Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 17 Febbraio 2005

Sentenza 19 maggio 1995, n.5547

Corte di Cassazione. Sezione Seconda. Sentenza 19 maggio 1995, n. 5547: “Costituzione di sepolcro familiare e ius inferendi mortuum”.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Francesco FAVARA
Presidente
Vittorio VOLPE
Gaetano GAROFALO
Francesco CRISTARELLA Antonio VELLA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da

N.G., B.G. e figli B.C., B.S., B.L. e B.E., tutti quali eredi del rispettivo marito e padre sig. B.G. (successivamente deceduto) domicilio eletto in Roma Via Alessandro
Severo 73 difeso dall’avvocato Salerni M. e Borrometi Pietro;
Ricorrenti

contro

N. RAFFAELA, L.G., L.S., L.M. e L.M., domicilio eletto in Roma Via Galileo Galilei n. 45 c-o avvocato G. Magnano di S. Lio difeso dall’avvocato Blundo Giorgio;
Controricorrenti

B. E., B. A.,
Intimati

avverso sentenza della Corte d’Appello di Catania depositata il 16.1.1992 num. sent. 000034-1992;
udito il Consigliere Relatore Dott. Garofalo Gaetano nella pubblica udienza del 31.1.1995;
è comparso l’Avvocato Costanza Acciai per delega avv. M. Salerni, depositata in udienza, difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
sentito il P.M., in persona del sost. proc. gen. dott. Domenico Nardi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

1. Il Tribunale di Ragusa, con sentenza del 19 aprile 1990, rigettò la domanda proposta da Giuseppe, E., G. ed A. B. nei confronti di Raffaela N. e di M., G., S. e M. L., volta a sentir dichiarare che, nella tomba eretta nel cimitero di Ragusa (con autorizzazione del 7 dicembre 1919 della giunta municipale di quella città) dai genitori degli attori – fratelli B. fu L. – avevano diritto di sepoltura solo i familiari dei fondatori, nonché i loro diretti discendenti, i figli dei figli maschi, le loro mogli e le figlie nubili – e non anche i discendenti delle figlie coniugate -; e conseguentemente ordinare la rimozione della salma di Gianbattista L., in detta tomba depositata senza che i familiari del defunto, secondo gli attori, ne avessero diritto.
Con la citata sentenza il tribunale accolte la domanda riconvenzionale e, per l’effetto, dichiarò che il diritto di sepoltura spettava anche ai discendenti delle figlie femmine coniugate dei fondatori.
2. La corte d’appello di Catania, con sentenza del 13 novembre 1991, confermò la pronuncia di primo grado, osservando, tra l’altro, che, pur avendo il sepolcro natura familiare, nondimeno non poteva essere ritenuto che il diritto di sepoltura competesse soltanto ai discendenti aventi sia lo stesso sangue che lo stesso cognome dei fondatori; che, al fine dell’individuazione delle persone aventi diritto alla sepoltura nel citato sepolcro, doveva farsi riferimento alla volontà, espressa od anche presunta, dei fondatori, idonea a restringere oppure ad ampliare la sfera dei beneficiari del diritto; e che nel caso in esame non constava – sulla base delle risultanze probatorie e degli elementi di giudizio desumibili anche dal comportamento dei fondatori successivo alla creazione del sepolcro, secondo il criterio interpretativo desunto dagli artt. 1324 e 1362 c.c. – che i fondatori stessi avessero inteso restringere il diritto ai soli discendenti aventi sia lo stesso loro sangue che lo stesso loro cognome; e che, in particolare, la tumulazione della salma di S. L., figlio della figlia sposata del fondatore G. B., nota agli aventi diritto, che non se ne erano doluti, era elemento presuntivo idoneo a far ritenere che i fondatori avessero voluto che nella tomba de qua fossero sepolte le persone ad essi più strettamente legate da vincoli di sangue, al pari dei loro discendenti, senza distinzione tra discendenti di figli maschi e discendenti di figlie femmine, in tal modo privilegiando il legame di sangue rispetto a quello derivante dall’identità del cognome.
3. Hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, Giuseppe B. e G. N. e C., S., L. ed E. B., quali eredi di G. B., deceduto nelle more, i quali hanno successivamente depositato memoria illustrativa.
Hanno resistito con controricorso, poi illustrato con memoria, R. N. e G., S., M. e M. L., E. ed A. B. non hanno espletato attività difensiva in questa sede.

Diritto

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 1324, 1362 e segg., 1101 e segg., 2729 c.c., nonché vizio di motivazione della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., per avere il giudice del merito, nel ricercare la volontà effettiva dei fondatori del sepolcro, dato rilievo al comportamento di uno solo di essi (G. B.) e trascurato quello degli altri; e per non avere lo stesso giudice considerato che la sepoltura nel sepolcro de quo delle sorelle e dei cognati dei fondatori non era avvenuta in esecuzione di un obbligo giuridico ma per spirito di liberalità.
Con il secondo motivo, da esaminare congiuntamente al primo, al quale di rivela strettamente connesso, i ricorrenti denunciando difetto e contraddittorietà di motivazione della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., per non avere la corte d’appello considerato che, tradizionalmente, della famiglia fanno parte i discendenti maschi in linea retta con le relative mogli e le discendenti nubili, mentre ne sono escluse le figlie femmine le quali, essendo passate a matrimonio, sono entrate a far parte della famiglia del marito, cessando per ciò solo di far parte di quella di origine.
Le censure non sono fondate.
È noto che, quantunque i sepolcreti siano beni in commercio, sono fatti salvi sia il rispetto della destinazione loro originariamente impressa, sia i diritti dei fondatori e loro discendenti, ove i sepolcri siano stati destinati “sibi suisque”; ai fondatori ed ai loro discendenti, facenti parte della famiglia, compete, oltre al diritto di esservi seppelliti, quello di veder rispettato il pari diritto degli altri contitolari e dei loro discendenti (“jus inferendi mortuum in sepulchrum”) mentre nel sepolcro non possono essere introdotte salme di persone estranee alla famiglia, appartenendo il diritto di sepoltura, pro indiviso, solo a tutti i membri della famiglia stessa; all’uopo la giurisprudenza comunemente afferma – anche nel rispetto del significato semantico generalmente usato ed accetto – che la famiglia, del fondatore o dei fondatori, è costituita da un nucleo sociale formato da persone del medesimo sangue o legato tra loro da vincoli di matrimonio, ancorché non aventi lo stesso cognome, salva l’eventuale contraria volontà dei fondatori stessi, ai quali è riconosciuta la facoltà di ampliare o restringere la sfera di beneficiari del diritto: così che, ove nessuna diversa volontà sia stata manifestata, in forma espressa o tacita, dai fondatori, deve necessariamente ritenersi che tutti i componenti della famiglia, aventi vincoli di sangue con i fondatori – anche se con diverso cognome – abbiano diritto di essere ospitati nel sepolcro familiare: della famiglia fanno parte, quindi, anche le figlie femmine coniugate, in quanto aventi lo stesso sangue del fondatore.
Nel caso in esame la corte d’appello ha motivatamente ritenuto che in atti fosse carente la prova che i fondatori avessero inteso limitare il diritto al sepolcro ai soli discendenti maschi ed escludere quelli delle figlie femmine coniugate e tanto bastava – vigendo il principio della titolarità del sepolcro in caso a tutti i discendenti aventi vincoli di sangue con i fondatori, sebbene non anche lo stesso cognome – per la reiezione della domanda sì come proposta dai B.; peraltro, pur constatando la mancanza di un atto di fondazione, dal quale eventualmente desumere l’asserto retringimento del diritto spettante ai discendenti, la corte del merito si è fatto carico di ricostruire la volontà dei fondatori anche facendo ricorso ad indizi e presunzione univoci; ed, in tale ottica, con motivazione appagante ed esaustiva ed, in quanto tale, insuscettibile di riesame in sede di legittimità, non ha mancato di dare rilievo all’incontroversa tumulazione nel sepolcro di famiglia della salma di tale S. L., discendente ex figlia di uno dei fondatori, così pervenendo alla motivata conclusione che i fondatori avevano inteso assicurare il diritto di sepoltura a tutti i discendenti legati da vincoli di sangue senza escludere quelli delle figlie femmine coniugate e portanti un cognome diverso da quello dei fondatori medesimi; nè, in contrario, l’asserto spirito di liberalità, non provato e non suffragato da circostanze obiettive, si palesava idoneo a snaturare il diritto al al sepolcro spettante, come premesso, a tutti i discendenti per ragioni di sangue e non di cognome.
2. Consegue che il ricorso deve essere respinto.
I ricorrenti, rimasti soccombenti, vanno condannati in solido alle spese del procedimento di cassazione, all’uopo liquidate in complessive lire 141.600 in esse comprese lire 3.000.000 per onorari di avvocato.
Inizio documento

P.Q.M

la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, alle spese del giudizio, liquidate in complessive lire 3.441.600 in esse comprese lire 3.000.000 per onorari di avvocato.