Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 04 aprile 2007

Il nuovo testo dell’art. 155, comma 1, cod. civ. interamente
sostituito dall’art. 1 della legge n. 54/2006, riconosce il “diritto
del figlio minore”, anche in caso di separazione dei genitori, “di
mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei
genitori, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di
conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti
di ciascun ramo genitoriale”. Ciò implica come soluzione prioritaria,
secondo la chiara disposizione di cui allo stesso art. 155 (nuovo
testo), comma 2, del cod. civ., quella dell’affidamento dei minori ad
entrambi i genitori, potendo il giudice disporre l’affidamento ad uno
solo di essi nell’ipotesi residuale in cui ritenga, con provvedimento
motivato, che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse dei
figli (nel caso di specie, la Corte ha stabilito che i figli minori di
due genitori separati venissero affidati ad entrambi i genitori,
ricevendo un’educazione religiosa aperta alle loro diverse fedi
(ebraica quella del padre e cristiana quella della madre), nel
rispetto della libertà di orientamento religioso dei loro figli).

Sentenza 18 aprile 2007

Ai sensi del “Partial Birth Abortion Ban Act” del 2003 è illecito
l’aborto tardivo, praticato a gravidanza avanzata con un metodo
definito di nascita parziale. Questa tecnica abortiva, infatti, è da
ritenersi inumana e non necessaria per salvaguardare la salute della
donna.

Sentenza 24 maggio 2006, n.05-1222

Il “Title VII of the Civil Rights Act of 1964” vieta la
discriminazione – specie nell’ambito del lavoro – ma introduce
eccezioni per le chiese ed organizzazioni confessionali, che possono
selezionare il personale in base alla religione o credenza. Questa
deroga permette alle chiese di mettere in atto trattamenti
differenziati fondati sulla religione; tuttavia resta valido anche per
le organizzazioni di tendenza il divieto di discriminazione fondata su
altri fattori. Nel caso di specie, quindi, è ammissibile una causa
sollevata contro una università cattolica per il licenziamento di una
“chaplain” universitaria di sesso femminile. Il licenziamento
sarebbe, infatti, motivato dal sesso della dipendente e non da ragioni
connesse alla religione ed alla dottrina seguita dall’università.
Inoltre la Corte si ritiene competente a giudicare di questo caso,
poiché non riguarda questioni dottrinali o di organizzazione interna
di una chiesa e non viola, quindi, il principio di laicità nè la
Establishment Clause (che esclude la giurisdizione del giudice civile
su questioni di diritto interno delle confessioni religiose).

Sentenza 04 aprile 2001

L’art. 1 della Costituzione della California, così come la
Costituzione degli Stati Uniti, sancisce il principio di laicità
dello stato e di uguaglianza tra le religioni. La presenza di un
simbolo religioso sul territorio cittadino non viola detti principi se
non rappresenta un trattamento preferenziale dell’autorità civile
verso una determinata religione. Nel caso di specie, le autorità
cittadine hanno venduto a privati una parte del terreno pubblico dove
è collocata una croce; la vendita non è da ritenersi un modo per
favorire la religione cristiana poichè si è svolta in modo corretto
e trasparente e non finalizzato ad evitare la rimozione della croce.
Trovandosi il simbolo in questione su una proprietà privata, i
proprietari sono liberi di mantenerne la collocazione, anche se esso
è visibile dal territorio pubblico.

Sentenza 25 luglio 2005, n.932

Il diritto di libertà religiosa sancito dall’art. 9 della CEDU
include la libertà di manifestare il proprio credo ed in particolare
di esercitare il culto. Le condizioni di lavoro possono però trovarsi
in conflitto con le modalità di esercizio del culto; nel caso di
specie, turni lavorativi che includono la domenica contrastano con il
desiderio del lavoratore cristiano di godere del giorno festivo
previsto dalla propria religione. L’art. 9, 2° comma della CEDU
permette tuttavia restrizioni al diritto di manifestare la propria
fede religiosa; dunque è da ritenersi che il datore di lavoro non
abbia un obbligo assoluto di rispettare il diritto del dipendente
all’esercizio del culto, ma possa limitarlo, tenendo conto delle
necessità dell’impresa. Un dipendente che rifiuti di lavorare la
domenica in ragione della sua religione, può perciò essere
legittimamente licenziato e la sua libertà religiosa non risulta
violata se la restrizione operata (in questo caso la fissazione di un
turno domenicale) è ragionevole e risponde alle necessità economiche
dell’impresa.
Il datore di lavoro dovrà ad ogni modo cercare di predisporre
specifici aggiustamenti a favore delle esigenze religiose del
dipendente; tuttavia il licenziamento appare giustificato in base
all’Employment Rights Act 1996 se è stato fatto tutto il possibile
per porre in atto tali aggiustamenti e per giungere ad una soluzione
di compromesso che permetta al dipendente l’esercizio del suo
diritto (cosa accaduta nel caso di specie, dove era stato offerto un
posto di lavoro alternativo nella medesima azienda, nel quale non
erano previsti turni lavorativi la domenica).
Quanto alla motivazione del licenziamento, essa non è rinvenibile
nella religione del dipendente, ma nel suo rifiuto ad adeguarsi
all’orario di lavoro previsto e ad accettare altre soluzioni
alternative offerte dall’impresa; non si tratta, perciò, di un
licenziamento discriminatorio.

Sentenza 07 giugno 2004, n.03-55032

E’ legittimo l’ordine di rimuovere una croce da un parco nazionale, in
quanto la sua presenza su luogo pubblico viola la establishment
clause. Gli interventi legislativi e del Governo per mantenere la
presenza della croce nel parco, anche se motivati da uno scopo
secolare come la conservazione di monumenti nazionali, violano il
principio di separazione e il divieto di intervenire a favore di una
determinata religione.
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In 1934, the Veterans of Foreign Wars (VFW), a private organization,
honored World War I veterans by placing a Christian cross on top of a
large outcropping known as Sunrise Rock, on public land in what is now
the Mojave National Preserve. Over the years, other private groups and
individuals have replaced the cross several times; then in 1998 Henry
Sandoz, a private citizen who lives in the area, erected the current
cross. In 1999, a Utah resident asked the National Park Service for
permission to erect a stupa, a type of Buddhist memorial, near the
cross. The Park Service rejected the request, saying that federal law
prohibits private parties from installing memorials and other
permanent displays on federal property without authorization. In
rejecting the Buddhist memorial, the Park Service also declared that
it intended to remove the cross from Sunrise Rock because the bureau
had never authorized its installation. In December 2000, in response
to this announcement, the U.S. Congress passed a law prohibiting the
use of government funds to remove the cross. Following the passage of
this law, the Park Service did not remove the cross from Sunrise
Rock. 
In March 2001 Frank Buono, the former Assistant Superintendent, filed
a lawsuit in the U.S. District Court for the Central District of
California claiming that the National Park Service had to remove the
cross because its display violated the Establishment Clause. In
January 2002, while Buono’s lawsuit was still in the district court,
Congress designated the cross as a national memorial, putting it in a
select group with just 45 other national memorials, including famous
structures such as the Washington Monument and the Jefferson Memorial.
In addition, Congress allocated federal funding to the Park Service
for the purpose of installing a memorial plaque at the site and
obtaining a replica of the original VFW cross. Shortly after, in July
2002, the district court held that the display of the cross on federal
property violated the Establishment Clause and ordered the Park
Service to remove it. Three months later, to ensure that the district
court’s order was not carried out, Congress passed another law that
banned the use of federal dollars to remove the cross.
The National Park Service then appealed the district court’s order to
the 9th U.S. Circuit Court of Appeals. In September 2003, while this
appeal was still in the 9th Circuit, Congress passed yet another law,
this time instructing the secretary of the interior to transfer
ownership of Sunrise Rock and a surrounding acre to the VFW. In
exchange, Sandoz, who had erected the current cross, voluntarily gave
the federal government approximately five acres of land that he owned
near Sunrise Rock. The 2003 law also stated that if the VFW used the
property as anything other than a memorial, the federal government
would regain ownership of the land. In June 2004, before the
secretary of the interior completed the property transfer to the VFW,
the 9th Circuit, in a unanimous opinion written by U.S. Circuit Judge
Alex Kozinski, affirmed the district court’s ruling that the Park
Service had to remove the cross because its display violated the
Establishment Clause. (fonte: pewforum.org)

Sentenza 08 giugno 1989

Il superamento della contrapposizione per la religione cattolica
“sola religione dello Stato” e gli altri culti ammessi, sancito al
punto 1) del Protocollo Addizionale del 18 febbraio 1984, renderebbe
ormai inaccettabile ogni tipo di discriminazione che si basasse
soltanto sul maggiore o minore numero degli appartenenti alle varie
confessioni religiose. Se la Corte costituzionale con sentenza
dell’8 luglio 1988 n. 925 ha ritenuto tuttora legittima la punizione
della bestemmia non sembra che gli argomenti utilizzati siano
estensibili al reato di vilipendio punito dall’ art. 402 c.p. E,
perciò, possibile sostenere che sia venuto meno il presupposto
dell’art. 402 c.p. e cioè la religione di Stato. Non appare nel
caso rilevante la questione di legittimità costituzionale dell’art.
402 c.p., essendo per altro verso esclusa l’integrazione del
contestato reato.

Sentenza 18 dicembre 2003, n.01-5935

L’esposizione dei Dieci Comandamenti nei palazzi di giustizia (nel
caso in esame, delle Province di McCreary e Pulasky) e nelle scuole
pubbliche (nella fattispecie, del distretto scolastico della Provincia
di Harlan) viola il Primo emendamento del Bill of Rights, in quanto in
contrasto con la clausola separatista nello stesso enunciata. I Dieci
Comandamenti, come testi religiosi, comportano infatti per i credenti
dei veri e propri doveri, che portano pertanto ad escludere che agli
stessi – quali simboli religiosi “attivi” – possano essere attribuiti
altri significati culturali o secolari.

Sentenza 12 novembre 2003, n.02-51184

La presenza di una lapide recante incisi i Dieci Comandamenti, sita
nel parco del Palazzo del Governo dello Stato del Texas, non lede il
pricipio di separazione tra Stato e Chiesa, dettato del Primo
emendamento del Bill of Rights. Nel caso di specie, tale monumento,
insieme ad altre varie opere presenti nel suddetto contesto,
rappresenta infatti la storia religiosa e secolare di questo Paese,
senza lo scopo di attuare una forma di protezione particolare per
alcuna confessione.

Sentenza 20 febbraio 2001

United States Court of Appeals. Sentenza 20 febbraio 2001: “Testimoni di Geova ed attività di proselitismo: possibili limitazioni all’esercizio del diritto di libertà religiosa”. Appeal from the United States District Court for the Southern District of Ohio at Columbus. No. 99-00526–Edmund A. Sargus, Jr., District Judge. Argued: September 21, 2000 Decided and Filed: February 20, […]