Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 02 gennaio 2009, n.12

Il cappellano non svolge una funzione pubblica legislativa o
giudiziaria né, dopo il ridimensionamento dei compiti originariamente
attribuitigli, una funzione amministrativa, intesa come attività
caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà
della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri
autoritativi o certificativi, sicché non riveste la qualità di
pubblico ufficiale. Avuto però riguardo ai compiti che la legge
attualmente gli assegna e che sono funzionali all’interesse pubblico
perseguito dallo Stato nel trattamento delle persone condannate o
internate, il cappellano sicuramente svolge un servizio pubblico, la
cui natura è conclamata dalla normativa pubblicistica che lo governa,
dall’assenza dei poteri tipici della funzione pubblica (poteri
decisori, autoritativi o certificativi), dall’attività intellettiva,
e non meramente applicativa o esecutiva, che lo caratterizza (nel caso
di specie, veniva pertanto ritenuto sussistente il requisito
soggettivo per la configurazione del reato di concussione).

Sentenza 16 dicembre 2008, n.46191

Ai fini delle intercettazioni tra presenti, la sacrestia non può
venire considerata come una “dimora privata”, poichè in caso
contrario qualsiasi luogo adibito non ad abitazione ma ad una
qualsivoglia attività dovrebbe essere qualificato come “dimora”,
travisando così il significato letterale di tale termine che indica
una abitazione temporanea.

Sentenza 03 ottobre 2008, n.37581

Considerata la sostanziale equivalenza tra discriminazione razziale e
ideologia fondata su superiorità o sull’odio razziale, la propaganda
della ideologia razziale incriminata dalla norma del 2006 (cfr. legge
24 febbraio 2006, n. 85, art. 13) deve ritenersi già prevista nella
norma del 1993 (cfr. legge 13 ottobre 1975, n. 654, art. 3), laddove
questa puniva non solo la diffusione di ideologie razziali, ma anche
l’incitamento alla discriminazione razziale, poichè la propaganda
altro non è che una diffusione di idee tendente a incitare al
mutamento delle idee e dei comportamenti del pubblico (nel caso di
specie, veniva ritenuto corretta l’interpetazione della Corte di
merito secondo cui i termini “diffonde” e “propaganda” debbono
ritenersi sostanzialmente equivalenti, posto che la diffusione di idee
nella rete si risolve in sostanza nella propaganda delle stesse)

Sentenza 10 luglio 2008, n.28720

Secondo le notizie relative alle caratteristiche comportamentali degli
adepti della religione rastafariana, la marjuana non è utilizzata
solo come erba medicinale, ma anche come “erba meditativa”, come
tale possibile apportatrice dello stato psicofisico inteso alla
contemplazione nella preghiera, nel ricordo e nella credenza che “la
erba sacra” sia cresciuta sulla tomba di re Salomone. Il
semplicistico richiamo al dato ponderale della sostanza e la
trascurata valutazione delle circostanze di tempo, luogo e modalità
comportamentali dell’imputato non è, pertanto, sufficiente ad
integrare l’obbligo di motivazione, specie quando siano allegate
dall’imputato circostanze specifiche quali, per l’appunto,
l’appartenenza alla religione rastafariana.

Sentenza 22 maggio 2008, n.20647

Ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia
non assume alcun rilievo la circostanza che l’azione delittuosa sia
commessa ai danni di persona convivente more uxorio. Infatti, il
richiamo contenuto nell’articolo 572 Codice Penale alla
“famiglia” deve intendersi riferito ad ogni consorzio di persone
tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano
sorti rapporti di assistenza e solidarietà per un apprezzabile
periodo di tempo, ricomprendendo questa nozione anche la “famiglia
di fatto”. Una consolidata giurisprudenza della Corte richiede
soltanto che si tratti di un rapporto tendenzialmente stabile, sia
pure naturale e di fatto, instaurato tra due persone con legami di
reciproca assistenza e protezione (cfr., Sez. VI, 24 gennaio 2007, n.
21329, Gatto; Sez. III, 13 novembre 1985, n. 1691, Spanu; Sez. VI, 7
dicembre 1979, n. 4084, Segre).

Sentenza 03 maggio 2008, n.16850

Il reato di “Trattamento illecito di dati personali”, cui all’art. 35
della previgente L. n. 675 del 1996, era a pericolo presunto perchè
prevedeva – solo come circostanza aggravante – il nocumento per la
persona alla quale i dati illecitamente trattati si riferivano, mentre
il D.Lgs. n. 196 del 2003, all’art. 167 (“Trattamento illecito di
dati”), ha tipizzato il citato nocumento, da intendersi riferito sia
al soggetto stesso che al suo patrimonio, come condizione obiettiva di
punibilità. Nelle due fattispecie sono, invece, identici sia
l’elemento soggettivo caratterizzato dal dolo specifico, sia gli
elementi oggettivi, in quanto le condotte di comunicazione e
diffusione dei dati sensibili sono ora ricomprese nella più ampia
dizione di trattamento dei dati sensibili (Cass. Sez. 3^, 28.5.2004 n.
30134, rv. 229472 e 1.7.2004 n. 28680, rv. 229465).

Sentenza 28 marzo 2008, n.13234

Nell’ipotesi di reati, di cui all’art. 3, lett. a), della legge n.
654/1975 (legge di ratifica ed esecuzione della convenzione
internazionale sull’eliminazione di tutte le forma di
discriminazione razziale, firmata a New York il 17 marzo del 1966),
consistenti nella diffusione di idee discriminatorie o nella
istigazione al compimento di atti di discriminazione, oggetto
specifico della tutela penale è la dignità umana. Ne consegue che,
quando la discriminazione non si manifesta all’esterno per mezzo di
un’esplicita dichiarazione di superiorità razziale o di odio, ma è
frutto di pregiudizio consistente nell’attribuire dati comportamenti
a soggetti appartenenti a determinate etnie, devono essere valutate
tutte le circostanze temporali ed ambientali nelle quali il
pregiudizio è stato espresso, al fine di verificare l’effettiva
esistenza di un’idea discriminatoria fondata sulla diversità e non
sul comportamento.

Ordinanza 12 febbraio 2008, n.6605

L’istituto dell’espulsione si colloca in un quadro sistematico che,
pur nella tendenziale indivisibilità dei diritti fondamentali, vede
regolati in modo diverso l’ingresso e la permanenza degli stranieri
nel Paese, a seconda che si tratti di richiedenti il diritto di asilo
o rifugiati, ovvero di c.d. «migranti economici». Ne consegue che,
mentre il pericolo di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di
lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche o di
condizioni personali o sociali preclude l’espulsione o il
respingimento dello straniero (art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 286 del
1998), analoga efficacia «paralizzante» è negata, in linea di
principio, alle esigenze che caratterizzano la seconda categoria.

Sentenza 18 gennaio 2008, n.2907

In caso di mancato ottemperamento dell’ordine di allontanamento di
cittadino straniero, il quale affermi la sussistenza di un
giustificato motivo per tale inosservanza nella condizione di
omosessualità dello stesso, occorre che il giudice del merito, ai
fini della disapplicazione di detto provvedimento, accerti che – nel
paese d’origine del ricorrente – sia penalmente sanzionata
l’omossesualità come pratica personale.

Sentenza 23 gennaio 2008, n.3561

La sagrestia, in quanto luogo nel quale sono solitamente conservati
oggetti di culto, è da considerarsi essa stesso luogo di culto. A
ciò si deve aggiungere che il concetto di edificio abbraccia l’intero
immobile e dunque, nel caso di una chiesa, non solo il locale
destinato alle funzioni religiose, ma anche le sue pertinenze.