Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Decreto 16 gennaio 2009

La figura dell’amministratore di sostegno, introdotta nel 2004, è
finalizzata a valorizzare la volontà del beneficiario che, dopo avere
consapevolmente espresso i voleri inerenti ogni aspetto (non solo
patrimoniale) della propria esistenza, tema di non essere in grado di
autodeterminarsi e quindi di poterli attuare direttamente. Per questi
motivi, tale soggetto vuole che l’amministratore si esprima per lui,
facendo eseguire le direttive dettate nel tempo in cui era
perfettamente capace. Il nuovo istituto non consente, dunque, una
sovrapposizione della decisione dell’amministratore a quella
liberamente manifestata dall’interessato, sia in prossimità del
trattamento, sia in previsione dello stesso, ma è al contrario la
garanzia offerta dall’ordinamento della certezza che le scelte
fondamentali di vita della persona siano pienamente attuate anche per
il caso di perdita della capacità intellettiva, nel rispetto
ovviamente dei valori fondamentali dell’ordinamento giuridico.
L’amministratore di sostegno non potrà pertanto sostituire la
propria decisione a quella manifestata dal beneficiario, essendo i
suoi compiti limitati a verificare che i desideri e le aspirazioni dei
quest’ultimo (definiti nelle c.d. “direttive anticipate”) siano
effettivamente osservati (nel caso di specie, veniva accolto il
reclamo contro il decreto del Giudice tutelare, di diniego
dell’autorizzazione al rifiuto di emotrasfusioni da parte
dell’amministratore di sostegno nel caso di pericolo di vita del
paziente – si veda in OLIR: Tribunale Civile di Cagliari. Decreto 4
novembre 2008
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4836&prvw=1]).

Decreto 09 luglio 2008

L’accertata inconciliabilità della concezione della dignità della
vita, da parte del malato, con la perdita totale ed irrecuperabile
delle sue facoltà motorie e psichiche e con la sopravvivenza solo
biologica del suo corpo in uno stato di assoluta soggezione all’altrui
volere, sono fattori che appaiono e che – è ragionevole considerare –
prevalenti su una necessità di tutela della vita biologica in sé e
per sé considerata (Nel caso di specie, il giudice adito accoglieva
l’istanza, presentata dal tutore, di autorizzazione all’interruzione
del trattamento di sostegno vitale artificiale nei confronti di
paziente in stato vegetativo permanente)

Sentenza 03 novembre 2006, n.1785

La nullità del matrimonio, pronunziata in applicazione del punto n. 3
del canone 1095, si riferisce ad ipotesi in cui il soggetto, pur
volendo il matrimonio ed essendo in grado di sufficientemente
comprenderne gli obblighi essenziali, non è, tuttavia, in grado di
adempierli. In tali ipotesi, è’ irrilevante la mancata opposizione
del coniuge, innanzi al Tribunale ecclesiastico, alla pronunzia di
nullità, ai fini del diritto al risarcimento del danno (Nel caso di
specie, la nullità del matrimonio era stata dichiarata dal giudice
ecclesiastico per la accertata “incapacità” e/o “impossibilità” di
“assumere gli obblighi essenziali del matrimonio”, da parte di
soggetto tossicodipendente).

Sentenza 09 novembre 2006

La situazione giuridica canonistica, di cui al can. 1095, trova
sostanziale corrispondenza nella previsione normativa di cui all’art.
120 c.c. il quale stabilisce che “il matrimonio può essere impugnato
da quello dei coniugi che, quantunque non interdetto, provi di essere
stato incapace di intendere e di volere, per qualunque causa, anche
transitoria, al momento della celebrazione del matrimonio”, ponendosi
come espressione del principio, comune all’ordinamento italiano e a
quello canonico, per cui la validità del matrimonio postula il libero
e consapevole accordo delle parti.

Sentenza 16 settembre 2006

La declaratoria di esecutività della sentenza del tribunale
ecclesiastico che abbia pronunciato la nullità del matrimonio
concordatario per esclusione da parte di uno solo dei coniugi di uno
dei bona matrimonii (risolventesi in divergenza unilaterale tra
volontà e dichiarazione) postula che tale divergenza, conoscibile,
sia stata da questo effettivamente conosciuta ovvero che non sia stata
da questo conosciuta solo a causa della sua negligenza, giacché, ove
le suindicate condizioni non ricorrano, la delibazione trova ostacolo
nell’ordine pubblico italiano, nel cui ambito rientra il principio
fondamentale della tutela della buona fede e dell’affidamento
incolpevole.

Sentenza 05 settembre 2006

L’esercizio della libertà religiosa ed il diritto di associazione
sono tra gli elementi essenziali di una società democratica, in
regime di pluralismo. La libertà religiosa, sebbene attenga in primo
luogo alla dimensione della coscienza individuale, implica anche la
possibilità di professare il proprio credo in forma associata. La
libertà di costituire un ente o una associazione a questo fine non
può essere sottoposta a limiti diversi da quelli previsti dalla
Convenzione; la negazione della registrazione di un’associazione
religiosa è da considerarsi, perciò, una violazione sia dell’art.
9 CEDU (libertà religiosa), sia dell’art. 11 (diritto ad associarsi
pacificamente e senza l’interferenza dello Stato). Nel caso di
specie, il governo russo sottolineava due motivazioni che avrebbero
portato al diniego della registrazione. La prima concerneva il fatto
che l’associazione in questione era un nucleo di un’associazione
non russa. La Corte afferma, però, che questa motivazione configura
una discriminazione in base alla nazionalità nell’esercizio del
diritto di libertà religiosa. La seconda motivazione riguardava la
natura delle attività svolte dall’associazione e la sua struttura.
Secondo le autorità russe, alla “Salvation Army” era stata negata la
registrazione come associazione religiosa in quanto essa presentava i
caratteri di un’organizzazione para-militare (in particolare, i suoi
membri indossavano in pubblico divise di tipo militare, ecc.) e la
natura delle sue attività non risultava conforme alla religione
cristiana evangelica che essi affermavano di rappresentare. La Corte
ritiene, al contrario, che uno Stato non debba interferire
nell’organizzazione interna di un’associazione religiosa,
determinando gli elementi che possono essere considerati rispondenti
alle finalità religiose di un credo. Secondo la Corte le
caratteristiche dell’attività e della struttura della Salvation
Army sono da considerarsi espressioni della libertà religiosa,
compatibili con le caratteristiche di una società democratica e tali
da non giustificare una limitazione dei diritti stabiliti dagli artt.
9 e 11 della CEDU.

Sentenza 12 marzo 2007

L’ordinamento giuridico italiano non propone una propria definizione
del “beneficio ecclesiastico”, rinviando alla nozione che ne prospetta
l’ordinamento canonico. Facendo, quindi, riferimento al can. 1409 del
Codice di diritto canonico del 1917 – il sistema beneficiale è stato,
infatti, abolito a seguito del nuovo Codex del 1983 e della
conclusione del processo di revisione dei Patti Lateranensi –
“beneficium ecclesiasticum est ens iuridicum a competente
ecclesiastica auctoritate in perpetuum contitutum seu erectum, costans
officio sacro et iure percipiendi reditus ex dote officio adnexos”. In
particolare, ai sensi dell’art. 28 della legge n. 222 del 1985,
l’estinzione del beneficio comporta l’acquisizione del suo patrimonio
da parte dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero e la
conseguente legittimazione esclusiva di quest’ultimo ad agire in
giudizio.

Sentenza 21 gennaio 2006

Se ed in quanto una autorizzazione di un superiore organo
ecclesiastico di controllo sia prevista come necessaria
dall’ordinamento canonico ai fini della stipulazione di un atto avente
ad oggetto la dismissione di beni patrimoniali, e tale necessità sia
recepita come condizione di efficacia del negozio dall’ordinamento
italiano, è chiaro che tale autorizzazione per esplicare tale
rilevanza deve avere un oggetto determinato e specifico, al cui
difetto non può sopperire la ricerca aliunde della prova del ritenuto
conseguimento dello stesso risultato di tutela dell’ente protetto.

Decreto 13 luglio 2006

Dottrina e giurisprudenza tradizionalmente distinguono i requisiti per
la valida costituzione del vincolo matrimoniale dai requisiti
indispensabili per la sua stessa esistenza; questi ultimi vengono
pacificamente individuati: nella diversità di sesso, nel consenso
delle parti e nella celebrazione. Tali requisiti, infatti, sono
direttamente ricavabili dall’art. 107 c.c., che configura il
matrimonio come un negozio giuridico bilaterale tra due persone di
sesso diverso, le quali dichiarano, in un determinato contesto
formale, di volersi prendere rispettivamente in “marito” ed in
“moglie”. La medesima distinzione di sesso tra i coniugi si rinviene,
inoltre, in numerosissime altre disposizioni (108, 143, 143-bis,
143-ter, 156-bis etc.) e precipuamente in quelle che disciplinano il
concreto atteggiarsi dei diritti e doveri dei coniugi tra loro e verso
i figli, nonché nello stesso ordinamento sullo stato civile, che
prevede – all’art. 64, lett. e) – che l’atto di matrimonio debba
specificamente indicare «la dichiarazione degli sposi di volersi
prendere rispettivamente in marito e in moglie». Deve pertanto
concludersi che il matrimonio contratto all’estero tra persone dello
stesso sesso, mancando di uno dei requisiti essenziali per la sua
configurabilità come matrimonio nell’ordinamento interno, non possa
essere trascritto nei registri dello stato civile dello Stato
italiano.

Decreto 10 aprile 2006

Compete alla responsabile decisione del presidente del seggio
accertare e verificare che la sala destinata alle elezioni, abbia le
caratteristiche e gli arredi indispensabili per la funzione che deve
assolvere, nella piena osservanza di quanto prescritto dall’art. 42
del T.U. in materia elettorale e delle disposizioni tecniche emanate
dal competente Ministero dell’Interno. Tra ciò che detta sala deve
avere non è in ogni caso menzionato o considerato il crocefisso,
rilevando semplicemente l’opportunità che il luogo destinato alle
elezioni sia uno spazio assolutamente neutrale, privo quindi di
elementi che possano, in qualsiasi modo, anche indirettamente e/o
involontariamente, creare suggestioni o influenzare l’elettore.