Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Documenti • 19 Ottobre 2004

Regio decreto 18 giugno 1931, n.773

Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773: “Approvazione del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza” e successive modificazioni.

(da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 146 del 26 giugno 1931)

(omissis)

TITOLO II
Disposizioni relative all’ordine pubblico e alla incolumità pubblica

Capo I – Delle riunioni pubbliche e degli assembramenti in luoghi pubblici

18. (art. 17 T.U. 1926). – I promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore.
È considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sarà tenuta, o per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo scopo o l’oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata.
I contravventori sono puniti con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire 200.000 a 800.000. Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle riunioni predette prendono la parola.
Il Questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni di ordine pubblico, di moralità o di sanità pubblica, può impedire che la riunione abbia luogo e può, per le stesse ragioni, prescrivere modalità di tempo e di luogo alla riunione.
I contravventori al divieto o alle prescrizioni dell’autorità sono puniti con l’arresto fino a un anno e con l’ammenda da lire 400.000 a 800.000. Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle predette riunioni prendono la parola.
Non è punibile chi, prima dell’ingiunzione dell’autorità o per obbedire ad essa, si ritira dalla riunione.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano alle riunioni elettorali.

19. [(art. 18 T.U.). – È vietato di portare armi nelle riunioni pubbliche anche alle persone munite di licenza.
Salva l’applicazione delle pene stabilite dal codice penale per il porto abusivo d’armi, i trasgressori sono puniti con l’arresto da dieci giorni a tre mesi e con l’ammenda di lire 20.000 a 200.000.
Le armi sono confiscate] (Articolo abrogato dall’art. 4, L. 18 aprile 1975, n. 110.

20. (art. 19 T.U. 1926). – Quando, in occasione di riunioni o di assembramenti in luogo pubblico o aperto al pubblico, avvengono manifestazioni o grida sediziose o lesive del prestigio dell’autorità, o che comunque possono mettere in pericolo l’ordine pubblico o la sicurezza dei cittadini, ovvero quando nelle riunioni o negli assembramenti predetti sono commessi delitti, le riunioni e gli assembramenti possono essere disciolti.

21. (art. 20 T.U. 1926). – È sempre considerata manifestazione sediziosa l’esposizione di bandiere o emblemi, che sono simbolo di sovversione sociale o di rivolta o di vilipendio verso lo Stato, il governo o le autorità.
È manifestazione sediziosa anche la esposizione di distintivi di associazioni faziose.

22. (art. 21 T.U. 1926). – Quando, nei casi preveduti dagli articoli precedenti, occorre disciogliere una riunione pubblica od un assembramento in luogo pubblico o aperto al pubblico, le persone riunite od assembrate sono invitate a disciogliersi dagli ufficiali di pubblica sicurezza o, in loro assenza, dagli ufficiali o dai sottufficiali dei carabinieri reali.

23. (art. 22 T.U. 1926). – Qualora l’invito rimanga senza effetto, è ordinato il discioglimento con tre distinte formali intimazioni, preceduta ognuna da uno squillo di tromba.

24. (art. 23 T.U. 1926). – Qualora rimangano senza effetto anche le tre intimazioni ovvero queste non possano essere fatte per rivolta od opposizione, gli ufficiali di pubblica sicurezza o, in loro assenza, gli ufficiali o i sottufficiali dei carabinieri reali ordinano che la riunione o l’assembramento siano disciolti con la forza.
All’esecuzione di tale ordine provvedono la forza pubblica e la forza armata sotto il comando dei rispettivi capi.
Le persone che si rifiutano di obbedire all’ordine di discioglimento sono punite con l’arresto da un mese a un anno e con l’ammenda da lire 60.000 a 800.000.

Capo II – Delle cerimonie religiose fuori dei templi e delle processioni ecclesiastiche o civili

25. (art. 24 T.U. 1926). – Chi promuove o dirige funzioni, cerimonie o pratiche religiose fuori dei luoghi destinati al culto, ovvero processioni ecclesiastiche o civili nelle pubbliche vie, deve darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore.
Il contravventore è punito con l’arresto fino a tre mesi e con l’ammenda fino a lire 100.000.

26. (art. 25 T.U. 1926). – Il Questore può vietare, per ragioni di ordine pubblico o di sanità pubblica, le funzioni, le cerimonie, le pratiche religiose e le processioni indicate nell’articolo precedente, o può prescrivere l’osservanza di determinate modalità, dandone, in ogni caso, avviso ai promotori almeno ventiquattro ore prima.
Alle processioni sono, nel resto, applicabili le disposizioni del capo precedente.

27. (art. 26 T.U. 1926). – Le disposizioni di questo capo non si applicano agli accompagnamenti del viatico e ai trasporti funebri, salve le prescrizioni delle leggi e dei regolamenti di sanità pubblica e di polizia locale.
Il Questore può vietare che il trasporto funebre avvenga in forma solenne ovvero può determinare speciali cautele a tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini.

(Omissis)

Art. 85

E’ vietato comparire mascherato in luogo pubblico.
Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000 (1).
E’ vietato l’uso della maschera nei teatri e negli altri luoghi aperti al pubblico, tranne nelle epoche e con l’osservanza delle condizioni che possono essere stabilite dalla autorità locale di pubblica sicurezza con apposito manifesto.
Il contravventore e chi invitato non si toglie la maschera è punito con la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000 (1).

(1) L’ammenda è stata così sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall’art. 32, l.24 novembre 1981, n. 689. L’entità della sanzione è stata così elevata dall’art. 114, primo comma, della citata l. 689/1981.

(Omissis)