Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 27 giugno 2017, n.C-74/16

"Un’esenzione fiscale (…) di cui beneficia una
congregazione appartenente alla Chiesa cattolica per opere realizzate
in un immobile destinato all’esercizio di attività prive
di finalità strettamente religiosa, può ricadere sotto
il divieto enunciato dall’articolo 107, paragrafo 1, TFUE se, e
nella misura in cui, tali attività siano economiche,
circostanza questa la cui verifica incombe al giudice del
rinvio".

Si ringrazia per la segnalazione del
documento il Prof. Manlio Miele (Università degli Studi di
Padova)

Sentenza 14 marzo 2017, n.C-188/15

"L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del
Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per
la parità di trattamento in materia di occupazione e di
condizioni di lavoro, dev’essere interpretato nel senso che la
volontà di un datore di lavoro di tener conto del desiderio di
un cliente che i servizi di tale datore di lavoro non siano più
assicurati da una dipendente che indossa un velo islamico non
può essere considerata come un requisito essenziale e
determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa
ai sensi di detta disposizione."

Sentenza 14 marzo 2017, n.C-157/15

"L’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva
2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un
quadro generale per la parità di trattamento in materia di
occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel
senso che il divieto di indossare un velo islamico, derivante da una
norma interna di un’impresa privata che vieta di indossare in
modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso sul
luogo di lavoro, non costituisce una discriminazione diretta fondata
sulla religione o sulle convinzioni personali ai sensi di tale
direttiva."

Sentenza 07 novembre 2013

L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2004/83, in combinato
disposto con l’articolo 9, paragrafo 2, lettera c), della
medesima, dev’essere interpretato nel senso che il mero fatto di
qualificare come reato gli atti omosessuali non costituisce, di per
sé, un atto di persecuzione. Invece, una pena detentiva che
sanzioni taluni atti omosessuali e che effettivamente trovi
applicazione nel paese d’origine, che ha adottato una siffatta
legislazione, dev’essere considerata una sanzione sproporzionata
o discriminatoria e costituisce pertanto un atto di persecuzione (come
stabilito, nel caso di specie, nell’Offences against the Person
Act del 1861 della Sierra Leone (causa C‑199/12), nel Penal Code
Act del 1950 dell’Uganda (causa C‑200/12) e nel Code
Pénal del Senegal (causa C‑201/12).

Sentenza 04 marzo 2010

Il criterio della disponibilità di risorse economiche stabili,
regolari e sufficienti per il mantenimento di sé e dei propri
familiari tali da escludere il ricorso al sistema di assistenza
sociale dello Stato membro (direttiva n. 2003/1986), non consente ad
uno Stato membro di introdurre un livello minimo di reddito così
elevato da escludere il possibile ricorso a forme di assistenza
sociale erogate dalle autorità comunali per far fronte a necessità
straordinarie o impreviste. L’obiettivo della direttiva è infatti
quello di favorire l’istituto del ricongiungimento familiare e di
garantire il rispetto del diritto all’unità familiare quale diritto
umano fondamentale. Ne consegue che gli Stati possono indicare un
importo di riferimento, in considerazione del salario minimo ovvero
della pensione minima nazionale, ma non possono imporre un importo di
reddito minimo al di sotto del quale qualsiasi ricongiungimento
familiare sarebbe automaticamente respinto, a prescindere da un esame
concreto della situazione di ciascun richiedente, poiché in tale
situazione si verrebbe meno agli obblighi di individualizzazione
dell’esame delle domande di ricongiungimento previsti dall’art. 17
della stessa Direttiva.

Sentenza 23 febbraio 2006

Corte di Giustizia delle Comunità Europea. Sentenza 23 febbraio 2006: “Mancata trasposizione della direttiva 2000/78/CE sulla discriminazione da parte della Germania”. ARRÊT DE LA COUR (quatrième chambre) Dans l’affaire C-43/05, ayant pour objet un recours en manquement au titre de l’article 226 CE, introduit le 3 février 2005, Commission des Communautés européennes, représentée par MM. […]

Sentenza 26 febbraio 2008

La direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/85/CEE, concernente
l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della
sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti,
puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai
sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE), e,
in particolare, il divieto di licenziamento delle lavoratrici gestanti
di cui all’art. 10, punto 1, di tale direttiva non si intendono
riferiti a lavoratrice che si sottoponga a fecondazione in vitro
qualora, al momento della comunicazione del licenziamento, si sia già
in presenza di ovuli fecondati in vitro, ma questi non siano stati
ancora impiantati.

Sentenza 05 ottobre 1988, n.196/87

Massima 1 . L’ art . 2 del trattato CEE dev’ essere interpretato nel
senso che costituiscono attività economiche quelle svolte dai membri
di una comunità fondata su una religione o su un’ altra concezione
spirituale o filosofica della vita, nell’ ambito delle attività
commerciali esercitate da tale comunità, qualora le prestazioni
fornite dalla comunità ai suoi membri possano essere considerate come
l’indiretta contropartita di attività reali ed effettive . 2 . Gli
artt . 59 e 60 del trattato non riguardano la situazione del cittadino
di uno Stato membro che si rechi nel territorio di un altro Stato
membro e vi stabilisca la propria residenza, per fornire o ricevere
prestazioni di servizi a tempo indeterminato .

Sentenza 14 marzo 2000, n.C-54/99

Massima: L’art. 73 D, n. 1, lett. b), del Trattato CE [divenuto art.
58, n. 1, lett. b), CE] deve essere interpretato nel senso che non
consente un regime di autorizzazione preventiva per gli investimenti
diretti stranieri che si limiti a definire, in termini generici, gli
investimenti interessati come investimenti idonei a pregiudicare
l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza, con la conseguenza che
gli interessati non sono in grado di conoscere le specifiche
circostanze in presenza delle quali è necessaria l’autorizzazione
preventiva. Nel caso di specie la normativa francese è contraria al
diritto comunitario ed al principio di libera circolazione dei
capitali, poiché stabilisce in termini troppo generici il regime dei
controlli sui capitali stranieri – in questo caso provenienti dalla
Chiesa di Scientology -, astrattamente ritenuti contrari all’ordine
pubblico e alla sicurezza.

Sentenza 11 dicembre 1976

MASSIMA: 1. Se si indice un concorso per esami, il principio di
eguaglianza impone che le prove siano sostenute nelle stesse
condizioni da parte di tutti i candidati e, per le prove scritte,
l’esigenza pratica di raffrontare gli elaborati dei candidati implica
che il testo sia identico per tutti. E’ quindi essenziale che tutte le
prove scritte si svolgano lo stesso giorno. L’eventuale interesse dei
candidati a sostenere l’esame in data diversa va vagliato in rapporto
alle esigenze di cui sopra. 2. Se un candidato comunica all’autorità
che ha il potere di nomina che, per ragioni d’indole religiosa, egli
non potrà presentarsi agli esami ad una certa data, l’autorità
dovrà tenerne conto e cercare di evitare di stabilire in quella data
le prove d’esame. Se invece un candidato non rende tempestivamente
note all’autorità che ha il potere di nomina le difficoltà inerenti
alla sua situazione personale, l’autorità può rifiutarsi di spostare
la data, specie se essa è già stata comunicata agli altri candidati.