità, comunque denominate, percepite per le cariche elettive in seno alle Regioni, Province e Comuni e per le funzioni di giudice costituzionale, rispettivamente, lettere f) e g) dell’articolo 47);
—nel terzo gruppo, infine, possono collocarsi tutte le altre ipotesi in cui, per ragioni perequative, sono disciplinate fattispecie in cui esiste una prestazione lavorativa, ma questa è scissa da un elemento caratterizzante quale la retribuzione, in quanto il relativo compenso discende da elementi diversi dalla effettiva prestazione lavorativa (tutte le altre lettere dell’ articolo 47).
Va osservato, peraltro, che soltanto per le fattispecie inquadrabili nel terzo gruppo il legislatore ha previsto l’attribuzione delle detrazioni per redditi di lavoro dipendente, in quanto si tratta comunque di ipotesi più vicine concettualmente ai redditi di lavoro dipendente. L’ assimilazione al reddito di lavoro dipendente, in linea di principio, comporta, grazie anche alle precisazioni contenute al riguardo nell’articolo 48-bis, introdotto nel TUIR dall’articolo 4 del decreto legislativo in commento, un trattamento tributario quasi identico a quello riservato ai redditi di lavoro dipendente, se si esclude quanto già precisato in merito al diritto alle detrazioni di cui all’art. 13 del TUIR e ad alcune altre specificità previste per taluni di essi, che saranno poste in rilievo nei paragrafi seguenti. Va evidenziato, inoltre, che l’art. 5, comma 1, lett. c), del decreto legislativo in commento, ha eliminato, quasi per la totalità di essi, l’ulteriore differenza con i redditi di lavoro dipendente costituita dalla esclusione, per la maggior parte di essi, della possibilità di applicare il regime di tassazione separato. Infatti, la norma citata ha modificato l’art. 16, comma 1, lett. b), del TUIR, prevedendo che possono costituire “arretrati”, in presenza di tutte le condizioni richieste dalla norma, anche tutte le indennità e le somme di cui al comma 1 dell’articolo 47 del TUIR. Si ricorda, al riguardo, che la precedente formulazione dell’articolo 16, comma 1, lettera b), del TUIR, aveva portato, recentemente, ad una declaratoria di parziale illegittimità costituzionale della lettera b) in questione (cfr. sentenza della Corte costituzionale n. 287 dell’ll-22 luglio 1996) È noto, infatti, che, in base alla precedente formulazione, la nozione di “arretrati” riguardava soltanto i redditi di lavoro dipendente e, tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, soltanto i compensi dei soci di cooperative di produzione e lavoro, le remunerazioni dei sacerdoti e le indennità dei parlamentari, dei consiglieri regionali e dei giudici della Corte Costituzionale. A decorrere dal 1° gennaio 1998, invece, la nozione di arretrato è applicabile a tutti i compensi e alle indennità compresi tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Considerato il tenore letterale della disposizione, che fa riferimento “ai compensi e alle indennità di cui al comma 1 dell’art. 47”, restano ancora esclusi, in linea di principio, dalla possibilità di fruire del regime di tassazione separata, le rendite e gli assegni periodici, per i quali, peraltro, l’art. 48 – bis del TUIR conferma una presunzione di percezione nella misura e alle scadenze risultanti dai relativi titoli.
(omissis)
5.5 REMUNERAZIONI E CONGRUE DEI SACERDOTI
Nella lett. d) dell’ art. 47 del TUIR sono inseriti tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente le remunerazioni dei sacerdoti, di cui agli arti. 24, 33, lett. a), e 34 della legge 20 maggio 1985, n. 222, nonché le congrue e i supplementi di congrua di cui all’art. 33, primo comma, della legge 26 luglio 1974, n.343.
Si tratta delle remunerazioni che vengono percepite dai sacerdoti in relazione al servizio prestato in favore delle diocesi. Al riguardo, si rileva che ai sensi dell’art. 33, lett. a), della legge 20 maggio 1985, n. 222, i sacerdoti ricevono la remunerazione dagli enti ecclesiastici secondo le norme stabilite dal vescovo diocesano, sentito il Consiglio presbiterale. L’art. 34 della stessa legge prevede delle integrazioni a favore dei sacerdoti se non viene raggiunta la misura determinata dalla Conferenza episcopale italiana. Detta integrazione è posta a carico dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero. Inoltre, sono assimilate ai redditi di lavoro dipendente le congrue e i supplementi di congrua corrisposti sui bilanci del Fondo per il culto e del Fondo di beneficenza e di religione nella città di Roma, sia per concessione delle Amministrazioni suddette sia per concessione anteriore dello Stato. Dette congrue sono previste dall’art. 33, primo comma, della legge 26 luglio 1974, n. 343. Competono le detrazioni per redditi di lavoro dipendente di cui al più volte citato articolo 13 del TUIR.
Va precisato, per completezza, che alcune altre leggi contengono disposizioni, non richiamate nell’articolo 47 del TUIR, che assimilano ai redditi di lavoro dipendente, i redditi percepiti dai Ministri di culto e dai missionari di altre confessioni religiose. Si tratta dell’Unione Cristiana Avventiste del 7° giorno, delle Assemblee di Dio in Italia, dell’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia e della Chiesa Evangelica Luterana in Italia.
(omissis)
Autore:
Ministero delle Finanze
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Ministri di culto, C.E.I., Enti ecclesiastici, Confessioni religiose, Sacerdoti, Congrue, Diocesi, Missionari
Natura:
Circolare