Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 26 Luglio 2005

Sentenza 15 gennaio 2002, n.3367

Consiglio di Stato. Sezione IV. Sentenza 15 gennaio 2002, n. 3367: “Mancato riconoscimento dell’obiezione di coscienza per manifesta infondatezza dei motivi addotti dal richiedente”.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 2386 del 1993 proposto dal dr. Rodolfo Tanzi rappresentato e difeso dagli avv.ti Alessandro Mainardi e Giuseppe Ramadori con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via M. Prestinari, n. 13;

contro

il Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è ex lege domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l’annullamento o la riforma della sentenza n. 1263 del 18 novembre 1992 resa inter partes dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione delle Difesa;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
alla pubblica udienza del 15 gennaio 2002, udito il relatore Consigliere Dedi Rulli e uditi l’avv. Ramadori per l’appellante e l’avvocato dello Stato Pampanelli per l’Amministrazione resistente.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

Con la decisione in epigrafe indicata il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, ha respinto il ricorso proposto dal dr. Rodolfo Tanzi per ottenere l’annullamento del provvedimento di diniego di riconoscimento della obiezione di coscienza motivato sulla contradditorietà del comportamento dell’interessato che, in precedenza, aveva presentato domanda di arruolamento volontario quale allievo ufficiale di complemento nella Marina Militare dimostrando, così, la non sincerità della asserita contrarietà all’uso delle armi.
Avverso la predetta decisione negativa propone appello il dr. Tanzi rilevando la erroneità del provvedimento impugnato in primo grado per la parte in cui ha affermato che l’interessato avrebbe atteso l’esito della domanda di arruolamento prima di chiedere il riconoscimento della obiezione di coscienza essendo vero, al contrario, che egli non si è affatto presentato alla visita di selezione; e detta circostanza, contrariamente a quanto affermato dal giudice di primo grado, va ritenuta revoca sostanziale della domanda di arruolamento ed era indice di un radicale mutamento di atteggiamento per le ragioni espressamente indicate nella domanda di obiezione.
L’interessato conclude chiedendo l’accoglimento dell’appello e l’annullamento della statuizione impugnata.
Si è costituita l’Amministrazione intimata senza produrre scritti difensivi.
Alla pubblica udienza del 15 gennaio 2002, uditi i difensori delle parti, la controversia è passata in decisione.

1. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia ha respinto il gravame proposto dal Tanzi avverso il provvedimento di diniego dell’ammissione al beneficio della obiezione di coscienza ritenendo detto provvedimento immune dai denunciati vizi motivazionali.
La decisione di primo grado viene contestata dall’interessato sul rilievo che quel giudice non avrebbe tenuto nella dovuta considerazione la circostanza che egli non si era presentato alla visita di selezione per l’ammissione al corso allievi ufficiali della marina militare con ciò revocando sostanzialmente la pregressa domanda assunta dal Ministero della difesa a presupposto del provvedimento negativo poi censurato.
2. Il Collegio ritiene che le tesi difensive svolte nell’atto di appello non siano sufficienti a giustificare una soluzione diversa da quella alla quale è pervenuto il giudice di primo grado.
Al riguardo appare opportuno sottolineare alcune circostanze in punto di fatto idonee a giustificare la correttezza della decisione in esame.
Ed invero l’interessato aveva presentato, nel 1989, istanza di arruolamento volontario quale allievo ufficiale di complemento nella Marina militare e nell’anno successivo altra domanda per ottenere il riconoscimento della obiezione di coscienza nella quale nulla diceva circa la pregressa richiesta di arruolamento anche solo per rinunciarvi, limitandosi ad affermare di “essere contrario, in ogni circostanza, all’uso personale delle armi per imprescindili motivi di coscienza.”
E’ ben vero che egli non si era presentato alla visita di selezione per il detto arruolamento, mentre il decreto impugnato dichiara erroneamente che ne avrebbe atteso l’esito; la circostanza, comunque, non è stata mai fatta presente all’Amministrazione e soprattutto l’interessato, con il suo comportamento quanto meno reticente, non ha mai formalmente provveduto a revocare la detta istanza, né si è preoccupato di indicare i motivi del suo mutato atteggiamento nei confronti dell’uso delle armi, cioè del servizio militare. Quello che il Ministero della difesa ha giustamente posto in rilievo nel decreto impugnato in primo grado è la contraddittorietà di un simile comportamento che non poteva non dar luogo a perplessità circa la sincerità e la coerenza di quanto affermato nella richiesta di ammissione al beneficio della obiezione di coscienza.
3. Così precisato il quadro fattuale di riferimento il Collegio ritiene che il decreto ministeriale impugnato e la decisione di primo grado che lo ha confermato siano pienamente aderenti ai principi elaborati dalla giurisprudenza in ordine alla interpretazione della L. 15 dicembre 1972 n. 772, principi con i quali si è affermato che, in sede di esame dell’istanza per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza l’apposita Commissione, anche se non deve accertare in positivo la “profondità” delle convinzioni allegate dal richiedente, deve comunque valutare la loro coerenza, attendibilità o non manifesta infondatezza, potendo così giungere al diniego quando gli elementi raccolti d’ufficio supportino l’inconsistenza, la contraddittorietà e la pretestuosità dei motivi e della domanda ( in termini, tra le tante della Sezione, decisione n.793 del 20 settembre 1993).
4. Da ciò consegue la conferma della decisione impugnata che appare immune dai vizi denunciati e la reiezione dell’appello.
Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio che si liquidano in dispositivo sono a carico della soccombenza.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quarta, definitivamente pronunciando, respinge l’appello indicato in epigrafe, per l’effetto, conferma la decisione impugnata.
Condanna parte appellante a rimborsare all’Amministrazione le spese e gli onorari del grado di giudizio che liquida in complessivi mille (1.000) Euro.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma in camera di consiglio, con l’intervento dei signori:
Gaetano Trotta Presidente
Costantino Salvatore Consigliere
Dedi Rulli Consigliere, estensore
Aldo Scola Consigliere
Ermanno De Francisco Consigliere