Sentenza 06 novembre 1996
Pretura circondariale di Avezzano, Sentenza 6 novembre 1996: “Bestemmia contro
(Omissis)
(Omissis)
3 Al capo b) della rubrica si contesta all’imputato di aver “bestemmiato in pubblico il nome di Dio e della Madonna”.
Il reato (p. e p. dall’art. 724 del codice penale) è estinto per prescrizione. Esso, punito con la sola ammenda, risulta infatti, dall’imputazione, commesso il 12 agosto 1993 e da allora è decorso il complessivo termine triennale di cui agli artt. 157 n. 6 e 160, ultimo comma, ultima parte del codice penale. Va pertanto immediatamente pronunciata la relativa declaratoria, limitatamente peraltro alla bestemmia nei confronti di Dio.
In relazione alla bestemmia nei confronti della Madonna va, invece, preso atto che
A seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale parziale di cui sopra e della ristretta configurazione del reato di bestemmia che ne discende, è peraltro lecito ora interrogarsi sull’ambito di operatività dell’art. 726, comma 2, del codice penale che sanziona penalmente chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, usi un linguaggio contrario alla pubblica decenza.
In proposito deve osservarsi che tra le due fattispecie non esisteva (e non esiste) rapporto di specialità in senso logico-formale che postula l’esatta continenza degli elementi della figura normativa speciale (nell’ipotesi la bestemmia) nella figura generale (nell’ipotesi il turpiloquio). Che siffatta necessaria continenza in astratto non possa ravvisarsi è reso palese dall’esegesi storica. Il codice penale Zanardelli non prevedeva il reato di bestemmia, e il relativo fatto era ritenuto, in dottrina e giurisprudenza, non punibile (fino all’avvento del T.U. di pubblica sicurezza 6 novembre 1926 n. 1848, che all’art. 232 ne reintrodusse nell’ordinamento generale l’incriminazione) se non nei casi in cui esso integrasse il turpiloquio (sanzionato dall’art. 490 di quel testo normativo), casi rimasti peraltro isolati nell’applicazione pratica. Autorevole dottrina, coeva al codice vigente, ammette addirittura il concorso di reati, ancorché nell’unico fatto, tra bestemmia e turpiloquio, osservando che per bestemmiare non è necessario offendere anche la pubblica decenza (concorso la cui ipotizzata configurabilità che peraltro non tiene conto del principio dell’assorbimento quale criterio risolutore del conflitto tra le due norme, vale comunque ad escludere la specialità tra le medesime). A ciò si aggiunga il dato testuale per cui l’incriminazione della bestemmia, sia pure sotto un profilo marginale, si presenta contenutisticamente più estesa di quella sul turpiloquio, abbracciando la prima le condotte commesse “pubblicamente”, ossia in ambiti più ampi (cfr. art. 266, ultimo comma del codice penale) rispetto al “luogo pubblico o aperto al pubblico” entro cui è confinato il reato di turpiloquio.
Ciò detto, è da ritenersi che, in concreto, nell’attuale contesto storico-sociale dell’Italia, la massima parte delle offese empie, già riconducibili alla parte caducata dell’art. 724 del codice penale, saranno sussumibili, quali manifestazioni verbali di inciviltà tali da menomare i principi minimi della costumatezza, della pudicizia e del decoro come avvertiti attualmente dalla popolazione, nella sfera di applicazione dell’art. 726 del codice penale.
L’indagine concreta di cui sopra – necessaria in quanto in rubrica, contrariamente agli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità, non erano specificate le parole oltraggiose adoperate, né si offrivano elementi per ricostruirle o individuarle – non era possibile nel presente giudizio, ove ogni attività istruttoria è risultata preclusa per l’intervento della causa istintiva.
A ben guardare, peraltro, nel caso di specie, quand’anche tale indagine fosse stata effettuata, non sarebbero residuati margini per l’operatività dell’art. 726 del codice penale, norma che, rispetto alla bestemmia, dopo Corte cost. n. 440 del 1995, può venire a svolgere un ruolo sussidiario (servendo a completare ed integrare l’altra, reprimendo fatti affini che in questo ormai più non rientrano), ma non certo concorrere, in omaggio al già richiamato principio di assorbimento, con quella; con la conseguenza che, ogni qualvolta un’unica condotta sia connotata da offese empie dirette (anche e non solo) verso
(Omissis)
Autore:
Pretura
Dossier:
Italia, Tutela penale
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Bestemmia, Libertà dei culti, Offese alla Madonna
Natura:
Sentenza