Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 20 Febbraio 2009

Sentenza 21 gennaio 2009, n.2735

Cassazione penale, Sez. VI, Sentenza 21 gennaio 2009, n. 2735: “Violazione del regime degli arresti domiciliari al fine di partecipare ad una funzione religiosa”.

1.- D.F.L. propone personalmente ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna di cui in epigrafe, che ha confermato la condanna alla pena di sei mesi di reclusione inflittagli con sentenza dell’8.7.2003 del Tribunale di Forlì per il reato di evasione dal regime cautelare degli arresti domiciliari, fissato in località protetta (in ragione della veste di collaboratore di giustizia dell’imputato) con facoltà di assentarsi ogni prima domenica del mese del 2000 per partecipare con scorta (dalle ore 9 alle ore 12) alle cerimonie liturgiche dei testimoni di Geova (giusta provvedimento autorizzativo adottato il 6.12.1999 dalla Corte di Assise di Napoli). In particolare – come si desume dalle concordi sentenze di merito – il (OMISSIS), seconda domenica del mese, il D.F., dopo aver chiamato il comando dei Carabinieri di Forlì per lamentare l’assenza della scorta che lo conduca presso la locale sala del regno dei testimoni di Geova, informa l’interlocutore carabiniere C. che si recherà ugualmente alla funzione religiosa, nonostante il militare gli faccia rilevare che l’autorizzazione è valida per la sola prima domenica di ogni mese.

Effettuato un controllo presso l’abitazione del D.F., lo stesso non viene trovato in casa dai carabinieri, facendovi ritorno di lì a poco, reduce dall’adunanza domenicale dei testimoni di Geova.

Per i giudici di merito il comportamento tenuto dall’imputato integra l’ascritto reato di evasione dal regime degli arresti domiciliari, non potendosi prestare credito alla tesi difensiva del D.F. di essere incorso in errore scusabile, tale da elidere il dolo generico del reato di cui all’art. 385 c.p., comma 3, sulla estensione dell’autorizzazione ad assentarsi per prendere parte alle celebrazioni religiose della domenica, autorizzazione che egli suppone essergli stata riconosciuta per tutte le domeniche. In vero, pur ipotizzandosi il detto errore del D.F., non v’è alcun dubbio che l’autorizzazione sia stata comunque rigorosamente subordinata (per motivi di cautela connessi al suo status di collaboratore di giustizia) all’accompagnamento con scorta di p.g.

Modalità consapevolmente ed inescusabilmente ignorata e violata dal D.F., benchè il carabiniere C. esplicitamente lo ammonisca a non allontanarsi senza scorta, essendogli ciò vietato dal provvedimento autorizzativo dell’A.G. di Napoli.

2.- Con il ricorso il D.F., riprendendo ragioni di doglianza enunciate con l’appello contro la sentenza del Tribunale, deduce i motivi di censura che seguono.
– Insussistenza del dolo generico costitutivo della fattispecie criminosa contestata, essendosi egli allontanato dall’abitazione unicamente per presenziare alle funzioni liturgiche della sua religione, convinto di essere a ciò autorizzato ed in ogni caso non avendo alcun intento di sottrarsi al regime di controllo domiciliare, come è dimostrato dal suo immediato rientro a casa al termine della cerimonia religiosa.
– Insussistenza del reato di evasione, non essendosi egli sottratto ai controlli di p.g., come attesta la sua telefonata ai carabinieri di Forlì il (OMISSIS) per comunicare la sua intenzione di recarsi alla celebrazione domenicale della sua religione, l’attuata condotta potendo al più integrare una semplice violazione delle prescrizioni del giudice afferenti all’applicato regime degli arresti domiciliari.
– Carente o insufficiente motivazione del diniego delle circostanze attenuanti generiche e degli altri “benefici di legge”, che avrebbero potuto mitigare la gravosità della sanzione inflitta.
– Applicabilità in via subordinata della causa estintiva del reato derivante dalla intervenuta prescrizione.

3.- I motivi di ricorso che investono il merito giuridico della regiudicanda sono infondati, sino a lambire contorni di inammissibilità (ove indugiano su una mera ricostruzione fattuale alternativa del contegno illecito del D.F.). Il solo motivo meritevole di accoglimento è quello relativo all’attuale spirare del termine massimo di prescrizione del reato per cui è intervenuta condanna.

Il primo motivo di censura non è fondato alla stregua dei lineari e corretti argomenti con cui la Corte di Appello ha disatteso l’asserita carenza del dolo del reato di evasione. Se pure si supponga l’errore percettivo del D.F. nel cogliere la limitazione, per vero singolare (trattandosi di pratiche religiose esperibili con usuale cadenza domenicale), del provvedimento di autorizzazione ad assentarsi emesso dalla Corte di Assise di Napoli, rimane – quale emergenza ineludibile – la necessaria attuazione modale dell’autorizzata periodica assenza dall’abitazione con il mezzo della scorta (provvedimento 6.12.1999: “…autorizza a partecipare con adeguata scorta…”). Di tal che nessuna situazione esimente sul piano soggettivo è configurabile, dal momento che il D.F. – ammesso che sia incorso in equivoco sul giorno di autorizzazione (tutte le domeniche in luogo della sola prima domenica di ogni mese) – sicuramente non ha ignorato di potersi allontanare dal suo domicilio soltanto con l’ausilio di una scorta di p.g., come è dimostrato dal suo stesso contegno (è lui che telefona ai carabinieri dolendosi del mancato arrivo della scorta) nonchè dal monito mnemonico rivoltogli dai carabinieri (che gli ricordano come non possa lasciare l’abitazione senza scorta).

Sicchè, quando il (OMISSIS) egli comunque si allontana dal suo domicilio senza il supporto della scorta, ha consapevolmente violato il regime di arresti domiciliari come specificamente applicatogli.
Emergenza che rende ragione della speculare infondatezza del secondo connesso motivo di ricorso, insostenibile rivelandosi l’assunto della mancata violazione del disposto dell’art. 385 c.p., poichè – per stabile orientamento di questa Corte regolatrice – realizza il delitto di evasione, e non una mera inosservanza del provvedimento cautelare, anche un temporaneo allontanamento dal luogo di custodia domestica, con modalità diverse da quelle consentite dal giudice che ha disposto e modulato la dinamica evolutiva della misura cautelare inframurale, è intrinsecamente idoneo a perfezionare la fattispecie criminosa dell’evasione ex art. 385 c.p., vulnerando – a tacer d’altro – i controlli della polizia giudiziaria sulla costante immediata reperibilità dell’imputato, reperibilità che deve possedere perentorie e stabili connotazioni di celerità e di certezza accertative (cfr.: Cass. Sez. 6, 26.11.2007 n. 309, Ben Jouida, rv. 238408; Cass. Sez. 6,18.12.2007 n. 3212, Perrone, rv. 238413).

Infondato deve giudicarsi anche il terzo motivo di ricorso. Ricordato che le valutazioni critiche sull’asserita onerosità della pena, investendo il merito sanzionatorio e la definizione discrezionale della sua misura da parte del giudice di merito, sono estranee al giudizio di legittimità, se tale misura risulti (come nel caso del ricorrente) idoneamente motivata, è agevole osservare che il giudice di primo grado (la cui sentenza va letta in uno alla confermativa decisione di appello, con cui forma un unitario ed inscindibile compendio decisorio) idoneamente esclude la concedibilità di circostanze attenuanti o altri benefici in rapporto alla personalità dell’imputato fatta palese dai suoi precedenti penali e giudiziari.

La conclamata infondatezza dei primi tre motivi di impugnazione non può, tuttavia, far velo al dato storico (enunciato, del resto, con l’ultimo motivo di ricorso) di immediata rilevabilità dell’ormai intervenuta estinzione del reato ascritto al ricorrente per decorso del termine massimo di prescrizione previsto per la fattispecie di cui all’art. 385 c.p. (pari a sette anni e sei mesi ai sensi dell’art. 157 c.p., nel testo precedente le modifiche introdotte con L. n. 251 del 2005 e nel testo così novellato), in difetto di utili situazioni processuali sospensive del decorso del predetto termine prescrizionale, scaduto alla data del 9.7.2008. Deve dichiararsi, per tanto, annullandosi senza rinvio l’impugnata sentenza, la sopravvenuta causa estintiva del reato in ossequio all’obbligo di sua immediata declaratoria di cui all’art. 129 c.p.p., comma 1, in difetto – per le ragioni esposte dalle concordi decisioni di merito dianzi sintetizzate – di elementi idonei ad escludere la responsabilità penale dell’imputato.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2008.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2009