Sentenza 17 settembre 2002, n.2003
Corte di Cassazione. Sezione I penale. Sentenza 17 settembre 2002 , n. 2003: “Finalità religiose e delittuose di un’associazione”.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. SOSSI MARIO – PRESIDENTE
1. Dott. FABBRI GIANVITTORE – CONSIGLIERE
2. Dott. CHIEFFI SEVERO – CONSIGLIERE
3. Dott. CAMPO STEFANO – CONSIGLIERE
4. Dott. CANZIO GIOVANNI – CONSIGLIERE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1)
2)
avverso ORDINANZA del 20-02-2002 TRIB. LIBERTÀ di BOLOGNA
sentita la relazione fatta dal Consigliere FABBRI GIANVITTORE
sentite le conclusioni del P.G. GERACI annullamento senza rinvio limitatamente al reato di cui all’art. 479 c.p. dovendo esso qualificarsi come reato di cui all’art. 480 c.p.. Rigetto nel resto dei ricorsi.
udito il difensore Avv. INSOLERA
Fatto
Con ordinanza depositata il 20-2-2002 il Tribunale di Bologna in sede di riesame confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di
In base alle dichiarazioni della denunciante
Il tribunale riteneva anche esistenti gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di falso ideologico, di maltrattamenti e sequestro di persona: relativamente al primo reato rilevava che il sodalizio aveva usufruito di ricette firmate dal dott.
Il tribunale infine, riteneva sussistente sia per la
Avverso la predetta ordinanza ricorrono entrambe le indiziate.
La
La
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione di legge relativamente alla configurazione del reato di associazione per delinquere e delle esigenze cautelari, sostenendo che essa è stata basata sulle connotazioni carismatiche della
Con il secondo motivo sostiene che la falsità ideologica di una ricetta medica configura il reato di cui all’art. 480 c.p. anziché quello di cui all’art. 479 c.p., poiché il medico con il documento in questione non pone in essere un atto pubblico, ma si limita a compiere una mera attività ricognitiva del diritto dell’assistito all’erogazione di medicinali ed a rendere operativo tale diritto con l’emissione della ricetta.
Con il terzo motivo deduce il vizio di motivazione quanto all’affermazione che il falso ideologico sia stato funzionale alla truffa in danno di ente pubblico, sostenendo che il rilascio della ricetta non deve necessariamente essere preceduto dall’esame del paziente e che, comunque, non è detto che le prescrizioni mediche non rispondessero effettivamente a reali esigenze terapeutiche degli intestatari.
Con il quarto motivo la
Gli ultimi due motivi attengono al vizio di motivazione in ordine alle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura. Con essi la ricorrente lamenta che le esigenze cautelari siano state ravvisate nelle connotazioni religiose del sodalizio e che non sia stata scelta la misura cautelare più adeguata.
Diritto
Il ricorso della
Anche il ricorso della
Il primo motivo è infondato. Invero l’art. 19 della Costituzione comporta la non perseguibilità dell’associazione religiosa come tale e della relativa attività di propaganda ed esercizio del culto, salvo il limite del buon costume; ma non significa che l’associazione di carattere religioso possa delinquere, nè che possa liberamente costituirsi per delinquere dietro il paravento del credo religioso, anche approfittando dello stato di dipendenza da esso indotto sui partecipanti in forza delle ritenute capacità taumaturgiche del capo carismatico. Conseguentemente, quando come nel caso in esame sia accertato, addirittura attraverso il compimento dei reati – fine, che l’associazione ha avuto non soltanto finalità religiose – per quanto atipiche, stravaganti ed eterodosse – ma anche delittuose, ben può essere configurato il reato di cui all’art. 416 c.p. e ben può essere ritenuta pericolosa, ai fini della reiterazione nel reato e del pericolo di inquinamento probatorio, anche la predetta dipendenza, pure se determinata dal credo religioso.
Anche il secondo motivo è infondato. Premesso che il medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale è pubblico ufficiale (v. Cass., V, n. 8080 del 26-6-1991,
Il terzo motivo è ugualmente infondato, avendo il provvedimento impugnato congruamente spiegato le ragioni della decisione sul punto, evidenziando che l’accusa si basava sulle dichiarazioni della
Quanto al quarto motivo si osserva che il provvedimento impugnato ha debitamente esaminato il quadro indiziario, costituito dalle dichiarazioni di
Quanto agli ultimi due motivi occorre ribadire che il carattere religioso di un sodalizio non impedisce la perseguibilità di esso in sede penale qualora assuma le connotazioni dell’associazione per delinquere e che l’assoggettamento degli adepti al capo carismatico ben può essere valutato, pur se indotto dal credo religioso, come elemento sintomatico del pericolo di reiterazione nel reato o di inquinamento probatorio. Comunque nel caso in esame le esigenze cautelare sono state fondate anche sui precedenti giudiziari dell’indagata, sulla abitualità del suo comportamento delittuoso e sulla carenza di freni inibitori, dimostrata dalla prosecuzione dell’attività criminosa anche dopo gli interventi della P.G. L’adeguatezza della misura è stata congruamente esaminata in relazione alla personalità dell’indagata e le doglianze della ricorrente sul punto non dimostrano la manifesta illogicità della motivazione ma costituiscono mere censure di merito, chiaramente dirette – inammissibilmente in questa sede – ad una rilettura degli elementi già esaminati nel provvedimento impugnato.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 23 L. 332-1995.
Autore:
Corte di Cassazione - Penale
Dossier:
Libertà religiosa
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Libertà di coscienza, Carattere religioso, Credenza miracolistica, Esorcismo, Finalità delittuose, Credo religioso, Falso ideologico, Propaganda, Buon costume, Libertà di religione, Reati, Associazionismo, Associazioni religiose, Finalità religiose, Esercizio del culto
Natura:
Sentenza