Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 14 gennaio 2010, n.7

E’ manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 6, comma terzo della legge 27 luglio 1978,
n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in
cui, in caso di convivenza more uxorio, condiziona – a seguito della
declaratoria di illegittimità costituzionale pronunciata dalla Corte
con la sentenza n. 404 del 1988 – la successione nel contratto di
locazione del convivente, rimasto ad abitare l’immobile locato, alla
presenza nel nucleo coabitante di prole naturale. A questo
proposito si deve infatti ricordare la profonda diversità che
caratterizza la convivenza more uxorio rispetto al rapporto coniugale
e la conseguente impossibilità di una automatica parificazione delle
due situazioni, ai fini di una identità di trattamento fra i
rispettivi regimi. Tali considerazioni valgono anche in relazione alla
comparazione tra la cessazione della convivenza con prole e la
cessazione di quella senza prole, trattandosi di situazioni del tutto
disomogenee rispetto alle quali non è invocabile il principio di
eguaglianza.

Sentenza 02 aprile 2009, n.104

La determinazione dell’ordine delle precedenze nelle cerimonie
pubbliche, ivi comprese quelle a carattere locale, rientra nella
competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo
comma, lettera _g_), della Costituzione (cfr. Corte Costizionale 30
luglio 2008, n. 311
[https://www.olir.it/documenti/index.php?argomento=&documento=5178])
(nel caso di specie, si veda, in particolare, la tesi della parte
ricorrente secondo cui, tra l’altro, la definizione della posizione
protocollare delle cariche ecclesiastiche e delle altre figure
religiose e di culto non potrebbe essere lasciata «alla disomogenea
determinazione regionale», in quanto non consentirebbe un trattamento
uniforme di tali soggetti nella Repubblica).

Sentenza 30 luglio 2008, n.311

Nell’individuazione e nel coordinamento del sistema delle precedenze
nelle cerimonie pubbliche viene in rilievo il coinvolgimento di organi
statali. Ciò comporta che ad essere implicata sia la materia
«ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti
pubblici nazionali»; materia che, ai sensi dell’art. 117, secondo
comma, lettera _g_), della Costituzione, è attribuita alla competenza
esclusiva dello Stato, per assicurarne l’esercizio unitario. Di
conseguenza deve ritenersi invasivo della competenza esclusiva dello
Stato il regolamento regionale che introduca una apposita disciplina
in tema di ordine delle precedenze tra le varie cariche pubbliche,
ancorché riferita alle cerimonie di carattere locale.

Sentenza 14 aprile 2009, n.202/2008

La Corte, dopo avere richiamato il principio di separazione e di
laicità come elementi fondanti dell’ordinamento macedone, ribadisce
l’obbligo per i minori di frequentare la scuola primaria, la quale
deve essere neutra in quanto il minore non dispone dell’autonomia che
gli consente di recepire criticamente il messaggio religioso. Pertanto
l’insegnamento religioso e la frequenza di scuole private
religiosamente orientate è consentita per i bambini che superano la
scuola primaria.

(Traduzione del documento a cura della Dott. Kristina Ivanova Petrova,
addetta alla didattica presso la cattedra di Diritto Ecclesiastico
della Facoltà di Giurisprudenza di Bologna)

Sentenza 05 gennaio 1977, n.1

Stante la sostanziale (e quasi letterale) corrispondenza di
proposizioni normative tra l’art. 17 della legge 27 maggio 1929, n.
847 (Disposizioni per l’applicazione del Concordato tra la Santa Sede
e l’Italia, nella parte relativa al matrimonio), ed i commi quarto e
seguenti dell’art. 34 del Concordato stesso (reso esecutivo con l’art.
1 della legge 27 maggio 1929, n. 810) – per cui e’ da escludere che la
rinunzia dello Stato all’esercizio della giurisdizione a favore
dell’ordinamento canonico nelle cause matrimoniali sia stata resa
operante dall’art. 17, essendosi gia’ prodotta la riserva a favore del
giudice ecclesiastico con la inserzione nel nostro ordinamento
dell’art. 34 Concordato, cosi’ come disposta in forza del citato art.
1 legge 810 del 1929 -, finisce per risultare priva di effetti una
eventuale declaratoria di illegittimita’, con conseguente caducazione,
dell’art. 17 poiche’ rimarrebbe ugualmente ferma l’applicabilita’ dei
precetti contenuti nei predetti commi quarto e seguenti dell’art. 34,
cosi’ come sono stati immessi nell’ordinamento italiano dall’art. 1
della legge 810 del 1929. Pertanto, e’ inammissibile per difetto di
rilevanza la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 17
della legge n. 847 del 1929, sollevata – in riferimento agli artt. 2,
3, 7, 24, 25, 101 e seguenti Cost. – sotto il profilo che, per effetto
della rinunzia alla giurisdizione, verrebbero resi esecutivi
nell’ordinamento italiano sentenze e provvedimenti di tribunali ed
autorita’ ecclesiastiche, emessi in violazione dei principi supremi
del nostro ordinamento costituzionale.

Sentenza 11 dicembre 1973, n.175

L’art. 1 della legge 27 maggio 1929, n. 810, nella parte in cui da’
esecuzione all’art. 34, commi quattro, cinque e sei del Concordato,
riservando alla giurisdizione ecclesiastica le cause di nullita’ dei
matrimoni concordatari, non contrasta con i principi supremi
dell’ordinamento costituzionale italiano, i quali non possono essere
lesi dalle norme esecutive dei Patti Lateranensi, che pure hanno una
copertura costituzionale. Invero, pur rappresentando la giurisdizione
elemento costitutivo della sovranita’, un’inderogabilita’ assoluta
della giurisdizione statale non risulta da norme espresse della
Costituzione ne’ e’ deducibile, nella materia civile, dai principi
generali del nostro ordinamento, nel quale ipotesi di deroga sono
stabilite da leggi ordinarie (art. 2 c.p.c.; Cost. art. 80).

Sentenza 29 dicembre 1972, n.195

I requisiti dell’indipendenza e della sovranita’ riconosciuti
dall’art. 7 della Costituzione sia allo Stato che alla Chiesa
riflettono il carattere originario dei due ordinamenti. Ma la
separazione e la reciproca indipendenza non escludono che un
regolamento dei rapporti dei due ordinamenti sia sottoponibile a
disciplina pattizia, alla quale legittimamente puo’ risalire la
rilevanza di atti promananti da una delle due parti, purche’ non siano
tali da porre in essere nei confronti dello Stato italiano situazioni
giuridiche incompatibili con i principi supremi del suo ordinamento
costituzionale, ai quali le norme pattizie non possono essere
contrarie. L’art. 38 del Concordato, che sottopone al nulla osta della
S. Sede la nomina dei professori della Universita’ cattolica,
sollevata per presunta violazione dell’art. 7 Cost. sotto il profilo
della violazione della sovranita’ dello Stato che deriverebbe dalla
subordinazione al “placet” dell’Autorita’ ecclesiastica nella materia
dell’insegnamento, non contrasta col menzionato principio
costituzionale.

Sentenza 01 marzo 1971, n.31

Corte Costituzionale. Sentenza 1 marzo 1971, n. 31 LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori giudici: Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente Prof. Michele FRAGALI Prof. Costantino MORTATI Prof. Giuseppe CHIARELLI Dott. Giuseppe VERZÌ Dott. Giovanni Battista BENEDETTI Prof. Francesco Paolo BONIFACIO Dott. Luigi OGGIONI Dott. Angelo DE MARCO Avv. Ercole ROCCHETTI Prof. Enzo CAPALOZZA Prof. Vincenzo Michele […]

Sentenza 01 marzo 1971, n.30

L’art. 7 della Costituzione non sancisce solo un generico principio
pattizio da valere nella disciplina dei rapporti fra lo Stato e la
Chiesa cattolica, ma contiene altresi’ un preciso riferimento al
Concordato in vigore e, in relazione al contenuto di questo, ha
prodotto diritto; tuttavia, giacche’ esso riconosce allo Stato e alla
Chiesa cattolica una posizione reciproca di indipendenza e di
sovranita’, non puo’ avere forza di negare i principi supremi
dell’ordinamento costituzionale dello Stato. E pertanto la predetta
norma non preclude il controllo di costituzionalita’ delle leggi che
immisero nell’ordinamento interno le clausole dei Patti lateranensi,
potendosene valutare la conformita’ o meno ai principi supremi
dell’ordinamento costituzionale.

Sentenza 22 giugno 1992, n.290

E’ inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art.
9, numero 2, della legge 25 marzo 1985, n. 121 e del punto 5, lett.
b), numero 2, del relativo Protocollo addizionale, sollevata, in
riferimento agli artt. 2, 3, 19 e 34 della Costituzione, nella parte
in cui non prevedono — almeno per la scuola elementare —
l’obbligatoria collocazione della religione cattolica all’inizio o
alla fine delle lezioni. Lo stato di non obbligo vale, infatti, a
separare il momento dell’interrogazione di coscienza sulla scelta di
libertà di religione o dalla religione, da quello delle libere
richieste individuali alla organizzazione scolastica. Non hanno quindi
rapporto con la libertà religiosa le modalità di impegno o
disimpegno scolastico connesse all’organizzazione interna della
scuola.