Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 29 Aprile 2007

Sentenza 04 aprile 2007, n.1515

Consiglio di Stato. Sentenza 4 aprile 2007, n. 1515: “IRC: esclusione da sessione riservata di esami per l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole statali”

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 376/2001, proposto da:

– Ministero della pubblica istruzione (ora: dell’istruzione, università e ricerca scientifica), in persona del Ministro in carica, e Provveditorato agli studi di Bologna, in persona del Provveditore in carica, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma;

c o n t r o

– T. A. L, rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Guida ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Mario Mariano, in via Ferdinando Innocenti n. 32, Roma;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Emilia-Romagna, sezione II, n. 768/2000, resa inter partes e concernente l’esclusione dalla sessione riservata di esami per l’idoneità all’insegnamento nelle scuole elementari, data l’incomputabilità dell’insegnamento delle materie alternative alla religione cattolica.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellata T.;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 6 febbraio 2007, il Consigliere Aldo SCOLA;

Uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato Borgo e l’avv. Antonio Guida;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

F A T T O

Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe il T.A.R. Emilia-Romagna accoglieva il ricorso proposto (per violazione di legge ed eccesso di potere) da A. L. T. avverso il provvedimento del competente Provveditore agli Studi di esclusione (per aver totalizzato solo 308 giorni di insegnamento valutabili sui 360 necessari) dalla sessione riservata di esami di abilitazione per l’insegnamento nelle scuole statali – indetta con o.m. n. 153 del 15.06.1999 in attuazione dell’art. 2 della legge 3.05.1999 n. 124, il d.m. 962/2000 di rigetto del relativo ricorso gerarchico, nonché l’art. 2 dell’ ordinanza predetta (nella parte in cui ha stabilito che “i servizi prestati nell’insegnamento della religione cattolica o delle attività alternativa alla religione cattolica non sono validi ai fini dell’ammissione alla sessione riservata in quanto né prestati su posti di ruolo, né relativi a classi di concorso”).

Avverso la decisione di accoglimento (emessa dai primi giudici dopo l’avvenuta costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata) la p.a. soccombente in prime cure proponeva appello con motivi (tardiva impugnazione dell’o.m. presupposta; non valutabilità dell’insegnamento della religione cattolica e delle attività a questa alternative, in assenza di relativi posti di ruolo e classi di concorso) tesi a contestare l’inserimento degli insegnanti di religione nell’istituzione scolastica e la loro piena assimilazione ed omologazione ai restanti componenti del corpo docente, con correlativa impossibilità, quindi, di valutare il servizio così reso ai fini dell’ammissione alla sessione di esami riservata di cui in epigrafe.

L’appellata T. si costituiva in giudizio e, con apposita memoria illustrativa, eccepiva la non immediata lesività della cit. o.m., se non dopo l’adozione del relativo atto applicativo; la sicura valutabilità dell’insegnamento relativo alla religione cattolica; la possibile incostituzionalità dell’art. 2, comma 4, legge n. 124/1999, per contrasto con gli artt. 3, 4 e 97, Cost.; infine, l’essere stata inquadrata in ruolo (sia pure con riserva) con decreto provveditorile 10 marzo 2001.

All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione, dopo il rigetto di un’istanza cautelare (con ordinanza n. 666/2001) da parte di questa stessa sezione.

D I R I T T O

L’appello è fondato e va accolto, dovendosi condividere le censure prospettate dalla p.a. appellante, alla luce della documentazione versata in atti.

L’art. 2 della legge n. 124/1999 stabilisce che il servizio di insegnamento utile all’ammissione alla sessione riservata di esami per il conseguimento dell’abilitazione e del conseguente inserimento nelle graduatorie permanenti “deve essere stato prestato per insegnamenti corrispondenti a posti di ruolo e relativi a classi di concorso, con il possesso di specifico titolo di studio”.

E’ noto che l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane non universitarie di ogni ordine e grado è impartito in adempimento dell’impegno assunto dallo Stato italiano con l’art. 36 del Concordato del 1929, che ha trovato conferma nell’art. 9, comma secondo, della legge n. 121/1985, di ratifica delle modificazioni introdotte al Concordato medesimo.

Quanto ai soggetti abilitati ad impartire il predetto insegnamento l’art. 2, comma 5, dell’intesa tra Autorità scolastica italiana e Conferenza episcopale italiana, resa esecutiva con d.P.R. 16.12.1985 n. 761, ha stabilito che “l’insegnamento della religione cattolica . . . è impartito da appositi docenti che siano sacerdoti o religiosi oppure laici riconosciuti idonei dall’ordinariato diocesano, nominati dall’autorità scolastica competente, d’intesa con l’ordinariato stesso”.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha, con orientamento costante, ribadito la peculiarità della posizione di “status” del docente di religione in rapporto ai differenziati profili di abilitazione professionale richiesti, alle distinte modalità di nomina e di accesso ai compiti didattici, nonché alla specificità dell’oggetto dell’insegnamento, che non ne consentono l’omologazione agli insegnanti in posizione ordinaria (cfr. C.d.S., VI, n. 4447/2004; n. 5153/2001; n. 530/1999; n. 756/1994).

Si tratta, quindi, di un insegnamento che non ha corrispondenza nella dotazione di organico dei ruoli ordinari e che non trova collegamento con una individuata classe di concorso, requisiti che devono entrambi caratterizzare, secondo quanto prescritto dall’art. 2 della legge n. 124/1999, l’anzianità didattica richiesta per l’ammissione alla sessione riservata di abilitazione.

Quanto su esposto trova conferma nella “ratio” sottesa al sistema disciplinato dal menzionato art. 2, che al conseguimento dell’abilitazione fa seguire l’inserimento nelle graduatorie permanenti per il graduale riassorbimento in ruolo, nella misura del 50 %, prevista dall’art. 399, t.u. n. 297/1994 e successive modificazioni, di posizioni di precariato che non si configurano omologhe a quelle dei docenti di religione, i quali beneficiano dello speciale regime stabilito dall’ art. 2 dell’intesa tra Autorità scolastica italiana e Conferenza episcopale italiana.

Non giova, inoltre, alle ragioni dell’interessata il richiamo al principio in base al quale il requisito di ammissione può essere maturato anche con un servizio di insegnamento non corrispondente alla classe di concorso per la quale si chieda di conseguire l’ abilitazione o l’idoneità.

L’insegnamento nelle varie classi di concorso presenta, infatti, le medesime caratteristiche quanto alle procedure di nomina (in base a graduatorie di merito) ed ai compiti didattici riconducibili a posti della dotazione di organico, aspetti che, per quanto in precedenza esposto, non si riscontrano con riguardo all’insegnamento di religione (cfr. in fattispecie analoga C.d.S., II, parere n. 1606 del 10 gennaio 2001).

Quanto al richiamo a precedenti interventi normativi che hanno assunto a riferimento, ai fini dell’immissione in ruolo, servizi di insegnamento prestati indipendentemente dall’inserimento in apposite graduatorie approvate dall’amministrazione della pubblica istruzione (docenti dei corsi popolari CRACIS; esperti degli istituiti tecnici, professionali e sperimentali; docenti di attività pratiche, formative e sperimentali), proprio la specialità della disciplina esclude che, dalla norma derogatoria, possa enuclearsi una regola di carattere generale valida per fattispecie non prese in considerazione dal legislatore.

Il carattere di specialità della posizione degli insegnanti di religione trova, del resto, conferma nella successiva evoluzione normativa, ove si consideri che, con legge 18 luglio 2003 n. 186, sono state dettate apposite norme sullo stato giuridico di detti docenti, prevedendo l’istituzione di dotazioni organiche a livello regionale ed uno speciale concorso riservato, per titoli ed esami, per la prima immissione in ruolo.

La questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, legge n. 124/1999, per contrasto con gli artt. 3, 4 e 97, Cost., in quanto preclusivo dell’ammissione alle sessioni di abilitazione degli insegnanti di religione, si configura manifestamente infondata.

In ordine all’asserita disparità di trattamento che verrebbe riservata agli insegnanti di religione rispetto agli altri docenti, quanto in precedenza esposto (circa la diversità di disciplina sui requisiti per l’accesso agli incarichi e sulle modalità di nomina) evidenzia che non si è in presenza di fattispecie fra loro identiche o quantomeno omogenee, di talché la norma contestata venga a porsi in contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

Né risulta violato il principio di buon andamento dell’amministrazione, perché al meccanismo idoneativo previsto dalla disposizione censurata, cui segue l’inserimento nelle graduatorie permanenti, è collegato il graduale riassorbimento di situazioni di precariato che (per scelta legislativa che non appare discostarsi da parametri di ragionevolezza) non si identificano nelle posizioni degli insegnanti di religione che abbiano beneficiato della disciplina dettata dall’ art. 2 dell’intesa tra Autorità scolastica italiana e Conferenza episcopale italiana.

In definitiva, l’appello dev’essere accolto, contestualmente annullandosi l’impugnata sentenza e respingendosi il gravame di prima istanza, con salvezza degli atti ivi impugnati, mentre le spese del doppio grado di giudizio possono integralmente compensarsi per giusti motivi tra le parti in causa, tenuto anche conto delle alterne vicende processuali.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta,

accoglie l’appello;
annulla l’impugnata sentenza;
respinge il ricorso di prima istanza;
compensa tutte le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, Palazzo Spada, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 6 febbraio 2007, con l’intervento dei signori magistrati:

Gaetano TROTTA Presidente

Sabino LUCE Consigliere

Paolo BUONVINO Consigliere

Domenico CAFINI Consigliere

Aldo SCOLA Consigliere rel. est.