Sentenza 16 dicembre 2004, n.427
Corte Costituzionale. Sentenza 16 dicembre 2004, n. 427: “Infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 80, comma 6, della legge 27 dicembre 2002, n. 289”.
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Valerio ONIDA;
Giudici: Carlo MEZZANOTTE,
Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI,
Annibale MARINI,
Franco BILE,
Giovanni Maria FLICK,
Francesco AMIRANTE,
Ugo DE SIERVO,
Romano VACCARELLA,
Paolo MADDALENA,
Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA,
Franco GALLO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 80, comma 6, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), promosso con ricorso della Regione Emilia-Romagna, notificato il 1° marzo 2003, depositato in cancelleria il successivo 7 marzo ed iscritto al n. 25 del registro ricorsi 2003.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 16 novembre 2004 il Giudice relatore Paolo Maddalena;
uditi l’avvocato Franco Mastragostino e l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna e l’avvocato dello Stato Giancarlo Mandò per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. La Regione Emilia-Romagna con ricorso notificato il 1° marzo 2003, depositato il 7 marzo 2003 ed iscritto al n. 25 del registro ricorsi 2003, ha proposto questione di legittimità costituzionale di numerose disposizioni della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), e, tra queste, della disposizione di cui all’art. 80, comma 6.
1.1. La disposizione impugnata, “al fine di favorire l’autonoma iniziativa per lo svolgimento di attività, di interesse generale, in attuazione dell’articolo 118, quarto comma, della Costituzione”, prevede che “le istituzioni di assistenza e beneficenza e gli enti religiosi che perseguono rilevanti finalità umanitarie o culturali possono ottenere la concessione o locazione di beni immobili demaniali o patrimoniali dello Stato, non trasferiti alla «Patrimonio dello Stato Spa», costituita ai sensi dell’articolo 7 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, né suscettibili di utilizzazione per usi governativi, a un canone ricognitorio determinato ai sensi degli articoli 1 e 4 della legge 11 luglio 1986, n. 390, e successive modificazioni”.
1.2. La Regione Emilia-Romagna sostiene che la disposizione in questione, nel supporre l’esistenza di immobili appartenenti al demanio o al patrimonio dello Stato non “suscettibili di utilizzazione per usi governativi” e nel disporre che tali immobili possano essere affidati ad enti di assistenza o ad enti religiosi con finalità umanitarie o culturali, violerebbe l’art. 117, secondo, terzo e quarto comma, della Costituzione, in quanto interverrebbe nel campo della politica sociale e, pertanto, al di fuori delle materie di competenza statale esclusiva o concorrente. Né la norma potrebbe giustificarsi nell’ottica della potestà dello Stato di disporre dei propri beni, dato che “si tratta qui non di atti di disposizione privatistici o per fini patrimoniali, ma di previsioni di legge e di provvedimenti amministrativi nel campo della politica sociale”.
La ricorrente sostiene, poi, che la norma impugnata violerebbe l’art. 119, sesto comma, della Costituzione, secondo il quale le Regioni, le Città metropolitane, le Province e i Comuni hanno un proprio patrimonio attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato.
La Regione ritiene che, fino all’attuazione di questa previsione costituzionale, lo Stato non potrebbe disporre dei propri beni, in quanto verrebbe, altrimenti, a porre oneri ed, in definitiva, a ridurre il valore e le possibilità d’uso di beni destinati ad essere assegnati agli enti territoriali, “secondo un criterio di coerenza con le rispettive funzioni”.
2. Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la non fondatezza della questione.
L’Avvocatura sostiene, da un lato, che l’art. 119 della Costituzione non limiterebbe il potere dello Stato di disporre dei propri beni demaniali o patrimoniali, dall’altro, che la concessione o locazione a canone ricognitorio di immobili statali a favore di istituzioni di beneficenza o enti religiosi favorirebbe l’autonomia privata per lo svolgimento di attività di interesse generale, in coerenza ed in attuazione del principio di sussidiarietà affermato dall’art. 118, quarto comma, della Costituzione.
3. In prossimità dell’udienza pubblica del 16 novembre 2004 la Regione Emilia-Romagna ha depositato memoria, nella quale ha contestato le deduzioni dell’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo che il c.d. principio di sussidiarietà orizzontale (art. 118, quarto comma, della Costituzione), vincolante tanto lo Stato quanto gli altri livelli di governo, non legittimerebbe una decisione unilaterale dello Stato non coerente con l’assetto delle competenze pubbliche.
La ricorrente sostiene che la competenza residuale delle Regioni in materia di politica sociale imporrebbe allo Stato di assicurare a queste sia il finanziamento dei livelli essenziali dei servizi sia il trasferimento di beni strumentali, e non consentirebbe allo Stato di concedere ai soggetti privati i propri beni immobili non impiegati “in usi governativi”, anche qualora fossero indispensabili all’erogazione di servizi pubblici.
4. In prossimità dell’udienza pubblica anche l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria, nella quale ha precisato e sviluppato le difese già svolte nell’atto di costituzione.
In particolare la difesa erariale sostiene che la disposizione impugnata troverebbe fondamento nella competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione (sistema tributario e contabile dello Stato), e che non sarebbe “seriamente” sostenibile che lo Stato, a differenza delle Regioni, non possa disciplinare la gestione e l’utilizzazione dei propri beni demaniali o patrimoniali, anche concedendone l’uso o il godimento a terzi.
Considerato in diritto
1. Con ricorso notificato il 1° marzo 2003, depositato il successivo 7 marzo ed iscritto al numero 25 del registro ricorsi 2003, la Regione Emilia-Romagna ha impugnato varie disposizioni della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), e, tra queste, la disposizione dell’art. 80, comma 6, oggetto del presente giudizio, che viene censurata in riferimento agli articoli 117, secondo, terzo e quarto comma, e 119 della Costituzione.
La disposizione impugnata, “al fine di favorire l’autonoma iniziativa per lo svolgimento di attività, di interesse generale, in attuazione dell’articolo 118, quarto comma, della Costituzione”, prevede che “le istituzioni di assistenza e beneficenza e gli enti religiosi che perseguono rilevanti finalità umanitarie o culturali possono ottenere la concessione o locazione di beni immobili demaniali o patrimoniali dello Stato, non trasferiti alla «Patrimonio dello Stato Spa», … né suscettibili di utilizzazione per usi governativi, a un canone ricognitorio determinato ai sensi degli articoli 1 e 4 della legge 11 luglio 1986, n. 390, e successive modificazioni”.
La ricorrente sostiene che la disposizione sarebbe illegittima, sia perché costituirebbe un intervento dello Stato nel settore, di esclusiva competenza regionale (art. 117, quarto comma, della Costituzione), delle politiche sociali, sia perché lo Stato, non avendo ancora dato attuazione al precetto costituzionale (art. 119 della Costituzione) di dotare le Regioni e gli enti locali di un proprio patrimonio, secondo un criterio di coerenza con le rispettive funzioni, non potrebbe disporre di beni solo ancora temporaneamente propri.
2. Le due censure non sono fondate.
2.1. È anzitutto infondato l’assunto secondo cui lo Stato, fino alla attuazione dell’art. 119, ultimo comma, della Costituzione, come novellato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), non potrebbe disporre dei propri beni demaniali o patrimoniali.
L’invocata disposizione costituzionale, in effetti, prevede che Regioni ed enti locali abbiano un patrimonio attribuito secondo i principi determinati dalla legge statale, ma non detta alcuna regola in ordine alla individuazione dei beni oggetto dell’attribuzione, né, tanto meno, vieta allo Stato la gestione e l’utilizzazione, medio tempore, di tali beni.
Questa Corte ha già chiarito (sentenza n. 98 del 1997) che la dotazione patrimoniale di un ente pubblico non è predeterminata dalla Costituzione ed ha, pertanto, escluso che essa possa essere stabilita interpretativamente in sede di giudizio di costituzionalità. Ne consegue che, fino all’attuazione dell’ultimo comma dell’art. 119 della Costituzione e, pertanto, fino alla previsione da parte del legislatore statale dei principi per la attribuzione a Regioni ed enti locali di beni demaniali o patrimoniali dello Stato, detti beni restano a tutti gli effetti nella piena proprietà e disponibilità dello Stato (e per esso dell’Agenzia del demanio), il quale incontrerà, nella gestione degli stessi, il solo vincolo delle leggi di contabilità e delle altre leggi disciplinanti il patrimonio mobiliare ed immobiliare statale.
La diversa tesi, sostenuta dalla Regione, oltre a negare in radice gli stessi diritti dominicali dello Stato sui propri beni, condurrebbe, d’altra parte, all’irragionevole conseguenza che i beni statali non dovrebbero essere gestiti in attesa della legge di attuazione dell’art. 119 della Costituzione.
2.2. Parimenti infondata è l’ulteriore censura prospettata dalla ricorrente, secondo la quale la disposizione di legge in questione violerebbe la competenza regionale nella materia residuale delle politiche sociali.
In effetti, l’art. 80, comma 6, della legge n. 289 del 2002, non diversamente dalla legge 11 luglio 1986, n. 390 (Disciplina delle concessioni e delle locazioni di beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato in favore di enti o istituti culturali, degli enti pubblici territoriali, delle unità sanitarie locali, di ordini religiosi e degli enti ecclesiastici), cui la norma impugnata fa espresso richiamo, e da altre normative di settore (cfr. la legge 1° giugno 1990, n. 134, recante “Estensione dei benefìci in materia di concessione o locazione di immobili demaniali previsti dalla legge 11 luglio 1986, n. 390, agli enti a carattere internazionalistico di cui alla legge 28 dicembre 1982, n. 948”, e l’art. 32 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, recante “Disciplina delle associazioni di promozione sociale”), disciplina la gestione dei beni immobili (demaniali o patrimoniali) non utilizzati o utilizzabili dallo Stato, consentendone un utilizzo sociale.
Tale disposizione costituisce una manifestazione del potere dominicale dello Stato di disporre dei propri beni e, come tale, non incontra i limiti della ripartizione delle competenze secondo le materie.
In altri termini, la competenza della Regione nella materia non può incidere sulle facoltà che spettano allo Stato in quanto proprietario. Queste infatti precedono logicamente la ripartizione delle competenze ed ineriscono alla capacità giuridica dell’ente secondo i principi dell’ordinamento civile. In questo senso, peraltro, si è già espressa questa Corte, la quale ha precisato che la competenza regionale in materia di demanio marittimo non incide sulla destinazione dei canoni di concessione che spettano allo Stato in quanto titolare del demanio (cfr. sentenza n. 286 del 2004). Che il canone di concessione segua la titolarità del bene è stato peraltro confermato dalla sentenza di questa Corte n. 26 del 2004 relativa alla tutela, gestione e valorizzazione dei beni culturali.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale di altre disposizioni della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), proposte con il ricorso in epigrafe, qui non espressamente esaminate;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 80, comma 6, della predetta legge 27 dicembre 2002, n. 289, sollevata, in riferimento agli artt. 117, secondo, terzo e quarto comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 2004.
F.to:
Valerio ONIDA, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 dicembre 2004.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
Autore:
Corte Costituzionale
Nazione:
Italia
Parole chiave:
Assistenza, Beni patrimoniali, Finalità umanitarie, Finalità culturali, Potestà legislativa, Demanio, Politica sociale, Principio di sussidiarietà, Competenza, Religiosi, Regioni, Beni immobili, Enti locali, Chiesa cattolica, Beneficenza
Natura:
Sentenza