Sentenza 17 maggio 2007, n.1498
TAR Veneto. Sentenza 17 maggio 2007, n. 1498: “Edifici di culto e confessioni religiose diverse dalla cattolica”.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione,
con l’intervento dei magistrati:
Bruno Amoroso – Presidente
Elvio Antonelli – Consigliere
Italo Franco – Consigliere relatore
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 3949/95, proposto da Congregazione cristiana dei testimoni di Geova, in persona del rappresentante legale […], e da Associazione dei Testimoni di Geova di Farra di Soligo, in persona del rappresentante legale […],, rappresentate e difese dagli avv. Ivone Cacciavillani e Raffaella Rampazzo, con domicilio presso la segreteria di questo TAR, ai sensi dell’art. 35 del R.D. 26.6.24 n. 1054, come da procura a.l. a margine del ricorso,
contro
– il Comune di Farra di Soligo, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituitosi in giudizio;
– la Regione Veneto, in persona del Presidente della G.R. pro tempore, non costituitasi in giudizio,
per l’annullamento
1) del provvedimento del, Comune prot. n. 10361 del 26.09.95, con il quale viene trasmesso il parere negativo reso dalla Regione in ordine alla richiesta di contributi ai sensi dell’art. 123 della L. R. 20.08.97 n. 44 per la realizzazione di edifici di culto;
2) della nota comunale prot. n. 8520 del 27.09.95 di trasmissione della nota sub 1);
3) del parere menzionato, prot. n. 542/1340 del 20.0495;
4) della nota n. 11939 con la quale il comune ha posto il quesito alla Regione in ordine all’interpretazione dell’art. 12 citato;
5) di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente.
Visto il ricorso, notificato il 24.11.1995 e depositato presso la segreteria il 7.12.1995, con i relativi allegati;
viste le memorie prodotte dalla parte ricorrente a sostegno delle proprie;
visti gli atti tutti della causa;
udita, alla pubblica udienza del 29 marzo 2007, relatore il Consigliere Italo Franco, l’avv. Rampazzo per la parte ricorrente, nessuno comparso per le amministrazioni intimate, che non si sono costituite.
Ritenuto in fatto e considerato e in diritto quanto segue:
FATTO
Espongono la Congregazione e l’Associazione testimoni di Geova di Farra di Soligo che la seconda, in data 31 ottobre 1994 Aveva richiesto al Comune il contributo di cui al combinato disposto dagli art. 12 della legge n. 10/77 e art. 12 della L.R. n. 40/87, per la costruzione dell’edificio di culto dei seguaci della omonima confessione religiosa in misura proporzionale all’entità dell’intervento.
Il Comune, al fine della definizione dell’istanza, poneva un quesito al competente ufficio della Regione, chiedendo, con nota del 19.12.94, se l’associazione religiosa in parola potesse ritenersi inclusa tra quelle organizzate ai sensi degli art. 7 e 8 Cost., alla stregua del disposto dell’art. 1 della L. R. n. 44/87. In merito a tale quesito il dirigente dell’ufficio regionale degli affari legislativi rilasciava parere sfavorevole, ritenendo che la pronuncia di incostituzionalità di una analoga norma – art. 1 della legge della Regione Abruzzo 16 marzo 1988 n. 29 (Corte cost. 27 aprile 1993 n. 195) non potesse estendersi alla fattispecie in esame, in base ai principi elaborati dalla stessa Corte costituzionale, e che il contributo in questione non possa erogarsi fino a quando non intervenga una pronuncia di incostituzionalità dell’art. 1, comma 3 della L. R. Veneto 20.08.87 n. 44.
Quindi il Comune trasmetteva al richiedente detto parere sfavorevole, evidentemente facendolo proprio, con nota prot. n. 10361/1994 del 26.09.95.
Le determinazioni di cui sopra vengono impugnate, con il ricorso in epigrafe, dall’associazione interessata, la quale deduce, con il primo motivo, violazione di legge (art. 2 della L.R. n. 44/87; 7 e 10 della legge n. 241/90) e del principio del giusto procedimento, sul rilievo che il comune non ha seguito il procedimento all’uopo previsto. In particolare, nell’art 2 della L.R. 20.08.87 n. 44 si prevede che su consimili istanze si pronunci il consiglio comunale, mediante redazione di un programma, laddove sono stati richiesti lumi alla Regione, al di là delle previsioni normative, per di più senza consentire la presentazione di deduzioni al riguardo da parte dell’interessata.
Con il secondo mezzo si lamenta violazione dell’art. 1 della L.R. n. 44/87 ed eccesso di potere per illogicità e difetto di presupposto, sull’assunto –premesso che fin dal 1977 vanamente la Congregazione ha richiesto la stipulazione di intese con lo Stato- che il terzo comma dell’art. 1 citato non limita affatto l’erogazione del contributo alle confessioni religiose che abbiano stipulato l’intesa ex art. 8 Cost., poiché il rinvio previsto nel terzo comma dell’art. 1 è all’intero art. 8 Cost., e non al comma terzo, e che una simile limitazione sarebbe discriminatoria con riguardo alla libertà di culto. Peraltro la Regione, consapevole del contrasto con la Costituzione, si è sforzata di interpretare la norma in senso letterale e non, invece, conforme alla Costituzione.
Con il terzo motivo si deduce violazione dei principi di correttezza dell’azione amministrativa, sull’assunto che la Regione ha consapevolmente interpretato la norma di una propria legge regionale in senso incostituzionale, laddove avrebbe dovuto avviare iniziative per la sua modifica.
Nell’ipotesi che il Collegio ritenga che l’interpretazione della norma sia stata corretta, chiede sollevarsi questione di costituzionalità, per contrasto con gli art. 2, 3 (1° e 2° comma), 8, 19, 20, 117 e 120 Cost., stante anche l’avvenuto riconoscimento della congregazione con D.P.R. 31 ottobre 1986.
Con memoria finale il patrocinio delle ricorrenti ha ribadito l’attualità dell’interesse a che sia risolta luna volta per tutte la questione, facendo presente che, nelle more, Corte cost. 16.07.2002 n. 346 ha dichiarato l’incostituzionalità di una analoga norma di legge della Regione Lombardia (L. R. 9 maggio 1992 n. 1).
Non si sono costituite in giudizio le amministrazioni comunale e regionale.
All’udienza il difensore comparso ha ribadito le conclusioni già prese, dopo di che la causa è stata spedita in decisione.
D I R I T T O
1- Le ricorrenti lamentano, con il ricorso all’esame del Collegio, l’illegittimità del diniego interposto dall’amministrazione comunale in relazione alla richiesta di erogazione del contributo per la realizzazione di un edificio di culto per i loro seguaci, contemplato nell’art. 1 della legge della Regione Veneto 20 agosto 1987 n. 44. Poiché, come si è riferito nella narrativa in fatto che precede, detto diniego è basato esclusivamente sul parere sfavorevole reso dal competente ufficio della Regione in merito al quesito rivoltole (che ha mostrato di condividere, ovvero che ha considerato alla stregua di un parere vincolante nel quid), le censure a carattere sostanziale vengono rivolte a detto parere, laddove di tipo formale sono le doglianze rivolte (con il primo mezzo di impugnazione) all’operato del Comune.
(Incidentalmente, si osserva che parte ricorrente si affida non tanto alla contestazione del parere regionale in sé, quanto piuttosto alla sentenza della Corte costituzionale che aveva dichiarato l’incostituzionalità di una norma dal contenuto analogo di una legge della regione Abruzzo, allegando che, al cospetto di un siffatto orientamento del giudice delle leggi, la Regione Veneto avrebbe dovuto, invece che dare parere sfavorevole, avviare iniziative atte ad abrogare o modificare la norma nella parte dove impedisce alle confessioni religiose che non abbiano stipulato intese con lo Stato, di ottenere il contributo in questione. Di una simile iniziativa, in verità, compare traccia nella parte finale del parere reso dal dipartimento legislativo della regione, che prospetta al segretario generale della programmazione una possibile modifica legislativa al riguardo, proposta poi rimasta senza esito).
Per ragioni di ordine logico-sistematico, occorre esaminare dapprima le censure di ordine sostanziale, indirizzate alla posizione assunta dalla Regione con il menzionato parere, posizione che le ricorrenti contestano, per le ragioni riassunte più addietro.
Orbene, dopo attenta riflessione, al Collegio appare censurabile detto parere, precipuamente sulla scorta dei rilievi mossi dalle ricorrenti, in particolare, con il secondo mezzo di impugnazione. Detti rilievi inducono ad una corretta lettura della disposizione regionale invocata (comma terzo dell’art. 1 della L.R. 20 agosto 1987 n. 44), la quale, testualmente, recita: “Nella categoria di opere di cui al primo comma” (dato letterale: “le chiese e gli altri edifici religiosi”) “sono compresi gli edifici per il culto e quelli per lo svolgimento di attività senza scopo di lucro, funzionalmente connessi alla pratica di culto delle confessioni religiose organizzate ai sensi degli articoli 7 e 8 della Costituzione”.
Se tale è il dato letterale della norma, deve prendersi atto che la stessa subordina l’erogazione delle contribuzioni in discussione, da parte dei comuni, alla condizione che si tratti di confessioni organizzate, ma non pure che abbiano stipulato le intese con lo Stato italiano, ai sensi del terzo comma dell’articolo 8 della Costituzione, come si sostiene nel parere della Regione. A tale riguardo si manifesta esatto il rilievo mosso con il secondo motivo di ricorso, nel senso che la norma regionale, nel richiedere la condizione dell’organizzazione, fa rinvio all’intero articolo 8 della Costituzione, e non precipuamente al terzo comma, dove si parla di intese bilaterali tra Stato e confessioni religiose. Anzi, in verità, nemmeno viene menzionato, nella norma richiamante, il termine “intesa”.
In effetti, fermo restando che irrilevante si rivela il rinvio all’art. 7 Cost. (concernente la sola Chiesa cattolica), di tutta evidenza risulta che tanto l’uso del termine adoperato nella norma richiamante (art. 1 della L.R. n. 44/87), quanto il tenore complessivo dell’art. 8 Cost. depongono nel senso che basti, ai fini della corresponsione del contributo, che la confessione religiosa richiedente risulti organizzata in conformità a quanto disposto dall’art. 8 medesimo, in particolare al secondo comma.
L’interpretazione –qui adottata- del combinato disposto dalla disposizione regionale richiamante e dalla norma costituzionale richiamata non solo appare assolutamente pacifica sotto il profilo grammaticale e logico, ma è conforme alla Costituzione, così come fatto palese della pronunce della Corte richiamate dalle ricorrenti -che hanno dichiarato incostituzionali disposizioni di leggi regionali emanate da altre regioni (Abruzzo e Lombardia)- la quale ha enunciato il senso discriminatorio di norme che sottopongano la corresponsione del contributo in questione alla condizione che le confessioni religiose richiedenti abbiano stipulato intese con lo Stato ai sensi dell’art. 8.3 Cost., siccome lesive della libertà di culto, costituzionalmente garantita (oltre che della parità tra le varie confessioni religiose davanti allo Stato e alla P.A.).
A tale riguardo il Collegio è dell’avviso che nemmeno sarebbe necessario richiamare tale orientamento della Corte costituzionale, dal momento che l’interpretazione grammaticale e logica manifestano, come già detto, che è sufficiente il requisito dell’organizzazione (di cui al comma secondo dell’art. 8 Cost.; quand’anche, tuttavia, non dovesse ritenersi sufficiente un simile canone interpretativo (del resto affatto scontato, in quanto criterio ordinario), soccorrerebbe l’orientamento, costantemente ribadito dalla Corte, in forza del quale il giudice, laddove siano prospettabili diverse interpretazioni delle norme applicabili al caso di specie, di cui una risulti conforme alla Costituzione, deve seguire quest’ultima, senza nemmeno sottoporre al giudice delle leggi i suoi dubbi di costituzionalità riferiti alle altre interpretazioni possibili.
Tutto ciò premesso e considerato, deve darsi atto che non soltanto la confessione religiosa dei Testimoni di Geova è presente in Italia da tempo indefinito, e che l’Associazione di Farra di Soligo (che ad essa aderisce) è dotata di atto costitutivo e statuto, ma che la Congregazione cristiana testimoni di Geova (cui aderisce l’Associazione locale testé nominata) ha ottenuto il riconoscimento giuridico, con DPR 31.10.86.
Sussiste, pertanto, il requisito dell’organizzazione richiesto dall’art. 1, comma 3 della L.R. n. 44/87, in conformità a quanto prescrive l’art. 8, comma 2 della Costituzione, Ciò comporta l’illegittimità tanto del diniego comunale, quanto del parere regionale (del resto non contemplato in alcuna norma, come pure osservato dalle ricorrenti) sul quale esso si basa. Si manifesta fondato, pertanto, il secondo mezzo di impugnazione.
Conclusivamente, per le considerazioni suesposte, il ricorso deve ritenersi fondato e va accolto, previo assorbimento di ogni altra censura. Per l’effetto, sono annullati gli atti appena menzionati (diniego comunale e parere regionale), ininfluenti rivelandosi gli altri atti impugnati, quali la nota di trasmissione e la richiesta del parere. Il comune dovrà, di conseguenza, corrispondere il contributo richiesto, sempre che a ciò non osti la mancanza di eventuali ulteriori requisiti.
Non vi è luogo a pronunciarsi sulle spese, anche in considerazione della mancata costituzione delle amministrazioni intimate.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione prima, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, respinta ogni contraria domanda ed eccezione, lo accoglie. Per l’effetto, sono annullati gli atti impugnati, specificati in motivazione.
Nulla per le spese e onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nelle camere di consiglio del 29 marzo 2007 e del 12 aprile 2007.
Autore:
Tribunale Amministrativo
Dossier:
Edifici di culto
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Finanziamenti, Edifici di culto, Esercizio del culto, Confessioni religiose, Testimoni di Geova, Libertà religiosa
Natura:
Sentenza