Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 07 dicembre 1960

Si deve riconoscere alla Chiesa cattolica il diritto di rappresentare
ai fedeli il dissidio ideologico con il comunismo, nonché il pericolo
che il trionfo politico del medesimo rappresenterebbe per la
conservazione dei valori spirituali affermati dal Cristianesimo. Se,
pertanto, il sacerdote, nella sua predica durante la Messa, limita il
tema al dissidio ideologico tra cattolicesimo e comunismo invitando i
fedeli a non dare il loro appoggio al partito comunista e ad altri
schieramenti politici che direttamente lo sostengono, evidentemente
non trascende la materia religiosa, cadendo nella politica in senso
tecnico, perché ogni dissertazione limitata al contrasto tra due
ideologie non ha carattere politico, ma religioso. A diversa
conclusione si deve pervenire quando il sacerdote scende sul terreno
politico vero e proprio inducendo i fedeli a votare per un determinato
partito o per determinati candidati, anche quando l’argomento,
nettamente politico, sia camuffato con capziose velature di
dissertazione religiosa.

Sentenza 05 novembre 1985

A norma del paragrafo 1 del protocollo addizionale all’Accordo di
modificazione del Concordato lateranense, recepito con la legge di
ratifica ed esecuzione del 25 marzo 1985, n. 121, non è più in
vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi,
della religione cattolica come religione dello Stato italiano;
conseguentemente, sono venuti meno tutti quei reati, come quello
previsto dall’art. 724 del codice penale o dall’art. 402 dello
stesso codice, che puniscono esclusivamente le offese a tale
religione.

Sentenza 29 dicembre 1988

I mutamenti del costume e la riduzione della sensibilità della
pubblica opinione nei confronti dei comportamenti integranti reato di
vilipendio della religione inducono a dubitare della permanente
legittimità costituzionale della norma di cui all’articolo 403 del
codice penale: questa, infatti, non permettendo l’esatta
pre-individuazione del contenuto del precetto penale, appare in
contrasto con gli articoli 2, 3, primo e secondo comma, 25, secondo
comma e 27, primo e terzo comma, della Costituzione.

Sentenza 06 novembre 1996

Il fatto di aver bestemmiato in pubblico contro la Madonna non è più
previsto dalla legge come reato dopo la modificazione dell’art. 724,
primo comma, del codice penale da parte della Corte costituzionale con
la sentenza n. 440 del 1995; perciò, l’imputato deve essere assolto
con la formula secondo la quale “il fatto non è previsto dalla
legge come reato”, non potendo tale offesa empia rientrare nel reato
di turpiloquio (art. 726 del codice penale) in quanto il disvalore
penale di siffatta condotta rientra esclusivamente nell’ambito del
modificato art. 724.

Sentenza 03 ottobre 1980

Per la punibilità del delitto di vilipendio della religione dello
Stato, considerata quale entità astratta ed indipendentemente dalle
sue manifestazioni esteriori, è necessario che l’agente sia
consapevole della idoneità della sua condotta e si proponga proprio
il raggiungimento di siffatto scopo.

Sentenza 18 giugno 1987

L’esposizione durante la «Festa dell’Unità» di due cartelli
satirici, le cui frasi e immagini — al di là dell’apparenza
vilipendiosa e oltraggiosa — sottolineano ed esaltano in forma
metaforica e congrua i valori universali di amore, tolleranza,
fratellanza e la spiritualità attiva impersonati dal Cristo
evangelico, non costituisce condotta tipica di vilipendio ai sensi
dell’art. 402 c,p. — rectius: ai sensi dell’art. 406 c.p., nella
cui previsione ogni fatto di vilipendio della religione deve essere
oggi ricompreso a seguito della affermazione di principio contenuta
nel protocollo addizionale all’accordo 18 febbraio 1984 fra lo Stato
italiano e la Senza Sede, secondo cui «si considera non più in
vigore il principio, originariamente richiamato dai patti lateranensi,
della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano»
—, né fatto integrante gli estremi della contravvenzione di cui
all’art. 724 c.p.

Ordinanza 05 marzo 1971

Nessuna disposizione della Costituzione italiana prevede, direttamente
o indirettamente, una qualsiasi posizione di ufficialità della
religione cattolica né di una qualsiasi situazione legale di
preminenza o di privilegio o di maggior protezione di essa nei
confronti di ogni altra. L’eguale misura di protezione alle
confessioni come tali e ai singoli fedeli discende non solo dalla
lettura ma anche dallo spirito della Costituzione. La disposizione
prevista dall’art. 724, I comma, cod. pen. appresta per la sola
religione cattolica una speciale tutela penale, con evidente lesione
dei principi di uguaglianza e di libertà dei cittadini e dei culti,
sanciti dagli artt. 3, 8, 19 e 21 della Costituzione, disposizioni
queste che non pongono, invero, in favore di una determinata
religione, alcuna riserva alla pienezza dei diritti di libertà da
esse garantiti a tutti. Non è manifestamente infondata, pertanto, la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 724, I comma,
cod. pen. per violazione degli artt. 3, 8, 19 e 21 della Costituzione.

Ordinanza 29 dicembre 1988

I mutamenti del costume e la riduzione della sensibilità della
pubblica opinione nei confronti dei comportamenti integranti il reato
di vilipendio della religione inducono a dubitare della permanente
legittimità costituzionale della norma di cui all’art. 403 c.p.:
questa infatti, non permettendo la esatta preindividuazione del
contenuto del precetto penale, appare in contrasto con gli artt. 2, 3,
I e 11 comma, 25, II comma e 27, I e III comma Cost.

Ordinanza 05 febbraio 1996

Pretura di Tirano. Ordinanza 5 febbraio 1996: “Turbamento di funzioni religiose”. Pret. Licitra – Imp. D. (Omissis) Motivazione — All’esito dell’esperita istruttoria, l’imputato veniva tratto a giudizio per rispondere dei reati di cui in epigrafe. In sede dibattimentale, veniva aggiunta la contestazione di cui agli artt. 403 e 406 c.p. Venivano assunte varie testimonianze e, […]

Ordinanza 20 aprile 1971

Poiché nell’ampia sfera delle libertà di pensiero e di culto
costituzionalmente protette e garantite nei confronti di tutti
indistintamente deve essere compresa qualunque manifestazione verbale
e scritta che comunque contrasti al pensiero religioso, salvo i limiti
riguardanti il buon costume previsti dalla stessa Costituzione, è
logico concludere che anche le espressioni con contenuti oltraggiosi o
irriverenti o che abbiano l’idoneità a vilipendere una qualunque
religione vanno inclusi nell’ambito dell’estrinsecazione della
libertà di pensiero nel campo religioso. Pertanto, nella fattispecie,
malgrado la sussistenza e la pubblicità del reato di bestemmia e la
sussistenza nella sua entità materiale del reato di vilipendio alla
religione dello Stato, deve applicarsi l’esimente prevista
dall’art. 51 cod. pen. per avere l’imputato agito nell’esercizio
di un diritto garantito dalla Costituzione.