Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 30 Luglio 2007

Sentenza 04 aprile 2007

Corte di Appello di Roma, Sentenza 4 aprile 2007: “Separazione dei coniugi appartenti a diverse fedi religiose ed affidamento dei figli minori”.

(omissis)

Con sentenza 8 ottobre-8 novembre 2004 il Tribunale di Roma, previa riunione dei distinti ricorsi per separazione presentati dai coniugi e in accoglimento di essi, ha pronunciato la separazione di B.E. e P.G., unitisi in matrimonio in Grottaferrata il 30 giugno 1989 e genitori di due figli, D. e G., rigettando le reciproche domande di addebito della separazione proposte dalle parti; ha affidato i figli minori alla madre, disciplinando il rapporto di frequentazione del padre con la prole; ha condannato il B. a corrispondere alla P. l’assegno mensile di Euro 900,00 per il mantenimento dei due figli, a decorrere dal mese di novembre 2004, fermo restando per il passato quanto stabilito in via provvisoria dal Presidente del Tribunale (Euro 850,00 al mese a decorrere dal mese di maggio 2002 per la sola prole, con rivalutazione automatica annuale dell’importo secondo gli indici Istat), oltre all’obbligo del padre di concorrere, nella misura del 50%, alle spese straordinarie relative alla salute e all’istruzione dei figli; ha rigettato la domanda della P. di vedersi attribuito un assegno di mantenimento a carico del B.; ha disposto l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.

A sostegno della decisione, il Tribunale ha addotto, con riguardo ai rapporti personali tra genitori e figli, l’idoneità della P. a prendersi cura della prole, come del resto avvenuto nelle more del giudizio preceduto dalla separazione di fatto dei coniugi, rilevando, in contrasto con quando sostenuto dal B., che nessun elemento contrario alla competenza genitoriale della madre fosse deducibile dalla circostanza che la P. non condividesse la religione ebraica del marito e, pertanto, non si impegnasse nell’educazione dei figli alla medesima religione, restando comunque libero il padre di promuovere la partecipazione dei minori alla festività e celebrazioni della propria religione, in occasione delle quali avrebbe potuto avere i figli con sé compatibilmente con i loro impegni scolastici; e, inoltre, affermando che la mera possibilità, adombrata nella memoria finale di replica del B., di un trasferimento della P. con i figli in altra città, non era suscettibile di esame ai fini della designazione del genitore affidatario della prole, trattandosi di fatto nuovo, generico ed ipotetico, dedotto “in extremis” senza alcuna possibilità di esercizio del contraddittorio tra le parti al riguardo.

Avverso la predetta sentenza, con ricorso depositato il 5 dicembre 2005, il B. ha proposto appello davanti a questa Corte competente, lamentando l’attuato proposito di trasferimento della P. in altra città, effettivamente avvenuto nel dicembre 2004, allorché la moglie, con entrambi i figli a lei affidati, si era sistemata nella città di Siena, determinando nella prole e, specialmente, nel figlio più grande, D., già adolescente, un trauma nel trauma, avendo il minore sofferto, oltre alla disgregazione dell’unione tra i suoi genitori, anche il distacco dal proprio ambiente di vita, scuola, amicizie e pratica religiosa nella locale comunità ebraica, essendo in Roma il centro della sua vita familiare e sociale fin dalla nascita.

Il B., in particolare, ha rappresentato che il giovanissimo D., insofferente verso il nuovo ambiente impostogli dalla madre, aveva espresso la volontà di rientrare a Roma presso il padre, e che la P. aveva assecondato il desiderio del figlio, concordando col marito, dopo la sentenza del Tribunale, un nuovo regime di affidamento per il solo D., stabilitosi permanentemente in Roma, presso la casa paterna, al termine dell’anno scolastico 2004-2005.

Ad avviso dell’appellante, era rimasta problematica e nel tempo si era aggravata anche la posizione della figlia più piccola, G., desiderosa a sua volta di ritornare a Roma, per ritrovare il suo ambiente di vita e di relazioni scolastiche e amicali, donde la richiesta dell’appellante, a parziale modifica della decisione impugnata, di essere designato come genitore affidatario, in via esclusiva, di entrambi i figli e, in ogni caso, del primogenito, D., per la scelta operata dallo stesso ragazzo di stabilirsi presso di lui.

Con memoria, depositata il 7 aprile 2006, la P. si è costituita, facendo propria la richiesta del B. di modifica della sentenza in punto ad affidamento del figlio al padre, in adesione alla scelta operata da D.; mentre ha confutato il preteso disagio della figlia più piccola, G., a permanere con lei, in Siena, protestando che la sua decisione di trasferirsi da Roma nella città toscana, effettivamente attuata nel dicembre 2004, non era stato frutto di mero arbitrio o capriccio personale, ma era stata necessitata dall’esigenza di partecipare alle attività economiche, in ambito alberghiero, da intraprendere con i suoi genitori in Siena, anche per la situazione di difficoltà economica in cui ella si era trovata a Roma, dopo la separazione, per il mancato pagamento dell’assegno dovuto dal B. per i figli, donde la presentazione di denunce-querele a carico del marito da parte della stessa P.; specificando, infine, l’appellata che il pagamento del contributo economico era diventato regolare solo dopo il trasferimento del figlio, D., a Roma, allorché il B. aveva finalmente iniziato a corrispondere la somma stabilita in sentenza, decurtata della metà, a favore della sola figlia, G., rimasta con la madre.

Il Pubblico Ministero è intervenuto in causa, con atto scritto del 10 maggio 2006, in cui ha svolto le osservazioni in epigrafe trascritte.

Alla prima udienza del 18 maggio 2006, la Corte ha disposto l’audizione della minore, G., sussistendo contrasto tra i genitori solo in merito al suo affidamento, previa acquisizione di relazione del competente servizio sociale di Siena sulle condizioni psico-fisiche della bambina presso la madre e sulle sue relazioni con ciascuno dei genitori ed i rispettivi rami parentali, pervenuta il 6 ottobre 2006.

Nella successiva udienza del 9 novembre 2006, cui la causa è stata rinviata dall’udienza del 21 settembre 2006 per adesione del difensore dell’appellata all’astensione dalle attività processuali proclamata dal consiglio nazionale forense, la Corte ha ascoltato la minore, G., concedendo, all’esito dell’incombente, termini alle parti per memorie conclusive fino al 10 gennaio 2007.

Acquisite le predette memorie, alla nuova udienza del 25 gennaio 2007 la Corte si è riservata di decidere sulle conclusioni delle parti, come in epigrafe trascritte.

Motivi della decisione

Come si evince dalla narrativa che precede, l’appello del B. si fonda su un solo motivo, consistente nella pretesa inadeguatezza e incapacità della P. di discernere e perseguire il bene e l’interesse dei figli, ciò che sarebbe dimostrato, secondo l’appellante, dall’arbitraria scelta della moglie di trasferirsi con la prole da Roma a Siena, determinando un forte trauma nei minori per il forzato distacco dal loro ambiente di vita e relazioni fin dalla nascita, trauma ad oggi superato solo dal figlio primogenito, D., rientrato a Roma e stabilmente convivente col padre, mentre la figlia più piccola, G., rimasta a Siena con la madre, soffrirebbe molto per la lontananza dalla città natale e per la separazione dal fratello, oltre che dal padre.

La censura è infondata.

Va premesso che, come avallato dall’art. 155-quater, 1° capoverso, inserito dall’art. 1 della legge 8 febbraio 2006, n. 54, entrata in vigore il 16 marzo 2006 nelle more di questo giudizio d’appello, il cambiamento di residenza o domicilio di uno dei coniugi non è, di per sé, indicativo di inidoneità genitoriale, determinando soltanto la facoltà dell’altro coniuge, ove il mutamento interferisca con le modalità dell’affidamento, di chiedere la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati con riguardo ai rapporti personali e anche economici conseguenti alla separazione.

In particolare, in materia di affidamento di figli di genitori separati, non sussiste alcuna disposizione che vieti o comunque limiti l’affidamento della prole, anche nel caso in cui il genitore affidatario stabilisca la propria residenza all’estero, essendo anzi costituzionalmente garantito ad ogni cittadino il diritto di circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale e, anche, la libertà di uscire dal territorio della Repubblica (c.f.r. l’art. 16, primo e secondo comma, Cost.), salva, evidentemente, nelle predette ipotesi, una più attenta e delicata valutazione dell’interesse preminente dei minori, in sede di definizione del loro affidamento, affinché siano ridotti al massimo i danni derivanti dalla crisi della famiglia e sia assicurato il miglior sviluppo possibile della loro personalità (c.f.r., in termini, Cass., sez. I, sentenza n. 1732 del 17/02/1995 e altre conformi, in archivio CED).

Ciò posto, nella fattispecie in esame, deve escludersi, sulla base della qualificata osservazione dei minori condotta dal Servizio sociale di Siena e delle dichiarazioni rese dalla stessa minore, G., davanti a questa Corte, che la scelta della P. di trasferire la propria residenza a Siena, presso i propri genitori, portando con sé entrambi i figli a lei affidati, abbia avuto ripercussioni negative sullo sviluppo della personalità dei minori e sulla loro sfera affettiva.

La relazione socio-familiare, stilata dal Servizio sociale di Siena in data 6 ottobre 2006, comunica, innanzitutto, i risultati dell’osservazione di D., all’epoca quasi sedicenne, e G., di anni otto, in occasione della loro comune presenza, il 21 giugno 2006, a casa della madre dove si è svolto rincontro con gli operatori del Servizio.

Dal colloquio con i minori è emersa la personalità accogliente e socievole di entrambi, i quali si sono trovati d’accordo nell’attribuire alla madre la capacità di essere una “perfetta educatrice” (espressione testuale di D.), capace, più del padre, di richiamare i figli al rispetto dei loro impegni scolastici e non, pur mostrando disponibilità a recepire le richieste dei figli e, in particolare, di G. con lei convivente (c.f.r., al riguardo, le dichiarazioni della bambina sulla madre, riportate nella relazione del Servizio); il padre, invece, sarebbe molto permissivo e poco presente e tenderebbe ad accontentare troppo la figlia più piccola, rischiando di viziarla, secondo le schiette dichiarazioni di D., ispirate – come da accorta valutazione del Servizio – da sincera critica al modello educativo paterno piuttosto che da moti di gelosia verso la sorellina, più piccola di lui di ben sette anni e mezzo. D. ha, perfino, rappresentato agli operatori sociali che, qualora la sorella si trasferisse a Roma, egli rientrerebbe a Siena per manifestare calore, vicinanza e affetto alla madre, alla quale si è mostrato molto legato.

La piccola G. è apparsa ai suoi osservatori in maggiore ansia per le proprie sorti e meno spontanea del fratello, preoccupata di tutelare al massimo la figura paterna.

Gli operatori del Servizio hanno, poi, avuto dei colloqui con ciascuno dei genitori, rilevando che la condotta della madre è adeguata nei riguardi dei figli, rispetto ai quali si pone come normativa ma anche aperta alle loro esigenze, specialmente con riguardo all’elastica applicazione del loro diritto di visita e permanenza presso il padre.

La relazione madre-figli, sempre secondo il Servizio, risulta dunque positiva e vissuta in un clima di tranquillità, espansività e confidenza.

Il colloquio col padre, svoltosi circa un mese dopo, il 24 luglio 2006, ha evidenziato la preoccupazione del B. per la situazione familiare e, in particolare, per la crescita dei figli, costretti a vivere separati l’uno dall’altro, abitando D. col padre a Roma e G. con la madre a Siena.

Pur esprimendo sentimenti di scarsa stima nei confronti della P., il B. ha tuttavia esternato agli operatori del Servizio il suo consenso a lasciare entrambi i figli con la madre, ove lo volessero, pur di salvaguardare l’unità di D. e G.

Entrambi i genitori, infine, si sono dichiarati disponibili ad iniziare un percorso di mediazione familiare che li aiuti a superare gli ostacoli che li dividono, al fine di esercitare in modo positivo i rispettivi ruoli genitoriali per una crescita adeguata ed equilibrata dei loro figli (c.f.r., per tutto quanto precede, la citata relazione del S.S., in atti).

L’ascolto, a cura di questa Corte, della minore contesa, G., sussistendo invece il consenso di entrambi i genitori alla scelta di D. di vivere a Roma col padre, ha confermato il disagio della bambina, divisa tra il desiderio di ritornare a Roma, anche per la scuola qui frequentata dove si è trovata meglio rispetto alla scuola cui è attualmente iscritta a Siena, e l’attaccamento alla propria madre che vorrebbe con sé, in questa città, per ritornare in Toscana, dove vivono i nonni materni, di tanto in tanto (c.f.r. il verbale d’udienza 9 novembre 2006, in atti).

All’esito dell’istruzione svolta, reputa la Corte che il caso in esame debba essere disciplinato facendo applicazione del nuovo testo dell’art. 155, comma 1, cod. civ. interamente sostituito dall’art. 1 della legge n. 54/2006, cit., che riconosce il “diritto del figlio minore”, anche in caso di separazione dei genitori, “di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.

Nella fattispecie, è evidente che il diritto di D. e G.B. al rapporto – in condizioni di tendenziale parità – con ciascuno dei genitori separati, tenuto conto dell’idoneità psico-sociale di ambedue le figure parentali ad assolvere la loro funzione di protezione e cura della prole, implica come soluzione prioritaria, secondo la chiara disposizione di cui allo stesso art. 155 (nuovo testo), comma 2, del cod. civ., quella dell’affidamento degli stessi minori ad entrambi i genitori, potendo il giudice disporre l’affidamento ad uno solo di essi nell’ipotesi residuale in cui ritenga, con provvedimento motivato, che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse dei figli, ciò che certamente non ricorre nel caso in esame (c.f.r. l’art. 155-bis, comma 1, cod. civ., inserito dall’art. 1 della legge n. 54/2006, cit.).

Nella determinazione dei tempi e delle modalità di presenza dei minori presso ciascun genitore, ritiene la Corte di dovere privilegiare, rispetto al valore particolarmente sottolineato dal B. della convivenza dei due fratelli nella casa paterna, in Roma, quello – ad avviso del giudicante, maggiormente rispondente all’interesse di G., più piccola di D. di sette anni e mezzo, e, perciò, ancora bisognosa di pregnante assistenza anche materiale da parte della genitrice – della stabile permanenza della bambina presso la madre, in Siena, città peraltro non lontanissima da Roma e con quest’ultima ben collegata.

In particolare, si reputa rispondente al diritto dei minori, come sopra enunciato, il seguente statuto delle loro relazioni con i genitori:

1. affidamento di D. e G. ad entrambi i genitori, con esercizio della potestà da parte degli stessi genitori, i quali assumeranno di comune accordo le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute, mentre eserciteranno la potestà separatamente con riguardo alle sole decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, che si imporranno nei tempi di permanenza dei minori presso ciascuno di loro (c.f.r. l’art. 155, comma terzo, cod. civ., nuovo testo);

2. in particolare, i figli riceveranno un’educazione religiosa aperta alle diverse fedi dei genitori (ebraica quella del padre e cristiana quella della madre), i quali dovranno promuovere e garantire la consapevole libertà di orientamento religioso dei loro figli;

3. il figlio primogenito, D., di anni sedici, risiederà presso la casa del padre, in Roma, come da sua scelta; mentre la figlia secondogenita, G., di anni nove, continuerà ad abitare presso la madre, in Siena;

4. sia il padre che la madre potranno permanere con entrambi i figli, nelle loro rispettive residenze o altrove, per due fine settimana al mese, tra loro alternati, a partire dal venerdì (uscita da scuola) alla domenica sera; le vacanze natalizie, pasquali e durante l’anno scolastico, saranno ripartite tra i genitori in modo da garantire a ciascuno di loro un analogo tempo di permanenza con entrambi i figli, con obbligo di comunicare all’altro genitore, in ogni caso di allontanamento dalle rispettive residenze, il luogo dove si tratterranno con la prole, e di consentire, comunque, nei tempi di permanenza di ciascuno o di entrambi i figli presso un genitore, il mantenimento di regolari contatti della prole con l’altro genitore;

5. anche il tempo di permanenza dei figli presso l’uno o l’altro genitore, durante le vacanze estive, sarà disciplinato in modo da consentire la presenza congiunta dei due minori presso lo stesso genitore e l’equa ripartizione dei rispettivi tempi di permanenza estiva con i figli tra i genitori, secondo un calendario che le parti concorderanno preferibilmente entro il 30 maggio di ciascun anno;

6. resta salvo il diritto di libera visita infrasettimanale dei figli, da parte del genitore con loro non stabilmente convivente, nel rispetto dei prioritari impegni scolastici e di studio della prole.

Riguardo agli aspetti economici, ritiene la Corte di dovere applicare la prioritaria indicazione desumibile dal nuovo testo dell’art. 155, comma 4, cod. civ., a favore del mantenimento cosiddetto diretto dei figli, in misura proporzionale al reddito di ciascun genitore, tanto più che la collocazione dei minori, uno presso il padre e l’altra presso la madre, rende più agevole proprio la detta forma di mantenimento, senza la necessità, pertanto, di stabilire la corresponsione di un assegno periodico, che sarebbe reciprocamente dovuto, atteso che entrambi i genitori sono benestanti imprenditori (il B. in ambito immobiliare e la P. nel settore della ristorazione ed alberghiero), come da documentazione in atti versata, peraltro non aggiornata – con riguardo a quella fiscale – da alcuna delle parti in questa sede, e considerato altresì che i coniugi, nelle loro note conclusive, non hanno neppure riproposto la reciproca richiesta di un assegno di mantenimento per i figli conviventi con ciascuno di loro.

L’esito del giudizio in materia di affidamento dei minori, senza vincitori né vinti, giustifica l’integrale compensazione tra le parti anche delle spese del presente grado di causa, come già disposto per quelle del primo giudizio.

P.Q.M.

La Corte,

definitivamente pronunciando sull’appello avverso la sentenza 8 ottobre-8 novembre 2004 del Tribunale di Roma, proposto da B.E. nei confronti di P.G., ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattese, in parziale riforma della sentenza impugnata, così provvede:

a) affida i figli minori delle parti, B.D. e B.G., ad entrambi i genitori, con esercizio della potestà da parte degli stessi genitori, i quali assumeranno di comune accordo le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute, mentre eserciteranno la potestà separatamente con riguardo alle sole decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, che si imporranno nei tempi di permanenza dei minori presso ciascuno di loro;

b) in particolare, i figli riceveranno un’educazione religiosa aperta alle diverse fedi dei genitori (ebraica quella del padre e cristiana quella della madre), i quali dovranno promuovere e garantire la consapevole libertà di orientamento religioso dei loro figli;

c) il figlio primogenito, D., di anni sedici, risiederà presso la casa del padre, in Roma, come da sua scelta; mentre la figlia secondogenita, G., di anni nove, continuerà ad abitare presso la madre, in Siena;

d) sia il padre che la madre potranno permanere con entrambi i figli, nelle loro rispettive residenze o altrove, per due fine settimana al mese, tra loro alternati, a partire dal venerdì (uscita da scuola) alla domenica sera; le vacanze natalizie, pasquali e durante l’anno scolastico saranno ripartite tra i genitori in modo da consentire a ciascuno di loro un analogo tempo di permanenza con entrambi i figli, fermo l’obbligo, in ogni caso di allontanamento dalla rispettiva residenza, di comunicare all’altro genitore il luogo dove si tratterranno con la prole, e di consentire, comunque, nei tempi di permanenza di ciascuno o di entrambi i figli presso un genitore, regolari contatti della prole con l’altro genitore;

e) anche il tempo di permanenza dei figli presso l’uno o l’altro genitore, durante le vacanze estive, sarà disciplinato in modo da assicurare la presenza congiunta dei due minori presso lo stesso genitore e l’equa ripartizione dei tempi di permanenza estiva con i figli tra i genitori, secondo un calendario che le parti concorderanno preferibilmente entro il 30 maggio di ciascun anno;

f) resta salvo il diritto di libera visita infrasettimanale dei figli, da parte del genitore con loro non stabilmente convivente, nel rispetto dei prioritari impegni scolastici e di studio dei minori;

g) ciascuno dei genitori provvedere al mantenimento dei figli in modo diretto e in misura proporzionale al proprio reddito.

Dispone l’integrale compensazione tra le parti anche delle spese del presente grado del giudizio.

Conferma in tutto il resto la sentenza impugnata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 febbraio 2007.

Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2007.