Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 24 Novembre 2006

Sentenza 17 novembre 2006, n.6728

Consiglio di Stato. Sezione Quinta. Sentenza 17 novembre 2006, n. 6728: “Tomba familiare e titolarità dello jus sepulcri”.

In Olir: TAR LAzio. Sezione Seconda Bis. Sentenza 10 maggio 2005, n. 3481 (I grado)

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Quinta Sezione

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso n. 10452/2005 proposto dalla sig.ra B. P., rappresentata e difesa dall’avv. M. G. Andreuzzi ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via Antonio Allegri, n. 1;

CONTRO

il comune di M. in persona del sindaco pro tempore, non costituitosi in giudizio;

E NEI CONFRONTI

di B. R. M., T. P., T. G., T. P., non costituitisi in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. II bis, 10 maggio 2005, n. 3481 che ha respinto il ricorso della sig.ra P. avverso il provvedimento ord. 127 prot. 10360 del Responsabile del servizio urbanistico ed assetto del territorio del comune di M. del 18.1.2002, notificato alla ricorrente 7.3.2002, con cui era annullata l’autorizzazione comunale indicata in 52433 del 13.11.2001 (in luogo di 52326), per eseguire lavori di ampliamento in profondità della tomba di famiglia e monumento funerario al campo C, di mq. 2,50 per la creazione di due nuovi posti per un totale di quattro posti;

visto il ricorso ed i relativi allegati;
Viste le memorie delle parti;
Visti gli atti tutti di causa;
Udito alla pubblica udienza del 23 maggio 2006, il relatore, consigliere Cesare Lamberti, ed udito, inoltre l’avv. Andreuzzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

FATTO

La sig.ra B. P. ha presentato il 24 agosto 2001 la domanda di autorizzazione prot. gen. 39534 a far eseguire i lavori di ampliamento della tomba di famiglia e monumento funerario sita nel cimitero di M., al campo C, al fine di creare due nuovi posti per un totale di quattro. La domanda ha ricevuto parere favorevole della ASL RM H e dell’Ufficio comunale ed ha ottenuto il consenso espresso del dirigente del Servizio urbanistico ed assetto del territorio in data 14 settembre 2001. La sig.ra P. sottoscriveva il contratto di concessione di voltura di area cimiteriale e il 13 novembre 2001 il comune autorizzava ad eseguire i lavori di ampliamento della tomba di famiglia. La ricorrente stipulava il contratto di appalto per i predetti lavori. I sigg.ri B. R. M., T. P., G. e P. hanno inviato al comune di M. la raccomandata in data 18 dicembre 2001, comunicando la loro unica proprietà della tomba jure successionis, in seguito alla quale il Responsabile del Servizio di urbanistica ed assetto del territorio annullava pertanto l’autorizzazione perché sia B. R. M., avente causa da T. F., che P. B. avente causa da P. G. B. erano legittimati ad esercitare il diritto di sepolcro sulla tomba in oggetto entro i limiti della quota ereditaria, come evidenziato nel parere legale. L’autorizzazione alla sig.ra B. P. era stata rilasciata sulla scorta di una dichiarazione sostitutiva dalla quale risultava che il diritto di sepolcro era di sua esclusiva pertinenza senza tenere conto della posizione degli altri eredi. Avverso l’annullamento la ricorrente deduceva al Tar del Lazio tre motivi di sviamento per errore nei presupposti di fatto e violazione di legge per falsa applicazione delle norme sullo jus sepulcri primario ed ereditario. Erroneamente il Comune avrebbe annullato l’autorizzazione perché le controinteressate erano titolari del sepolcro in via ereditaria, essendo succedute mortis causa a T. R., erede di T. F.. La sig.ra P. rivendicava la natura familiare della tomba, poiché la stessa era stata costituita da P. E. detto G. per tumulare la salma del padre F., nonno della ricorrente, costituendo una tomba di famiglia. Sicché la costituzione di un sepolcro familiare, ove non risulti la diversa volontà del fondatore, conferisce il diritto di sepoltura al fondatore del sepolcro stesso ed a tutti i suoi discendenti, facenti parte della famiglia del fondatore stesso, ivi compresi i collaterali, i quali acquistano il diritto di sepoltura iure proprio. La ricorrente ricordava inoltre che lo jus sepulcri, nel sepolcro ereditario si trasmette nei modi ordinari per atto inter vivos o mortis causa dall’originario titolare come qualsiasi altro bene, anche a persone non facenti parte della famiglia, è attribuito, nel sepolcro gentilizio o familiare, in base alla volontà del testatore in stretto riferimento alla cerchia dei familiari presi in considerazione come destinatari del sepolcro stesso, iure proprio. Il Comune, costituitosi in giudizio precisava che l’atto di fondazione della tomba contiene l’espresso riferimento all’intenzione di seppellirvi il solo P. F., padre del fondatore e nonno della ricorrente: non ricorreva l’ipotesi di residuale iscrizione della tomba al genus del sepolcro familiare, prevista dalla legge nel solo caso di assoluta assenza di manifestazioni di volontà da parte del fondatore stesso in ordine alla qualificazione del sepolcro. Si costituivano, altresì, i controinteressati che contestavano la natura familiare del sepolcro, adducendo di esserne titolari in quanto eredi. Il ricorso è stato respinto dal Tar del Lazio sulla considerazione che la sig.ra P. non era comunque unica titolare del sepolcro. Avverso la sentenza muove appello la sig.ra P..

DIRITTO

La sentenza in epigrafe ha respinto il ricorso della sig.ra B. P. nei confronti dell’annullamento d’ufficio ad opera del comune di M. dell’autorizzazione ai lavori di ampliamento della tomba di famiglia e monumento funerario sita nel locale cimitero al fine di creare due nuovi posti per un totale di quattro. Nell’annullamento, il comune ha ritenuto che l’autorizzazione fosse stata erroneamente rilasciata sulla scorta della dichiarazione sostitutiva attestante l’esclusiva pertinenza in capo alla sig.ra P. del diritto di sepolcro, mentre anche le sigg.re Di B. e T. erano legittimate ad esercitare il diritto di sepolcro sulla tomba P. entro i limiti della quota ereditaria perché succedute a T. R., unico legittimo erede di T. F. vedova P.. Secondo il parere legale acquisito dal comune, sia la sig.ra Di B. R. M., avente causa da T. F., sia P. B., avente causa da P. G. B. erano legittimate ad esercitare il diritto di sepolcro sulla tomba, nei limiti delle quote ereditarie. La tesi è stata condivisa dal primo giudice che ha affermato la natura ereditaria del sepolcro che esclude la titolarità, per lo meno, in via esclusiva della ricorrente. Anche, poi, a voler configurare il sepolcro come familiare, il decesso del sig. P. E. detto G. senza discendenti diretti, avrebbe fatto venire meno la natura gentilizia del sepolcro, con la conseguente trasmissione in via ereditaria e passaggio della titolarità dapprima a T. F. vedova ed erede universale di P. E. detto G. e poi alle sue figlie di T. P., G. e P..
Nell’appellare la decisione, la sig.ra B. P. afferma che il TAR del Lazio non avrebbe esattamente valutato che la caratteristica del sepolcro, riconosciuta dallo stesso comune di M. come tomba di famiglia, ne comportava l’uso da parte della ricorrente in via autonoma, conformemente alla volontà del fondatore. Con la concessione in data 2 ottobre 1902 n. 661, era stata, infatti, istituita dal comune di M. la tomba sita nel locale cimitero a favore di P. E. detto G. per la tumulazione della salma del padre, P. F.. In forza di questa concessione erano stati sepolti i nonni della sig.ra B. P.. La medesima sig.ra B. P. aveva verificato l’esistenza della discendenza del capostipite P. F. e, alla scadenza della concessione, aveva inoltrato la richiesta per l’ampliamento di altri due posti della tomba di famiglia al comune di M. che aveva concesso con atto in data 8 maggio 2000, n. 10042 il diritto di sepoltura di famiglia alla sig.ra B. P., nella qualità di unico erede di P. E. detto G., concessionario della tomba acquistata nell’anno 1902 rep. n. 661/79, con possibilità di trasformare la tomba da individuale a plurima sino ad un massimo di quattro presone. Alla concessione era seguita la determina 13 marzo 2001, n. 150 di accoglimento della richiesta di ampliamento e l’autorizzazione del 13 novembre 2001 n. 52326 ad eseguire lavori di ampliamento in profondità della tomba di famiglia annullata con il provvedimento in epigrafe. Era perciò erroneo l’assunto del Tar del Lazio che la sig.ra B. P. fosse titolare di un diritto mortis causa unitamente ai coeredi T.. La titolarità della sig.ra B. P. di un vero e proprio diritto di sepolcro autonomo dagli eredi T. nasceva infatti dalla concessione del comune di M. il 2 ottobre 1902 in favore di P. E. detto G. per la tumulazione della salma di P. F. quale capostipite, cioè come primo antenato della progenie P.. La tesi dell’appellante è fondata. La circostanza che la concessione fosse stata acquisita dal P. G. per la tumulazione del proprio ascendente, senza alcuna condizione o riserva per sé stesso o per i suoi eredi, rende evidente che al sepolcro era stato impresso, sin dalla sua fondazione, carattere personale e non familiare. Non era pertanto suscettibile di essere trasmesso in via testamentaria, ma si acquistava jure proprio per il solo fatto di trovarsi nel rapporto di parentela previsto, anche implicitamente, nell’atto di fondazione. Una vola accertata la volontà del fondatore di istituire il sepolcro per la propria famiglia e non per sé ed i suoi successori, legittimamente la sig.ra B. P. era subentrata nella posizione di concessionario ed era stata abilitata all’ampliamento dal comune. Non suffraga l’assunto della trasmissione testamentaria del sepolcro che vi fosse stata sepolta la sig.ra T. F., perché coniuge del fondatore, P. E. detto G. e pertanto legata da vincolo coniugale con quest’ultimo né che questi, non fosse sposato al momento della costituzione della concessione. Essendo stata quest’ultima rilasciata per la tumulazione della salma di P. F., padre del richiedente, si era consolidata la sua intenzione di realizzare una tomba esclusivamente per la propria famiglia di origine in quanto comunque appartenenti alla famiglia P. e non per sé stesso e per i propri discendenti. Il sig. T. R., erede testamentario della sig.ra T. F., moglie di P. E. detto G. non è infatti stato sepolto nella tomba in quanto estraneo alla famiglia P.. Analogamente estranee alla famiglia P. sono le sigg.re Di Belardini e T. in quanto discendenti mortis causa da T. R., unico legittimo erede della sig.ra T. F. ved. P., nominata erede universale da P. E. detto G.. Dalla sua nomina ad erede universale sfugge infatti il sepolcro gentilizio di che trattasi in quanto precedentemente destinato alla discendenza P. F. e non alla discendenza T.. Secondo la giurisprudenza del S.C. (Cass., sez. II, 5 luglio 1979, n. 3851), la titolarità dello “jus sepulcri” quale diritto primario di essere seppelliti o di collocare una salma in una determinata tomba, può derivare o dall’appartenenza a una famiglia (sepolcro familiare), ovvero dalla qualità di erede del fondatore (sepolcro ereditario). Essendo stato costituito come sepolcro familiare, quello di P. E. detto G. per il padre F. per essere trasmesso mortis causa a T. F. e ai suoi eredi necessitava di un’espressa menzione nel testamento a favore di quest’ultima. Titolari di diritto di sepolcro analogo a quello dell’appellante (figlia di P. G. B. e discendente in via diretta da P. F.) sono gli altri discendenti di P. F., e cioè P. R. e P. R., unici (insieme ai loro legittimi discendenti) abilitati ad impugnare il trasferimento della concessione a suo tempo rilasciata. Nessuno di costoro ha però proposto alcuna doglianza, anche in via indiretta avverso il trasferimento della concessione in capo a P. B., il cui diritto di sepolcro risulta, pertanto, inattaccabile. Non avendo le sigg.re Di B. e T. legittimazione ad esercitare il diritto di sepolcro ed usufruire della tomba di famiglia e monumento funerario sita nel cimitero di M., è illegittimo l’annullamento d’ufficio su istanza di costoro dell’autorizzazione rilasciata alla sig.ra P. B. ad eseguire i lavori di ampliamento della tomba. Il relativo provvedimento deve essere pertanto annullato, in accoglimento del presente appello e in riforma della sentenza di primo grado. Le spese del giudizio vanno compensate fra le parti per giusti motivi.

P. Q. M.

il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello in premesse, lo accoglie. In riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado della sig.ra P. B. e, per l’effetto, annulla il provvedimento in epigrafe. Spese del giudizio compensate.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 23 maggio 2006, con l’intervento dei Sigg.ri:

Agostino Elefante Presidente
Corrado Allegretta Consigliere
Cesare Lamberti Consigliere est.
Goffredo Zaccardi Consigliere
Nicola Russo Consigliere

IL PRESIDENTE
f.to Agostino Elefante

L’ESTENSORE
f.to Cesare Lamberti