Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 15 gennaio 2010, n.19

Ogni limitazione del diritto di riunione (per ragioni di sicurezza e
per la difesa di diritti pariordinati, quale quello di circolazione e
di salvaguardia del patrimonio artistico) deve essere considerata
eccezionale, sia con riferimento agli spazi da sottrarre all’esercizio
di tale diritto, sia con riferimento ai soggetti pubblici che siffatte
limitazioni possono imporre. In questo senso, nel quarto ed ultimo
punto della Direttiva 26 gennaio 2009,
[https://www.olir.it/documenti/?documento=5248] il Ministro
dell’Interno invita espressamente i (soli) Prefetti a stabilire regole
(d’intesa con i Sindaci e sentito il Comitato prov. le per l’ordine e
la sicurezza pubblica) per sottrarre alcune aree alle manifestazioni e
prevedere forme di garanzia e regole per lo svolgimento delle stesse;
e conclusivamente, afferma che “tali determinazioni (da condividere il
più possibile con le forze politiche e sociali) troveranno forma in
un apposito provvedimento del Prefetto, inizialmente anche in forma
sperimentale”. Stante il carattere eccezionale di queste disposizioni,
esse non possono che essere interpretate restrittivamente, così
dovendosi concludere per l’esclusiva competenza del Prefetto (pur
nella necessaria intesa con i Sindaci) ad assumere provvedimenti di
regolamentazione delle manifestazioni in luogo pubblico. Ne consegue
che laddove un Sindaco abbia adottato una espressa disciplina delle
riunioni in luogo pubblico nel proprio Comune, questi ha
illegittimamente provveduto in materia di esclusiva competenza e
spettanza del Prefetto.

Sentenza 17 settembre 2009, n.4665

L’utilizzo della propria residenza per riunioni di adepti, a scopo
religioso, culturale, associativo in genere, non è di per sé
sufficiente a configurare un illecito edilizio suscettibile di essere
sanzionato ai sensi dell’art. 31 del d.p.r. n. 380 del 2001 (t.u.
edilizia); né lo è lo svolgimento saltuario di pratiche di culto in
un luogo strutturato e destinato ad abitazione.

Sentenza 22 gennaio 2009, n.985

La costruzione di un edificio non destinato all’esercizio del culto,
bensì finalizzato ad ospitare la sede di una associazione religiosa,
non può ritenersi rientrante tra le opere di urbanizzazione
secondaria, per le quali è prevista l’esenzione dal pagamento dei
contributi concessori (nel caso di specie, la costruzione della sede
della Associazione dei Testimoni di Geova, non essendo qualificabile
quale luogo di culto o edificio religioso, veniva assoggettata dal
Comune al pagamento degli oneri concessori).

Sentenza 12 settembre 2009, n.8650

In OLIR: Atto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, Stati vegetativi, nutrizione e idratazione
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4857], 16 dicembre
2008.

Sentenza 17 luglio 2009, n.7076

In OLIR:
Ordinanza Ministeriale n. 26/07 Prot. n. 2578
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4108], recante
“Istruzione e modalità per lo svolgimento degli esami di Stato nelle
scuole statali e non statali – a.s. 2006/2007”;
Ordinanza Ministeriale n. 30/08 prot. 2724
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4780], recante
“Istruzioni e modalità organizzative ed operative per lo svolgimento
degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione
secondaria superiore nelle scuole statali e non statali. Anno
scolastico 2007/2008”

Sentenza 26 febbraio 2009, n.1192

La costruzione di cappelle private, anche utilizzate da istituti
religiosi, è soggetta sia alle norme del diritto canonico sia a
quelle del diritto civile statale. In particolare, il canone 1241
stabilisce che le parrocchie e gli istituti religiosi possano avere un
cimitero proprio, così come le altre persone giuridiche o le
famiglie, purchè l’area a ciò destinata venga benedetta a giudizio
dell’Ordinario del luogo. Secondo l’ordinamento canonico, dunque,
anche gli istituti religiosi possono avere un cimitero proprio,
purchè sia garantita la sacralità del luogo, attraverso la
benedizione e la dedicazione. Tuttavia, se questo è l’ambito di
applicazione della disciplina dei cimiteri secondo il diritto
canonico, altro è il profilo della presenza dei cimiteri secondo il
diritto statale. Le leggi civili richiedono il rispetto di una serie
di prescrizioni, volte in primo luogo a garantire l’igiene e la
salubrità dei luoghi circostanti i cimiteri, pubblici o privati che
siano. In questo senso, dunque, anche i cimiteri privati di proprietà
di istituti religiosi debbono sottostare alle condizioni di salubrità
ed igiene stabilite dal regolamento di polizia mortuaria. Non esiste
quindi un conflitto fra le due normative, tale per cui una possa
escludere l’altra, bensì è consentito, nel rispetto dei principi
del diritto canonico, realizzare anche cimiteri privati, purchè ciò
avvenga con l’osservanza delle norme stabilite dal regolamento di
polizia mortuaria.

Sentenza 30 marzo 2009, n.116

L’art. 107, comma 5, della legge provinciale n. 13 del 1997 – così
come la normativa previgente (cfr. l’art. 95, comma 5, del TU delle
leggi urbanistiche provinciali, approvato con DPGP 26 ottobre 1993, n.
38, l’art. 16 della legge provinciale 23 giugno 1992, n. 21 e, ancor
prima, l’art. 42, comma 5, del TU approvato con DPGP 23 giugno 1970,
n. 20, come sostituito dall’art. 8 della legge provinciale 24
novembre 1980, n. 34) – prevede il divieto di cambiamento di
destinazione d’uso degli impianti per la raccolta, conservazione e
lavorazione di prodotti agricoli, in assenza di una diversa
destinazione d’uso di tutta l’area nel piano urbanistico
provinciale. Posto tale divieto, sin dal 1980, può dunque essere
disposto il ripristino dello stato dei luoghi nel caso di avvenuto
acceramento del cambio di destinazione d’uso di un edificio da
“commercio all’ingrosso di prodotti agricoli” a “deposito e
conservazione di frutta per conto di terzi” (nel caso di specie,
veniva respinto il ricorso del proprietario di un immobile, adibito in
parte a luogo di culto musulmano, che asseriva come il cambio della
destinazione d’uso di tale edificio fosse avvenuto del tutto
legittimamente, essendo detta attività di culto ricomprendibile
nell’ambito dell’attività terziaria svolta, già prima del 1992,
in tale edificio).

Sentenza 15 gennaio 2009, n.620

L’art. 2 della L.r. n. 40/93, coerentemente con la legge quadro n.
266/91, stabilisce che le associazioni di volontariato debbano
rivolgersi esclusivamente a fini di solidarietà verso terzi. Tale
requisito non può ritenersi sussistente nel caso di Confraternita che
non escuda – nel proprio statuto – ogni interesse da parte degli
iscritti alle proprie attività, ma che al contario preveda, quale
finalità principale, che gli aderenti siano destinatari delle
attività di sepoltura ed accompagnamento funebre svolte dalla stessa.

Sentenza 06 febbraio 2009, n.1206

L’art. 14 del D.P.R. n. 394/1999, nell’indicare le attività
consentite in relazione ai permessi di soggiorno per motivi di lavoro
subordinato, di lavoro autonomo, familiari e di studio, espressamente
consente la conversione di tali permessi di soggiorno per
l’attività effettivamente svolta. La predetta disposizione,
tuttavia non può interpretarsi nel senso che soltanto le menzionate
tipologie di permesso di soggiorno possano essere oggetto di
conversione e, conseguentemente, che per quelle non espressamente ivi
richiamate tale conversione non sarebbe consentita. Ciò nella
considerazione che la norma suddetta non contiene alcuna espressa
esclusione dalla conversione di altre tipologie di permesso di
soggiorno diverse da quelle sopra menzionate ed in particolare, per
quanto qui interessa, con riferimento al permesso di soggiorno per
motivi religiosi (nel caso di specie, veniva accolto il ricorso di una
cittadina indiana che, in vigenza del permesso di soggiorno per motivi
religiosi, svolgeva attività lavorativa come infermiera
professionale, in base ad un regolare contratto di lavoro
subordinato).

Sentenza 31 gennaio 2009, n.198

L’insegnamento della religione cattolica deve essere impartito, ai
sensi del n. 5 lett. a) dal Protocollo addizionale all’Accordo del 18
febbraio 1984, da insegnanti riconosciuti “idonei” dalla autorità
ecclesiastica competente (nel caso di specie, veniva accolto il
ricorso di un’insegnante in possesso della idoneità richiesta, ma
ritenuta erroneamente insussistente dall’Amministrazione).