Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 16 marzo 2007, n.2320

Gli insegnanti di religione – costituendo nell’ordinamento
scolastico una categoria speciale posta ai margini
dell’organizzazione scolastica e caratterizzata dalla peculiarità
della materia insegnata – non appartengono ai ruoli dei docenti
statali, né sono destinati a transitare in essi a causa
dell’inesistenza dei corrispondenti posti, con conseguente non
ammissibilità di tali docenti alle sessioni riservate di esami di
abilitazione indette in applicazione della legge 3 maggio 1999 n. 124.

Sentenza 22 gennaio 2007, n.64

Se è esatto che l’obiezione di coscienza presuppone una precisa
scelta ideale, con il rifiuto della violenza e quindi delle armi, non
è possibile, una volta che l’obbligatorietà del servizio di leva
sia venuto meno, sia pure nella forma della sospensione (art. 2, comma
1, lett. f, L. n. 331/14.11.2000), con la istituzione del “militare
professionalizzato”, fare della “obiezione di coscienza accolta”
una gabbia limitativa delle possibilità del cittadino, libero di
cambiare idee politiche e/o etiche, nonché avente diritto a svolgere
l’attività lavorativa che si è scelta; è infatti essenziale, in
proposito, l’accertamento delle condizioni di legge al momento della
richiesta ed ogni altra disposizione ha una validità “rebus sic
stantibus” (Nel caso di specie, veniva accolto il ricorso di una
guardia giurata contro il provvedimento di revoca della licenza alla
pistola di servizio)

Sentenza 30 gennaio 2007, n.783

Il titolo di Magistero in Scienze Religiose non può essere equiparato
al titolo accademico conferito dalla Facoltà di Teologia, ma non si
ravvisa alcuna ragione ostativa per escludere la sua sussumibilità
– nel raffronto comparativo – alla categoria del diploma di grado
universitario. Tanto si opina almeno per un duplice ordine di ragioni:
anzitutto, perché – all’esito di una lettura del percorso
didattico di quel corso di studi – si evince chiaramente che le
materie in esso insegnate sono di grado universitario e non certo
scolastico. In secondo luogo perché a voler diversamente ritenre,
escludendosi che il titolo di cui si discorre possa inquadrarsi nella
lett. c) del punto 4.3. dell’accordo tra il Ministero della Pubblica
istruzione e la Conferenza Episcopale Italiana per l’insegnamento
della religione cattolica nelle scuole pubbliche (D.P.R. n. 751/1985),
non si vede quali attestati potrebbero rientrare in tale categoria,
che evidentemente è stata individuata proprio per censire i titoli
che contengono un quid pluris culturale rispetto a quelli scolastici,
e che non sono tuttavia elevabili a quello della laurea.

Sentenza 09 febbraio 2007, n.113

Con l’entrata in vigore del nuovo Testo Unico sull’espropriazione,
l’avvio del procedimento finalizzato all’approvazione del progetto
definitivo dell’opera pubblica e all’adozione della conseguente
dichiarazione di pubblica utilità deve essere comunicato al
proprietario delle aree interessate, come prescritto dall’art. 16
comma 4, D.P.R. n. 327 del 2001; ai sensi dell’art. 17, comma 2,
D.P.R. n. 327 del 2001 l’ente locale, a mezzo raccomandata con avviso
di ricevimento, deve poi rendere edotto l’interessato della data in
cui è divenuto efficace il provvedimento che ha approvato il progetto
definitivo dell’opera pubblica e della facoltà di prendere visione
dei relativi atti. Si tratta di adempimenti distinti e separati, che
assolvono ad esigenze teleologicamente diverse. La comunicazione,
effettuata ai sensi dell’art. 17 decreto citato, non assorbe dunque
anche quella di cui al precedente art. 16. Le due formalità non sono
affatto equipollenti e nell’ambito del procedimento espropriativo,
in ragione delle (costituzionalmente rilevanti) situazioni giuridiche
intercettate, le forme diventano sostanza. L’avviso di cui all’art. 16
comma 4, D.P.R. n. 327 del 2001 realizza, infatti, una garanzia
partecipativa non meramente formale rappresentando un necessario
passaggio cognitivo-dialettico funzionale sia per la parte, che può
opporre fatti e/o circostanze non considerati, sia per
l’amministrazione che quelle osservazioni deve esaminare e valutare
prima di approvare il progetto definitivo dell’opera; per cui, da tale
omissione procedurale discende l’illegittimità degli atti approvativi
del progetto e della dichiarazione di pubblica utilità ed in via
derivata di quello occupativo ed espropriativo.

Sentenza 08 febbraio 2007, n.141

Ai sensi dell’art. 17, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, “il contributo
di costruzione non è dovuto: … c) per gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate
dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di
urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti
urbanistici”. La legge della Regione Calabria n. 21/1990 (recante
“Norme in materia di edilizia di culto e disciplina urbanistica dei
servizi religiosi”) prevede, inoltre, all’art. 4 che “ai sensi e per
gli effetti dell’art. 3, secondo comma, lettera B, del decreto del
Ministro dei Lavori Pubblici 2 aprile 1968 e ai fini dell’applicazione
della presente legge sono attrezzature di interesse comune per servizi
religiosi: … c) gli immobili adibiti, nell’esercizio del ministero
pastorale, ad attività educative, culturali, sociali, ricreative, di
accoglienza e di ristoro che non abbiano fini di lucro (comma 1). Lo
stesso articolo 4 della citata legge regionale specifica pure (comma
3) che “in relazione al disposto dell’art. 4 della legge 29 settembre
1964, n. 847 e successive modificazioni, le attrezzature di cui al
precedente primo comma costituiscono opere di urbanizzazione
secondaria”. Ciò posto, le casa religiosa di accoglienza –
strutturalmente destinata ad ospitare i pellegrini che si recano
all’annesso Santuario – è, dunque, riconducibile, anche avuto
riguardo alle sue caratteristiche in concreto, alla categoria degli
“immobili adibiti nell’esercizio del ministero pastorale, ad attività
educative, culturali, sociali, ricreative, di accoglienza e di ristoro
che non abbiano fini di lucro”, prevista dal sopra riportato art. 4
della legge regionale Calabria n. 21/1990, con conseguente esclusione
del versamento del contributo di costruzione.

Sentenza 23 gennaio 2007, n.188

Le graduatorie generali di merito relative al concorso riservato, per
esami e titoli, per insegnanti di religione cattolica, nella scuola
dell’infanzia ed elementare, indetto con D.D.G. del 02 febbraio
2004, sono distinte – ex art. 9 – per diocesi presenti nel territorio
regionale, dal momento che la partecipazione al concorso, ai sensi
dell’art. 5 della legge n. 186/2003, è stata prevista su posti di
insegnante di religione cattolica compresi nell’ambito territoriale
delle diocesi di ciascuna regione .

Sentenza 23 novembre 2006

L’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, recante il Testo Unico delle
disposizioni normative e regolamentari in materia edilizia prevede –
all’art. 31, comma 2 – che “Il dirigente o il responsabile del
competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in
assenza di permesso, in totale difformità del medesimo, … ingiunge
al proprietario ed al responsabile dell’abuso la rimozione o la
demolizione”. Pertanto, se non può sostenersi che il proprietario
sia, in ogni caso, chiamato a rispondere degli abusi edilizi commessi
da terzi su immobili di sua proprietà, dall’altro la sua
“estraneità” non vale, di per se sola ad esonerarlo da qualsiasi
responsabilità, risultando la prova libertoria da fornirsi al
riguardo particolarmente difficile. Non basta infatti che quest’ultimo
dimostri di essere rimasto estraneo alle operazioni materiali ed,
ancor prima, di non aver commissionato l’opera, dovendo invece
dimostrare di essersi attivato con tutti i mezzi previsti
dall’ordinamento per impedire l’abuso potendo, in caso di mera
tolleranza, ipotizzarsi un suo coinvolgimento, quantomeno a titolo di
responsabilità morale (nel caso di specie, una arciconfraternita
veniva condannata a provvedere alla demolizione delle opere
abusivamente realizzate su un bene immobile di sua proprietà da altro
soggetto comproprietario)

Sentenza 15 gennaio 2007, n.8

L’15 della legge 8 luglio 1998 n. 230, in materia di obiezione di
coscienza, che vieta a coloro che hanno prestato il servizio civile
“di partecipare ai concorsi per l’arruolamento nelle Forze armate,
nell’arma dei Carabinieri, nel Corpo della Guardia di Finanza, nella
Polizia di Stato, nel Corpo di Polizia penitenziaria e nel Corpo
Forestale dello Stato o per qualsiasi altro impiego che comporti l’uso
delle armi”, non risulta applicabile ai concorsi di assunzione nella
Polizia Municipale comunale, posto che – ai sensi della legge quadro
sull’ordinamento della Polizia municipale 7.3.1986 n. 65, art. 5 – il
personale di Polizia municipale è abilitato a svolgere anche funzioni
ausiliarie di pubblica sicurezza, implicanti l’uso dell’arma in
dotazione obbligatoria, soltanto nei casi di previo conferimento, da
parte del competente Prefetto, della qualità di agente di pubblica
sicurezza.

Sentenza 10 gennaio 2007, n.39

La previsione di PRG, comportante l’ampliamento di una chiesa aperta
al culto pubblico, previo esproprio del giardino pertinenziale al
fabbricato cui la stessa è annessa, è illegittima per eccesso di
potere sotto il profilo dell’errore nei presupposti, non essendo
stato considerato che, risultando la stessa di proprietà del
ricorrente, non è possibile il suo ampliamento senza l’assenso del
proprietario.

Sentenza 23 ottobre 2006, n.3728

Non può essere accolta la richiesta, da parte di cittadina
extracomuniaria, di permesso di soggiorno per motivi di coesione
familiare con il coniuge, cittadino italiano, con il quale abbia
contratto matrimonio con rito islamico che non sia stato regolarmente
trascritto presso l’Ufficio dell’Anagrafe. La disciplina italiana
dettata dalla legge 24 giugno 1929 n. 1159 prevede, infatti, che
l’Ufficiale di stato civile trascriva il matrimonio celebrato dai
ministri di culto acattolici nei registri dello stato civile, perché
esso possa produrre effetti civili (articoli 7 e 10).