Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 8 Giugno 2005

Legge regionale 04 settembre 2001, n.18

Legge regionale 4 settembre 2001, n. 18:
“Approvazione del piano socio-sanitario regionale per il triennio 2002/2004”.

(da “Bollettino Ufficiale della regione Valle d’Aosta” n. 39 del 6 settembre 2001)

(Omissis)

Allegato 5

(Omissis)

Obiettivo 7 – Supporto alle fasi della vita

Obiettivo 7.1 – Gestione della fase iniziale della vita

In Valle d’Aosta negli ultimi decenni il fenomeno della riduzione della natalità si è verificato con forte intensità. Se l’Italia è oggi il paese con la più bassa fecondità del mondo, la Valle d’Aosta, insieme alla Liguria, al Friuli Venezia Giulia, al Piemonte, all’Emilia Romagna e alla Toscana, si distingue per livelli di fecondità pari o inferiori ad un figlio per donna.
La riduzione delle nascite è confermata dal basso valore dell’indice di carico di figli per donna feconda, inteso come numero di bambini di età inferiore a 4 anni rapportato a 100 donne di età compresa tra 15 e 39 anni. Tale indicatore in Valle d’Aosta è pari al 23,7%, sensibilmente inferiore alla quota del 30%, ritenuta uno standard indicativo di popolazioni anziane ed a bassa fecondità.
Particolarmente interessante il fenomeno dell’interruzione volontaria di gravidanza. Tale fenomeno, in diminuzione in Valle d’Aosta fino al 1995, ha presentato in questi ultimi anni un leggero incremento (255 IVG nel 1995 e 306 nel 1999). Il tasso di abortività registrato nel 1999 è pari a 10,65 aborti ogni 1000 donne in età feconda (15-49 anni), superiore quindi al tasso nazionale del 1998 pari a 9,7. Relativamente alle caratteristiche sociali delle donne che hanno fatto ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza va evidenziato che allo stato attuale, l’età più frequente nel ricorso all’IVG è più elevata rispetto a venti anni fa ; mentre prima si attestava tra i 20 ed i 24 anni, oggi l’età più frequente è quella compresa tra i 25 e i 34 anni ed inoltre, a differenza di venti anni fa, sono le donne nubili e non quelle coniugate a farne maggiormente ricorso incidendo maggiormente sulla propensione alla procreazione; mentre nel 1981 il tasso di interruzione di gravidanza nelle nubili era di 24,35 contro 71,38 nelle coniugate, oggi questo tasso si ribalta a favore delle nubili che registrano un valore del tasso di 45,12 contro 42,09 nelle coniugate.
Inoltre, se nel 1981 il 74% delle donne che ricorreva all’IVG aveva almeno un figlio, oggi tale percentuale è appena superiore al 50%. Questo fenomeno è fortemente associato allo spostamento in avanti del processo riproduttivo, con un progressivo incremento dell’età media alla nascita del primo figlio che implica una riduzione nel numero di figli per coppia anche perché, col crescere dell’età, aumentano i rischi per la gravidanza. Oltre al calo della fecondità programmata, legato all’allungamento dei percorsi scolastici, e alla acquisizione della autonomia economica, lo spostamento “in avanti” del calendario riproduttivo ha determinato una quota crescente di infertilità.
Anche se la natalità è attualmente in lieve ripresa, non sembra da attendersi nel futuro un forte incremento della domanda di prestazioni sanitarie nel settore materno-infantile, mentre c’è da attendersi una richiesta di supporto e tutela ai genitori che lavorano con strutture adeguate all’accoglienza e all’intrattenimento (nidi, garderie d’enfance o altri servizi alternativi). Questo contesto non esime dalla necessità di garantire un’adeguata offerta di interventi e servizi a favore della coppia relativi alla gravidanza, al parto e alla prima infanzia.
In particolare, in ambito ospedaliero, deve essere concentrata l’attività connessa alla nascita, potenziando invece il territorio di tutte le attività di prevenzione e cure oltre ad ogni altra possibile forma di integrazione.
La progressiva riduzione della mortalità infantile, assestata a livello nazionale sul 9 per mille, come pure di quella perinatale, sul 6,4 per mille, ha seguito in Valle d’Aosta una tendenza analoga a quella nazionale e di altri paesi dell’Europa occidentale. E’ comunque in evidenza il problema dei bambini portatori di disabilità, per patologie congenite o acquisite, che richiedono una maggiore capacità di intervento precoce di natura intensiva e riabilitativa ed un qualificato monitoraggio. Specifica attenzione deve essere dedicata nella prima infanzia alle cure primarie e ai disturbi dello sviluppo psichico nell’età evolutiva.
In tal senso occorre rivedere le prerogative del consultorio familiare sede di coordinamento di tutti gli interventi territoriali nell’area materno infantile nell’ambito del presidio socio-sanitario distrettuale, ridefinendo le peculiarità che lo differenziano da presidi di esclusiva natura ambulatoriale quali:
– Priorità e prevalenza del carattere preventivo e riabilitativo dell’assistenza;
– Garanzia di un lavoro di équipe sia tra figure sanitarie e sociali che tra queste e i servizi (reparti ospedalieri, scuola, asili nido .)
Posizione centrale sul piano organizzativo deve assumere il Dipartimento Materno Infantile quale entità tecnico funzionale che attiva azioni mirate al soddisfacimento dei bisogni della popolazione dell’area materno infantile secondo le indicazioni regionali. Il compito del Dipartimento è quindi quello di elaborare protocolli operativi coordinando le prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione a livello territoriale e ospedaliero garantendo:
1. La tutela della salute della donna in tutte le fasi e ambienti di vita;
2. La tutela della procreazione e della maternità e paternità responsabile;
3. La tutela della salute dei minori fino al raggiungimento dell’età adulta con particolare attenzione al minore disabile e ai soggetti socialmente deboli;
4. La prevenzione, la cura e la riabilitazione del disagio psichico e sociale dovuto a problematiche scolastiche, familiari e relazionali anche in riferimento agli abusi e maltrattamenti.

Obiettivo 7.2 – Gestione della fase dell’età anziana

Si conferma l’importanza di promuovere, in conformità agli indirizzi contenuti nel progetto obiettivo Anziani” il mantenimento/recupero dell’autosufficienza dell’anziano, di adottare politiche di supporto alle famiglie con anziani bisognosi di assistenza a domicilio, di promuovere l’assistenza continuativa ed integrata (intra ed extra ospedaliera) e socio-sanitaria.
In particolare nella nostra realtà occorre continuare ad investire nelle iniziative che hanno lo scopo di promuovere la salute e ridurre la mortalità e la disabilità, attribuibili a patologie per le quali disponiamo di interventi efficaci di prevenzione primaria o di diagnosi precoce.
Occorre inoltre migliorare l’esito dell’assistenza (prognosi e durata della malattia, disabilità, qualità della vita, soddisfazione dell’individuo) adeguando i processi di diagnosi e cura alle conoscenze scientifiche e alle risorse disponibili. Occorre creare le condizioni per evitare i ricoveri e le ospedalizzazioni non necessarie, garantire le dimissioni precoci dall’ospedale, migliorare l’assistenza a domicilio, nonchè garantire agli anziani ricoverati presso le strutture ospedaliere e socio-sanitarie assistenza, riabilitazione e cura di qualità.

Obiettivo 7.3 – Gestione della fase terminale della vita

Le persone con patologie evolutive irreversibili per le quali non esistono trattamenti risolutivi, necessitano di una assistenza finalizzata al controllo del dolore, alla prevenzione e cura delle infezioni, al trattamento fisioterapico e al supporto psicosociale.
L’attenzione, in questo campo, oltre alla persona in assistenza, va dedicata ai familiari nelle fasi terminali e dopo il decesso.
Un’assistenza di buona qualità deve offrire la possibilità di trascorrere l’ultima parte della vita in famiglia, o quando questo non è più possibile, in strutture residenziali adeguate alla natura dei problemi sanitari.
Compito della Regione è: migliorare l’assistenza alle persone che affrontano la fase terminale della vita ed individuare le azioni conseguenti, adeguare il personale dedicato all’assistenza palliativa medica e infermieristica a domicilio, potenziare le risorse tecnologiche, definire linee – guida per interventi di terapia palliativa e antalgica e per il sostegno psicologico e per l’aiuto socio assistenziale a favore del malato e dei suoi familiari, definire direttive di coordinamento con il volontariato per l’ assistenza ai malati terminali.
Con la delibera della Giunta regionale n.3239 del 25 settembre 2000 è stato approvato il programma per la realizzazione di un centro residenziale per cure palliative Hospice, ove sarà possibile garantire un alto grado di umanizzazione dell’assistenza ed una adeguata accoglienza, anche ai familiari tenendo conto delle convinzioni religiose dei soggetti per offrire assistenza e cura ad una categoria di persone ammalate e in fase critica che per diverse motivazioni non possono essere seguiti in regime domiciliare e per i quali il ricovero ospedaliero risulta non necessario ed inadeguato alle loro esigenze.

(Omissis)