Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 30 Settembre 2003

Ordinanza 16 agosto 1991

Pretura di Mantova. Sezione distaccata di Castiglione delle Stiviere. Ordinanza 16 agosto 1991

(omissis)

Il Pretore letti gli atti, a scioglimento della riserva, rileva quanto segue.

Con ricorso depositato il 17 luglio 1991 Giacomo Bondoni, premesso che la propria casa, in Castiglione delle Stiviere, ove è solito dimorare nei mesi estivi, è situata praticamente sotto il campanile del Duomo nel quale il parroco ha fatto recentemente installare nuove campane a funzionamento elettrico le quali, azionate più volte al giorno, emettono un suono di molto superiore ai limiti di legge, gravemente lesivo e pericoloso per la salute delle persone, nonché in violazione dell’art. 844 c.c., instava affinché il Pretore ingiungesse in via cautelare d’urgenza a Don Marino Barbieri di contenere detto rumore attraverso idonei accorgimenti o, nel frattempo, di astenersi dal far suonare le campane.

Disposta la comparizione delle parti, Don Marino Barbieri resisteva per la Parrocchia S. Nazario e Celso di Castiglione delle Stiviere eccependo da un lato l’insussistenza del presupposto del periculum in mora in quanto assolutamente indimostrato il grave ed irreparabile danno alla salute e rilevando dall’altro, sotto il profilo del “fumus”, che nel concetto di normale tollerabilità, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice, rientra senz’altro l’utilizzo delle campane metalliche quale manifestazione plurisecolare di culto.

Disposta ispezione presso l’abitazione del ricorrente, si procedeva alla rilevazione fonometrica, con l’assistenza del consulente tecnico nominato dall’ufficio e l’ausilio di fonometro in dotazione al Servizio Medicina del Lavoro della U.S.L. n. 46 di Castiglione delle Stiviere. Venivano inoltre assunte in loco sommarie informazioni.

Il ricorrente, quindi, all’esito dell’esperimento, insisteva nella domanda.

La singolare controversia va esaminata sotto il duplice profilo prospettato da parte ricorrente e cioè da un lato sotto quello del diritto alla salute, di cui si lamenta il grave ed irreparabile pregiudizio, e dall’altro sotto quello della tutela del diritto di proprietà (ex art. 844 c.c.) contro le illecite immissioni rumorose.

Osserva il giudicante che il primo aspetto, coinvolgendo un diritto costituzionalmente garantito e tutelato in via assoluta dall’art. 32 Cost., (dovendosi ritenere incondizionata la sua posizione di preminenza nell’ordinamento), prescinde dall’esame della “normale tollerabilità” cui è condizionata la legittimità delle immissioni sonore secondo la disciplina privatistica, implicando viceversa una valutazione del solo carattere di “nocività” dell’immissione e dovendo trovare coordinamento casomai con altri diritti costituzionali, ugualmente garantiti, quali ad esempio la libertà religiosa e di culto (art. 19 Cost.). Ma prima ancora di affrontare tale problema di coordinamento costituzionale, si osserva che l’asserito danno all’apparato uditivo e cardiovascolare non è risultato provato, nemmeno nei ristretti limiti della sommaria cognitio richiesta dall’art. 702 c.p.c., in capo al ricorrente il quale ha semplicemente dedotto la propria personale insofferenza al suono delle campane del Duomo di Castiglione delle Stiviere senza addurre specifiche menomazioni all’integrità psico-fisica del proprio organismo. Né la dannosità del suono potrebbe dedursi semplicemente dal superamento dei limiti massimi di esposizione al rumore previsti dai regolamenti locali e dal recente D.P.C.M. 1º marzo 1991, dovendosi necessariamente valutare, oltre alla durata e frequenza dell’emissione, anche il grado soggettivo di tolleranza e le condizioni fisiche (ed eventualmente patologiche) di colui che vanta la tutela del diritto assoluto, per accertare, in definitiva, la concreta nocività del rumore. Detto regolamento disciplina viceversa le esposizioni al rumore in via solo provvisoria in attesa di una regolamentazione organica dell’intera materia dell’inquinamento acustico.

Più problematico si presenta invece il secondo aspetto, che coinvolge piuttosto (in quanto posto a tutela esclusiva del diritto di proprietà) valutazioni “oggettive”, lasciate al prudente apprezzamento del giudice, in ordine al grado di tollerabilità delle immissioni, avuto riguardo, oltre alle condizioni dei luoghi, anche al contemperamento tra le ragioni della proprietà e le esigenze della produzione (art. 844, 2º comma, c.c.).

Ciò posto, va detto preliminarmente che la rilevazione effettuata in concomitanza con l’emissione sonora delle ore 12.00 ha fornito dei risultati (83.4 dB[A] a finestre aperte e 66.3 dB[A] a finestre chiuse) che sono superiori sia al limite massimo diurno previsto dal regolamento locale d’igiene per le zone residenziali (60 dB[A]), sia a quello previsto dall’art. 6, 1º comma del D.P.C.M. 1º marzo 1991 (70 dB[A] in tutto il territorio nazionale), oltre a quello previsto dal 2º comma quale criterio differenziale tra il rumore ambientale e quello residuo (5 dB[A]). Tali valori tuttavia non possono essere indicativi, di per sé, di una lesione di diritti soggettivi in quanto la violazione di norme in materia d’inquinamento acustico (quale appunto il recente decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che fissa, in via transitoria, i limiti di accettabilità di livelli di rumore) non è idonea a creare, in ogni caso, detto pregiudizio poiché le relative norme non disciplinano rapporti intersoggettivi tra privati.

L’immissione sonora va dunque valutata alla stregua del solo criterio della “normale tollerabilità” previsto dal codice anche se, naturalmente, potranno tenersi in debito conto palesi e rilevanti violazioni dei limiti di legge. La tollerabilità è comunque un criterio oggettivo che prescinde dalle determinate caratteristiche di un individuo e che, soprattutto, va valutato in relazione ai luoghi, ai tempi ed alle attività svolte con il solo limite assoluto (sopra ricordato) della nocività alla salute. Sotto tale profilo, la tollerabilità del suono (anche intenso) delle campane non può essere disgiunto dalla tolleranza “comune” e consuetudinaria del luogo, cui corrisponde una tradizione plurisecolare nell’utilizzo di detti strumenti, quale rituale convocazione ad un atto di culto. Detto uso, in particolare, deve ritenersi tollerabile non soltanto quando rientri nel costume sociale invalso nel corso dei secoli ma anche quando, come nel caso di specie, non si sia trasformato in “abuso”. é ben difficile, invero, dirsi superiore al limite di normale tollerabilità un’immissione sonora della durata di un minuto e mezzo (che può anche giungere a due minuti e mezzo, finché le campane non si riportino alla posizione di arresto) ripetuta esclusivamente per tre volte nei giorni feriali e per sei volte la domenica e nelle festività di precetto e comunque mai prima delle 7,30 e mai dopo le 19,30. Le campane, inoltre, sono poste sul tradizionale campanile, alto sulla città, ed il suono (provocato da un “concerto” di quattro campane e, per le solennità, di otto) è originale e non è riprodotto artificiosamente da un impianto automatico di diffusione o di amplificazione. Né la sovrapposizione delle note, che determinerebbero lo sgradevole fenomeno di eco lamentato dal ricorrente, è stato riscontrato, quantomeno nel corso dell’emissione rilevata fonometricamente. Pare comunque che non possa apprezzarsi la tollerabilità dell’immissione anche alla stregua di considerazioni di puro carattere estetico in quanto le modalità di utilizzo dello strumento per finalità religiose, nei limiti dell’uso legittimo non lesivo ai diritti soggettivi altrui, restano esclusivamente affidate all’autorità ecclesiastica, anche in ordine alla scelta del tipo di campana e di tonalità sonora.

Va considerata altresì la condizione dei luoghi, rilevando che gli edifici di culto sono generalmente posti al centro delle città e dei paesi ove, peraltro, per il rumore ambientale (cosiddetto “di fondo”) esistente (spesso già superiore ai limiti di legge) deve richiedersi un grado maggiore di tolleranza. Si osservi infatti che la tabella 2 allegata al D.P.C.M. 1º marzo 1991 prevede come limite massimo relativo alle aree di intensa attività umana (classe IV) il valore (diurno) di 65 dB(A) e per le aree di tipo misto (classe III) il valore di 60 dB(A), che sono di poco inferiori al valore registrato all’interno dell’abitazione del ricorrente nel corso della seconda rilevazione a finestre chiuse (66.3 dB[A]).

Va infine effettuato un equo contemperamento delle opposte esigenze, secondo il criterio indicato dall’art. 844 c.c., che pure fa esclusivo riferimento ai bisogni “della produzione” ma che nulla vieta possa estendersi a quelli della vita religiosa e sociale, parimenti tutelati anche a livello costituzionale.

Né pare possa negarsi al giudice, nei limiti della sua prudente valutazione della tollerabilità, di apprezzare quella “ancestrale” assuefazione al suono delle campane di chi soprattutto vive in piccole comunità cittadine.

Nei limiti sopra evidenziati di legittimità e non nocività del loro uso, si deve rilevare altresì che la funzione liturgica delle campane è quella di far sentire la loro voce anche da lontano, prescindendo da piú o meno spiccate sensibilità acustiche individuali o valutazioni sulla congruità all’aura religiosa ed alla suggestione mistica che dovrebbe caratterizzare la funzione di culto.

Il ricorso va dunque respinto; le spese, data la singolarità del caso e l’obiettiva incertezza in ordine ai criteri di valutazione e agli interessi sottesi alla controversia, andranno compensate.

(omissis)