Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 26 gennaio 2009, n.214

Il diritto di rifiutare le cure è un diritto di libertà
assoluto, il cui dovere di rispetto si impone nei confronti di
chiunque intrattenga con l'ammalato il rapporto di cura, non
importa se operante all'interno di una struttura sanitaria
pubblica o privata. Qualora l'ammalato decida di rifiutare le cure
– ove incapace, tramite rappresentante legale debitamente autorizzato
dal Giudice Tutelare – tale manifestazione esclude ogni legittimazione
al trattamento sanitario, determinando il sorgere dell'obbligo
giuridico del medico di interrompere la somministrazione dei mezzi
terapeutici indesiderati. In questo senso, dunque, rifiutare il
ricovero ospedaliero, dovuto da parte del SSN a chiunque sia affetto
da patologie mediche, solo per il fatto che il malato abbia
preannunciato la propria intenzione di avvalersi del suo diritto alla
interruzione del trattamento, significa limitare indebitamente tale
diritto. L'accettazione presso la struttura sanitaria pubblica non
può infatti essere condizionata alla rinuncia del malato ad
esercitare un suo diritto fondamentale.


Corte
di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza 13 dicembre 2008, n.
27145

Corte
costituzionale, Ordinanza 8 ottobre 2008, n. 334

Corte
di Appello di Milano. Prima Sezione Civile. Decreto 9 luglio
2008

Corte
di Cassazione. Sezione I civile. Sentenza 4 – 16 ottobre 2007,
n. 21748

Corte
di cassazione. Sezione I civile. Ordinanza 20 aprile 2005, n.
8291
)

Sentenza 11 giugno 2008, n.8887

In virtù della disciplina sul rapporto d’impiego del personale
docente, si delinea una sostanziale equiparazione giuridica – anche
dal punto di vista del trattamento economico e della progressione in
carriera – degli insegnanti di religione con incarico annuale ai
docenti assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato (cfr.,
Consiglio Stato, sez. II, 16 ottobre 1996, n. 1931). L’assimilazione
dello “status” giuridico dei docenti di religione con incarico annuale
agli insegnanti assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato
trova invero conferma nella mancata istituzione di un ruolo separato e
speciale per i primi (cfr., Consiglio Stato, sez. II, 16 ottobre 1996,
n. 1931). Deve quindi ritenersi applicabile agli insegnanti di
religione la C.M. n. 195 del 21.7.1977, che esclude l’applicazione
agli insegnanti a tempo indeterminato dell’art. 5 del D.L.C.P.S. n.
1687 del 1947, con inapplicabilità della C.M. n. 176 del 1971, che
consente il pagamento della retribuzione estiva a condizione che
l’insegnante conservi per il periodo corrispondente alle operazioni
di scrutinio il diritto all’intera retribuzione.

Sentenza 14 novembre 2008, n.288/2008

Viola i diritti fondamentali riconosciuti dagli artt. 14 (uguaglianza)
e 16.1 (libertà religiosa) la scelta di un Consiglio scolastico di
una scuola pubblica di mantenere nelle aule e negli altri locali
l’esposizione di crocifissi. Gli stessi vanno quindi rimossi poichè,
al di là della loro valenza storico-culturale, continuano ad avere un
chiaro significato religioso. La loro presenza all’interno di istituto
scolastico pubblico destinato all’insegnamento di base gratuito per i
minori in piena fase di sviluppo della loro capacità intellettiva,
può ingenerare in essi la convizione che lo Stato sia più vicino
alla confessione religiosa di cui tali simboli siano espressione.

Sentenza 19 maggio 2008, n.1698

L’art. 5, comma 6, del T.U. n. 286/1998 vieta il rifiuto o la revoca
del permesso di soggiorno nel caso in cui ricorrano seri motivi di
carattere umanitario. Deve pertanto ritenersi illegittimo il rifiuto
di rinnovo del permesso di soggiorno nei confronti dello straniero,
che – nel caso di ritorno al proprio paese d’origine – potrebbe essere
vittima di atti di violenza e/o di torture (Nel caso di specie, il
ricorrente, originario della regione sudanese del Darfur, aveva subito
la perdita del fratello, vittima di violenze a causa della religione
professata).

Sentenza 07 aprile 2008, n.3054

L’insegnamento della religione cattolica può essere affidato a chi,
fornito di studio valido per l’insegnamento nelle scuole materne ed
elementari, sia in possesso dei requisiti di cui al primo comma del
punto 4.4. del d.P.R. n.751 del 16 dicembre 1985, richiamato dalla
successiva L. n. 186/03, cioè dell’attestazione di idoneità
rilasciata dall’ordinario diocesano, od a chi, fornito di altro
diploma di scuola secondaria superiore, abbia conseguito almeno un
diploma di Istituto in Scienze religiose riconosciuto dalla Conferenza
episcopale italiano. Presupposto indefettibile per l’accesso al
concorso in oggetto è pertanto il possesso del diploma magistrale, o
comunque, di altro titolo che abbia la stessa valenza, laddove il
possesso del diploma di scienze religiose permette esclusivamente di
dimostrare la conoscenza della religione cattolica. Ne consegue che
non può attribuirsi valore equipollente al diploma magistrale ed a
quello di scienze religiose, riguardando gli stessi due fattispecie
diverse, sia in termini di ”peso concorsuale”, sia in termini di
conoscenze presupposte.

Sentenza 19 luglio 2005

Cour administrative d’appel de Paris. Sentenza 19 luglio 2005, N° 05PA01831. Legittimità dell’espulsione di un alunno da una scuola pubblica per aver indossato il turbante Sikh. 1ERE CHAMBRE – FORMATION A M. JANNIN, président M. Daniel BENEL, rapporteur M. BACHINI, commissaire du gouvernement BEAUQUIER, avocat REPUBLIQUE FRANCAISE AU NOM DU PEUPLE FRANCAIS Vu la requête […]

Sentenza 22 settembre 2008, n.1194

L’art. 5 della L. n. 186/2003 reca una puntuale disciplina circa i
tempi ed i modi per l’assunzione del primo contingente di insegnanti
di religione cattolica da collocare nelle dotazioni organiche
regionali istituite dalla legge medesima; esso stabilisce che il primo
concorso è riservato agli insegnanti di religione cattolica che
abbiano prestato servizio per almeno quattro anni nel corso degli
ultimi dieci anni, in tale specifica materia. Poiché tale norma,
espressamente qualificata come transitoria, enuclea in via immediata
la cerchia dei docenti che possono partecipare alla speciale sessione
di reclutamento, esprimendo la “ratio” di recuperare con una prima
tornata le posizioni degli insegnanti di religione cattolica che, nel
periodo antecedente, avevano reso l’attività di insegnamento in
condizioni di precarietà, si deve ritenere che il possesso dei
requisiti di ammissione e, segnatamente, l’individuazione del decennio
di insegnamento nel cui ambito devono essere prestati i quattro anni
continuativi, vada necessariamente raccordato alla data di entrata in
vigore della L. n. 186/2003. Ne consegue che va considerato corretto
il comportamento dell’Amministrazione che, in sede di adozione del
bando di concorso, abbia fatto riferimento al periodo di insegnamento
che va dall’anno scolastico 1993/1994 all’anno scolastico 2002/2003
(cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 gennaio 2008, n. 31
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4700])

Sentenza 15 maggio 2008, n.6156

L’art. 1 della legge n. 230/07 ha introdotto il comma 7 ter
dell’art 15 n. 230/98, che espressamente riconosce la possibilità
di richiedere la revoca dello status di obiettore dopo
l’espletamento del servizio, ancorandola a specifiche modalità
temporali e formali (la richiesta cioè deve essere irrevocabile e
può essere presentata solo dopo il decorso del termine di 5 anni
dalla collocazione in congedo). Per coloro che si avvalgono della
facoltà in esame il legislatore prevede espressamente al comma 7 bis
del citato art. 15, anch’esso introdotto dalla l. n. 130/07, il
venir meno dei limiti all’accesso per i posti in corpi militari o
che, comunque, comportino l’uso delle armi. Dalla disciplina ora
richiamata appare confermata, quindi, la netta distinzione, anche a
livello normativo, tra il profilo attinente alla preclusione
all’ammissione ad un certo tipo di impieghi e quello concernente gli
effetti della revoca dello status di obiettore intervenuta dopo
l’espletamento del servizio.

Sentenza 04 giugno 2008, n.741

L’Intesa tra l’Assessore regionale dei BB.CC.AA. ed il Presidente
della Regione Ecclesiastica Sicilia per la salvaguardia, la
valorizzazione e il godimento dei beni culturali di interesse
religioso appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche, siglata
l’11 giugno 1997, stabilisce che “Gli Enti e le Istituzioni
Ecclesiastiche a cui i Beni appartengono ne garantiscono la
manutenzione ordinaria. La manutenzione straordinaria che non
coinvolge alcun aspetto restaurativo, può essere curata direttamente
dall’Ente o dall’Istituzione Ecclesiastica a cui i Beni
appartengono. “ (art. 8). Ciò implica, dunque, nei casi di
manutenzione straordinaria di beni monumentali che non comportino
opere di restauro, la possibilità che la progettazione e l’esecuzione
dei lavori sia affidata con incarico fiduciario diretto, purchè non
si tratti di opere assistite da finanziamento pubblico. In
quest’ultimo caso, infatti, l’Amministrazione pubblica viene chiamata
a gestire un contributo statale, risultando così tenuta a rispettare
la procedura ad evidenza pubblica.

Sentenza 26 marzo 2008, n.5628

La giurisprudenza, sia del giudice delle leggi (C. Cost. 22 luglio
1999 n. 343), sia del giudice amministrativo (cfr., fra le tante,
Cons. Stato, II Sez., 10 gennaio 2001 n. 1606/2000; T.A.R. Pescara 15
giugno 2001 n. 567; T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 19 maggio 2003, n.
1948), ritiene che l’insegnamento delle materie alternative sia
ininfluente ai fini dell’ammissione alla sessione riservata di esami e
della valutabilità del servizio prestato. Ciò in quanto tale
insegnamento non corrisponde né a posti di ruolo, né ad una
individuata classe di concorso ed è specificamente caratterizzato dal
fatto di non avere per oggetto materie curricolari. Per contro, il
carattere derogatorio della disposizione tendente alla immissione in
ruolo per soli titoli, intende ancorare l’immissione in ruolo a
titoli di servizio maturati su materie curricolari (cfr. Consiglio
Stato, sez. VI, 20 aprile 2000, n. 2465). Per tali ragioni, dunque, i
servizi svolti nell’insegnamento delle attività alternative della
religione cattolica non sono validi né ai fini dell’ammissione e
neppure ai fini del punteggio.