Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 1 Novembre 2010

Sentenza 25 ottobre 2010, n.7050

TAR Lombardia. Sentenza 25 ottobre 2010, n. 7050: "Destinazione d'uso di immobile utilizzato da una associazione il cui fine religioso riveste carattere di accessorietà".

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

in forma semplificata ex artt. 60 e 74 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 2020 del 2010, proposto da:
(…), quest’ultimo in proprio e quale legale rappresentante dell’Associazione culturale (…), rappresentati e difesi dall'avv. Davide Galimberti del Foro di Monza, presso il cui studio hanno eletto domicilio in Lissone, via Edmondo De Amicis 35

contro

COMUNE di GIUSSANO, non costituito in giudizio

nei confronti di

REGIONE LOMBARDIA, non costituita in giudizio

per l'annullamento

previa sospensiva

e previa dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 52, comma 3 bis, della legge regionale Lombardia n. 12/2005, dei seguenti atti:

– ordinanza 22 luglio 2010 n. 133 (notificata il 23.7.10) del dirigente del Settore Urbanistica, Edilizia, SUE/SUAP;

– comunicazione 20 luglio 2010 n. prot. 20344 della Polizia Locale;

– atti presupposti [tra cui le relazioni di servizio 10 luglio 2010 n. 147, 12 luglio 2010 n. 144, 20 luglio 2010 n. 157], connessi e consequenziali;

e per la condanna del Comune al risarcimento dei danni.

Visto il ricorso, notificato il 16/17, depositato il 23 settembre 2010;

Vista la contestuale domanda cautelare;

Visti atti e documenti di causa;

Udito, nella camera di consiglio del 20 ottobre 2010, relatore il dott. Carmine Maria Spadavecchia, l’avv. Galimberti;

Sentita sul punto la parte costituita (ex art. 60 cod. proc. amm.) e ritenuto che sussistano i presupposti per definire il ricorso con sentenza semplificata;

Premesso che:

– i ricorrenti sono rispettivamente proprietari (…) e conduttore (Associazione culturale …, in persona di …) di una unità immobiliare posta al piano terra e al piano interrato dello stabile sito in via …., avente destinazione residenziale (abitazioni) e commerciale (negozi);

– l’unità immobiliare, distinta in catasto al mapp. …, concessa in locazione ad uso non abitativo, per lo svolgimento di attività che non comportano contatti diretti col pubblico, è utilizzata come sede sociale dall’Associazione, che è associazione non riconosciuta, costituita per i fini (culturali e ricreativi) indicati nell’art. 3 dello statuto;

– con ordinanza dirigenziale 22 luglio 2010 n. 133, emessa dal Settore Urbanistica, Edilizia, SUE/SUAP, il Comune, dopo avere contestato la modifica della destinazione funzionale assentita (da negozio a luogo di culto) e la realizzazione di un divisorio interno al piano interrato, il tutto realizzato senza permesso di costruire, in contrasto con il PGT (piano di governo del territorio) e con l’art. 52, comma 3 bis della legge regionale lombarda n. 12 del 2005, ha disposto l’immediato ripristino dello stato dei luoghi e della destinazione d’uso originaria, ordinando altresì di sospendere le attività di culto e di preghiera;

– i ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza e gli atti indicati in epigrafe (comunicazione della polizia locale e relazioni di servizio), assumendo che: non vi è stato alcun mutamento di destinazione d’uso finalizzato alla creazione di un luogo di culto, e la realizzazione di un divisorio interno rientra nell’ambito dell’attività edilizia libera ex art. 6 T.U. edilizia, approvato con d.p.r. n. 380 del 2001 (primo motivo); l’ordinanza omette ogni indicazione della norma urbanistica che il Comune reputa violata (secondo motivo); il mutamento d’uso, da negozio a sede associativa, è conforme alla destinazione urbanistica dell’immobile (B1.4), normata dall’art. 42 n.t.a. del PGT (secondo motivo bis);

– i ricorrenti eccepiscono altresì (terzo motivo) l’incostituzionalità dell'art. 52, comma 3 bis, della legge regionale Lombardia n. 12/2005, per violazione degli artt. 2, 3, 8, 9, 18, 19, 20 e 21 Cost., per il fatto che detta disposizione, ove intendesse subordinare a permesso di costruire i mutamenti di destinazione d’uso (anche senza opere) finalizzati alla creazione di luoghi di culto, comprendendo in tale nozione anche i centri culturali in cui si eserciti privatamente ed occasionalmente la preghiera religiosa, discriminerebbe inammissibilmente l’uso di culto rispetto ad ogni altro genere di usi, in violazione del diritto costituzionale alla libertà di espressione del pensiero, alla libertà di associazione nonché alla libertà religiosa in tutte le sue manifestazioni, in particolare violando l’art. 20 della Costituzione, secondo cui “il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività”;

Considerato che:

– l’ordinanza muove dal presupposto che sia stata abusivamente modificata la destinazione d’uso dell’immobile da negozio a luogo di culto, in contrasto con il PGT e in violazione dell’art. 52, comma 3 bis, della legge regionale lombarda 11 marzo 2005 n. 12 (legge per il governo del territorio);

– in punto di fatto il Comune trae il proprio convincimento al riguardo da rapporti di servizio della polizia locale dai quali emerge (per quanto è dato ricavare dalle copie prodotte in giudizio, rilasciate ai ricorrenti con la schermatura delle generalità dei presenti) che in occasione di sopralluoghi e di controlli in loco gli agenti verbalizzanti hanno riscontrato la “presenza in sede di persone di religione islamica” (rapporto 12.7.10) ovvero di persone “raccolte in preghiera” (rapporto 20.7.10);

Ritenuto che:

– l’art. 52, comma 3 bis, della legge regionale (il quale stabilisce che “I mutamenti di destinazione d’uso di immobili, anche non comportanti la realizzazione di opere edilizie, finalizzati alla creazione di luoghi di culto e luoghi destinati a centri sociali, sono assoggettati a permesso di costruire”), per la sua collocazione e la sua ratio è palesemente volto al controllo di mutamenti di destinazione d’uso suscettibili, per l’afflusso di persone o di utenti, di creare centri di aggregazione (chiese, moschee, centri sociali, ecc.) aventi come destinazione principale o esclusiva l’esercizio del culto religioso o altre attività con riflessi di rilevante impatto urbanistico, che richiedono la verifica delle dotazioni di attrezzature pubbliche rapportate a dette destinazioni;

– la norma non pare quindi applicabile nel caso in cui l’immobile venga utilizzato da un’associazione culturale in cui il fine religioso rivesta carattere di accessorietà e di marginalità nel contesto degli scopi statutari;

– la previsione statutaria (art. 3) che comprende tra gli scopi dell’Associazione l’“organizzare preghiere individuali e collettive” ovvero il “far rivivere gli insegnamenti del Profeta (Sunna) e la rivelazione Divina (Corano)” non costituisce elemento sufficiente a identificare detta sede con un “luogo di culto” assoggettabile alla predetta disciplina;

– del pari insufficiente è la circostanza che nella sede dell’associazione sia stata occasionalmente riscontrata la presenza di “persone di religione islamica” ovvero di “persone raccolta in preghiera”, non potendosi qualificare, ai predetti fini, “luogo di culto” un centro culturale o altro luogo di riunione nel quale si svolgano, privatamente e saltuariamente, preghiere religiose, tanto più ove si consideri che – come questo Tribunale ha avuto modo di statuire in una fattispecie similare (cfr. TAR Milano 2^, 17.9.09 n. 4665) – non rileva di norma ai fini urbanistici l’uso di fatto dell’immobile in relazione alle molteplici attività umane che il titolare è libero di esplicare;

– ove altrimenti interpretata la norma regionale si esporrebbe a dubbi di legittimità costituzionale;

Considerato, quanto alla domanda di risarcimento del danno, che:

– il danno economico derivante dalla necessità di difendersi in giudizio trova rifusione all’interno del processo, nella disciplina delle spese di causa;

– il danno esistenziale (turbamento emotivo e psicologico) derivante dal divieto di esercitare in loco attività di culto non è comprovato, né nell’an né nel quantum, e non può essere comunque fatto valere dall’Associazione in sostituzione dei singoli associati che avrebbero subito la compressione di diritti garantiti dalla carta costituzionale;

Considerato, per quanto esposto, che il ricorso merita di essere accolto nella sola parte in cui si chiede l’annullamento dell’impugnata ordinanza, mentre la domanda di risarcimento va respinta;

Ritenuto di liquidare le spese di causa nella misura indicata in dispositivo, tenuto conto della parziale soccombenza;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

accoglie in parte il ricorso, e per l’effetto annulla l’impugnata ordinanza; respinge la domanda di risarcimento del danno.

Condanna il Comune di Giussano alla rifusione delle spese di causa, che si liquidano in € 2.000,oo (Euro duemila), oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 20 ottobre 2010, con l'intervento dei magistrati:

Mario Arosio, Presidente
Carmine Maria Spadavecchia, Consigliere, Estensore
Giovanni Zucchini, Primo Referendario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/10/2010