Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 29 aprile 1994, n.551

La giurisdizione esclusiva dei Tribunali ecclesiastici nelle cause di
nullità del matrimonio concordatario, alla luce dei chiarimenti
forniti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 421/93, permane
anche dopo la modifica del Concordato lateranense (Accordo 18 febbraio
1984, legge n. 121/85). Non è ravvisabile un contrasto con l’ordine
pubblico italiano ai fini del diniego della delibazione della sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio per errore causato dal dolo
dell’altro coniuge circa una propria qualità gravemente
perturbativa del consorzio coniugale (nella specie: l’occultamento
volontario della propria epilessia), atteso che il motivo di nullità,
pur nella diversità di disciplina, trova sostanziale corrispondenza
nell’art. 122 del codice civile. Nel procedimento di delibazione di
una sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio per errore di un
coniuge causato dal dolo dell’altro circa una propria qualità
gravemente perturbativa del consorzio coniugale, deve essere rigettata
la domanda dell’autore del dolo volta ad ottenere “provvedimenti
economici provvisori”, essendo rilevanti le ragioni che hanno
determinato la nullità ed il lasso di tempo (nella specie, notevole)
intercorso tra la rottura del matrimonio e la proposizione
dell’azione per l’efficacia civile della sentenza medesima. Il
contrasto dottrinale esistente in ordine alla permanenza della riserva
di giurisdizione dei Tribunali ecclesiastici in materia di nullità
del matrimonio concordatario può costituire giusto motivo ai fini
della compensazione parziale delle spese di giudizio.

Sentenza 26 aprile 1994

Non può essere dichiarata civilmente efficace in Italia, per
contrasto con l’ordine pubblico interno, la disposizione contenuta
in una sentenza di divorzio emessa dal Tribunale rabbinico di Tel Aviv
a tenore della quale la donna “potrà unirsi in matrimonio con
qualsiasi uomo tranne che con persona portante il cognome Cohen dopo
novantadue giorni dalla data della consegna dell’atto di divorzio
(Ghet) alla stessa”, atteso che nel nostro ordinamento, dopo la
dichiarazione di divorzio, non è ammessa alcuna limitazione in ordine
alla data di un nuovo matrimonio, alla scelta del futuro coniuge e
tantomeno in relazione al cognome portato da quest’ultimo. La
sentenza, pertanto, andrà delibata con esclusione di tale
statuizione.

Sentenza 13 dicembre 1994, n.1104

Nel procedimento di delibazione di una sentenza ecclesiastica di
nullità del matrimonio, il decesso di uno dei coniugi avvenuto dopo
la costituzione in giudizio non produce l’interruzione del processo
qualora il contraddittorio si sia ripristinato attraverso la
costituzione volontaria degli eredi (a norma dell’art. 300, 2º
comma c.p.c.), i quali sono pienamente legittimati a proseguire
l’esercizio dell’azione volta a far dichiarare l’efficacia
civile della sentenza medesima.

Sentenza 04 marzo 1996, n.479

Deve essere negata l’efficacia civile della sentenza ecclesiastica
di nullità del matrimonio canonico contratto all’estero da
cittadini italiani (nella specie in Nuova Zelanda), e trascritto in
Italia nella parte del registro dello stato civile riservato ai
matrimoni celebrati all’estero (parte 2″, serie C), richiesta a’
sensi dell’art. 8 dell’Accordo 18 febbraio 1985 (Legge n. 121/85),
in quanto la normativa presuppone che si tratti di matrimonio
concordatario; e tale non è il matrimonio che, per essere stato
celebrato dinanzi ad un ministro di culto in uno Stato diverso da
quello italiano, non può essere stato accompagnato e/o seguito dalle
formalità prescritte dalla stessa disposizione (lettura degli
articoli del Codice civile riguardanti i diritti e doveri dei coniugi;
redazione dell’atto di matrimonio in doppio originale, invio di uno
di essi all’ufficiale di stato civile, e trascrizione nella parte
II, serie A dei registri dello stato civile).

Sentenza 04 maggio 1995, n.1181

Nel procedimento di delibazione di una sentenza ecclesiastica “pro
validitate”, la certezza legale dello stato di due soggetti che hanno
contratto matrimonio concordatario dichiarato nullo e risultante dal
passaggio in giudicato del provvedimento della Corte d’Appello con
il quale sia stata dichiarata esecutiva la precedente sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio, non costituisce un ostacolo
insuperabile alla delibazione, poiché il principio della certezza
sullo stato delle persone (di cui quello dell’immutabilità
dell’accertamento della nullità del matrimonio derivante da una
sentenza passata in giudicato costituisce uno dei corollari) è di
ordine pubblico, ma non ha carattere assoluto in quanto
l’ordinamento giuridico italiano conosce il rimedio generale della
revocazione nelle ipotesi tassativamente previste dall’art. 395
c.p.c. La Corte d’appello cui sia richiesta la dichiarazione di
esecutività agli effetti civili di una sentenza ecclesiastica “pro
validitate”, ha il potere di accertare, ai fini del sindacato
sull’ordine pubblico italiano, se le ragioni che determinarono la
nullità del processo canonico siano astrattamente riconducibili ad
alcuna delle ipotesi previste dall’ordinamento giuridico italiano
nell’art. 395 c.p.c. per la revocazione delle sentenze (nella
specie: la sussistenza del “dolo revocatorio”).

Sentenza 20 ottobre 1994, n.2359

La delibazione della sentenza del Tribunale ecclesiastico dichiarativa
della nullità del matrimonio concordatario per esclusione unilaterale
dell’indissolubilità del vincolo, non è contraria all’ordine
pubblico interno quando la riserva mentale è stata manifestata all
altro coniuge. In sede di delibazione della sentenza ecclesiastica di
nullità del matrimonio, stante la completa parificazione tra
matrimonio civile e matrimonio canonico anche per quanto concerne gli
effetti della dichiarazione di nullità, sono applicabili le
disposizioni di cui agli artt. 129 e 129 bis del Codice civile,
sicché deve essere negata l’emanazione dei provvedimenti economici
provvisori previsti dall’Accordo 18 febbraio 1984 quando entrambi i
coniugi siano stati in malafede per avere l’uno contratto il vincolo
nella piena consapevolezza del vizio che inficiava la volontà
dell’altro.

Sentenza 03 dicembre 1993, n.2857

La sentenza ecclesiastica di nullità di un matrimonio religioso
celebrato a Madrid tra un cittadino italiano e una cittadina spagnola
e trascritto in Italia, non può essere dichiarata civilmente efficace
ai sensi dell’art. 8 legge n. 121/85 poiché non si tratta di
matrimonio contratto in conformità del predetto articolo e, pertanto,
non può essere riconosciuta al giudice ecclesiastico spagnolo la
competenza di cui al punto 2 lett. a) della richiamata normativa
concordataria.

Sentenza 04 agosto 1993, n.2106

La sentenza del Tribunale ecclesiastico che dichiari la nullità del
matrimonio “ob metum gravem actori incussum” non contrasta con i
principi di ordine pubblico del nostro ordinamento e può quindi
essere delibata, non riscontrandosi in tali ipotesi una contrarietà
ai canoni essenziali cui si ispira il diritto dello Stato ed alle
regole fondamentali che definiscono la struttura dell’istituto
matrimoniale. La domanda di risarcimento del danno proposta nel
procedimento per l’efficacia civile di una sentenza ecclesiastica di
nullità del matrimonio “ob metum gravem actori incussum” sul
presupposto della estraneità del richiedente al vizio del consenso
che ha determinato la nullità medesima, inammissibile in quanto
relativa a questioni che esulano dalla competenza della Corte di
Appello in sede di delibazione.

Sentenza 17 settembre 1993, n.1336

Nel procedimento di delibazione di una sentenza ecclesiastica di
nullità del matrimonio per “incapacità di assumere gli obblighi
matrimoniali” da parte della donna, devono intendersi rispettati i
principi della difesa e del contraddittorio nel caso in cui costei sia
evocata in giudizio in proprio e non nella persona di un curatore
speciale e si accerti che, vuoi nel giudizio canonico, vuoi nel
giudizio di delibazione, la sua capacità di agire rimasta integra
(nella specie: non risultava interdetta né inabilitata). La
delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio
per “defectus discretionis iudicii”, o per “incapacitas assumendi
onera coniugalia” non contraria all’ordine pubblico che non di per
sé leso dalla mera diversità tra le cause di nullità nei due
ordinamenti, ma assume portata impeditiva solo qualora sia superato
quel margine di discrezionalità che il nostro ordinamento si imposto
per la specialità del diritto canonico. Tali cause, peraltro, non si
discostano sostanzialmente dalla previsione di cui all’art. 120
c.c., né dato alla Corte di Appello il potere di esaminare il merito.
Nell’ipotesi di esecutività di una sentenza ecclesiastica di
nullità del matrimonio applicabile la disciplina prevista dall’art.
129 c.c. non essendo riscontrabile alcuna differenza di regime tra gli
effetti personali e patrimoniali della nullità del matrimonio
concordatario rispetto a quella del matrimonio civile. Nel
procedimento di delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità
del matrimonio, ed ai fini della emanazione di provvedimenti economici
ex art. 8 n. 2 dell’Accordo 18 febbraio 1984, le conclusioni di
carattere patrimoniale assunte nella causa di cessazione degli effetti
civili pendente tra le stesse parti non hanno alcuna influenza, data
la diversa natura sia delle domande nei due giudizi, sia della
sentenza che li conclude, sia degli effetti che ne conseguono.

Sentenza 19 gennaio 1993, n.59

Nel giudizio di delibazione di una sentenza ecclesiastica di nullità
del matrimonio canonico sussiste la legittimazione ad agire nella
persona degli eredi del coniuge defunto che siano state parti nel
processo canonico in quanto, tenuto conto delle norme che regolano la
materia e della natura del procedimento (assimilato a quello
disciplinato dagli artt. 796 e ss. c.p.c.), devesi ritenere operante
anche in questa sede il principio secondo il quale la legittimazione
attiva e passiva spetta a tutti e solo a coloro che presero parte al
giudizio davanti al giudice a quo. Non contraria all’ordine pubblico
e può quindi essere dichiarata esecutiva la sentenza ecclesiastica di
nullità del matrimonio per l’esistenza dell’”impedimentum
ligaminis” poiché la causa della nullità identificata nel vincolo
del precedente matrimonio coincide perfettamente con quella prevista
dalle norme vigenti nell’ordinamento italiano. Non può trovare
ingresso nell’ordinamento italiano la sentenza ecclesiastica di
nullità di un matrimonio nel caso in cui la domanda di delibazione
sia stata proposta dagli eredi del coniuge defunto, su iniziativa dei
quali era stata pronunziata la nullità, giacché costituisce
principio di ordine pubblico ostativo alla delibazione quello che
limita la legittimazione delle azioni di nullità matrimoniali ai
soggetti specificamente identificati per ciascuna azione, con
esclusione degli eredi (eccettuata l’ipotesi di cui all’art. 127
c.c., nella specie non verificatasi); né rileva il rispetto per la
specificità dell’ordinamento canonico (art. 8.2 dell’Accordo tra
lo Stato e la Chiesa cattolica del 18/2/1984) atteso che tale limite
dettato in considerazione della scelta liberamente compiuta dalle
parti al momento della celebrazione e, di conseguenza, destinato ad
operare unicamente nell’ambito della sfera soggettiva di costoro.