Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 23 Gennaio 2004

Parere 19 settembre 2003

Comitato Nazionale per la Bioetica: “Macellazioni Rituali e Sofferenza Animale”, 19 settembre 2003.

PRESENTAZIONE

Pur non essendo mai stato quantitativamente prevalente, l’impegno del Comitato nazionale per la Bioetica per quel che concerne l’ambito del rilievo etico e bioetico che va riconosciuto al mondo animale (e più in generale al vivente non umano) è sempre stato attento e profondo. Il Comitato non si è mai illuso di poter intervenire in queste materie in modo ultimativo o di poter riportare ad unità visioni del mondo estremamente differenziate e spesse volte conflittuali, ma ha sempre ritenuto possibile (possibile perché doveroso) intervenire con onestà intellettuale in un dibattito che ha assunto negli ultimi decenni dimensioni assolutamente nuove. Il nostro rapporto con gli animali non può più, infatti, continuare ad essere pensato, o per meglio dire, confinato (come si è fatto per secoli, con rare, sporadiche eccezioni) in una
dimensione essenzialmente privata e pre-morale; anche le persone meno sensibili alle tematiche animaliste devono pur riconoscere come esso acquisti oggi in una società complessa, come quella in cui viviamo, un rilievo pubblico. E tale rilievo chiede di essere valutato secondo criteri non individualistici, ma capaci per l’appunto di percepire quella specifica dimensione di bene che dobbiamo ritenere essere inerente alla dimensione del pubblico (se non si vuole che tale dimensione degradi nell’arbitrio e peggio ancora nella violenza). Ecco perché la classica (e infausta) dicotomia persone/cose non può continuare ad essere utilizzata, quando prendiamo in considerazione il rilievo giuridico che dobbiamo riconoscere agli animali; ecco perché la bioetica – il cui sguardo abbraccia in linea di principio tutto il vivente – ha il dovere di lottare contro quello che è stato efficacemente chiamato il pregiudizio antropocentrico: un pregiudizio
stigmatizzabile eticamente, non nei limiti in cui riconosca l’indubbia excellence humaine, ma nei limiti in cui per sostenere questa excellence ritenga (ingiustificatamente) di dover negare al mondo animale il rispetto morale che gli è oggettivamente dovuto.
Il Comitato Nazionale per la Bioetica, consapevole della difficoltà (e secondo alcuni anche della impraticabilità) di un
discorso generale e sintetico sulla bioetica interculturale ha ritenuto più opportuno e fruttuoso procedere prendendo in
esame singole, specifiche problematiche, di rilievo significativo ed urgente. Nel settembre del 2002, il Comitato decise,
con una delibera presa in seduta plenaria, di attivare un gruppo di lavoro avente per oggetto il problema delle Macellazioni rituali e sofferenza animale. Il gruppo di lavoro, che iniziò a riunirsi nel dicembre del 2002, fu affidato alle cure dei Proff. Sergio Belardinelli e Silvio Ferrari e ha visto l’attiva partecipazione dei proff. Salvatore Amato, Luisella Battaglia, Renata Gaddini, Pasqualino Santori e Tullia Zevi. Nel corso dei lavori, il gruppo ha chiesto e ottenuto la
collaborazione di esperti esterni al Comitato: il prof. Maurizio Severini dell’Università di Perugia, il dott. Riccardo Di Segni, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, il dott. Gianluca Felicetti, responsabile della LAV e Membro della Commissione per l’Allevamento e la Macellazione del Ministero della Salute, l’Ambasciatore Mario Scialoja, Responsabile della Lega Musulmana Mondiale in Italia. Il contributo di tutti costoro – che ringrazio sentitamente per la loro generosa collaborazione – è stato determinante ai fini dell’elaborazione del documento, così come quello di tutti i membri del Comitato, che hanno partecipato alla sua definitiva messa a punto. In data 19 settembre 2003 il testo del
documento è stato definitivamente approvato dal Comitato riunito in seduta plenaria.

(omissis)

Prof. Francesco D’Agostino
Presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica

MACELLAZIONI RITUALI E SOFFERENZA ANIMALE

1. INTRODUZIONE.

Come dichiara il suo titolo, questo documento non intende prendere in considerazione il problema delle macellazioni rituali nella sua integrità. Esso vuole esaminare soltanto un profilo specifico di questa pratica, che riguarda l’incremento di sofferenza degli animali che essa potrebbe provocare. Da tempo infatti il CNB ha preso coscienza delle connessioni tra la riflessione etica che riguarda la sfera degli esseri umani e quella che interessa l’insieme degli esseri viventi, definendo due principi guida: il primo afferma che “tra tutte le forme di vita, quella umana possied[e] un primato, non solo fattuale, ma soprattutto assiologico e che tale primato costituisc[e] una giustificazione, peraltro non illimitata, della subordinazione all’uomo di ogni altro essere vivente” (Sperimentazione sugli animali e salute dei viventi, 17 aprile 1997); il secondo sottolinea che questo primato va considerato “come segno di responsabilità e non di potere”, con la conseguenza che esso non può “dar luogo o peggio ancora giustificare pratiche crudeli, violente, nei confronti degli animali” (Bioetica e scienze veterinarie. Benessere animale e salute umana, 30 novembre 2001).
Nel campo definito da questi due principi ci sembra vada collocata la riflessione su macellazioni rituali e sofferenza animale. Il principio del primato dell’essere umano su tutte le forme di vita sta alla base dell’attenzione che va data alle macellazioni rituali come manifestazione della libertà religiosa, che della vita umana è dimensione fondamentale; il principio di responsabilità richiede di ricercare e valorizzare tutte le possibilità di ridurre o annullare la sofferenza degli animali che è connessa ad ogni forma di macellazione e, per quanto ci interessa in modo più specifico, alle macellazioni rituali.
Prima di avviare questa riflessione pare opportuno dedicare un cenno al significato delle macellazioni rituali nella prospettiva aperta dalla dimensione interculturale della bioetica.
Già in altre occasioni il CNB ha sottolineato l’opportunità di affrontare questo problema partendo dalla dialettica tra il rispetto di alcuni valori universali e l’attenzione per la specificità di ogni cultura. Questo approccio impedisce di respingere una pratica che affonda le proprie radici nella cultura e nella tradizione di una comunità semplicemente perché essa è diversa dalla pratica seguita dalla maggioranza della popolazione: è necessario invece motivare perché questa diversità renderebbe eticamente inaccettabile la pratica in questione. Se questa motivazione manca o è insufficiente, il rispetto della diversità può rivelarsi positivo ai fini dell’integrazione sociale di comunità recentemente insediatesi in Italia (si pensi a quelle costituite dagli immigrati musulmani).
Nelle prossime pagine verrà appunto affrontato il problema della compatibilità delle macellazioni rituali con i principi etici e giuridici della società italiana. Ma fin d’ora è opportuno sottolineare che, se risultasse possibile una composizione tra questi principi, essa eviterebbe di porre una significativa (e crescente) porzione della popolazione che vive in Italia nella necessità di rinunciare ad un elemento significativo della propria tradizione. Ma ciò che più importa questa soluzione costituirebbe un utile esempio di integrazione, intesa come rispetto delle tradizioni religiose e culturali delle comunità di minoranza nei limiti in cui esse possono comporsi con i principi essenziali della comunità di maggioranza.

2. LE MACELLAZIONI RITUALI.

Le macellazioni rituali sono pratiche che interessano in particolare la religione ebraica e quella islamica. Esse consistono nell’uccisione di un animale causata dal taglio della trachea e dell’esofago mediante una lama particolarmente affilata, al fine di assicurare una resezione immediata, netta e profonda dei vasi sanguigni. Tale operazione è compiuta nel rispetto di precise regole di matrice religiosa ed è accompagnata da atti (benedizioni, invocazione del nome di Dio, ecc.) che ne manifestano il significato rituale ed il carattere sacro.
In linea di principio le macellazioni rituali potrebbero essere compiute da qualsiasi fedele della religione ebraica e musulmana: di fatto esse oggi avvengono -salvo alcuni casi di cui si tratterà oltre (vedi par. 6)- ad opera di persone dotate di una specifica competenza tecnica e all’interno di mattatoi autorizzati a compiere questo tipo di macellazioni.
L’animale sottoposto a macellazioni rituali deve essere integro: ciò esclude il ricorso a tecniche che comportino qualsiasi lesione. Nel caso di macellazioni rituali l’animale, dopo essere stato immobilizzato, viene immediatamente ucciso mediante la resezione di trachea, esofago e grandi vasi sanguigni del collo. Nei casi di macellazione non rituale, invece, l’animale viene immobilizzato (sia pure meno rigidamente), stordito con un colpo di pistola a proiettile captivo (se è un bovino) che penetra nella corteccia cerebrale e poi ucciso mediante recisione di almeno una delle due carotidi o dei vasi sanguigni da cui esse dipartono; per altre specie animali vengono usati altri metodi di stordimento come l’elettronarcosi per volatili e suini.
Entrambe le tecniche di stordimento (colpo di pistola e scarica elettrica) sono giudicate lesive dell’integrità animale e pertanto respinte dalla comunità ebraica e, con qualche variante di posizione a proposito dell’ammissibilità della scarica elettrica, dalla comunità musulmana.

3. IL SIGNIFICATO ETICO DELLE MACELLAZIONI RITUALI.

Le macellazioni rituali riportano alla nostra attenzione un problema di importanza fondamentale: quello della legittimità della uccisione di un animale ai fini di alimentazione umana. Si tratta di un problema che l’attuale organizzazione sociale ed economica tende a rimuovere ma che è al centro di uno specifico settore bioetico, la cosiddetta “etica della biocultura”, la quale si occupa dei problemi morali relativi al rapporto di gestione da parte dell’uomo di altri esseri non umani.
Perduto il rapporto diretto tra uomo e animale da allevamento che caratterizzava il nostro passato e che in qualche misura “umanizzava” anche il momento della uccisione di un animale, la macellazione a scopo di alimentazione è stata spersonalizzata ed organizzata secondo procedure dominate da esigenze di tipo economico e industriale. Ciò riduce l’effetto pratico delle stesse norme – sicuramente apprezzabili e di cui non si può che auspicare un’applicazione sempre più ampia- volte a tutelare il benessere animale all’interno di queste procedure.
Le macellazioni rituali, sacralizzando la procedura di uccisione dell’animale, ne sottolineano la gravità e la solennità: non è un atto ordinario, banale, che può essere compiuto senza riflettere sul fatto che esso significa dare la morte ad un essere vivente. L’inserimento della macellazione in un contesto religioso ha lo scopo di ricordare all’essere umano che egli non dispone arbitrariamente degli altri esseri viventi: se ne può servire ma soltanto all’interno di un orizzonte di senso che, per queste due religioni, è definito dal riferimento a Dio. Questo è appunto il significato profondo della ritualizzazione della procedura di macellazione o delle benedizioni ed invocazioni che la devono accompagnare. E’ doveroso, quindi, chiedersi quanto le odierne modalità industriali di macellazione abbiano inciso, riducendolo e talora fuorviandolo, su questo originario significato delle macellazioni rituali: ma la sua valenza etica non può andare perduta.
La cura posta nel definire (talvolta fin nei più piccoli dettagli) gli aspetti delle macellazioni rituali ha anche un altro significato: quello di ridurre la sofferenza dell’animale. L’insistenza sull’affilatezza della lama con cui vengono recisi i vasi sanguigni, sulle modalità con cui la recisione deve essere eseguita e sulla preparazione tecnica del sacrificatore sono tutti elementi che sottolineano l’attenzione posta nel rendere più rapida ed indolore possibile la morte dell’animale. Naturalmente queste regole vanno considerate alla luce delle conoscenze e delle tecniche disponibili nel periodo in cui esse si sono formate: di conseguenza è possibile chiedersi se il progresso di tali conoscenze e tecniche consenta di riconsiderare alcune di quelle regole senza intaccare in alcun modo il significato profondo ed essenziale delle macellazioni rituali. In ogni caso è opportuno sottolineare subito che nelle macellazioni rituali è assente ogni intento di crudeltà nei confronti degli animali: al contrario, esse hanno avuto di mira fin dalla loro origine l’eliminazione di ogni inutile sofferenza. Tutti questi elementi dimostrano come le macellazioni rituali siano, per la cultura e la religione islamica ed ebraica, molto più di una semplice pratica alimentare e costituiscano invece un vero e proprio elemento di culto.

4. IL SIGNIFICATO ETICO DELLA SOFFERENZA ANIMALE.

Già si è detto che l’essere umano ha precise responsabilità nei confronti degli animali: nell’orizzonte definito da questo rapporto, la sofferenza animale acquista un preciso rilievo etico e pone alcuni penetranti interrogativi alla coscienza umana.
In precedenti documenti il CNB ha affermato la necessità di muovere dal principio di responsabilità dell’uomo nei confronti del mondo animale per sviluppare un’etica della cura, fondata su un atteggiamento di disponibilità nei confronti dell’altro e sul riconoscimento di una costitutiva ed essenziale interdipendenza tra esseri umani ed animali.
In senso generale, con l’espressione prendersi cura ci si riferisce a una pluralità di accezioni che sembrano tutte rinviare a un’attitudine fondamentale di disponibilità nei confronti dell’altro, attitudine che nasce dal riconoscimento di un’essenziale e costitutiva interdipendenza e si traduce in un serio impegno a comprenderne la reale situazione di bisogno e a farsene responsabilmente carico.
L’etica della cura, quindi:
a. insiste sui bisogni (e non solo sugli interessi);
b. attribuisce un valore cruciale alla compassione;
c. pone al centro il tema della dedizione (rispetto a quello della prestazione):
d. fa leva sul concetto di responsabilità (e non su quello di diritto);
e. non comporta la reciprocità (di contro alla correlazione diritti/doveri);
Per questi motivi sembra particolarmente idonea a costituire un paradigma bioetico di relazioni col mondo non umano. Si tratta di elaborare un’interpretazione forte e costruttiva del concetto di cura, non come semplice appello ai buoni sentimenti o come visione idilliaca, ma come impegno responsabile per la riduzione della sofferenza di altri esseri, umani e non umani e per la promozione del loro benessere, attento alla questione ineludibile dei conflitti interspecifici, capace di stabilire i necessari e invalicabili limiti etici, atti a orientare e a regolare il nostro rapporto col mondo vivente.
Il richiamo alle responsabilità bioetiche non può, in tal modo, prescindere dall’impegno concreto e risoluto che esse trovino sempre più adeguata corrispondenza nella normazione positiva a difesa degli animali.

5. MACELLAZIONI RITUALI E LIBERTÀ RELIGIOSA.

Vi è un ulteriore profilo delle macellazioni rituali che va sottolineato, soprattutto nella prospettiva aperta dalla bioetica interculturale: il suo rapporto con la libertà religiosa.
La libertà religiosa non si manifesta soltanto in atti di culto ma in comportamenti ed attività che i fedeli di una religione ritengono richiesti dalle proprie regole: si pensi alle norme che riguardano l’abbigliamento, l’astensione da qualsiasi attività lavorativa nel giorno festivo della propria religione o il rifiuto di prestare servizio militare, ecc. In particolare per la religione ebraica ed islamica la macellazione rituale rientra tra queste attività: il consumo di carne animale è permesso soltanto se l’animale è macellato nel rispetto di alcune prescrizioni stabilite dalle rispettive leggi religiose. Si tratta di una pratica che non è semplicemente permessa o raccomandata ma che è vincolante per tutti i fedeli delle due comunità religiose, come ha recentemente riconosciuto una decisione del Tribunale costituzionale federale tedesco (1 BvR 1783/99 del 15 gennaio 2002).
Il fatto che un determinato comportamento costituisca una manifestazione della libertà religiosa non lo rende automaticamente lecito o moralmente accettabile. La libertà religiosa deve rispettare alcuni limiti, in particolare quelli che riguardano la protezione dei diritti e delle libertà altrui, l’ordine pubblico, la salute e la morale pubblica: in questo contesto assume rilievo anche l’attenzione verso i bisogni di quei “pazienti morali” che sono gli animali, in quanto destinatari passivi di obblighi giuridici e morali da parte degli uomini. In concreto questi limiti vengono applicati mediante un giudizio di comparazione tra la libertà religiosa e gli altri valori tutelati dal nostro ordinamento giuridico, valutando di volta in volta se una specifica manifestazione della libertà religiosa non sia in contrasto con altre esigenze fondamentali.
Nel caso delle macellazioni rituali la comparazione va operata con un principio che ha acquisito un crescente rilievo nella coscienza sociale della popolazione italiana: la protezione degli animali. Questo principio ha trovato una parziale estrinsecazione normativa nelle disposizioni che puniscono i maltrattamenti di animali (cfr., fra le altre, l’art. 727 del Codice penale e la legge 22 novembre 1993 n. 473, Nuove norme contro il maltrattamento degli animali): la loro insufficienza, anche nell’ambito circoscritto delimitato dalla nozione di protezione degli animali, ha portato alla elaborazione di nuovi disegni di legge che sono attualmente in discussione in Parlamento. Questa insufficienza diviene ancora più palese se, in una prospettiva non esclusivamente giuridica, l’accento viene spostato dalla protezione al benessere degli animali: questa prospettiva pone infatti l’esigenza di un’etica del prendersi cura degli animali che “si traduce in un serio impegno a comprenderne [degli esseri viventi] la reale situazione di bisogno e farsene responsabilmente carico”. Il richiamo a tali responsabilità non può “prescindere dall’impegno concreto e risoluto che esse trovino sempre più adeguata corrispondenza nella normazione positiva a difesa degli animali” (Bioetica e scienze veterinarie cit.).
Oggi siamo in una fase in cui la sfera etica si allarga oltre la specie umana, ma come prodotto di un’evoluzione di autocoscienza che è propria dell’uomo. Stiamo muovendoci verso un’applicazione al trattamento degli animali di quell’apparato etico che ormai è acquisito per noi.

Chiariti i valori che sono in gioco è possibile operarne una comparazione. Questo procedimento implica alcuni passaggi fondamentali.
a) Innanzitutto, le macellazioni rituali non urtano contro i limiti ora indicati se non si dimostra che la sofferenza inferta agli animali macellati ritualmente è superiore a quella patita dagli animali macellati secondo gli altri metodi ammessi dal nostro ordinamento giuridico.
Non disponiamo di metodi assolutamente sicuri per misurare il dolore degli animali e non possiamo quindi parlare di certezza. Sulla base degli studi scientifici condotti in questo campo esiste però una forte presunzione (contestata peraltro da una minoranza di ricercatori) che la macellazione preceduta dallo stordimento dell’animale causi minore sofferenza della macellazione senza previo stordimento: su questa presunzione è fondata la legislazione italiana che, seguendo il modello tracciato dalle direttive dell’Unione europea, impone come regola generale lo stordimento pur ammettendo un certo numero di eccezioni (tra cui quella relativa alle macellazioni rituali, che peraltro interessa una frazione abbastanza piccola degli animali macellati senza previo stordimento).
b) In secondo luogo, ammettendo sulla base della presunzione ora ricordata che le macellazioni rituali implichino un incremento di sofferenza, è necessario valutare quale sia l’entità oggettiva di questo incremento che si inserisce in una catena di patimenti, talvolta assai lunga, che l’animale destinato alla macellazione subisce.
Fermo restando che da un punto di vista etico ogni sofferenza, grande o piccola, è per se stessa significativa, non è possibile trascurare che i risultati delle ricerche scientifiche (benché anche in questo caso non siano univoci) sembrano indicare che la differenza nel tempo di sofferenza dell’animale macellato con o senza previo stordimento è misurabile nell’arco di alcuni secondi. Non va però trascurato che questo sia pur breve arco di sofferenza, in quanto preludente alla morte, potrebbe avere una rilevanza bioetica particolarmente significativa e che l’immobilizzazione dell’animale destinato ad essere macellato senza previo stordimento richiede operazioni meccaniche particolari, a loro volta stressanti. Proprio perché la sofferenza è inerente al processo stesso della macellazione, ogni suo sia pur piccolo incremento rappresenta comunque un ulteriore aggravio che dovrebbe essere evitato alla luce di quel principio bioetico di non maleficenza che si esprime nell’obbligo di non causare intenzionalmente danno ad alcun paziente morale.
«Non si può dire sensatamente di prendersi cura di qualcuno – si legge nel documento Bioetica e scienze veterinarie – se non si è disposti a preoccuparsene e a impegnarsi personalmente a ridurne, per quanto è possibile, la sofferenza e a promuoverne il benessere, specie se l’individuo in questione non sa o non può farlo».
c) Infine, ammettendo che l’incremento di sofferenza animale determinato dall’assenza di stordimento sia rilevante, si tratta di considerare se esso è comunque ammissibile per salvaguardare la libertà religiosa. Si tratta in altre parole di ripetere il procedimento comparativo che ha già condotto il CNB, in altre occasioni, a ritenere prevalenti le ragioni a favore degli animali nel caso di sofferenze loro inflitte in relazione ad attività ludiche o di spettacolo ma non a quelle collegate al conseguimento di obiettivi scientifici di alto profilo.
Considerando che la particolare tutela costituzionale riconosciuta nel nostro ordinamento alla libertà religiosa induce a ritenere giuridicamente lecita la macellazione rituale, il CNB la ritiene bioeticamente ammissibile ove sia accompagnata da tutte quelle pratiche non conflittuali con la ritualità stessa della macellazione che minimizzino la sofferenza animale.

6. MACELLAZIONI RITUALI E BENESSERE ANIMALE: UNA CONCILIAZIONE POSSIBILE?

La conclusione raggiunta nel precedente paragrafo può essere ulteriormente approfondita. Ciascuno infatti è tenuto a manifestare la propria religione in forme che abbiano il minor impatto negativo possibile su ogni altro essere vivente e, più in generale, sull’habitat umano. Questo obbligo permane anche quando, attraverso la comparazione dei valori in gioco, una particolare manifestazione della propria fede religiosa sia giuridicamente lecita.
Nel caso della macellazione rituale il nocciolo della questione sembra individuabile nell’assenza del previo stordimento dell’animale e nelle tecniche necessarie per la sua immobilizzazione. Come si è già rilevato, l’orientamento prevalente nelle leggi di tutti i paesi dell’Unione europea è fondato sulla ragionevole presunzione che l’animale soffra meno se ridotto in stato di incoscienza prima della macellazione: i principi bioetici della precauzione e della responsabilità impongono di tenere conto di questa possibilità.

Il CNB auspica pertanto:

a) che vengano sostenute le riflessioni e le ricerche che, tanto in ambito religioso che in ambito scientifico, sono volte a trovare un punto di composizione tra le pratiche dettate dal rispetto dei precetti religiosi e quelle volte a ridurre la sofferenza animale. In particolare il CNB ritiene opportuno precisare la nozione di integrità dell’animale specifica di ciascuna religione, distinguendola più precisamente da quella di vigilanza dell’animale stesso. Appare infatti possibile, sulla base di esperienze già effettuate in altre parti d’Europa, individuare tecniche che limitino lo stato di vigilanza dell’animale senza produrre alcuna lesione che ne riduca l’integrità;

b) che venga sviluppata la ricerca sulla possibilità di ricorrere a forme di stordimento che siano accettabili in base alle norme religiose, come peraltro in alcuni casi sembra già verificarsi;

c) che pur legittime esigenze economiche degli impianti di macellazione non pregiudichino il rispetto dei tempi e delle tecniche necessarie per una corretta esecuzione delle macellazioni, in particolar modo quelle rituali.

La necessità di evitare inutili sofferenze agli animali, unitamente all’esigenza di rispettare elementari norme igieniche e sanitarie e di non offendere la sensibilità delle persone, inducono il CNB a ritenere inammissibili macellazioni rituali spontanee ed incontrollate, eseguite al di fuori di macelli appositamente autorizzati e senza un adeguato controllo veterinario. I problemi incontrati in questo campo da paesi dove l’immigrazione musulmana è più consistente rende urgente predisporre strutture adeguate per le macellazioni rituali che vengono eseguite in gran numero in occasione di particolari festività religiose, prevedendo (per esempio) una apertura straordinaria dei macelli in tali ricorrenze. Tutto ciò senza dimenticare che macellazioni spontanee ed incontrollate di animali non costituiscono un fenomeno esclusivo della comunità musulmana: esse sono effettuate in realtà, con motivazioni e giustificazioni tanto religiose quanto secolari, in una molteplicità di occasioni (per esempio nel caso di allevamento per autoconsumo). Per questa ragione le osservazioni svolte a proposito della macellazione rituale costituiscono lo spunto per una riflessione più generale che conduca ad un rapporto maggiormente responsabile tra gli esseri umani e gli animali, affrontando anche il problema dei maggiori costi economici per il consumatore che una impostazione bioeticamente corretta di tale rapporto implica. E’ l’intera legislazione (e più ancora la sua applicazione) riguardante l’allevamento degli animali destinati alla macellazione che suscita perplessità e richiede interventi strutturali volti a dare concreta attuazione a quella etica della cura a cui si è già fatto cenno: infatti le modalità con cui questi animali, sempre più inseriti nella filiera industrializzata, sono costretti a vivere nella fase di allevamento, quelle con cui sono trasportati sul luogo della macellazione e quelle con cui la macellazione è eseguita sovente non presentano le condizioni richieste per parlare di rispetto della dignità degli esseri viventi.