Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 08 settembre 2005, n.751

Il diritto alla tumulazione, che nel sepolcro ereditario si trasmette
per atto inter vivos o mortis causa dall’originario titolare anche a
persone non facenti parte della famiglia, nel caso di sepolcro
gentilizio o familiare è attribuito in base alla volontà del
fondatore con riferimento alla cerchia dei familiari destinatari del
sepolcro stesso, acquistandosi tale diritto iure proprio sin dal
momento della nascita e dando luogo ad una particolare forma di
comunione indivisibile tra contitolari, senza poter essere trasmesso
né per atto tra vivi, né per atto mortis causa, né perdendosi per
prescrizione o rinuncia (nel caso di specie, l’avvenuto rilascio di
concessione amministrativa di due sezioni del suolo al camposanto per
la costruzione di cappella gentilizia, confermava la natura familiare
della stessa e determinava la trasmissione del relativo diritto di
tumulazione ai parenti legati iure sanguinis (discendenti, parenti di
secondo e terzo grado rispetto al capostipite e relativi coniugi),
fatta eccezione per il marito della sorella del concessionario, non
avente alcun vincolo di consanguineità con quest’ultimo).

Ordinanza 26 maggio 2005

La presenza del crocifisso nei locali adibiti a seggi elettorali non
integra alcuna concreta lesione o pregiudizio che valga a condizionare
la convinzione politica degli elettori e l’esercizio del relativo
diritto di voto. Non è ipotizzabile, infatti, che un “non simbolo”,
come il crocifisso per i non credenti o per i non cristiani, possa
interferire negativamente in modo incisivo sulla formazione
dell’orientamento politico e sulla conseguente espressione del voto
elettorale o referendario. Nè la presenza di crocifissi nei locali
scolastici da adibire a seggi può essere considerata come
l’espressione di una vincolante o, comunque, condizionante scelta
turbatrice della libertà religiosa o di pensiero degli elettori.
Infatti, in mancanza nell’attuale ordinamento di disposizioni di legge
che prevedano l’esibizione obbligatoria del crocifisso, salvo alcune
previsioni aventi carattere regolamentare ed in ogni caso non relative
ai seggi, la presenza sporadica e solo casuale di tale simbolo
“passivo” nelle suddette sedi elettorali non comporta l’imposizione di
alcuna condivisione religiosa, nè vincola ad atti o comportamenti che
siano anche solo indirettamente espressione di una sintonia o di una
convinzione di implicita aderenza ad una fede o culto diversi da
quelli propri. Il crocifisso risulta, dunque, una presenza
assolutamente trascurabile per chi non vi si riconosca,
impossibilitata in quanto tale a sollecitare o condizionare scelte e
comportamenti personali.

Sentenza 03 maggio 2004, n.617

Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che svolgano
un’attività diversa da quella di religione e di culto, quale
l’erogazione in regime di convenzione con il S.S.N. di prestazioni
sanitarie, risultano soggetti alle leggi dello Stato concernenti tali
attività e sottoposti al regime tributario previsto per le medesime,
oltre che tenuti agli adempimenti previsti per l’esercizio di
attività di natura commerciale (es. iscrizione nel registro delle
imprese). All’osservanza da parte di detti enti di alcune norme
dello Stato, che impongono obblighi ed adempimenti, anche di natura
fiscale, (versamento dell’I.R.P.E.G., registrazione delle
deliberazioni nel registro delle imprese, ecc.), previsti per le
società di azioni, non consegue tuttavia una totale equiparazione
degli stessi alle predette società, nè l’applicazione in via
analogica della normativa che disciplina le società di capitali.
Trattasi infatti di enti che, a prescindere dalla configurazione o
meno di un tertium genus, non possono certamente trovare collocazione
normativa nella disciplina dettata per le società per azioni,
essendone comunque diversi gli scopi, gli organismi costitutivi ed
infine le stesse autorità di controllo.

Ordinanza 01 giugno 2004

L’art. 5 dello Statuto della Congregazione Cristiana dei Testimoni
di Geova stabilisce che “l’espulsione dei soci aderenti è
deliberata dall’assemblea su proposta del Corpo degli anziani delle
Congregazioni locali”. Tale provvedimento deve essere valutato dal
giudice statuale non con riferimento al merito dell’espulsione,
rispetto alla quale detto giudice potrebbe anche – come propugnato da
autorevole dottrina – ritenersi privo di ogni competenza, stante
l’art. 8, comma 1, Cost. che prevede la piena libertà delle
confessioni religiose, con conseguente insindacabilità giudiziale dei
provvedimenti di disassociazione, esclusione e/o scomunica dei loro
adepti o fedeli, ma con riferimento alla forma del provvedimento di
disassociazione o espulsione il quale deve fare salvo, sulla base del
principio generale dell’ordinamento sul “giusto processo”, il
diritto alla piena difesa dell’incolpato ed il rispetto degli
adempimenti procedurali previsti dallo statuto.

Ordinanza 26 marzo 2005

La rimozione del crocifisso dalle aule sedi dei seggi elettorali non
rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, posto che le
controversie sulla vigenza delle norme che prevedono, tra le altre
disposizioni di carattere generale ed organizzativo, la presenza del
crocifisso nelle aule scolastiche e, quindi, spiegano i loro effetti
verso una platea indifferenziata di soggetti, non attengono ad un
rapporto esclusivamente “individuale” di utenza, ai sensi dell’art.
33, 2° comma, lett. e), D. L.vo n. 80/98. Ciò premesso, anche a
volere ritenere configurabile la giurisdizione del giudice adito,
mancano in ogni caso le condizioni per accogliere tale domanda
cautelare, considerato che la mera esposizione di tale simbolo, nel
quale si identifica ancora oggi, sotto il profilo spirituale, la larga
maggioranza dei cittadini italiani, in assenza di qualsivoglia divieto
normativo, costituisce la testimonianza di tale diffuso sentimento,
senza alcuna valenza discriminatoria nei confronti delle altre
religioni, la cui libera professione è senza alcun dubbio consentita
e garantita dallo Stato. Né da tale presenza pare derivare alcuna
violazione e/o condizionamento quanto al libero esercizio del diritto
di voto, dovendosi in primo luogo ricondurre tale simbolo alla
radicata tradizione religiosa e culturale del Paese, senza
necessariamente dedurne un’interferenza, anche solo indiretta,
rispetto alle varie consultazioni (politiche, amministrative o
referendarie).

Ordinanza 31 marzo 2005

Il crocifisso non può essere considerato come simbolo esclusivamente
religioso. In una società come quella italiana, definita di “antica
cristianità”, non può infatti escludersi il carattere anche
culturale di quest’ultimo, in quanto espressione del patrimonio
storico di un popolo, alla cui identità tale simbolo va riferito. La
croce, dunque, oltre ad essere dotata di un particolare significato
per i credenti, rappresenta l’espressione della civiltà e della
cultura cristiana nella sua radice storica, come simbolo dotato di
valore universale. Pertanto, sotto tale profilo, e cioè considerando
il carattere culturale del crocifisso, è da escludere un contrasto
tra la sua mera presenza ed il principio di laicità dello Stato. Né
tale presenza contrasta comunque con il diritto, costituzionalmente
garantito, di libertà religiosa, posto che la stessa non appare
circostanza idonea a costringere ad atti di fede e ad atti contrari
alle proprie convinzioni religiose, e tale da essere, quindi, in
contrasto con il principio di libertà religiosa.

Ordinanza 24 marzo 2005

La presenza del crocifisso nelle aule scolastiche destinate a sedi di
seggio non rappresenta di per sé imposizione di un credo religioso o
di una forma di venerazione, né obbliga alcuno a tenere una
determinata condotta di adorazione o a dichiarare la propria posizione
in materia religiosa. Né, per il solo fatto di permanere durante lo
svolgimento delle operazioni di voto nelle consultazioni elettorali o
referendarie, tale presenza è idonea ad assumere una connotazione
particolare che in qualche modo condizioni, subordini o influenzi la
formazione dell’opinione politica o l’espressione del voto da parte
degli elettori. E’ inoltre dubitabile che sussista in astratto il
diritto soggettivo del privato di conseguire giudizialmente
l’adeguamento dell’ordinamento ad un principio costituzionale
(quale il principio di laicità dello Stato), in quanto ciò
significherebbe attribuire al singolo la possibilità di indirizzare
concretamente l’azione della P.A. al di fuori della normativa
(costituzionale, primaria, secondaria e regolamentare) che presiede
alla formazione ed alla attuazione della volontà della P.A., ed – in
secondo luogo – presupporrebbe che, a semplice richiesta di chiunque e
mancando lo specifico pregiudizio di cui appena sopra, l’Autorità
giudiziaria possa surrogarsi allo Stato nell’emanazione di
disposizioni normative dirette ad attuare nell’ordinamento i principi
costituzionali aventi carattere non precettivo, ma programmatico.

Sentenza 05 gennaio 1999

L’art. 831, comma 2 c.c dispone che gli edifici destinati
all’esercizio pubblico del culto cattolico, anche se appartenenti a
privati, non possono essere sottratti a tale destinazione neppure per
effetto di alienazione, fino a che la destinazione stessa non sia
cessata in conformità delle leggi che li riguardino; nell’assenza
di norme di legge in proposito, la giurisprudenza maggioritaria
ritiene che la suddetta disposizione contenga un rinvio formale al
diritto canonico, le cui norme in materia producono dunque effetti
nell’ordinamento civile e devono essere applicate da tutti gli
organi dello Stato.
Pertanto, nel caso di specie, le chiese destinate all’esercizio del
culto cattolico non possono essere concesse in uso, dall’autorità
comunale, per il culto vetero-cattolico senza uno specifico accordo
con l’autorità ecclesiastica cattolica competente, a nulla
rilevando, sul punto, il maggiore o minore uso da parte di
quest’ultima del luogo sacro in questione.
E’ inoltre manifestamente infondata, al riguardo, la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 831 c.c., per violazione degli
artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 Cost., in quanto la destinazione di un
edificio all’esercizio pubblico del culto cattolico non pone in
discussione nè limita il diritto – tutelato dalla Carta
costituzionale – delle altre Confessioni di professare la propria fede
religiosa, di farne propaganda e di esercitare in privato e in
pubblico il culto.

Decreto 29 maggio 2000, n.3722

L’annotazione del battesimo nell’apposito registro parrocchiale e
la conservazione dell’atto così formato costituiscono operazioni
strettamente connesse con l’attività religiosa della Chiesa
cattolica, rientrando in quell’ordine che lo Stato italiano
riconosce come «indipendente e sovrano» (art. 7 Cost.); queste
attività non ledono, infatti, la libertà religiosa di chi intende
abiurare la fede cattolica e non pongono alcuno ostacolo alla
successiva pubblica professione di ateismo; ne consegue – nel caso di
specie – il rigetto della istanza di cancellazione dai suddetti
registri, presentata da battezzato convertitosi pubblicamente
all’ateismo.

Ordinanza 16 agosto 2002, n.249552

Francia. Ordonnance du Juge des Référés du 16 août 2002, n. 249552: “Diritto alla vita e tutela delle convinzioni religiose del paziente” (Omissis) Vu la requête, enregistrée au secrétariat du contentieux du Conseil d’Etat le 13 août 2002, présentée pour Mme Valérie FEUILLATEY et pour Mme Isabelle FEUILLATEY, épouse GATT, demandant au juge des référés […]