Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 29 gennaio 2010, n.71

Il libero uso della lingua di origine deve essere ricondotto al nucleo
fondamentale dei diritti dell’individuo, connotandone fortemente la
personalità e permettendogli piena libertà di espressione e di
comunicazione. Imporre ad una persona l’uso di una lingua diversa da
quella nazionale, se non giustificato da un solido rispetto del
principio di ragionevolezza, costituisce illegittima disparità di
trattamento che rientra nella nozione di discriminazione del nostro
ordinamento.

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In proposito il commento
[http://www.asgi.it/public/parser_download/save/commento_ordinanza_brescia_29012010.pdf]
all’ordinanza di _Nicola Fiorita _(Università della Calabria) e _Lisa
Iovane_ (Università di Firenze) sul sito dell’ASGI – Associazione per
gli Studi Giuridici sull’Immigrazione
[http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=837&l=it] 

Sentenza 03 dicembre 2009

Stante l’espressa considerazione normativa della possibilità di
svolgimento da parte dell’ente ecclesiastico di attività commerciali
o a scopo di lucro (art. 16 l. n. 222/1985
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=424]e art. 1 d.lgs.
n. 155/2006 [https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=3544]) e
l’osservazione che la disposizione del TUIR ha portata limitata alla
previsione di esenzioni fiscali e non una valenza generale nell’ambito
civilistico (v. Cass. Sez. I 20/06/2000, n. 8374), si deve ritenere
che, ove l’ente ecclesiastico svolga stabilmente attività organizzata
di produzione o scambio di beni e servizi con metodo economico, sia
imprenditore (si v. Cass. Lav. sentenza 5 gennaio 2001, n. 97
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=1402] relativa
all’Istituto Scolastico Beata Maria De Mattias). Ove l’ente
ecclesiastico si faccia imprenditore dovrà, dunque, applicarsi la
relativa disciplina ivi compresa quella fallimentare.

Sentenza 05 luglio 1971

E’ da escludere che nel corso dell’assemblea, indetta la sera del
4 gennaio 1969 nella chiesa parrocchiale del rione Isolotto di
Firenze, i sacerdoti e i laici intervenuti durante il dibattito
istigassero i presenti al reato di impedire, la mattina successiva, la
celebrazione delle messe nella loro chiesa da parte del delegato
arcivescovile.

Sentenza 24 marzo 1979

Per la sussistenza del reato di cui all’art. 402 del codice penale
non è sufficiente la mera offesa alla divinità o ai simboli e
persone venerati dalla religione, ma è necessario che le
manifestazioni oltraggiose siano tali da esporre al ludibrio, allo
scherno e al disprezzo la religione medesima. Integra gli estremi del
reato di cui all’art. 403 del codice penale non la mera offesa
arrecata ad un ministro di culto, bensì il vilipendio che attraverso
tale offesa si arreca alla religione cattolica; configura pertanto
tale reato l’offesa alla figura del pontefice anche quando la
persona fisica che lo rappresenta non sia ancora stata scelta dal
conclave.

Ordinanza 03 giugno 2009

La kafala c.d. consesuale si realizza mediante l’accordo diretto tra
la famiglia di origine e quella di accoglienza, siglato davanti ad un
notaio e poi omologato dal giudice. Considerato che, nel nostro
ordinamento si ritiene ormai acquisito il principio della
equiparazione ai fini del ricongiungimento familiare della kafala di
diritto islamico con il modello di affidamento nazionale, resta da
stabilire se anche la kafala consensuale possa o meno avere la
medesima efficacia. Al riguardo, si deve rilevare come il
provvedimento, siglato davanti ad un notaio e poi omologato dal
giudice, debba ritenersi atto assimilabile all’affidamento ai fini che
qui interessano, producendo il medesimo effetto della kafala prevista
dall’ordinamento marocchino per i minori abbandonati e destinato a
cessare al compimento della maggiore età. Inoltre, quanto alla
ammissibilitò del collocamento extrafamiliare, in assenza di
condizioni di abbandono, non può non rilevarsi come l’interesse del
minore possa esssere più pienamente attuato anche in altro contesto,
soprattutto laddove si parli di un Paese che goda di maggiori svluppo
e benessere.

Ordinanza 03 agosto 2009, n.2724

Nel diritto islamico l’istituto della kafala è funzionale alla
protezione di minori orfani, abbandonati o comunque privi di un
ambiente familiare idoneo alla loro crescita, ed ha come effetto
quello di affidare ad un adulto musulmano o ad una coppia di coniugi
la custodia del minorenne in stato di abbandono, senza per ciò stesso
creare in capo all’affidatario (kafil) vincoli ulteriori nei
confronti del minore (makfoul) rispetto all’obbligo di provvedere al
suo mantenimento ed alla sua educazione. A fronte di un primo
orientamento negativo da parte dei Tribunali, detto istituto è oggi
ampiamente ritenuto degno di riconoscimento all’interno del nostro
ordinamento, non risultando lo stesso contrario all’ordine pubblico.
Per tali ragioni la kafala è stata ritenuta valevole di tutela ai
fini del ricongiungimento familiare, ex art. 29 d. lgs.n. 286/1998,
dalla più recente giurisprudenza della Suprema Corte, attraverso una
interpretazione costituzionalmente orientata del T.U. sulle
immigrazioni, diretta cioè ad una tendenziale prevalenza del valore
di protezione del minore straniero, rispetto a quelli di difesa del
territorio e contenimento dell’immigrazione.

Ordinanza 03 aprile 2009

L’art. 29 della Costituzione, nel momento in cui attribuisce tutela
costituzionale alla famiglia legittima – contribuendo essa, grazie
alla stabilità del quadro delle relazioni sociali, affettive ed
economiche che comporta, alla realizzazione della personalità dei
coniugi -, non costituisce un ostacolo al riconoscimento giuridico del
matrimonio tra persone dello stesso sesso. In questo senso, il
Tribunale adito ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata
la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98,
107, 108, 143, 143 bis e 156 bis cc., nella parte in cui,
sistematicamente interpretati, non consentono che le persone di
orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone
dello stesso sesso, per contrasto con agli artt. 2, 3, 29 e 117, 1°
comma della Costituzione.

Ordinanza 24 giugno 2009

Ai sensi del D.Lgs. n. 216/2003, per principio di parita’ di
trattamento si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione nei
rapporti di lavoro – diretta o indiretta – a causa della religione,
delle convinzioni personali, degli handicap, dell’eta’ o
dell’orientamento sessuale (art. 2, comma 1). In particolare, sono
considerate come disciminazioni, nel senso suddetto, anche “le
molestie ovvero quei comportamenti indesiderati”, posti in essere per
i motivi anzidetti, “aventi lo scopo o l’effetto di violare la
dignita’ di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile,
degradante, umiliante od offensivo” (art. 2, comma 3). Non può essere
ricondotto a tale fattispecie il comportamento della Amministrazione
scolastica che abbia diffidato un insegnante dal rimuovore il
crocifisso affisso nell’aula di lezione; crocifisso la cui presenza
era stata richiesta dall’assemblea degli studenti, confermata da una
delibera del consiglio di classe e anche da una conseguente circolare
del Dirigente scolatico. Deve sottolinearsi, infatti, che la laicità
e la libertà di insegnamento si fonda sulla libertà dì espressione,
di pensiero e di religione e quindi sul rispetto reciproco di tutte le
persone indipendentemente dal loro orientamento religioso, di pensiero
e di coscienza. Ed è proprio nel rispetto di tale principio che il
Dirigente scolastico ha posto in essere – secondo il Tribunale adito –
la condotta lamentata. Il comportamento dell’Amministrazione
scolastica, infatti, non pare connotato da alcun intento
discriminatorio, ma è teso a rispettare la scelta culturale e
religiosa espressa dalla classe nella assemblea, invitando in tale
modo tutti gli insegnati ad improntare la relazione con gli studenti
nel segno del reciproco rispetto, della tolleranza e della
condivisione.

Decreto 01 aprile 2009

Tribunale Civile di Roma. Sezione I bis. Decreto 1° aprile 2009: “Richiesta di nomina di un amministratore di sostegno e difetto del requisito dell’attualità dell’impossibilità di provvedere ai propri interessi”. TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA – SEZIONE I BIS UFFICIO DEL GIUDICE TUTELARE Il giudice tutelare, dott.ssa Chiara Giammarco ha pronunciato il seguente DECRETO nel procedimento […]

Ordinanza 26 agosto 2008

Tribunale di Firenze. Ordinanza 23-26 agosto 2008: “Sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 2, 3 e 4, e dell’art. 6, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 recante «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita»”. (G.U. n. 50 del 3 dicembre 2008) IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva che precede (udienza 11 […]