Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 30 ottobre 2009, n.41819

Le condotte consistenti nel propagandare idee fondate sulla
superiorità o sull’odio razziale o etnico configurano ipotesi di
reato a dolo generico. Nel caso di specie, veniva ritenuto sussistente
il reato di cui all’art, 3, comma 1 lett. a) L. n. 654/1975, come
modificato dalla legge n. 205/1993, in quanto il fine perseguito
dagli imputati, cioè quello di propagandare l’odio razziale, era
desumibile dal contenuto dei manifesti e dagli slogan diretti
all’allontanamento dei rom presenti sul territorio.

Sentenza 20 febbraio 1967

Costituisce vilipendio alla religione dello Stato
quell’atteggiamento che, lungi dal costituire esplicazione di un
diritto di critica o di libera discussione, per il modo e la forma con
cui si estrinseca si traduce in un atteggiamento di sostanziale
disprezzo verso la religione cattolica. Tale è il giudizio
irriguardoso, immotivato con cui si disconoscono all’istituzione
religiosa quelle ragioni di validità sostanziale a essa attribuite
dalla comunità dei credenti. Costituisce quindi vilipendio
l’affermare che i dogmi sono invenzioni dei preti e che la Chiesa
cattolica insegni il contrario di quanto voluto da Gesù, perché tale
giudizio di valore, espresso unilateralmente e senza consentire il
dibattito con l’avversario, si traduce in atteggiamento
dispregiativo della religione cattolica.

Sentenza 03 giugno 2009, n.28030

Disturbare la funzione religiosa manifestando fuori dalla chiesa è
reato. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione spiegando che chiunque
ostacola l’inizio o l’esercizio della funzione va punito a norma
dell’art. 405 del codice penale. E la condanna scatta anche se il
disturbo è provocato da proteste che avvengono fuori dalla chiesa.
Secondo gli Ermellini infatti, il reato di turbamento della funzione
religiosa si verifica ogni volta che si impedisce il regolare
svolgimento della messa disturbando il prete e i fedeli nel loro
raccoglimento. La vicenda presa in esame dalla Suprema Corte coinvolge
un gruppo di lavoratori che stava manifestando in una piazza
antistante la chiesa in cui si svolgevano i funerali di un lavoratore
morto dopo essersi dato alle fiamme. Dalla vicenda scaturivano diverse
condanne tra cui quella per turbamento della funzione religiosa a
carico di chi stava manifestando fuori dalla chiesa. Ricorrendo in
Cassazione i lavoratori hanno rappresentato che le loro proteste erano
avvenute solo al termine della funzione religiosa e comunque non
all’interno della chiesa ma nella piazza antistante. Nulla da fare
però. La Cassazione con sentenza 28030/2009 ha ritenuto che in
relazione al reato di cui all’articolo 405 del codice penale “la
‘turbatio sacrorum’ si verifica sia con “l’impedimento della funzione,
consistente nell’ostacolare l’inizio o l’esercizio della stessa fino a
detrminarne la cessazione”, sia con la “turbativa della funzione che
si verifica quando il suo svolgimento non avviene in modo regolare”.
In sostanza sono state convalidate le decisioni prese dai giudici di
merito che, secondo gli Ermellini, hanno correttamente ravvisato la
sussistenza del reato “nella turbativa causata dal comportamento degli
imputati, che, aveva, nel corso della celebrazione della messa,
coinvolto e disturbato molti fedeli dal loro raccoglimento, per le
grida e le ingiurie indirizzate alle autorita’ presenti in chiesa,
tanto da costringere il celebrante a rivolgere appelli ai manifestanti
al fine di calmare gli animi”. La Corte ha anche ritenuto di non dare
rilievo al fatto che il rito era oramai ultimato perché, si legge
nella sentenza, alla “esposizione della salma deve ritenersi che la
cerimonia funebre continui ad essere in atto”

Sentenza 10 luglio 2009, n.28482

La norma di cui all’art. 328/1° c.p. tutela, in senso lato, il buon
andamento e il normale funzionamento della Pubblica Amministrazione
per la realizzazione dei suoi fini istituzionali. Il vero ed unico
disvalore represso dalla norma è cioè la mancanza dell’atto
d’ufficio a rilevanza esterna, mentre le inadempienze interne
all’organizzazione, integranti la violazione di meri doveri di
servizio, possono trovare risposta soltanto sul piano disciplinare.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha pertanto ritenuto
l’insussistenza del fatto di reato ipotizzato, in quanto la condotta
del ricorrente – consistente nel rifiuto di svolgere le sue funzioni
di magistrato nelle aule giudiziarie recanti l’esposizione del
crocifisso – si è concretizzata nella violazione di doveri
funzionali, riverberatasi esclusivamente sull’organizzazione interna
dell’ufficio e non sull’attività di rilevanza esterna, diretta a
garantire il servizio di giustizia.

Sentenza 29 maggio 2009, n.22700

Il princìpio, sancito nell'art. 3 c.p.,
dell'obbligatorietà della legge penale, per cui tutti
coloro che, cittadini o stranieri, si trovino nel territorio dello
Stato, implica che le tradizioni etico-sociali di questi soggetti
possano essere osservate solo fuori dall'ambito di
opera­tività della norma penale. Ciò assume
particolare valore morale e sociale allorché la tutela penale
riguardi materie di rilevanza costituzionale. E' questo il caso
della famiglia, che la legge fondamenta­le dello Stato riconosce
quale società naturale, ordinata sull'uguaglianza morale e
giuridica dei coniugi (art. 29 Cost.) e che deve essere garantita in
quanto inserita in un ordinamento incentrato sulla dignità
della persona umana (nel caso di specie, non veniva pertanto accolto
il rilievo, in ordine alla mancata concessione delle attenuanti
generiche, dedotto sulla base del fatto che i coniugi fossero
portatori di cultura, religione e va­lori differenti da quelli
italiani)

Sentenza 10 marzo 2009, n.10535

Per la configurabilità del reato di cui all’art. 403 c.p. non
occorre che le espressioni di vilipendio debbano essere rivolte a
fedeli ben determinati, potendo invece essere genericamente riferite
alla indistinta generalità dei fedeli. Questa norma infatti protegge
il sentimento religioso di per sé, sanzionando le pubbliche offese
verso lo stesso attuate mediante vilipendio dei fedeli di una
confessione religiosa o dei suoi ministri (nel caso di specie, la
Corte ha confermato la legittimità del sequestro di alcune pagine
web, su cui erano stati pubblicati messaggi di partecipanti a un forum
sulla religione cattolica, ritenuti offensivi verso il comune
sentimento religioso).

Sentenza 18 maggio 2006, n.16995

Lo stato di incoscienza del paziente priva il diniego, precedentemente
manifestato nei confronti della sottoposizione ad emotrasfusioni, del
necessario requisito della attualità del dissenso. Inoltre, il grave
stato di necessità impone, in ogni caso, ai sanitari il ricorso a
qualunque intervento terapeutico necessario per salvare la vita del
paziente.

Sentenza 21 gennaio 2009, n.2735

Incorre nel reato di evasione dal regime cautelare degli arresti
domiciliari il soggetto sottoposto a tale regime che si allontana dal
suo domicilio per partecipare ad una funzione religiose al di fuori
dei termini e senza il rispetto delle modalità fissate dall’autorità
giudiziaria. Nel caso di specie, un testimone di Geova sottoposto a
provvedimento restrittivo della libertà con facoltà di assentarsi
dal domicilio fissato ogni prima domenica del mese per partecipare con
scorta alle cerimonie liturgiche presso una Sala del Regno, dopo aver
sollecitato la messa a disposizione della scorta da parte dei
carabinieri, si allontanava dal proprio domicilio senza di essa
durante la seconda domenica del mese, facendodovi ritorno alla fine
della cerimonia religiosa. Per la Suprema Corte allontanandosi dal suo
domicilio senza il supporto della scorta, il testimone di Geova ha
consapevolmente violato il regime di arresti domiciliari come
specificamente applicatogli: integra, infatti, il delitto di evasione,
e non una mera inosservanza del provvedimento cautelare, anche un
temporaneo allontanamento dal luogo di custodia domestica, con
modalità diverse da quelle consentite dal giudice che ha disposto e
modulato la dinamica evolutiva della misura cautelare inframurale.

Sentenza 05 novembre 1998, n.13364

Non è manifestamente infondata, con riferimento agli art. 3 comma 1
ed 8 comma 1 cost., la q.l.c. dell’art. 402 c.p. che, nell’accordare
tutela penale privilegiata alla religione cattolica, viola il
principio di uguaglianza, nonché il principio di uguale libertà,
davanti alla legge, di tutte le confessioni religiose.

Sentenza 30 dicembre 2008, n.48350

I riti vudù terrorizzano la persona che ne è oggetto, soggiogandone
irreversibilmente la volontà. E’ questo un dato di comune esperienza,
acquisito al bagaglio culturale di ogni persona di media istruzione.
La forma tipica di esperienza religiosa vudù è infatti costituita
dalla possessione o invasamento; le cerimonie di iniziazione si
accompagnano a riti di magia nera (nel caso di specie, la Corte adita
respingeva l’assunto dei ricorrenti secondo cui i riti vudù non
sarebbero frutto di magia nera, ma manifestazioni di una religione
articolata in cerimonie regolarmente officiate).