Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 05 dicembre 2007, n.295671

La sanzione di espulsione definitiva pronunciata nei confronti di un
allievo di una scuola pubblica che non si conformi alla legge che
vieta l’ostentazione di segni esteriori connotanti l’appartenenza
religiosa (nel caso di specie: un foulard, indossato in base alla
religione islamica) non costituisce un attentato alla libertà di
pensiero, coscienza e religione sancita dall’art. 9 della CEDU, ove
tale sanzione sia volta ad assicurare il rispetto del principio di
laicità negli edifici scolatici pubblici, senza alcuna
discriminazione religiosa nei confronti degli alunni e delle
confessioni religiose.

Sentenza 05 dicembre 2007, n.285396

La sanzione di espulsione definitiva pronunciata nei confronti di un
allievo di una scuola pubblica che non si conformi alla legge che
vieta l’ostentazione di segni esteriori connotanti l’appartenenza
religiosa (nel caso di specie: un turbante sikh) non costituisce un
attentato alla libertà di pensiero, coscienza e religione sancita
dall’art. 9 della CEDU, ove tale sanzione sia volta ad assicurare il
rispetto del principio di laicità negli edifici scolatici pubblici,
senza alcuna discriminazione religiosa nei confronti degli alunni e
delle confessioni religiose.

Sentenza 05 dicembre 2007, n.285395

La sanzione di espulsione definitiva pronunciata nei confronti di un
allievo di una scuola pubblica che non si conformi alla legge che
vieta l’ostentazione di segni esteriori connotanti l’appartenenza
religiosa (in questo caso: un turbante sikh) non costituisce un
attentato alla libertà di pensiero, coscienza e religione sancita
dall’art. 9 della CEDU, ove tale sanzione sia volta ad assicurare il
rispetto del principio di laicità negli edifici scolatici pubblici,
senza alcuna discriminazione religiosa nei confronti degli alunni e
delle confessioni religiose.

Sentenza 05 dicembre 2007, n.285394

La sanzione di espulsione definitiva pronunciata nei confronti di un
allievo di una scuola pubblica che non si conformi alla legge che
vieta l’ostentazione di segni esteriori connotanti l’appartenenza
religiosa (nel caso di specie: un turbante sikh) non costituisce un
attentato alla libertà di pensiero, coscienza e religione sancita
dall’art. 9 della CEDU, ove tale sanzione sia volta ad assicurare il
rispetto del principio di laicità negli edifici scolatici pubblici,
senza alcuna discriminazione religiosa nei confronti degli alunni e
delle confessioni religiose.

Sentenza 13 marzo 2008, n.1082

Il d.p.r. 16.12.1985 n. 751 – al punto 4.4 lett. b) – stabilisce che
il titolo specifico per l’insegnamento della religione cattolica
nelle scuole materne ed elementari è il diploma di istituto
magistrale “unito all’attestato di idoneità dell’ordinario
diocesano”, ma che tale insegnamento può essere impartito anche da
“chi fornito di altro diploma di scuola secondaria superiore, abbia
conseguito almeno un diploma rilasciato da un Istituto di scienze
religiose riconosciuto dalla Conferenza Episcopale italiana”.
Dunque, posto che in questo secondo caso il titolo che abilita
all’insegnamento è il diploma di scienze religiose in aggiunta ad
altro diploma di scuola media superiore, appare legittima la
previsione – contenuta nel bando relativo al caso di specie – diretta
a dare una valutazione sino a 4 punti al solo diploma di scienze
religiose, con un punteggio aggiuntivo di 0,5 per l’altro diploma di
istruzione secondaria superiore, giacché tale diploma di scienze
religiose costituisce, in detta ipotesi, il titolo specifico richiesto
ai fini dell’insegnamento della religione cattolica.

Sentenza 29 gennaio 2008, n.238

L’attribuzione di un peso preponderante ai titoli di servizio
rispetto a quelli culturali, stabilita da un bando di concorso
riservato per titoli ed esami ai fini dell’immissione in ruolo degli
insegnanti di religione cattolica, è espressione di una scelta
discrezionale dell’Amministrazione, alla quale spetta il potere di
decidere il rilievo da attribuire alle diverse categorie di titoli di
cui i candidati sono in possesso. In particolare, non sussiste alcun
vizio di illogicità nella scelta della Amministrazione in tale senso,
laddove – come nel caso di specie – tale soluzione risulti coerente
con lo scopo del concorso in esame ovvero quello di consentire la
sistemazione del c.d. precariato. In quest’ottica, la decisione di
privilegiare i titoli professionali e, quindi, il servizio già svolto
dagli insegnanti di religione cattolica, rispetto ai titoli culturali,
risulta ragionevole o, comunque, non affetta da quei vizi di
macroscopica illegittimità, solo in presenza dei quali questo Giudice
potrebbe censurare la decisione dell’Amministrazione.

Sentenza 18 aprile 2007, n.1778

E’ ammissibile la regolarizzazione formale di atti e documenti
presentati nei pubblici concorsi, ove i medesimi già contengano tutti
gli elementi necessari alla loro valutazione giacché, in tal caso,
dalla regolarizzazione non viene vulnerata la par condicio dei
concorrenti, come viceversa accadrebbe ove il documento fosse
integrato con indicazioni che ne modificano il contenuto sostanziale
(Nel caso di specie, nella domanda di ammissione a concorso riservato
per il personale docente di religione non veniva indicato il punteggio
del diploma di magistero; conseguentemente, l’indicazione successiva
del voto relativo a tale il diploma e la sua valutazione
congiuntamente al diploma di scuola secondaria come titolo d’accesso
avrebbe determinato, secondo la Suprema Corte, una modificazione del
contenuto sostanziale degli atti e documenti stessi e non una loro
mera integrazione).

Sentenza 09 giugno 2000, n.9213

Nella normativa di settore (legge n.824/1930 e CCNL) del Comparto
Scuola si è individuata una linea di tendenza, ispirata
all’esigenza di offrire agli insegnanti di religione le medesime
garanzie, proprie degli altri docenti, assunti con contratto a tempo
indeterminato. Il previsto rinnovo automatico – in assenza di cause
ostative – della nomina sui posti disponibili, con ogni conseguenza in
termini di status, comporta, infatti, una sostanziale equiparazione
giuridica tra insegnanti di religione con incarico annuale e docenti
assunti con contratto a tempo indeterminato. Ne consegue che il
tentativo (nel caso di specie, del Comune di Milano) di modificare il
termine di scadenza dell’incarico annuale per l’insegnamento della
religione, da sempre individuato al 31 agosto, riducendolo al 30
giugno, appare “illegittimo e privo di razionale sostegno”,
venendo in tal modo realizzata “una discriminazione restrittiva e
peggiorativa” rispetto agli altri docenti (anche non di ruolo). Tale
modifica, piuttosto che tendere ad una sostanziale parità di
trattamento tra insegnanti, accentua infatti le differenze, operando
una reformatio in pejus, che non può essere giustificata dalla
temporaneità e revocabilità dell’incarico di insegnamento della
religione, le quali non incidono sulla scadenza annuale
dell’incarico.

Sentenza 31 maggio 2007, n.2849

A fini dell’impugnazione di una concessione edilizia, deve ritenersi
che la condizione dell’azione rappresentata dalla “vicinitas”, ossia
da uno stabile collegamento tra il ricorrente e la zona interessata
dall’intervento assentito, vada valutata alla stregua di un giudizio
che tenga conto della natura e delle dimensioni dell’opera realizzata,
della sua destinazione, delle sue implicazioni urbanistiche ed anche
delle conseguenze prodotte dal nuovo insediamento sulla “qualità
della vita” di coloro che per residenza, attività lavorativa e
simili, sono in durevole rapporto con la zona in cui sorge la nuova
opera (nel caso di specie, il giudice adito respingeva l’eccezione
di difetto di legittimazione attiva dell’appellante, poichè lo
stesso pur qualificatosi come proprietario di un alloggio, senza
averne provato la proprietà, traeva la propria legittimazione in
quanto residente in loco. Di qui l’esistenza dello “stabile
collegamento” con la zona interessata dal rilascio, in favore della
Assemblea Cristiana Evangelica, del permesso di costruire un edificio
di culto).

Sentenza 11 settembre 2007, n.4805

Lo svolgimento dell’attività di procreazione assistita e fecondazione
artificiale necessita di specifico titolo abilitativo, non potendo
essere annoverata all’interno della branca specialistica di
ostetricia e ginecologia. In tal senso è significativo, infatti, il
valore ermeneutico della legge n. 40 del 2004, che conferma al
riguardo l’autonomia delle specifiche attività di procreazione
rispetto agli altri settori.