Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 5 Febbraio 2013

Sentenza 23 gennaio 2013, n.1526

Corte di Cassazione. Sezione I Civile. Sentenza 23 gennaio 2013, n. 1526: "Matrimonio concordatario: delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità e giudizio di cessazione degli effetti civili".

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE               

SEZIONE PRIMA CIVILE                        

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIORETTI   Francesco Maria                      Presidente  

Dott. PICCININNI Carlo                                Consigliere 

Dott. CULTRERA   Maria Rosaria                        Consigliere 

Dott. GIANCOLA   Maria Cristina                       Consigliere 

Dott. DE CHIARA  Carlo                           rel. Consigliere 

ha pronunciato la seguente:                                         

sentenza                                       

sul ricorso proposto da:  B.S., rappresentato e difeso, per procura speciale  in calce  al  ricorso, dagli avv.ti Nanni Alessia e Cerati  Riccardo  ed elett.te  dom.to presso lo studio del primo in Roma, Via Appia  Nuovan. 45;
– ricorrente –

contro

L.A.  (c.f.  (OMISSIS)),  rappresentata   e difesa, per procura speciale in calce al controricorso, dagli  avv.ti Acquistapace Laura e Alessandrini Raffaello ed elett.te dom.ta presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via del Corso n. 160;

– controricorrente –

avverso  la  sentenza  della  Corte  d'appello  di  Bologna  n.  1910 depositata il 17 novembre 2008;

udita  la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del  17 ottobre 2012 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udito  per  il  ricorrente l'avv. Alessia NANNI, che ha concluso  per l'accoglimento  del  ricorso  e  la  sospensione  del   giudizio   di cassazione;

udito  per  la  controricorrente l'avv. Raffaello  ALESSANDRINI,  per delega, che ha concluso per il rigetto del ricorso e dell'istanza  di sospensione;

udito  il  P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott.RUSSO  Rosario  Giovanni,  che ha concluso t  per  l'inammissibilità della  produzione  documentale  ex  art.  373  c.p.c.,  la  manifesta infondatezza del ricorso e la condanna aggravata alle spese ai  sensi dell'art. 385 c.p.c., comma 4.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Parma dichiarò dapprima, con sentenza non definitiva, la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario tra i sigg. B.S. e L.A. e poi, con la sentenza definitiva, condannò l'ex marito a corrispondere alla ex moglie un assegno di Euro 1.291,14 mensili.

Il sig. B. impugnò la seconda sentenza, tra l'altro riproponendo l'eccezione, già disattesa dal Tribunale, di sospensione del processo per la pendenza del giudizio di delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio.

La Corte di Bologna ha respinto sia tale eccezione che l'appello.

Il sig. B. ha quindi proposto ricorso per cassazione, cui la sig.ra L. ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno presentato memorie, con allegati, rispettivamente, la sentenza in data 31 maggio 2012 con cui la Corte d'appello di Bologna ha dichiarato l'esecutività in Italia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, e il ricorso per cassazione con cui detta sentenza è stata impugnata, notificato il 4 ottobre 2012. Il ricorrente ha anche chiesto, con la memoria e nella discussione orale, la sospensione del giudizio di cassazione in attesa del giudicato sulla delibazione della sentenza ecclesiastica.

Diritto

 MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l'unico motivo di ricorso si ripropone, anche in questa sede, la questione della sospensione del processo per la pendenza del giudizio di delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, sottolinenandosi che tale questione è sollevata non già con riferimento al giudizio di divorzio (la cui decisione in primo grado non è stata appellata), bensì con riferimento al giudizio sul riconoscimento dell'assegno divorzile, destinato a concludersi per cessazione della materia del contendere una volta passata in giudicato la sentenza dichiarativa dell'efficacia in Italia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio.

2. – Il motivo è infondato.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte fra giudizio eccelsiastico di nullità del matrimonio concordatario e giudizio di cessazione degli effetti civili dello stesso non sussiste rapporto di pregiudizialità tale che il secondo debba essere necessariamente sospeso, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., a causa della pendenza del primo e in attesa della sua definizione, trattandosi di procedimenti autonomi non solo sfocianti in decisioni di diversa natura e aventi finalità e presupposti diversi, ma aventi specifico rilievo in ordinamenti diversi, tanto che la decisione ecclesiastica solo a seguito di giudizio eventuale di delibazione, e non automaticamente, può produrre effetti nell'ordinamento italiano (Cass. 24990/2010, 11020/2005, 11751/2001 ed altre).

Nè un rapporto di pregiudizialità è configurabile ove si prenda in considerazione – come fa il ricorrente – in luogo del giudizio ecclesiastico il successivo giudizio civile di delibazione della sentenza che lo conclude: quest'ultimo giudizio, infatti, non ha ad oggetto la nullità del matrimonio, bensì la declaratoria di esecutività della sentenza ecclesiastica che l'ha pronunciata.

Il ricorrente tuttavia, come si è visto, pone la questione sotto il particolare profilo che il sopraggiungere del passaggio in giudicato della sentenza di delibazione comporterebbe la cessazione della materia del contendere nel giudizio, ancora in corso, riguardante l'assegno divorzile.

Neppure sotto tale profilo, però, la questione è fondata, per la decisiva ragione che la sospensione del processo ai sensi dell'art. 295 c.p.c. è prevista solo in relazione al rapporto di pregiudizialità fra le cause, non già affinchè si produca, nelle more, la cessazione della materia del contendere.

3. – Il ricorso va in conclusione respinto e per le stesse ragioni va respinta la richiesta di sospensione del presente giudizio di legittimità.

Le spese processuali seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, non sussistendo i presupposti per la condanna aggravata ai sensi dell'art. 385 c.p.c., comma 4, invocata dal P.M..

P.Q.M.

 La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per compensi di avvocato, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2013