Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 8 Febbraio 2009

Sentenza 18 dicembre 2008, n.2955651

Corte di Cassazione. Prima Sezione Civile. Sentenza 18 dicembre 2008, n. 2955651: “Obiezione di coscienza e termine per la presentazione della domanda di ammissione al servizio civile”.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Ugo VITRONE – Presidente
Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO – Consigliere
Dott. Aldo CECCHERINI – Consigliere
Dott. Stefano SCHIRO’- Consigliere
Dott. Alberto GIUSTI – Consigliere Rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA sul ricorso proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, e

MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentati e difesi, per legge, dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli uffici di quest’ultima domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
ricorrenti

contro

A.G.G.
rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. Antonio D’Amato, elettivamente domiciliato nello studio di quest’ultimo in Roma, Via Calabria, n. 56;
– controricorrente -avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano depositata in data 31 ottobre 2003.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14 novembre 2008 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
udito l’Avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Federico Sorrentino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. A.G.G. soggetto agli obblighi di leva a partire dal omissis, in data omissis ha presentato domanda per la prestazione del servizio civile, in sostituzione del servizio militare di leva, ai sensi dell’art. 1 della legge 8 luglio 1998, n. 230, dichiarando la propria obiezione di coscienza all’arruolamento militare.
Il Distretto militare di Milano con nota del 7 agosto 2001 ha rigettato la domanda, in quanto formulata dopo il termine previsto dall’art. 4, comma 1, della legge n. 230 del 1998, e, successivamente, ha notificato all’interessato il provvedimento di precettazione, recante l’ordine di presentazione presso il reparto di de stinazione in data 14 novembre 2001.

2. – Con ricorso al Tribunale di Milano, l’A. ha dedotto il carattere ordinatorio del termine stesso, ed ha chiesto il riconoscimento della sua qualità di obiettore di coscienza.
Il Tribunale, con sentenza depositata il 14 aprile 2002, aderendo alla tesi della natura ordinatoria del termine, con esclusione di ogni decadenza, ha riconosciuto all’ A. lo status di obiettore di coscienza, dichiarando il suo diritto a prestare servizio di leva nelle forme del servizio civile, previa declaratoria di illegittimità ed inefficacia del provvedimento di rigetto nonché dell’atto di precettazione; ha inoltre rilevato che il provvedimento era stato emesso dal Distretto militare in violazione della norma attributiva della competenza.

3. – La Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata il 31 ottobre 2003, ha respinto il gravame della Presidenza del Consiglio e del Ministero della difesa, condannando le Amministrazioni appellanti alla rifusione delle spese del giudizio di secondo grado.
Confermando il decisum del Tribunale, la Corte di merito ha osservato che il termine previsto dalla legge per la presentazione della domanda di ammissione al servizio civile non ha natura perentoria. A tale qualificazione osta il rilievo che le ragioni sottese alla scelta del servizio civile ben possono maturare nella coscienza del giovane chiamato ad adempiere all’obbligo di leva nel momento in cui tale obbligo si concretizza, divenendo attuale la chiamata. Inoltre, l’art. 2 della legge n. 230 del 1998 non pone la tempestività della domanda tra i requisiti necessari all’ammissione del servizio civile.

4. – La Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero della difesa, con ricorso notificato il 15 dicembre 2004, hanno chiesto la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano.

ha replicato con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – L’eccezione sollevata dal controricorrente circa l’inammissibilità dell’impugnazione per sopravvenuta carenza di interesse ed intervenuta cessazione della materia del contendere, stante il decorso del termine massimo di nove mesi di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1997, n. 504, è inammissibile.
Sul punto, infatti, si è già pronunciata la Corte di merito, respingendo l’eccezione dell’A. di improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse ed intervenuta cessazione della materia del contendere, rilevando come la notifica del provvedimento di precettazione è da collocarsi in un periodo di tempo compreso nei nove mesi prescritti dalla legge.
avrebbe dovuto dolersi della statuizione della Corte d’appello con ricorso incidentale e non limitarsi a riproporre con controricorso una difesa già respinta dal giudice del gravame.

2. – Con i due motivi, le Amministrazioni ricorrenti addebitano alla Corte di Milano, sotto il profilo della violazione o falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 230 del 1998 nonché della omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, di aver erroneamente confermato il riconoscimento all’ A. dello status di obiettore di coscienza. La perentorietà del termine di cui all’art. 4 della legge n. 230 del 1998 ed il riscontro del suo mancato rispetto nel caso concreto avrebbero dovuto comportare una statuizione negativa di quello status.
Le ricorrenti precisano che, a seguito della legge 23 agosto 2004, n. 226, oggetto del ricorso è il solo capo della decisione che ha disposto la condanna al pagamento delle spese di lite a carico delle Amministrazioni resistenti sul presupposto della fondatezza della domanda attorea.

3. – Pregiudizialmente si rileva che la sopravvenuta introduzione della ferma volontaria in sostituzione del servizio di leva obbligatorio, con previsione della chiamata alle armi dei nati entro il 1985 solo fino al 31 dicembre 2004 (legge 23 agosto 2004, n. 226), non elide l’interesse ad una pronuncia sul ricorso, tenendosi in particolare conto che sono stati sospesi, non soppressi, gli istituti del servizio di leva e del servizio civile.

4. – Il ricorso è infondato, sulla scorta delle considerazioni seguenti, con le quali si conferma la soluzione cui è pervenuta questa Corte, in vicende del tutto analoghe, con le sentenze n. 10134 del 2 maggio 2006 e n. 3360 del 14 febbraio 2007.
Il termine stabilito dell’art. 4 della legge n. 230 del 1998 per la presentazione della domanda con la quale si manifesta opposizione all’uso delle armi ed all’arruolamento nelle Forze armate e si chiede di prestare il servizio civile in sostituzione del servizio militare, è perentorio, contrariamente a quanto sostenuto, anche in questa sede, dall’ A.
Il carattere perentorio di un termine è desumibile dalla sua funzione. La fissazione di una determinata data, anteriore alla scadenza dell’obbligazione, entro la quale debba essere esercitata la facoltà del debitore di scegliere una prestazione di tipo sostitutivo rispetto a quella principale, per sua natura si traduce nella previsione di un termine perentorio, implicante, in caso di superamento, la perdita di detta facoltà, ove abbia lo scopo di assicurare certezza al rapporto, consentendo al creditore di individuare la prestazione effettivamente esigibile in un momento anticipato rispetto a detta scadenza.
Tali connotati sono inequivocamente presenti nel termine in discussione, il quale, strettamente collegato al tempo dell’arruolamento, è rivolto a consentire alla Pubblica amministrazione di conoscere con un congruo anticipo quali e quanti cittadini esprimano obiezione di coscienza, per l’irrinunciabile esigenza di programmare ed organizzare con tempestività l’espletamento del servizio civile e del servizio di leva.
La perentorietà del termine per l’opzione in favore del servizio civile non implica però le conseguenze volute dalle Amministrazioni ricorrenti, nel senso della rilevabilità ad opera del Distretto militare della sua inosservanza, con la perdita della possibilità di sottrarsi al servizio militare prestando il servizio civile, indipendentemente dalla regolarità dell’iter amministrativo sulla domanda dell’obiettore.
Ai sensi degli artt. 5, 8 e 9 della legge n. 230 del 1998 e dell’art. 2 del d.P.R. n. 352 del 1999, l’esame della domanda di ammissione al servizio civile, con il controllo sulla sussistenza dei relativi requisiti, è affidato al Ministero della difesa, fino al 31 dicembre 1999, e poi all’Ufficio nazionale per il servizio civile, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria, secondo le previsioni dell’art. 5, comma 4, della menzionata legge, è contemplato in via d’impugnazione del provvedimento di reiezione della domanda ed in caso di “sopravvenuto decreto di decadenza dal diritto di prestare il servizio civile”.
Quest’ultima disposizione, in mancanza di un’espressa delimitazione all’ipotesi della decadenza contemplata dall’art. 15 (“quando sopravvengano o siano accertate le condizioni ostative indicate all’art. 2”), deve intendersi estesa anche all’inosservanza del termine in discorso, la cui perentorietà implica parimenti decadenza, di modo che pure la decadenza per tardività della domanda deve essere pronunciata dal Ministero, e poi dall’Ufficio nazionale, con determinazioni sindacabili in sede giudiziale solo se negative per l’obiettore.

Nel caso in esame è pacifico che la domanda dell’A., rivolta a far valere il diritto all’obiezione di coscienza ed alla prestazione del servizio civile in luogo del servizio militare, non è stata trasmessa all’autorità competente, cioè all’Ufficio nazionale (in base alla data in cui è stata presentata), ma è rimasta presso il Distretto militare di Milano, radicalmente privo del potere di decidere (anche sulla tempestività della domanda stessa).
In questo contesto, si appalesa corretta la decisione della Corte di Milano, pur dovendosene correggere, nei sensi sopra indicati, la motivazione in diritto.

5. – Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la Presidenza del Consiglio dei ministri ed il Ministero della difesa, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali del giudizio di cassazione sostenute dal controricorrente, liquidate in euro 1.700, di cui euro 1.500 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 14 novembre 2008.

Depositata il 18 DICEMBRE 2008