Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 05 febbraio 1997

La professione di una fede religiosa non condivisa o apprezzata dal
coniuge, non puo`, di per se´, costituire motivo di addebito della
separazione, non potendosi in alcun modo rimproverare ad un soggetto
di esercitare un diritto costituzionalmente garantito, quale quello di
libertà religiosa. Tuttavia, quando la professione di un determinato
credo – nel caso di specie quello dettato dal movimento Lubavitch –
comporti, per l’aspetto particolarmente totalizzante, integralista e
di intransigenza assunto dal singolo adepto, il venir meno a
fondamentali doveri nell’ambito del rapporto con il coniuge e sia,
soprattutto, tale da influire negativamente sull’educazione della
prole, tale comportamento non puo` non assumere rilevanza ai sensi e
per gli effetti dell’art. 151 c.c., con conseguente addebito del
relativo provvedimento di separazione.

Sentenza 04 agosto 2002

La dichiarazione dei nubendi di optare per il regime di separazione
dei beni, resa innanzi al ministro di culto al momento della
celebrazione del matrimonio canonico, e tuttavia non inserita
nell’atto di matrimonio poi trascritto nei registri dello stato
civile, implica l’inefficacia della dichiarazione medesima.

Sentenza 06 ottobre 1999, n.743

L’erede del coniuge defunto non è legittimato a promuovere
l’azione, di cui all’art. 16 della l. 27 maggio 1929, n. 847, di
impugnazione della trascrizione del matrimonio concordatario, per
incapacità naturale del de cuius al momento della celebrazione,
trattandosi di un diritto personalissimo, non trasmissibile per
successione ereditaria.

Sentenza 16 gennaio 2004, n.53

Lede l’onore, il decoro e la reputazione del soggetto facente parte
della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, la lettera
diffusa in varie parti della città – tra cui il luogo di lavoro,
l’abitazione e la scuola dei figli – con cui vengono espressi
giudizi e concetti offensivi e diffamatori, rivolti inequivocabilmente
ad additare detta Congregazione ed il relativo appartenente al
pubblico disprezzo. Tale soggetto ha pertanto diritto ad ottenere, in
relazione ai fatti de quibus, il risarcimento dei danni morali subiti,
le spese legali sostenute ed una somma, a titolo di riparazione
pecuniaria, ex art. 12 della Legge 8 febbraio 1948, n. 47.

Sentenza 23 gennaio 2002, n.627/98 R.G. A

Ai fini della quantificazione, necessariamente equitativa, del danno
non patrimoniale derivante da pubblicazioni diffamatorie, subito da un
soggetto dotato di personalità giuridica, quale la
Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, occorre avere riguardo
alla notorietà dell’autore dell’articolo, alla
gravità dell’offesa, alla intensità
dell’elemento psicologico, alla diffusione della pubblicazione
ed alle concrete modalità di esposizione dei fatti. In
particolare, il diritto di critica viene ampiamente travalicato e si
trasforma in aperta contumelia, laddove vengano utilizzate espressioni
provocatorie e volutamente offensive, senza alcuna argomentazione di
natura teologica e filosofica a sostegno delle argomentazioni
dell’articolista (Nel caso di specie, quantificazione in sede
civile dei danni subiti dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di
Geova, in forza di pronuncia penale dichiarativa della sussistenza del
reato di diffamazione).
Infondata appare invece la domanda di
manleva presentata nei confronti della Parrocchia e della Diocesi
(essendo tale articolo stato pubblicato – nella fattispecie in
questione – su di un bollettino parrocchiale). Da un lato,
infatti, si deve precisare come la Parrocchia, ente ecclesiastico
civilmente riconosciuto, non è tenuta a rispondere delle
attività compiute dal Parroco, che ne ha la legale
rappresentanza, al di fuori di quelle attività previste dal
Codice di diritto canonico e di cui ai cann. 519-534. Dunque –
nel caso di specie – avendo il Parroco agito al di fuori di
detti canoni (ponendo in essere una attività illecita), la
Parrocchia non può essere ritenuta in alcun modo responsabile.
Dall’altro lato, va parimenti rilevato come non possa essere
attribuita alcuna responsabilità neppure alla Diocesi, posto
che delle attività compiute dal Parroco, quale legale
rappresentante della Parrocchia, non risponde la Diocesi, ma – come
anticipato – la Parrocchia nei limiti dei canoni di cui si è
detto sopra e che sono stati nella specie superati.

Ordinanza 03 maggio 2004

Il legislatore, all’esito di un dibattito acceso ed approfondito
protrattosi per alcuni anni, ha scelto che la legge sulla procreazione
assistita si limiti a porre rimedio alle malattie – note e ignote –
che in qualsiasi modo producono la sterilità di una coppia,
consentendo a quest’ultima di avere figli, ma di averli in
condizioni analoghe a quelle che hanno, per natura, le coppie fertili.
Non è consentita, cioè, la possibilità di selezionare i nascituri
in sani e malati, eliminando questi ultimi embrioni. Tale scelta
appare coerente con i molti valori che si è inteso tutelare con la
legge in questione e non può ritenersi, in alcun modo, in contrasto
con i precetti costituzionali; in particolare, sono da considerarsi,
al riguardo, manifestamente infondate le questioni di legittimità
sollevate in riferimento agli articoli 2, 3 e 32 della nostra
Costituzione.

Sentenza 11 gennaio 2002, n.34

Tribunale Civile di Pordenone. Sentenza 11 gennaio 2002, n. 34*. Svolgimento del processo Con il sopraddetto atto di citazione il Grassato evocava avanti il Tribunale la USL n.11 Pordenonese ora ASL n.6 Friuli Occidentale, per sentir condannare detta entita’ al risarcimento per i danni morali e biologici patiti a seguito delle trasfusioni di sangue. Queste […]

Sentenza 27 ottobre 1993

L’acquisizione della qualità di erede da parte di un ente
ecclesiastico dipende non solo dall’accettazione con beneficio
d’inventario ma altresì dal rilascio della richiesta autorizzazione
all’acquisto, per cui la mancata produzione dei documenti atti a
provare la sussistenza dei suddetti presupposti comporta
l’inammissibilità di ogni azione proposta dall’ente suddetto
nella qualità di erede e quindi un difetto di legittimazione
rilevabile anche d’ufficio.

Sentenza 22 aprile 1995, n.837

La eliminazione di ogni controllo statale sull’amministrazione degli
enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, tranne che per gli
acquisti, sancita dal nuovo Accordo con la Confessione cattolica, non
ha carattere retroattivo, per cui il difetto di autorizzazione
governativa ad una prebenda parrocchiale per l’affitto
ultranovennale di un fondo rustico comporta la inefficacia
dell’atto.

Ordinanza 02 agosto 2002

Ai sensi dell’art. 8 L. 121/1985, la trascrizione dell’atto di
matrimonio contratto dinanzi al ministro di culto cattolico conferisce
all’atto stesso l’idoneità a produrre effetti civili
nell’ordinamento italiano. Per effetto di tale norma gli effetti
civili destinati a prodursi per effetto della conclusione di un
matrimonio concordatario sono quelli propri dell’atto di
celebrazione del matrimonio trascritto nei registri dello stato
civile, ossia quelli di cui l’atto trascritto contiene tutti gli
elementi previsti dalle singole fattispecie. La trascrizione
dell’atto assolve, dunque, alla funzione di conferire efficacia ad
un atto concluso in forme diverse da quelle previste nel nostro
ordinamento; conseguentemente, anche la scelta per il regime
patrimoniale della separazione dei beni contenuta nell’atto di
matrimonio concluso dinanzi ai ministri di culto cattolico, è idonea
a spiegare effetti nell’ordinamento vigente solo se della scelta vi
è menzione nell’atto trascritto, a seguito dell’indiretto
conferimento di efficacia alla convenzione; La mancata indicazione
nell’atto di matrimonio trascritto del regime di separazione dei
beni comporta l’impossibilità di riconoscere efficacia alla
dichiarazione effettuata dalle parti dinanzi al ministro di culto.