Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 01 marzo 2010, n.4868

Cass. civ., Sez. I. Sentenza 1 Marzo 2010, n. 4868: "Diniego del visto per ricongiungimento familiare ed istituto della Kafalah". LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE- SEZIONE PRIMA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ADAMO Mario – Presidente – Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere – Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere – Dott. BERNABAI Renato – […]

Sentenza 20 gennaio 2011, n.1343

L’ordine pubblico interno matrimoniale evidenzia un palese favor per
la validità del matrimonio, quale fonte del rapporto familiare
incidente sulla persona e oggetto di rilievo e tutela costituzionali
(cfr. Cass. S.U. 19808/2008). Ne consegue che, riferita a
daterminate situazioni invalidanti, la successiva prolungata
convivenza è considerata espressiva di una volontà di accettazione,
del rapporto che ne è seguito, incompatibile con il successivo
esercizio della facoltà di rimetterlo in discussione. Deve pertanto
rirenersi ostativa alla delibazione della sentenza ecclesiastica di
nullità del matrimonio, pronunciata a motivo del rifiuto della
procreazione sottaciuto da un coniuge all’altro, la particolarmente
prolungata convivenza oltre il matrimonio.

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Per approfondire in OLIR.it:
Corte di Cassazione. Sezioni Unite Civili. Sentenza 24 giugno – 18
luglio 2008, n. 19809 [https://www.olir.it/documenti/?documento=4915]
Corte di Cassazione. Prima Sezione Civile, Sentenza 6 marzo 2003, n.
3339 [https://www.olir.it/documenti/?documento=1331]
Corte di Cassazione. Prima Sezione Civile, Sentenza 12 luglio 2002, n.
10143 [https://www.olir.it/documenti/?documento=1376]

Sentenza 04 maggio 2010, n.10734

Ai fini della trascrizione tardiva del matrimonio religioso, l’Accordo
di Villa Madama esige – all’art. 8, comma 6 – il consenso attuale del
coniuge non richiedente, distinguendo così tra la volontà di
celebrare il matrimonio e quella volta alla trascrizione dello
stesso. Deve pertanto escludersi l’ammissibilità della trascrizione
tardiva, quando la relativa richiesta sia stata presentata
all’ufficiale dello stato civile successivamente alla morte di uno dei
coniugi, in quanto la suddetta volontà del de cuius deve essere
attuale e non può venire presunta.

Sentenza 23 dicembre 2010, n.26009

L’interversione del possesso non può aver luogo mediante un semplice
atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione
esteriore, dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia
cessato di esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui e
abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, con
correlata sostituzione al precedente “animus detinendi” dell’animus
“rem sibi habendi”. Tale manifestazione deve, peraltro, essere rivolta
specificamente contro il possessore, in maniera che questi sia posto
in grado di rendersi conto dell’avvenuto mutamento, e, quindi,
tradursi in atti ai quali possa riconoscersi il carattere di una
concreta opposizione all’esercizio del possesso da parte sua. In
sostanza, la semplice disponibilità dell’immobile con i poteri del
detentore non può valere, in difetto di un’idonea prova rilevante ai
sensi dell’art. 1141 c.c., comma 2, a dimostrare il passaggio dalla
detenzione al preteso possesso “animo domini”, valido agli effetti
dell’acquisto per usucapione (nel caso di specie, il ricorrente –
esponendo di avere acquistato in virtù di usucapione la proprietà di
un fabbricato ad uso abitativo di proprietà di una sua zia – 
conveniva in giudizio la parrocchia a cui l’immobile era stato donato
poco prima di morire dalla proprietaria).

Ordinanza 27 dicembre 2010, n.26171

Il D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 7, comma 2 bis, (aggiunto
dalla Legge di Conversione 2 dicembre 2005, n. 248, poi modificato
dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 133, ed infine
sostituito dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 39, convertito nella
L. 4 agosto 2006, n. 248), nell’estendere l’esenzione disposta
dall’art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504 del 1992, alle
attività ivi indicate “a prescindere dalla natura eventualmente
commerciale delle stesse” (versione originaria) e poi a quelle “che
non abbiano esclusivamente natura commerciale” (versione vigente), ha
carattere innovativo e non interpretativo (Cass. Sez. 5, Sentenza n.
24500 del 20/11/2009 [https://www.olir.it/documenti/?documento=5233]).

Sentenza 13 gennaio 2010, n.399

La L. 27 maggio 1929, n. 847 richiama, all’art. 18, per il caso in
cui venga resa esecutiva la sentenza che dichiari la nullità del
matrimonio celebrato davanti ad un ministro di culto cattolico, la
disciplina del matrimonio putativo. Ciò avviene tramite il rinvio
originariamente all’art. 116 c.c., quindi all’art. 128 c.c. del
1942 ed, infine, dopo la riforma del diritto di famiglia alla
disciplina contenuta negli artt. 128, 129 e 129 bis c.c. Ne consegue
che, resa esecutiva la sentenza della giurisdizione ecclesiastica
dichiarativa della nullità del matrimonio, in pendenza della causa di
separazione dei coniugi, viene di conseguenza meno il potere-dovere
del giudice di statuire in ordine all’assegno di mantenimento in
favore del coniuge separato.

Sentenza 26 gennaio 2010, n.1560

Corte di Cassazione, Civile, Sez. II, sentenza 26 gennaio 2010, n. 1560: "Alienazione di bene immobile di proprietà ecclesiastica previa autorizzazione del Vescovo diocesano". REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente Dott. MALZONE Ennio – Consigliere […]

Sentenza 04 febbraio 2010, n.2600

La delibazione della pronuncia ecclesiastica di nullità matrimoniale
fa stato tra le parti ed assume l’autorità di cosa giudicata che
preclude ogni altra pronuncia con essa contrastante. In particolare,
la pronuncia ecclesiastica, regolarmente delibata, sancisce
l’invalidità del matrimonio e l’insussistenza del vincolo. Di
conseguenza, la pronuncia di divorzio, presupponendo la validità del
matrimonio e la sussistenza del vincolo, si pone in radicale
contrasto con essa. In queste fattispecie, rimangono, dunque, travolte
la sentenza di divorzio e le statuizioni economiche da esso
conseguenti (cfr. Cass. civ. n. 10055 del 2003
[https://www.olir.it/documenti/?documento=4025])

Sentenza 19 marzo 2010, n.6686

La declaratoria di esecutività della sentenza del tribunale
ecclesiastico, che abbia pronunciato la nullità del matrimonio
concordatario per esclusione – da parte di uno soltanto dei coniugi –
di uno dei _bona matrimonii_, e cioè per divergenza unilaterale tra
volontà e dichiarazione, postula che tale divergenza sia stata
manifestata all’altro coniuge, ovvero che sia stata da questo
effettivamente conosciuta, ovvero che non gli sia stata nota soltanto
a causa della sua negligenza. Ciò in quanto, ove le suindicate
situazioni non ricorrano, la delibazione trova ostacolo nella
contrarietà con l’ordine pubblico italiano, nel cui ambito va
ricompreso il principio fondamentale di tutela della buona fede e
dell’affidamento incolpevole.

Sentenza 26 marzo 2010, n.7253

In tema di delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della
nullità del matrimonio concordatario per difetto di consenso, le
situazioni di vizio psichico – assunte dal giudice ecclesiastico come
comportanti incapacità del soggetto, al momento della manifestazione
del consenso, a contrarre il matrimonio – non si discostano
sostanzialmente dall’ipotesi di invalidità contemplata dall’art.
120 c.c. In questo senso, è da escludere che il riconoscimento
dell’efficacia di una tale sentenza trovi ostacolo nei principi
fondamentali dell’ordinamento italiano. In particolare, tale
contrasto non è ravvisabile sotto il profilo del difetto di tutela
dell’affidamento della controparte, poichè mentre in tema di
contratti la disciplina generale dell’incapacità naturale dà
rilievo alla buona o malafede dell’altra parte, tale aspetto è
ignorato nella disciplina dell’incapacità naturale quale causa di
invalidità del matrimonio, essendo in tal caso preminente
l’esigenza di rimuovere il vincolo coniugale inficiato da vizio
psichico.