Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 16 novembre 2006, n.42399

Posto che le modifiche legislative introdotte in materia di leva non
hanno abrogato del tutto il servizio obbligatorio, ma soltanto
limitato la sua operatività a casi particolari e specifici, è
illegittimo rifiutare il servizio militare in caso di guerra o di
grave crisi internazionale, o ancora nell’ipotesi di carenza di
personale quando tale situazione non possa risolversi richiamando in
servizio personale volontario cessato da non più di 5 anni. “In
questi casi continua a sussistere l’interesse al regolare
reclutamento finalizzato al conseguimento da parte del cittadino della
necessaria istruzione militare, “affinché, ove particolari
situazioni lo richiedano, possa efficacemente assolvere il dovere di
difendere la patria”.

Sentenza 14 dicembre 2006, n.40789

Le condotte violente ed offensive nei confronti della moglie non
riconducibili a un carattere di abitualità, né collegabili ad un
dolo unitario di vessazione non costituiscono il reato di cui
all’articolo 572 c.p. (capo b), laddove tali condotte risultino
espressione di una reattività estemporanea che affondi le sue radici
nel clima di dissidio tra i coniugi derivante, tra gli altri, dalla
diversa religione praticata dagli stessi e dalle differenti scelte
circa l’educazione religiosa dei figli.

Sentenza 16 novembre 2006, n.37733

Il rifiuto di servire bevande a cittadini extracomunitari, da parte di
un pubblico esercente, costituisce atto di discriminazione per motivi
razziali. Tale condotta esprime, infatti, un atteggiamento di odio
razziale, espressione di adesione alle aberranti dottrine o tendenze
che professano l’inferiorità di alcune etnie e, quindi, la
superiorità di altre.

Sentenza 19 giugno 2006, n.27613

La scelta di far frequentare la lezione di catechismo nello stesso
giorno fissato per l’incontro con il padre non costituisce violazione
del provvedimento adottato dal giudice in sede di separazione posto
che le decisioni dei parroci in materia di catechismo sono
insindacabili, stante la natura collettiva delle stesse e la
necessità di tener conto degli impegni scolastici dei ragazzi.

Sentenza 04 giugno 1969

È manifestamente infondata la qttestione di legittimità
costituzionale relativa all’art. 724, primo comma, cod. pen.,
sollevata in rapporto agli artt. 3, 7 e 8 della Costituzione. Ricorre
il reato di cui all’art. 724 cod. pen., quando la bestemmia sia
stata proferita, in presenza di varie persone, in una caserma di
carabinieri, in quanto un pubblico ufficio.

Sentenza 23 novembre 1967

Il delitto di vilipendio della religione cattolica si concreta
attraverso un giudizio offensivo, in una manifestazione dispregiativo
dei valori etico—spirituali di tale religione nella sua interezza od
in rapporto ad almeno una delle componenti fondamentali. Questi valori
si identificano con le credenze fondamentali, i dogmi, i Sacramenti ed
i riti, tenendo presente che in questi ultimi rientrano le preghiere e
le benedizioni. Non può disconoscersi al magistero della Chiesa
cattolica il concreto esercizio dei riti, ed in particolare la
facoltà, connessa al culto, d’indirizzare il potere propiziatorio a
determinate situazioni umane e terrene, quale quella del
cittadino-soldato (anche in relazione ai mezzi bellici posti a sua
disposizione). Pertanto, qualunque sia l’applicazione che dei riti
viene fatta nell’esplicazione del magistero ecclesiastico, la
critica espressa in forma dispregiativa di tale manifestazione
spirituale investe necessariamente l’essenza stessa del rito e,
quindi, la religione cattolica ed integra perciò il delitto di
vilipendio della religione dello Stato.

Sentenza 11 maggio 1967

È responsabile di turbamento di funzioni religiose del culto
cattolico chi, con cosciente volontà di compiere atti produttivi di
turbamento, interrompa il sacerdote celebrante durante una predica,
esortandolo a non trattate argomenti di natura sindacale che a suo
vedere non gli competono.

Ordinanza 05 novembre 1998

È rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 402 c.p. per contrasto con gli
artt. 3, I comma, e 8, I comma, Cost., in quanto la previsione del
reato di vilipendio della religione dello Stato determina una
effettiva discriminazione e differente tutela fra le confessioni
religiose con conseguente violazione di principi di rango
costituzionale.

Sentenza 19 luglio 2006, n.24994

Per l’integrazione della condotta di partecipazione ad
un’associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o
di eversione dell’ordine democratico, di cui all’art. 270 bis
c.p., è sufficiente, in presenza di una struttura organizzata sia
pure in modo rudimentale, che l’adesione ideologica si sostanzi in
seri propositi criminali diretti alla realizzazione delle finalità
associative, senza che sia necessario, data la natura di reato di
pericolo presunto, che si abbia l’inizio di materiale esecuzione del
programma criminale.

Sentenza 17 marzo 2006, n.9381

L’art. 3 del decreto legge n. 122/93, convertito nella legge n.
205/93, prevede un aggravamento di pena sino alla metà, per i reati
commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale
razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l’attività di
organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, che hanno tra i loro
scopi le medesime finalità. In particolare, l’accertamento di tali
finalità non richiede autonoma verifica dell’elemento psicologico
rispetto a quanto necessita l’accertamento di responsabilità ai
sensi dell’art. 43 c.p., nè sono possibili graduazioni a seconda
che il fatto costitutivo di reato affermi nell’accezione comune
disuguaglianza sociale o giuridica (discriminazione), o si rapporti
invece all’identità nazionale, etnica, razziale o religiosa, quale
ragione di conflitto tra persone (odio). Nella fattispecie
dell’ingiuria, se il fatto consiste nell’uso di una particolare
locuzione, questa necessita dell’apprezzamento semantico della
combinazione degli elementi del linguaggio. Poiché, nel caso di
specie, l’univocità semantica implica il riconoscimento
dell’ulteriore disvalore di legge proprio per la sua valenza
discriminatoria o di conflittualità apodittica in ragione di
diversità dell’offeso, la verifica del fatto, che abbia indotto il
giudice ad escludere giustificazione al reato (per es. ai sensi
dell’art. 599 c.p.), dà conto dell’aggravante di cui all’art. 3
della legge n. 205/93.