Sentenza 18 aprile 2007, n.1779
Consiglio di Stato. Sentenza 18 aprile 2007, n. 1779: “IRC: abilitazione all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche”:
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
– sul ricorso in appello n. 3695/2006, proposto dalla sig.ra N. G. rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Carnuccio ed elettivamente domiciliata in Roma alla via Cunfida n. 12 presso l’avv. Pier Giuseppe Alfarano (studio dell’ avv. Anna Lanza);
contro
– il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro in carica e l’Ufficio Scolastico Regionale della Calabria, sede di Catanzaro, in persona del Dirigente Generale, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, e per legge domiciliati presso gli uffici della medesima in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– e nei confronti della sig.ra P. G., non costituita in giudizio;
per l’annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo per la Calabria, sede di Catanzaro, n. 2565 in data 27 dicembre 2005.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione appellata;
Viste le memorie delle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore, per la pubblica udienza del 13 febbraio 2007, il Consigliere Manfredo Atzeni ed udito l’avv. dello Stato Vessichelli;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso al Tribunale Amministrativo per la Calabria, Sede di Catanzaro, la sig.ra G. N. impugnava il provvedimento emesso il 18 febbraio 2005 (prot. 51301P) dall’Ufficio Scolastico Regionale della Calabria (conosciuto in data 18.02.2005, a seguito di pubblicazione mediante affissione all’albo dello stesso Ufficio Scolastico) a mezzo del quale è stata resa pubblica la graduatoria definitiva del concorso per l’immissione in ruolo degli insegnanti di religione cattolica della Regione Calabria per il comparto della scuola d’infanzia ed elementare.
Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno respinto il ricorso.
Avverso la predetta sentenza propone appello la sig.ra G. N. contestando gli argomenti posti a fondamento del decisum, lamentando la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di primo grado, l’illegittima procedura di valutazione della prova scritta e la motivazione della stessa, illegittimità della prova orale per violazione dell’art. 12 del DPR 487 del 1994, illegittimità della motivazione della prova orale con violazione dell’art. 3 legge 241 del 1990, eccesso di potere nel calcolo dei titoli valutabili.
Chiede quindi l’annullamento, previa sospensione, della sentenza appellata.
Con ordinanza n. 3414 in data 11 luglio 2006 è stata respinta l’istanza cautelare.
Si è costituita l’Avvocatura generale dello Stato chiedendo il rigetto del ricorso.
All’udienza del 13 febbraio 2007 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. L’appellante contesta la sentenza in epigrafe, con la quale il giudice di primo grado ha respinto la sua impugnazione del provvedimento (emesso il 18 febbraio 2005, prot. 51301P, dall’Ufficio Scolastico Regionale della Calabria) a mezzo del quale è stata approvata e resa pubblica la graduatoria definitiva del concorso per l’immissione in ruolo degli insegnanti di religione cattolica della Regione Calabria per il comparto della scuola d’infanzia ed elementare.
2. Lamenta l’appellante il vizio di natura processuale della pronuncia di primo grado derivante dal diniego, nella forma della diretta pronuncia sul merito, di integrazione del contraddittorio a tutti i concorrenti interessati da un eventuale annullamento dell’intera procedura concorsuale.
A riguardo, la Sezione non ritiene di dover rinviare la causa al primo giudice al fine di completare il contraddittorio, in quanto il ricorso è infondato nel merito; inutilmente, quindi, verrebbe imposta alla parte ricorrente un’attività onerosa (C. di S., VI, 3 novembre 1982, n. 531).
3. Lamenta, poi, l’appellante il vizio di violazione di legge e di eccesso di potere in relazione alla procedura di valutazione della prova scritta. In particolare censura la violazione dell’art. 7 punto 5 del bando di concorso nella parte in cui dispone che il voto finale di ciascuna prova “risulta dalla media aritmetica dei voti assegnati” da ciascun commissario.
La censura non può essere condivisa. La norma del bando prescrive, ai fini della valutazione delle prove, che il voto assegnato risulti da un metodo che coinvolga e fonda le differenti valutazioni dei singoli commissari in un’unica determinazione finale condensata nel voto.
Inoltre i commissari, sottoscrivendo il verbale delle prove, hanno confermato che le votazioni ivi riportate risultano dalla sintesi dei giudizi rispettivamente espressi.
4. Lamenta l’appellante l’illogicità, incoerenza e contraddittorietà della motivazione relativa alla valutazione della prova scritta. Sottolinea a tal fine il contrasto tra votazione finale della prima prova scritta e sua motivazione, in quanto nonostante la prima prova sia stata giudicata superiore alle altre, non le è stato attribuito un punteggio superiore.
La censura non può essere condivisa.
Il giudizio di valutazione delle prove deve attenersi alle modalità e criteri stabiliti in precedenza dalla commissione. La valutazione ben può esprimersi in termini comparativi relativamente a taluni profili degli elaborati ma ciò non fa venir meno la complessità del giudizio che investe tutti i profili oggetto di valutazione e che ha nel voto numerico la sua sintesi finale.
Nel caso di specie, le lievi differenze di giudizio espresse nei confronti dei diversi elaborati non rendono quindi illogica l’attribuzione di voti numerici uguali.
5. Parimenti infondata è l’ulteriore censura con cui si sostiene che i quesiti concernenti la prova orale dovevano essere estratti a sorte, come stabilito dall’art. 12 del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487.
La regola invocata è stabilita in generale in materia di assunzione agli impieghi civili dello Stato e non può, quindi, essere applicata nello specifico settore dell’assunzione del personale docente della scuola, dove vige la disciplina speciale stabilita dal D.P.R. 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni (C. di S., VI, 10 aprile 2003, n. 1920).
In ogni caso, il principio della trasparenza perseguito dall’art. 12 del D.P.R. n. 487/1994 è stato nella specie ugualmente raggiunto attraverso la predeterminazione degli argomenti che avrebbero formato oggetto della prova orale.
6. Lamenta l’appellante difetto di motivazione in relazione al giudizio sulla prova orale per la cui valutazione la commissione aveva stabilito, verbale n. 60 del 6 settembre 2004, i criteri qualitativi e quantitativi ed in esito alla quale il giudizio è stato espresso con la mera indicazione del voto numerico.
La censura non può essere condivisa.
Il collegio condivide, al riguardo, l’orientamento, pacifico (da ultimo, di questa Sezione, 6 settembre 2005, n. 4529) secondo il quale ove la valutazione del merito del candidato esprima un giudizio strettamente valutativo del grado di preparazione e di idoneità culturale del candidato stesso per il posto messo a concorso e non una ponderazione fra una pluralità di interessi in gioco ai fini dell’adozione di una statuizione provvedimentale, il voto numerico è di per sé idoneo ad identificare il livello di sufficienza o di insufficienza della prova sostenuta, senza la necessità di ulteriori indicazioni e chiarimenti a mezzo di proposizioni esplicative.
7. Lamenta l’appellante la violazione della norma del bando che prevedeva un’articolazione dell’esame orale su tre aree didattiche oggetto di interrogazione a fronte di esame in concreto svolto su due soli ambiti.
La censura non è condivisibile.
Deve, infatti, rilevarsi come taluni argomenti si prestino ad essere affrontati con riferimento ad ambiti tematici differenti e il riferirli a un ambito piuttosto che a un altro, o ad entrambi, rientra nella discrezionalità tecnica conferita agli organi esaminanti nei concorsi, purché ciò avvenga conformemente a criteri predeterminati dalla commissione giudicante prima dello svolgimento delle prove.
Nel caso di specie non si ravvisano elementi in base ai quali risulti la violazione dei suddetti canoni, per cui la doglianza deve essere respinta.
8. Infine l’appellante lamenta eccesso di potere nel calcolo dei titoli valutabili sotto due profili.
Sulla base della tabella di valutazione dei titoli (allegato 5 del bando di concorso) all’odierna appellante sono stati assegnati punti 6.60 per il servizio effettuato in 11 anni di insegnamento (0.60 per ogni anno), punti 0,80 essendo la candidata in possesso del diploma di Istituto Magistrale conseguito con votazione di 37/60 nell’anno scolastico 1974/75; punti 0,50 essendo la stessa in possesso del titolo aggiuntivo di Diploma di Scienze Religiose rilasciato dall’Istituto di Scienze Religiose di Locri riconosciuto dalla CEI (conseguito nell’a.s. 1991/92 con punteggio di 88,71/90); nessun punteggio invece risulta attribuito per il Diploma Accademico di Magistero in Scienze Religiose rilasciato alla ricorrente dall’istituto di Scienze Religiose di Catanzaro approvato dalla Santa Sede e conseguito il 05.03.1994 con il punteggio di 105/110.
In primo luogo lamenta disparità di trattamento dei diplomati magistrali rispetto agli altri candidati in quanto non è stato loro concesso di utilizzare il titolo integrativo ai fini della valutazione del diverso, e nel concreto più alto, voto finale; in secondo luogo, l’appellante contesta il giudizio di primo grado nella parte in cui ritiene non cumulabili i titoli integrativi del Diploma di Scienze Religiose e il Diploma Accademico di Magistero in Scienze Religiose.
Le doglianze non sono condivise dal collegio.
Quanto al primo profilo, il collegio condivide la consolidata e numerosa giurisprudenza precedente (C. di S., VI, n. 4308/06, 4309/06, 4320/06).
Il bando prevede l’attribuzione di un punteggio per titoli di accesso e per titoli integrativi. Quanto ai primi si distingue tra diploma di scuola media superiore magistrale e diplomi di scuola media superiore conseguenti a diverso ordine di studi. Mentre i secondi necessitano, ai fini dell’accesso, dell’integrazione con un diploma accademico ovvero con un diploma di scienze religiose, il titolo magistrale è di per sé idoneo per l’ammissione al procedimento. Specifica il bando che la valutazione del titolo di accesso viene operata sul voto finale del diploma, nell’ipotesi di diploma di scuola media superiore magistrale, e sul voto finale del titolo integrativo nelle altre ipotesi. La ratio di tale distinzione deve essere ricercata nel presupposto indefettibile per l’accesso che, nel concorso in oggetto, è rappresentato dal possesso del diploma magistrale, o comunque, da altro titolo che abbia la stessa valenza, laddove il possesso del diploma di scienze religiose permette esclusivamente di dimostrare la conoscenza della religione cattolica, con la conseguenza che non può attribuirsi valore equipollente al diploma magistrale ed a quello di scienze religiose riguardando gli stessi due fattispecie diverse, sia in termini di ”peso concorsuale”, sia in termini di conoscenze presupposte; solo nel caso in cui il candidato risulti in possesso di altro diploma di scuola media superiore diverso dal diploma magistrale, può giustificarsi la valutazione del solo diploma di scienze religiose, dato che in tal caso la c.d. idoneità all’insegnamento religioso non risulta derivante dal presupposto del possesso del diploma magistrale con il conseguimento della idoneità religiosa, ma da altro titolo di per sé non abilitante all’insegnamento nella scuola materna ed elementare che, pur tuttavia, lo diventa, quanto all’insegnamento della religione, perché unito al diploma in scienze religiose. A tale giustificata distinzione consegue che quale titolo d’accesso per i possessori di diploma magistrale sarà valutabile il titolo di scuola media superiore con attribuzione di punteggio commisurato alla votazione finale del medesimo. In tal caso è la differenza funzionale tra titolo d’accesso, diploma magistrale, e titolo specialistico a impedire che quest’ultimo svolga un effetto abilitante all’insegnamento e conseguentemente la sua votazione finale diventi oggetto di valutazione ai fini dell’attribuzione del punteggio d’accesso.
Le considerazioni svolte in ordine alla funzione del titolo specialistico permettono di respingere anche il secondo rilievo di illegittimità vertente sulla contestata incumulabilità dei titoli integrativi del diploma di scienze religiose e del diploma accademico di magistero in scienze religiose. Entrambi tali titoli, per i concorrenti già in possesso di diploma magistrale, permettono esclusivamente di dimostrare la conoscenza della religione cattolica e per l’effetto appare a questo collegio giustificato in termini di razionalità porre i due titoli in posizione di alternatività ai fini della valutazione dei titoli integrativi.
La doglianza deve, in conclusione, essere disattesa.
9. L’appello deve, conseguentemente, essere respinto.
La particolarità della vicenda giustifica l’integrale compensazione di spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello.
Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2007 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sez.VI – nella Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:
Giovanni RUOPPOLO Presidente
Carmine VOLPE Consigliere
Giuseppe ROMEO Consigliere
Luciano BARRA CARACCIOLO Consigliere
Manfredo ATZENI Consigliere Est.
Autore:
Consiglio di Stato
Dossier:
_Insegnanti di religione_
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Scuola, Religione Cattolica, Insegnanti, Abilitazione all'insegnamento, Graduatorie, Immissione in ruolo
Natura:
Sentenza