Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 8 Settembre 2007

Sentenza 04 maggio 2007, n.3926

TAR Lazio. Sentenza 4 maggio 2007, n. 3926: “Indipendenza ed imparzialità della Magistratura”.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione Prima

composto dai Magistrati:

Pasquale de LISE Presidente
Antonino SAVO AMODIO Consigliere rel.
Mario Alberto di NEZZA Primo referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 6312 del 2003 Reg. Gen., proposto dal dott. F. N., rappresentato e difeso dagli avvocati Federico Sorrentino e Giancarlo Tanzarella, con i quali elettivamente domicilia in Roma, Lungotevere delle Navi n. 30;

contro

il Consiglio superiore della magistratura ed il Ministero della giustizia, in persona dei rispettivi rappresentanti legali p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale domiciliano in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

per l’annullamento

della delibera del Consiglio superiore della magistratura (in seguito: C.S.M.) 2 aprile 2003, con cui è stata confermata la dichiarazione di non idoneità del ricorrente ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori a decorrere dal 16 ottobre 1997;

visto il ricorso con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate;
viste le rispettive memorie difensive prodotte;
visti gli atti tutti di causa;
nominato relatore il consigliere Antonino Savo Amodio e uditi, all’udienza del 9 febbraio 2007, l’avv. Sernicola, per delega dell’avv. Sorrentino, e l’avv. dello Stato Tidore;

ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Il dott. F. espone che questa Sezione, con la sentenza 11 luglio 2002 n. 6280, gravata in appello ma non sospesa, annullava la delibera 13 luglio 2000, con la quale il C.S.M. lo aveva dichiarato inidoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori a decorrere dal 16 ottobre 1997.
Il C.S.M., essendo decorso oramai un ulteriore triennio, provvedeva, con la delibera impugnata, ad effettuare analoga valutazione per il triennio successivo, concludendo per l’idoneità dello scrutinato a decorrere dal 16 ottobre 2000.
Nel contempo, tenuto conto dell’esecutività della decisione giurisdizionale, ed in presenza anche di un atto di significazione e messa in mora dell’interessato, procedeva a rideterminarsi per il periodo precedente, confermando il giudizio negativo reso con la delibera annullata in sede giurisdizionale.
Avverso tale determinazione il dott. F. propone ricorso, deducendo:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 ultimo comma della legge 20 dicembre 1973 n. 831. Eccesso di potere, atteso che il C.S.M. avrebbe posto a base della nuova determinazione la stessa motivazione ritenuta illegittima dalla Sezione con la sentenza innanzi citata.
Mancherebbe, in particolare, un’autonoma e nuova valutazione circa l’attualità del nocumento derivante all’Ordine giudiziario dall’affiliazione del ricorrente alla Massoneria, tenuto conto che la valutazione riguardava il 2000 e l’episodio in questione risaliva al 1991, per di più sanzionato con il minimo della punizione irrogabile.
Il vizio sarebbe aggravato dalla determinazione positiva formulata per il triennio successivo, a proposito della quale si è citato a sostegno il parere del Consiglio giudiziario presso la Corte d’appello di Milano.
Analogamente si sarebbe dovuto fare per il triennio precedente, tenuto conto che il medesimo Consiglio giudiziario aveva concluso per la ineccepibilità della condotta in servizio dell’attuale ricorrente.
Si sono costituiti il Ministero della giustizia e il C.S.M., a difesa del provvedimento impugnato.
Parte ricorrente ha prodotto memoria conclusionale, nella quale ribadisce le argomentazioni esposte nell’atto introduttivo del giudizio.
Il ricorso è infondato.
Prima di esaminare i singoli motivi di doglianza, occorre fissare i limiti che il giudice amministrativo incontra nel sindacato sugli atti del C.S.M., in quanto espressione di un’ampia discrezionalità valutativa; all’uopo, è sufficiente richiamare i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza, anche di questa Sezione (cfr., per tutte, le sentenze 15 ottobre 1999 n. 2288 e 18 luglio 2003 n. 6358), che individuano come ambito di indagine giurisdizionale l’estrinseca legittimità del provvedimento adottato, con particolare riguardo alla fedele ricostruzione dei fatti ed alla congruità e logicità della motivazione posta a base della scelta in concreto effettuata dal C.S.M.
Di converso, al giudice amministrativo è inibito, in particolare, di sovrapporre una sua valutazione a quella effettuata dall’organo cui tale potere spetta in via esclusiva.
Occorre partire dalla statuizione contenuta nella sentenza di questa Sezione, la quale ha concluso per l’illegittimità della delibera impugnata in quella sede per non avere valutato l’attualità (al 2000) di un fatto – l’affiliazione alla Massoneria – risalente a nove anni prima.
A fronte di tale conclusione, il C.S.M., nel rideterminarsi, ha seguito un percorso motivazionale congruo e lineare.
Ha osservato, ribadendo quanto già rilevato nella sua precedente delibera, l’importanza delle doti di equilibrio ed imparzialità del magistrato, che si affiancano – quali elementi indispensabili – alla competenza professionale ed all’impegno.
Deve aggiungersi, che, come rileva parte resistente nella memoria difensiva, il Consiglio giudiziario presso la Corte d’appello di Milano, nel parere reso il 1° febbraio 1999, non ha minimamente trattato i due aspetti evidenziati, così come elementi utili a favore del ricorrente non erano emersi neppure in sede di audizione infraprocedimentale.
Risulta, pertanto, pienamente legittima la rideterminazione del C.S.M., basata sul semplice presupposto che non vi era alcun elemento che portasse a ritenere che il magistrato, nell’esercizio delle sue funzioni, avesse riacquistato le doti di indipendenza e di prestigio che l’affiliazione alla Massoneria avevano sicuramente minato.
Quanto detto testimonia il pieno assolvimento dell’obbligo conformativo alla decisione della Sezione, la quale, come si è detto, imponeva esclusivamente di effettuare una specifica considerazione in punto di attualità del nocumento derivante all’indipendenza e all’autonomia del giudice dall’affiliazione de qua.
Non è neppure riscontrabile la dedotta contraddittorietà di valutazione, riferita alla determinazione positiva per il successivo triennio, atteso che a tale decisione il C.S.M. è pervenuto tenendo conto proprio delle indicazioni rese dal Consiglio giudiziario nel parere del 15 aprile 2002, nel quale ai valori dell’equilibrio e dell’indipendenza del magistrato è stata dedicata una disamina quantomai accurata; in particolare, l’Organo consultivo, pur a maggioranza, e “attraverso un delicato giudizio di bilanciamento tra elementi favorevoli di carriera ed elementi negativi, in particolare sotto il profilo dell’equilibrio e dell’indipendenza del magistrato”, ha concluso nel senso che “i rilievi critici paiono pertanto in parte ridimensionati e comunque non tali da rappresentare una censura insanabile ed in parte superati da un ultimo periodo di valutazione durante il quale il Magistrato risulta avere nuovamente manifestato quelle doti professionali che ne avevano caratterizzato tutta la prima parte della carriera”.
La frase riportata costituisce la migliore dimostrazione della legittimità della decisione assunta dal C.S.M., che, confermando quanto deliberato in precedenza, ha tenuto distinti i due periodi valutativi, ritenendo superato solo per quello successivo il disvalore discendente dalla predetta affiliazione.
Deve, solo per completezza, aggiungersi che l’avere prestato adesione all’avviso espresso, come si è detto, a maggioranza, dal Consiglio giudiziario, con i distinguo e le precisazioni riportate, costituisce la migliore dimostrazione della serenità di giudizio con cui ha operato l’Organo di autogoverno della Magistratura.
Alla stregua delle considerazioni esposte, il ricorso proposto dal dott. F. va respinto.
Sussistono, peraltro, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima, respinge il ricorso in epigrafe indicato.
Compensa integralmente fra le parti le spese processuali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 febbraio 2007.

Pasquale de LISE Presidente
Antonino SAVO AMODIO Consigliere est.

Depositata in segreteria il 4.5.2007