Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 5 Novembre 2009

Decreto 18 marzo 1997

Conferenza Episcopale italiana. Decreto: “Norme circa il regime amministrativo dei Tribunali ecclesiastici regionali italiani e l’attività di patrocinio svolta presso gli stessi”, 18 marzo 1997.

(da “Notiziario della Conferenza Episcopale italiana”, n. 2 del 26 marzo 1997)

Em.mus P.D. Camillus S.R.E. Card. Ruini, Conferentiae Episcoporum Italiae Praeses, ipsius Conferentiae nomine, ab Apostolica Sede postulavit ut normae de re administrativa atque oeconomica in matrimonialibus processibus apud tribunales italicos regionales, a conventu plenario Conferentiae ad normam iuris adprobatae, rite recognoscerentur.

Congregatio pro Episcopis, ivi facultatum sibi articulo 82 Constitutionis Apostolicae “Pastor Bonus” tributarum et collatis consiliis cum Dicasteriis, quorum interest, memoratas normas, prout in adnexo exemplari continentur, iuri canonico universali accomodatas repperit et ratas habet.

Quapropter, eaedem normae, modis ac temporibus ab ipsa Conferentia statutis, promulgari poterunt.

Datum Romae, ex Aedibus Congregationis pro Episcopis, die 10 mensis Februarii anno 1997.

BERNARDIN Card. GANTIN Praefectus

+ JORGE MARIA MEILA A Secretis

Decreto di promulgazione delle norme

Conferenza Episcopale Italiana-PROT. N. 229/97

Decreto

La Conferenza Episcopale Italiana nella XLI Assemblea Generale ordinaria, svoltasi a Roma dal 6 al 10 maggio 1996, ha esaminato e approvato con la prescritta maggioranza le “Norme circa il regime amministrativo e le questioni economiche dei Tribunali ecclesiastici regionali italiani e circa l’attività di patrocinio svolta presso gli stessi”, dando attuazione e ulteriore sviluppo alle disposizioni contenute negli articoli 57 e 58 del “Decreto Generale sul matrimonio canonico”; ciò sulla base del “peculiare mandatum” della Santa Sede conferito con venerato Foglio del Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato, in data 24 aprile 1996, n. 3465/96/RS.

In conformità al can. 455, par. 2, del codice di diritto canonico ho richiesto con lettera in data 8 luglio 1996 (prot. n. 795/96) la prescritta “recognitio” della Santa Sede.

Con venerato Foglio del 10 febbraio 1997 (prot. n. 960/83) il Cardinale Prefetto della Congregazione per i Vescovi mi ha fatto pervenire il decreto di concessione della “recognitio”.

Pertanto con il presente decreto, nella mia qualità di Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, per mandato dell’Assemblea Generale e in conformità al can. 455 del codice di diritto canonico nonché all’art. 28/a dello Statuto della C.E.I., intendo promulgare e di fatto promulgo il decreto generale sulle “Norme circa il regime amministrativo e le questioni economiche dei Tribunali ecclesiastici regionali italiani e circa l’attività di patrocinio svolta presso gli stessi” approvato dalla XLI Assemblea Generale, stabilendo che la promulgazione sia fatta mediante pubblicazione nel “Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana”.

Tenuto conto dell’esigenza di dare una previa e adeguata informazione, che illustri la nuova normativa, e di predisporre le modalità organizzative per l’avvio dell’attuazione della medesima, stabilisco altresì che il Decreto promulgato entri in vigore a partire dal 1° gennaio 1998.

In conformità agli indirizzi espressi dalla XLI Assemblea Generale, la presente normativa sarà sottoposta a una prima verifica trascorso un triennio dalla promulgazione, al fine di valutare l’opportunità di eventuali modifiche o integrazioni.

Testo delle norme.

Premessa

La sollecitudine pastorale dei Vescovi italiani verso i fedeli che si rivolgono ai Tribunali ecclesiastici regionali per le cause matrimoniali ha suggerito l’opportunità di statuire una più appropriata normativa. Essa ha la finalità di conferire ai Tribunali ecclesiastici regionali una configurazione più precisa e omogenea in ciò che concerne il regime amministrativo, e di venire incontro ai fedeli, rendendo il meno oneroso possibile, sotto il profilo delle spese, l’accesso ai Tribunali medesimi e facendo comunque presente l’importanza di sovvenire, anche in questa occasione, alle necessità della Chiesa.

Pertanto, la XLI Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana ha deliberato di adottare la seguente disciplina, la quale vale anche per i Tribunali del Vicariato di Roma, fatta salva, in ogni caso, la loro condizione giuridica speciale.

ART. 1

§ 1. I Tribunali ecclesiastici regionali italiani, costituiti dal Papa Pio XI con il M.P. Qua cura dell’ 8 dicembre 1938, hanno come soggetto di imputazione delle posizioni e dei rapporti attinenti l’attività amministrativa e la gestione economica la Regione ecclesiastica di appartenenza, ente ecclesiastico civilmente riconosciuto.

§ 2. I Tribunali regionali godono di autonomia amministrativa e gestionale, sotto la direzione del rispettivo Vicario giudiziale, il quale agisce di concerto con il Moderatore e a lui risponde. Per tale motivo la Regione ecclesiastica istituisce, nel quadro del suo bilancio complessivo, un conto distinto per la contabilità riguardante l’attività del Tribunale.

§ 3. Entro un anno dalla promulgazione della presente normativa, la Conferenza episcopale regionale approva un Regolamento per il Tribunale di cui è responsabile. Il Regolamento stabilisce le disposizioni amministrative, disciplinari e procedurali necessarie per l’ordinato funzionamento del Tribunale, con speciale riferimento all’esecuzione delle presenti Norme.

ART. 2

§ 1. I Tribunali regionali sostengono gli oneri relativi alla propria attività con il concorso finanziario della Conferenza Episcopale Italiana e della Regione ecclesiastica di appartenenza, ai sensi delle presenti norme, nonché con i contributi versati dalle parti a norma del seguente art. 4.

§ 2. I predetti oneri riguardano in particolare: il personale addetto, compresi i patroni stabili di cui al can. 1490; la manutenzione ordinaria delle sedi; l’acquisto e la manutenzione di arredi e di apparecchiature; gli altri costi generali relativi all’attività del Tribunale.

§ 3. Per i costi delle rogatorie si stabilisce:

a) se le rogatorie sono eseguite da un Tribunale diocesano, i costi delle medesime sono a carico del Tribunale che le richiede;

b) se le rogatorie sono eseguite da un Tribunale regionale, i costi delle medesime sono a carico del Tribunale che le esegue;

c) se le rogatorie sono eseguite da un Tribunale non italiano, i costi delle medesime sono a carico del Tribunale che le richiede.

ART. 3

§ 1. Il contributo finanziario della C.E.I. per ciascun Tribunale regionale è determinato dai seguenti criteri:

una quota uguale per ogni Tribunale;
2. una quota aggiuntiva, computata in relazione:
a) al numero delle cause di primo e secondo grado decise o perente nell’anno precedente;

b) al numero delle cause di primo e secondo grado pendenti al 31 dicembre dell’anno precedente.

L’entità delle quote è aggiornata ogni due anni dal Consiglio Episcopale Permanente.

§ 2. Entro il mese di febbraio di ciascun anno, il Moderatore del Tribunale regionale, dopo avere informato in merito la Conferenza episcopale regionale, presenta alla Presidenza della C.E.I. i dati di cui al § 1, n.2 e, inoltre, un rendiconto analitico e documentabile delle entrate e delle uscite registrate dal Tribunale nell’anno precedente, redatto secondo uno schema approvato dalla medesima Presidenza della C.E.I.

§ 3. Entro il mese di aprile di ciascun anno, la Presidenza della C.E.I. determina il contributo da assegnare al Tribunale regionale con riferimento all’anno precedente e lo versa sul conto di cui all’art. 1, § 2 entro il mese di settembre.

§ 4. Nel caso in cui il rendiconto, di cui al § 2, evidenzi un passivo, il ripianamento dello stesso – dopo verifica da parte della C.E.I. – viene operato dalla Conferenza episcopale regionale e dalla C.E.I. in parti uguali.

Per la verifica di cui sopra, la Presidenza della C.E.I. acquisisce dal Tribunale la documentazione che ritiene necessaria per una conoscenza e una valutazione più completa degli elementi del predetto rendiconto.

Nel deliberare sull’intervento di ripianamento, la Presidenza della C.E.I. può fornire al Tribunale interessato, previa consultazione con il suo Moderatore, opportune indicazioni di gestione, cui il Tribunale medesimo è tenuto a conformarsi anche come condizione per poter accedere negli anni successivi a nuovi eventuali interventi di ripianamento.

§ 5. Le spese straordinarie concernenti la sede dei Tribunali regionali, se previamente approvate dalla Conferenza episcopale regionale e dalla Presidenza della C.E.I., sono rimborsate all’ente ecclesiastico proprietario dalla Conferenza episcopale regionale e dalla C.E.I.in parti uguali.

ART. 4

§ 1. I costi di una causa sono determinati da una duplice voce:

a) gli oneri ordinari del Tribunale;

b) i costi aggiuntivi, quali quelli per trasferte, acquisizione di particolare materiale documentale, perizie d’ufficio, per le quali ultime si fa riferimento alla tabella stabilita dal Consiglio Episcopale Permanente.

I costi effettivi di ciascuna causa sono cumulativamente quelli del primo e quelli dell’eventuale secondo grado di giudizio presso un Tribunale regionale italiano.

Alla copertura almeno parziale dei costi effettivi di una causa le parti concorrono a norma dei §§ 2 e 3.

§ 2. La parte attrice è tenuta a versare al Tribunale, al momento della ammissione del libello, una somma di lire 700.000= quale contributo minimo di concorso ai costi della causa da parte del fedele che invoca il ministero del Tribunale ecclesiastico.

La parte convenuta, in caso di nomina di un patrono di fiducia o dell’ottenimento di un patrono stabile ai sensi dell’art. 6, è tenuta a versare una somma di lire 350.000=. Non è tenuta ad alcuna contribuzione ove partecipi all’istruttoria senza patrocinio, anche in caso di acquisizione, su sua richiesta, di prove ammesse dal giudice.

La misura del contributo è periodicamente aggiornata dal Consiglio Episcopale Permanente.

Le parti che versano in condizioni di provata indigenza possono chiedere al Preside del collegio giudicante la riduzione del predetto contributo o l’esenzione dal versamento dello stesso. La riduzione o l’esenzione vengono concesse dallo stesso Preside del Collegio giudicante dopo aver acquisito gli elementi necessari per la valutazione del caso.

Al Preside medesimo spetta stabilire l’eventuale rateizzazione del previsto contributo.

Contro la decisione del Preside le parti possono presentare il ricorso al Collegio.

§ 3. Alla copertura almeno parziale del costo effettivo di una causa le parti possono liberamente contribuire secondo le loro possibilità, nelle forme previste dall’ordinamento canonico per sovvenire alle necessità della Chiesa.

A questo scopo, il Preside del Collegio giudicante del Tribunale di primo grado, avuta comunicazione della pronuncia conclusiva del secondo grado di giudizio insieme con il costo della causa di tale grado, convoca le parti e comunica loro sia il costo effettivo della causa sia le modalità secondo cui è possibile effettuare detta contribuzione volontaria.

ART. 5

§ 1. Presso ogni Tribunale regionale è istituito un Elenco regionale degli avvocati e procuratori, la cui disciplina è stabilita dal Regolamento di cui all’art. 1, § 3.

Il patrocinio delle cause trattate avanti il Tribunale è riservato agli iscritti all’Elenco, nonché agli avvocati e procuratori iscritti all’Alba della Rota Romana.

Altri avvocati e procuratori possono assumere il patrocinio solo se iscritti in Elenchi di altri Tribunali e se approvati, nei singoli casi, dal Moderatore del Tribunale.

§ 2. Tutti gli avvocati e procuratori che svolgono funzioni di patrocinio presso un Tribunale regionale debbono attenersi al Regolamento del Tribunale medesimo.

§ 3. Il Preside del Collegio giudicante determina, in riferimento alla tabella stabilita dal Consiglio Episcopale Permanente, la misura degli onorari dovuti dalle parti agli avvocati e procuratori, nonché l’importo degli ulteriori compensi che non possano ritenersi compresi in tali onorari.

Tale determinazione, in primo grado di giudizio:

a) avviene a preventivo, per la parte attrice al momento dell’ammissione del libello e per la parte convenuta al momento della presentazione del mandato;

b) avviene a consuntivo al momento della conclusione della fase istruttoria, previa presentazione al Preside del Collegio giudicante della distinta degli ulteriori oneri sostenuti dal patrono.

La suddetta determinazione stabilisce la somma da richiedere dal patrono alla parte a titolo di compenso definitivo.

Se il giudizio di secondo grado si svolge secondo il rito ordinario, la determinazione a preventivo avviene al momento della concordanza del dubbio di causa; se si svolge e termina con procedimento ai sensi del can. 1682, § 2, la determinazione avviene al momento della notifica del decreto di conferma della decisione di primo grado.

§ 4. Il Vicario giudiziale informa le parti di quanto dovuto ai sensi del paragrafo precedente. In particolare, della informazione preventiva viene redatto apposito documento che, sottoscritto dalle parti interessate, dagli avvocati e procuratori nonché dal Vicario giudiziale, è conservato negli atti di causa.

§ 5. Eventuali reclami delle parti contro l’operato degli avvocati e dei procuratori circa i costi del patrocinio debbono essere presentati al Preside del Collegio giudicante. Questi, sentiti gli interessati, se riscontra che il reclamo ha fondamento, deferisce la questione al Moderatore del Tribunale per gli opportuni provvedimenti.

Nel caso si tratti di avvocati iscritti all’Albo della Rota Romana, il Preside del Collegio giudicante deferisce la questione al Decano della Rota.

§ 6. Gli avvocati e i procuratori iscritti all’Elenco di un Tribunale regionale sono tenuti, a turno, a richiesta del Vicario giudiziale e a meno di gravi ragioni la cui valutazione spetta al medesimo Vicario giudiziale, a prestare il proprio gratuito patrocinio alle parti che abbiano ottenuto la completa esenzione dal contributo obbligatorio ai costi di causa e dalle spese di patrocinio e alle quali il Preside del Collegio giudicante abbia ritenuto doversi assegnare un patrono d’ufficio.

Gli avvocati e i procuratori che assistono un fedele del tutto gratuitamente su richiesta del Vicario giudiziale possono chiedere al Tribunale il rimborso delle spese vive sostenute per il loro lavoro, previa presentazione di distinta documentabile delle spese stesse.

ART. 6

§ 1. L’organico del Tribunale regionale deve prevedere l’istituzione di almeno due patroni stabili ai sensi del can. 1490. Essi esercitano il compito sia di avvocato sia di procuratore.

L’incarico di patroni stabili deve essere conferito a persone che, secondo le qualifiche richieste dal can. 1483, offrano garanzia di poter efficacemente svolgere il loro compito a favore dei fedeli.

Spetta alla Presidenza della C.E.I. dare ulteriori determinazioni circa i requisiti e i criteri per l’affidamento dell’incarico, la natura del rapporto con il Tribunale e le modalità di esercizio dell’attività.

L’assunzione del predetto incarico è ragione di incompatibilità con l’esercizio del patrocinio di fiducia presso i Tribunali regionali italiani.

§ 2. A tali patroni stabili i fedeli possono rivolgersi per ottenere consulenza canonica circa la loro situazione matrimoniale e per avvalersi del loro patrocinio avanti il Tribunale regionale presso il quale prestano il loro servizio.

Il servizio di consulenza avviene secondo i tempi e le modalità previsti dal Regolamento del Tribunale.

Per potersi avvalere del patrocinio di un patrono stabile, la parte che ne abbia interesse deve farne richiesta scritta e motivata al Preside del Collegio giudicante. Questi accoglie la richiesta tenuto conto delle ragioni addotte e delle effettive disponibilità del servizio.

§ 3. Il patrono stabile non riceve alcun compenso dai fedeli, né per la consulenza, né per il patrocinio o la rappresentanza in giudizio.

Alla retribuzione dei patroni stabili provvede il Tribunale, attingendo dalle risorse messe a disposizione dalla C.E.I. e alle condizioni stabilite dalla medesima.

§ 4. I1 patrono stabile può non accettare l’incarico per una determinata causa ovvero rinunciare in corso di causa all’incarico assunto, se legittimamente impedito o se ritenga, in scienza e coscienza, di non poter continuare a svolgerlo.