Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 15 febbraio 2007, n.38/2007

Cuestión de inconstitucionalidad 4831-2002. Promovida por la Sala de
lo Social del Tribunal Superior de Justicia de Canarias en relación
con la disposición adicional segunda de la Ley Orgánica 1/1990, de 3
de octubre, de ordenación general del sistema educativo (redactada
por la Ley 50/1998, de 30 de diciembre) y los artículos III, VI y VII
del Acuerdo sobre enseñanza y asuntos culturales, suscrito el 3 de
enero de 1979 entre el Estado español y la Santa Sede. Supuesta
vulneración de los derechos a la tutela judicial efectiva, a la
igualdad en el empleo público, a no ser discriminado por razón de
religión y a la libertad religiosa, y de los principios de
objetividad de la Administración pública y de interdicción de la
arbitrariedad del legislador: plenitud de jurisdicción de los
Tribunales civiles; contratación laboral y declaración eclesiástica
de idoneidad de los profesores de religión católica en centros
escolares públicos; aconfesionalidad del Estado y deber de
cooperación con las confesiones religiosas.

Ordinanza 22 dicembre 2006, n.444

E’ manifesta infondata della questione di legittimità costituzionale
dell’art. 19, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella
parte in cui prevede che il decreto di espulsione debba essere
eseguito anche nei confronti dello straniero extracomunitario legato
da vincolo affettivo con una donna in stato di gravidanza, in quanto
la previsione – contenuta nella norma suddetta – della temporanea
sospensione del potere di espulsione «delle donne in stato di
gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui
provvedono», estesa, per effetto della sentenza n. 376 del 2000 di
questa Corte, al rispettivo marito convivente, presuppone una certezza
dei rapporti familiari che non è dato riscontrare nel caso di una
relazione di fatto.

Ordinanza 19 dicembre 2006, n.429

E’ manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 59, comma 1, lettera c), del decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta
regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle
aliquote e delle detrazioni dell’IRPEF e istituzione di una
addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della
disciplina dei tributi locali), in relazione all’art. 7, comma 1,
lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino
della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della
legge 23 ottobre 1991, n. 421), sollevata dalla Corte di Cassazione,
in riferimento agli artt. 3, 23, 53, 76 e 77 della Costituzione. La
disposizione suddetta ha infatti il solo scopo di attribuire ai
Comuni, in deroga a quanto previsto all’art. 7, comma 1, lettera i),
del d.lgs. n. 504 del 1992, la facoltà di escludere gli enti non
commerciali che possiedono terreni agricoli e aree fabbricabili dal
novero dei soggetti esenti e, perciò, di applicare l’ICI anche nei
loro confronti, ferma restando l’esenzione per i fabbricati posseduti
dai medesimi enti non commerciali e da essi direttamente utilizzati
per lo svolgimento delle attività di cui all’art. 7.

Sentenza 14 dicembre 2006, n.411

E’ incostituzionale la l.r. Lombardia 13 febbraio 2003, n. 1 (Riordino
della disciplina delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e
Beneficenza operanti in Lombardia), nella parte in cui dispone che al
personale assunto successivamente alla trasformazione delle IPAB in
persone giuridiche di diritto privato, «in sede di contrattazione
decentrata, è stabilita l’applicazione di contratti in essere o di
contratti compatibili ed omogenei con quelli applicati al personale
già in servizio».

Ordinanza 24 ottobre 2006, n.369

Poichè il divieto della diagnosi preimpianto discende non soltanto
dalla norma censurata (art. 13), ma si desume dalla interpretazione
della legge stessa alla luce dei criteri cui si ispira e dalla
disciplina complessiva della procedura di procreazione medicalmente
assistita “è evidente la contraddizione in cui il Tribunale incorre
nel sollevare una questione volta alla dichiarazione di illegittimità
costituzionale di una specifica disposizione (…) che, secondo
l’impostazione della (…) ordinanza di rimessione, sarebbe (…)
desumibile anche da altri articoli della stessa legge, non impugnati,
nonché dall’interpretazione dell’intero testo legislativo «alla luce
dei suoi criteri ispiratori»”.

Sentenza 07 novembre 2006, n.355

E’ infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3,
comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 277 del 2004 (Interventi
straordinari per il riordino e il risanamento economico dell’Ente
Ordine Mauriziano di Torino), convertito con modificazioni nella legge
n. 4 del 21 gennaio 2005 n. 4, sollevata in riferimento all’art. 3, I
e II comma, della Costituzione. La norma impugnata deve infatti essere
interpretata alla luce del complessivo quadro normativo disegnato
dagli artt. 2 e 3 del decreto-legge n. 277 del 2004, il quale rivela
come essa assolva alla funzione di assoggettare i beni de quibus ad
una procedura esecutiva di tipo concorsuale in luogo di quelle
singolari; soluzione alla quale il legislatore ricorre in presenza di
un ragionevole rischio di insufficienza di un patrimonio a soddisfare
i creditori. Nel caso di specie, si è pertanto operata una scissione
dell’Ente Ordine Mauriziano, costituendo due distinti patrimoni ed
attribuendo alla neo costituita Fondazione tutti i beni estranei ai
presidi ospedalieri, nonché la qualità di successore in tutti i
rapporti attivi e passivi (con esclusione di quelli di lavoro di
carattere sanitario). Da ciò si evince che l’interpretazione,
proposta dal giudice a quo, della locuzione «opposizione
giudiziale», come riferentesi esclusivamente all’opposizione a
decreto ingiuntivo, non può essere condivisa: ed infatti tale
interpretazione, che costituisce una forzatura della lettera della
legge, è tale da violare i fondamentali precetti costituzionali sopra
richiamati. Si deve invece ritenere che «l’opposizione giudiziale»
– non proposta ovvero rigettata – alla quale si riferisce la norma
censurata alluda genericamente a qualsiasi rimedio lato sensu
impugnatorio volto a contrastare la formazione di un titolo esecutivo
giudiziale; titolo che, divenuto irretrattabile, per ciò solo impone
al commissario straordinario l’inserimento del relativo credito nella
massa passiva.

Ordinanza 03 dicembre 1984, n.266

È manifestamente inammissibile — per assoluta carenza di
motivazione – la questione di legittimità costituzionale dell’art.
724 c.p. sollevata in relazione agli artt. 3, 8, 19 e 21 Cost. con
ordinanza 22 luglio 1983 (R.O. n. 868 del 1983 G.U. n. 60, 1984),
nulla essendo dato conoscere della questione perché l’ordinanza è
silente su qualsiasi riferimento ai fatti ed è assolutamente priva
del più vago cenno di motivazione.

Sentenza 20 luglio 2006, n.297

E’ infondata la questione di legittimità costituzionale – in
riferimento agli artt. 3, 4, 51 e 97 della Costituzione – dell’art.
5, comma 1, della legge 18 luglio 2003, n. 186 (Norme sullo stato
giuridico degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e
delle scuole di ogni ordine e grado), il quale ha stabilito che il
primo concorso per l’accesso in ruolo degli insegnanti di religione
cattolica sia riservato esclusivamente a quelli che abbiano «prestato
continuativamente servizio per almeno quattro anni nel corso degli
ultimi dieci anni». Nel valutare la legittimità della norma
impugnata occorre, infatti, tener conto del suo carattere eccezionale
– quale disposizione transitoria – rispetto al contesto normativo in
cui è inserita, in quanto essa disciplina il primo inquadramento in
ruolo di una categoria di insegnanti che ha operato tradizionalmente
con un rapporto di servizio costituito mediante incarico annuale e non
in base a concorso. Secondo il costante orientamento della Corte
costituzionale, la scelta di introdurre tali norme è, infatti,
«espressione di discrezionalità legislativa, non censurabile sotto
il profilo del principio di parità di trattamento di cui all’art. 3
Cost., se non esercitata in modo palesemente irragionevole» (sentenze
n. 136 e n. 35 del 2004, nonché n. 208 del 2002, e ordinanza n. 168
del 2001). Nel caso di specie, il legislatore ha ritenuto che
l’espletamento continuativo, nell’ultimo decennio – per quattro anni –
dell’insegnamento della religione cattolica costituisca indice di una
più sicura professionalità e, su tale base, ha dunque delimitato
l’accesso al concorso per la copertura dei primi posti nel ruolo
organico dei docenti in argomento.

Sentenza 04 luglio 2006, n.253

E’ fondata la questione di legittimità costituzionale afferente
all’art. 7, comma 5, della L.R. Toscana n. 63/2004. La norma
impugnata prevede che “La richiesta di un trattamento sanitario, che
abbia ad oggetto la modificazione dell’orientamento sessuale o
dell’identità di genere per persona maggiore degli anni diciotto,
deve provenire personalmente dall’interessato, il quale deve
preventivamente ricevere un’adeguata informazione in ordine allo
scopo e natura dell’intervento, alle sue conseguenze ed ai suoi
rischi”. Tale disposizione, incidendo sulla materia dell’ordinamento
civile e, precisamente, su quella degli atti di disposizione del
proprio corpo, riguarda dunque un tema riservato all’esclusiva
potestà legislativa statale. In particolare, il trattamento sanitario
che abbia ad oggetto l’adeguamento dei caratteri sessuali
morfologici esterni alla identità psico-sessuale, rientra tra quelli
che, pur determinando una diminuzione permanente della propria
integrità fisica, sono eccezionalmente ammessi dall’ordinamento –
in deroga al divieto di cui all’art. 5 del codice civile – nei
limiti fissati dal legislatore statale con la legge del 14 aprile 1982
n. 164 (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso).

Sentenza 14 aprile 2006, n.156

Non violano la competenza statale esclusiva in materia di
immigrazione, di diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini
di Stati non appartenenti all’Unione europea gli artt. 16, comma 3, e
21, comma 1, lett. f), della legge della Regione Friuli Venezia Giulia
del 4 marzo 2005, n. 5 (Norme per l’accoglienza e l’integrazione
sociale delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati), che
prevedono, rispettivamente, interventi per i minori stranieri non
accompagnati anche dopo il raggiungimento della maggiore età e lo
svolgimento, direttamente o indirettamente, di compiti istruttori da
parte degli enti locali nell’ambito dei procedimenti per il rilascio e
il rinnovo dei permessi di soggiorno e delle carte di soggiorno,
nonché di richiesta di nulla–osta al ricongiungimento. L’art. 16
della legge impugnata, quale risulta dalla sua stessa rubrica recante
«Interventi per minori stranieri non accompagnati», si pone infatti
l’obiettivo di prevedere delle forme di sostegno finalizzate
all’inserimento dei minori non accompagnati e, proprio al fine del
completo raggiungimento di tali scopi, al comma 3, dispone che tali
interventi possono proseguire anche dopo che i beneficiari abbiano
raggiunto la maggiore età. La norma impugnata, quindi, va
interpretata nel senso che essa si limita a prevedere l’esercizio di
attività di assistenza rientranti nelle competenze regionali, senza
incidere in alcun modo sulla competenza esclusiva dello Stato in
materia di immigrazione. Parimenti infondata è la censura relativa
all’art. 21, comma 1, lettera f). Anche tale norma, infatti, lungi dal
regolare aspetti propriamente incidenti sulla materia
dell’immigrazione, si limita a prevedere in favore degli stranieri
presenti sul territorio regionale una forma di assistenza che si
sostanzia nel mero affidamento agli enti locali di quegli adempimenti
che, nell’ambito dei procedimenti di richiesta e rinnovo di permesso
di soggiorno e di carta di soggiorno, ovvero di richiesta di
nulla-osta al ricongiungimento familiare, diversamente sarebbero stati
svolti direttamente dagli stessi richiedenti.